Con sentenza del 3 maggio 2023, n. 4498, il Consiglio di Stato, Sez. IV, ha chiarito che le sanzioni previste dal Codice del Consumo relativamente alle pratiche commerciali scorrette possono essere irrogate anche alle Università private telematiche.
Infatti, come ha chiarito il giudice amministrativo di secondo grado in continuità con quanto già deciso dal giudice di prime cure (TAR Lazio, Roma, Sez. I, n. 11999/2021), ”ai fini di causa e di soluzione delle questioni dedotte assume rilievo preminente la qualificazione della nozione di professionista di cui all’art. 18, lett. b), d.lgs. n. 206/2005, secondo cui per professionista si deve intendere qualsiasi operatore il quale, nell’ambito delle pratiche commerciali oggetto della specifica disciplina, agisce nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale e professionale”.
Tale disposizione, secondo il Collegio, deve essere interpretata in senso ampio e coerentemente alla giurisprudenza della Corte di Giustizia, che – interpretando la direttiva sulle pratiche commerciali scorrette – al fine di offrire un’elevato grado di tutela al consumatore, ha chiarito che per professionista debba intendersi ”qualsiasi persona fisica o giuridica – che – eserciti un’attività remunerata”, senza escludere dal suo ambito di applicazione ”né gli enti incaricati di una missione di interesse generale, né quelli che abbiano uno status di diritto pubblico” (v., in tal senso, sentenze del 12 maggio 2011, Ving Sverige, e del 19 settembre 2013, CHS Tour Services), così delineando ”una nozione dinamica di professionista, adattabile in funzione della tipologia di consumatore, nella quale possono essere inclusi anche gli organismi di diritto pubblico incaricati di una missione generale”.
Nel caso di specie, per il Consiglio di Stato, ”pur dinanzi al carattere di servizio di interesse generale dell’attività svolta dell’università privata, non è in discussione il carattere remunerato della stessa ed il fine di lucro perseguito; né parimenti è discutibile la nozione di consumatore dello studente che si iscrive ad una università privata”. In tale contesto, poi, ”sono irrilevanti sia la natura pubblica o privata dell’organismo in questione, sia la specifica missione da esso perseguita”.
Le suddette considerazioni riconducono alla nozione di professionista le Università telematiche private e tale interpretazione è ”l’unica tale da garantire la piena efficacia della disciplina sulle pratiche commerciali sleali, assicurando che, conformemente all’esigenza di un elevato livello di protezione dei consumatori, le pratiche commerciali sleali siano contrastate in modo efficace”.
Da tale interpretazione discende l’applicazione delle sanzioni previste dal Codice del Consumo relativamente alle pratiche commerciali sleali (nel caso di specie, dell’art. 27, comma 6 del Codice del Consumo) alle Università private telematiche.
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