TAR Lazio, Roma, Sez. III bis, 8 marzo 2016, n. 2983

Recupero credito erariale-Rispetto canoni trasparenza azione amministrativa e adeguatezza minima retribuzioni

Data Documento: 2016-03-08
Area: Giurisprudenza
Massima

Le attività di recupero crediti da parte delle pubbliche amministrazioni hanno carattere vincolato e, pertanto, debbono essere eseguite nei termini di prescrizione indipendentemente dalla valutazione di interessi contrapposti. Peraltro, sussiste la necessità che anche nelle operazioni di recupero crediti venga rispettato il canone costituzionale di trasparenza dell’azione pubblica, nonché la regola di adeguatezza minima delle retribuzioni. Secondo tale indirizzo, il recupero dei crediti nei confronti dei dipendenti pubblici deve avvenire in modalità tali da garantire al debitore l’esatta conoscenza non solo dell’entità dell’indebito, ma anche delle sue cause e dei suoi termini di riferimento in rapporto ai parametri della retribuzione, qualora trattasi di indebito retributivo. Deve essere garantita al funzionario debitore, inoltre, una formula di recupero che possa assicurare il rispetto degli standard di minimo retributivo.

Contenuto sentenza

N. 02983/2016 REG.PROV.COLL.
N. 07783/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7783 del 2006, proposto da Jaricci [#OMISSIS#], rappresentato e difeso dall’avv. [#OMISSIS#] Jaricci, con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, Via [#OMISSIS#] De Carolis, 99;
contro
L’Università degli Studi di Roma La Sapienza, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
per l’annullamento
della nota dell’Università degli Studi La Sapienza prot. n. 0028366 del 7.6.2006, emanata “in applicazione della sentenza del T.A.R. del Lazio sez. III n. 1462/06 che stabilisce la rettifica della … comunicazione del 10.11.1995”;
di ogni altro atto preparatorio, presupposto connesso e consequenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza;
Visto il decreto di perenzione n. 14374/2014;
Vista l’ordinanza di revoca del decreto di perenzione n. 6811/2015 del 07/05/2015 emanata a seguito di opposizione del ricorrente;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatrice nell’udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2015 la dott.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Espone il ricorrente in punto di fatto che, con sentenza n. 1462/2006, il T.A.R. del Lazio, sezione III, accoglieva il ricorso da lui proposto e finalizzato all’annullamento della nota G – 147007 dell’11.10.1995 con la quale l’Università La Sapienza aveva disposto nei suoi riguardi il recupero di un credito erariale a suo carico.
In esecuzione di detta sentenza, l’amministrazione annullava, con la nota prot. n. 0016954 del 31.3.2006, il provvedimento già dichiarato illegittimo dal Tribunale e successivamente ne rettificava il contenuto con la nota prot. n. 0028366 del 7 giugno 2006, conformandolo ai criteri formulati dall’organo giudicante.
Il ricorrente si duole per la nullità del provvedimento, la violazione ed elusione del giudicato, la violazione delle norme in materia di prescrizione, l’eccesso di potere per difetto di presupposti, per contraddittorietà, per illogicità e/o per incongruità della motivazione.
Il provvedimento impugnato sarebbe lesivo del giudicato formatosi sulla sentenza del T.A.R. Lazio n. 1462/2006. L’amministrazione avrebbe dato inizialmente spontanea esecuzione alla sentenza di primo grado, quindi avrebbe richiamato in vita il provvedimento annullato per “rettificarlo”. L’atto di rettifica sarebbe pertanto “tamquam non esset”. Il provvedimento impugnato sarebbe stato emanato in difetto dei presupposti, essendo stata posta a fondamento dello stesso la nota del 3.7.1995 della Direzione Provinciale del Tesoro di Roma – Div. 1 Uff. XI, nota che il ricorrente ritiene anch’essa travolta dall’annullamento giurisdizionale.
Inoltre l’amministrazione ha violato il giudicato laddove esso prevedeva che il recupero avvenisse nel rispetto del termine di prescrizione quinquennale (periodo 1985-1990), mentre sono state richieste somme dal 1982 al 1990.
Inoltre, nel provvedimento impugnato, non si sarebbe tenuto conto dei criteri di bilanciamento prescritti dalla sentenza in questione e dell’incidenza del recupero sul trattamento economico complessivo del docente.
Il provvedimento sarebbe inoltre affetto da incompletezza e illogicità della motivazione, in quanto si è limitata a richiamare “per relationem” la nota del Dipartimento Provinciale del Tesoro che era già posta a fondamento del provvedimento annullato dal T.A.R., da cui deriverebbe una carenza motivazionale.
La Sezione, con ordinanza n. 5013/2006 del 7 settembre 2006, accoglieva l’istanza cautelare con riferimento alla questione della prescrizione.
A seguito di avviso di perenzione è stata dichiarata la perenzione con decreto n. 14374/2014.
Con ordinanza n. 6811/2015 il decreto di perenzione è stato revocato e la causa è stata nuovamente iscritta sul ruolo con fissazione della causa di merito.
All’udienza pubblica del 17 dicembre 2015 la causa è stata trattenuta in decisione.
Il ricorso è infondato e va respinto.
1. Occorre, in primo luogo, prendere le mosse dalla sentenza del T.A.R. Lazio n. 1462/2006 la quale, nell’accogliere il ricorso del ricorrente, testualmente afferma: “Secondo consolidato orientamento giurisprudenziale le attività di recupero crediti da parte delle pubbliche amministrazioni hanno carattere vincolato e, pertanto, debbono essere eseguite nei termini di prescrizione indipendentemente dalla valutazione di interessi contrapposti. Peraltro la giurisprudenza delle corti amministrative ha altresì rilevato la necessità anche nelle operazioni di recupero crediti di rispetto del canone costituzionale di trasparenza dell’azione pubblica, nonché della regola di adeguatezza minima delle retribuzioni. Secondo tale indirizzo, condiviso dal Collegio, il recupero dei crediti nei confronti dei dipendenti pubblici deve avvenire in modalità tali da garantire al debitore l’esatta conoscenza non solo dell’entità dell’indebito, ma anche delle sue cause e dei suoi termini di riferimento in rapporto ai parametri della retribuzione qualora trattasi di indebito retributivo. Deve essere garantita al funzionario debitore, inoltre, una formula di recupero che possa assicurare il rispetto degli standard di minimo retributivo, in osservanza dell’art. 35 della Carta Costituzionale. In fattispecie la comunicazione del 10.11.1005, mentre identifica la somma dovuta dal prof. Jaricci (lire 5.097.361), è generica nel definire le cause dell’indebito, l’esatto periodo di riferimento e la sua incidenza – che andrebbe rilevata mediante un prospetto analitico – nell’assetto del trattamento economico complessivo del docente. Non indica, inoltre, i momenti temporali dell’erogazione – sì da rendere impossibile valutare la sussistenza di eventi prescrittivi – ed esige l’immediata restituzione dell’intera somma (di una certa consistenza in rapporto la rateo mensile retributivo nel periodo della ripetizione), senza disporre, nemmeno in previsione de futuro, una rateizzazione tale da rendere il recupero accettabile nei parametri dell’art. 36 Cost. Tanto premesso, occorre concludere per l’illegittimità del provvedimento impugnato alla stregua dei canoni indicati. Il ricorso, pertanto, deve essere accolto con salvezza delle ulteriori attività dell’Amministrazione, da condursi secondo le regole descritte.”
1.1. Come si evince chiaramente dal testo della sentenza testè citata, il Giudice amministrativo ha rilevato taluni difetti del provvedimento impugnato, di cui ha sottolineato la genericità, ossia la mancata indicazione dell’incidenza sul complessivo trattamento economico del docente, la mancata indicazione di eventuali periodi prescritti etc…, ma non si è espresso in merito alla legittimità del recupero, lasciando anzi all’amministrazione lo spazio per gli ulteriori eventuali provvedimenti (“con salvezza delle ulteriori attività dell’Amministrazione, da condursi secondo le regole descritte.”), secondo la formula classica del “remand”.
1.2. Conseguentemente l’amministrazione ha comunicato al ricorrente, il 7 giugno 2006, che la precedente nota del 10.11.1995 era annullata, che la Direzione Provinciale del Tesoro di Roma, con nota del 3.7.1995, aveva accertato a carico del ricorrente un debito di £ 5.097.361 a seguito del quale sarebbe stata comunicata all’interessato la decorrenza e l’importo delle ritenute mensili fino alla concorrenza della somma di £. 5.097.361, da effettuare sulle competenze mensili spettanti come stabilito nella sentenza del T.A.R. del Lazio n. 1462/2006.
2. Il Collegio ritiene che il comportamento e gli atti dell’amministrazione siano sostanzialmente conformi (e abbiano dato esecuzione) a quanto indicato nella sentenza del T.A.R. del Lazio e non elusivi della medesima, come si opina nell’atto di ricorso: con una prima nota, quella del 31.3.2006 viene comunicato all’interessato che la nota oggetto del precedente contenzioso era stata annullata in esecuzione della sentenza citata; con una seconda nota del 7 giugno 2006 viene precisato che il debito erariale scaturisce dall’applicazione del Decreto Rettorale del 25.10.1993 (con cui si ricostruisce la carriera dell’interessato) e vengono allegati i prospetti analitici della Direzione Provinciale del Tesoro, da cui si desumono le differenze di stipendio da recuperare.
La nota del 7 giugno 2006 preannuncia un successivo provvedimento con cui sarebbero stati comunicati gli importi delle ritenute mensili e la decorrenza, provvedimento di cui nessuna delle parti ha dato conto nel presente giudizio e che, comunque, la parte ricorrente non risulta avere impugnato.
3. Occorre pertanto precisare che la nota impugnata del 7 giugno 2006 non assume le caratteristiche di un atto di rettifica di un precedente provvedimento impugnato, in quanto l’amministrazione ha inteso dare esecuzione al “remand” della sentenza del T.A.R. Lazio sopra citata, precisando quale fosse il titolo del credito vantato dall’Erario facendo riferimento a provvedimenti evidentemente noti al ricorrente, quali il decreto rettorale del 25 ottobre 1993 di ricostruzione della carriera.
4. Inoltre, non risulta che la citata sentenza del T.A.R. del Lazio abbia annullato la nota della Direzione Provinciale del Tesoro del 3.7.1995, “in quanto atto endoprocedimentale”, giacché la nota non è stata fatta oggetto del precedente giudizio né viene in alcun modo citata nella sentenza a supporto motivazionale dell’annullamento della nota del 10.11.1995.
Sotto questo profilo la nota del 7.6.2006 chiarisce i titoli del debito del ricorrente facendo per l’appunto riferimento al decreto rettorale e agli atti della Direzione Provinciale del Tesoro, che quindi integrano la motivazione del nuovo atto.
5. Per quanto concerne la censura relativa al bilanciamento dei contrapposti interessi, è evidente che l’amministrazione dinanzi al recupero di un indebito percepito dall’interessato, ha legittimamente richiesto indietro quanto liquidato in modo indebito, senza che sul punto siano necessarie ulteriori specifiche motivazioni rispetto a quanto risulta dai prospetti analitici della Direzione Provinciale del Tesoro sopra richiamati, nei quali sono indicate le causali del debito, gli importi dovuti e la relativa quantificazione.
6. Per quanto concerne la censura relativa al mancato rispetto dei criteri prescritti dal Giudice nel recupero del credito in quanto l’amministrazione non avrebbe evidenziato, in particolare, “le incidenze del recupero sull’assetto del trattamento economico complessivo del docente”, il motivo è inammissibile e non può essere delibato dal Collegio poiché il provvedimento successivo preannunciato nella nota del 7.6.2006 – che non si conosce né è stato impugnato con motivi aggiunti – avrebbe dovuto dare il dettaglio delle ritenute mensili, incidenti sul complessivo trattamento economico del docente.
7. Per quanto concerne la prescrizione di parte del credito erariale, la sentenza del T.A.R. del Lazio n. 1462/2006 afferma che non sono indicati nel provvedimento impugnato “i momenti temporali dell’erogazione – sì da rendere impossibile valutare la sussistenza di eventi prescrittivi”, ma non individua viceversa, in positivo, quale sia il termine prescrizionale per il recupero nel caso di specie, per cui nessuna elusione del giudicato vi è stata neanche sotto tale profilo. In proposito, poiché si tratta di un indebito oggettivo, il termine prescrizionale deve ritenersi essere quello ordinario decennale, per cui essendo l’atto di accertamento del debito del 25.10.1993 (Decreto Rettorale) ed avendo quest’ultimo accertato un debito a carico del ricorrente nel periodo che va dal 24.11.1982 al 31.12.1990, la parte prescritta è quella che fuoriesce dal decennio antecedente il Decreto citato.
Alla luce delle suesposte motivazioni il ricorso deve essere respinto, fatto salvo il calcolo delle somme non dovute per effetto della prescrizione decennale.
Le spese del giudizio sono da compensare in relazione alla complessità del caso all’esame.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge, nei limiti precisati in parte motiva.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del giorno 17 dicembre 2015 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente FF
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Immacolata Pisano, Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/03/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)