Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, 12 agosto 2016, n. 264

Attività di docenza decentrata presso azienda ospedaliera-Emolumenti

Data Documento: 2016-08-12
Area: Giurisprudenza
Massima

L’attività di docenza svolta su incarico dell’università presso un’azienda ospedaliera è espressione di un rapporto che vede come proprie parti unicamente l’università e il docente, la prima quale istituzione che, nell’ambito della propria autonomia scientifico-didattica ed organizzativa, ha ritenuto opportuno “assumere l’impegno” di “decentrare” presso l’azienda ospedaliera un proprio (perché compreso nell’offerta formativa che essa ha ritenuto utile attivare) corso di studi; il secondo quale soggetto che ha accettato l’affidamento alle condizioni previste di un corso di insegnamento in una sede distinta da quella di servizio. La corresponsione dei relativi emolumenti, quindi, grava in capo all’università, indipendentemente da eventuali accordi tra le pubbliche amministrazioni in base ai quali gli oneri finanziari graverebbero esclusivamente in capo all’azienda ospedaliera.

Contenuto sentenza

N. 00264/2016REG.PROV.COLL.
N. 00777/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
in sede giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 777 del 2014, proposto da: 
Giovanni [#OMISSIS#] Pellicano’, rappresentato e difeso dagli avvocati Grazia Tomarchio C.F. TMRGZM78E51C351Y, [#OMISSIS#] Materia C.F. MTRRRT66T03F158E, con domicilio eletto presso [#OMISSIS#] Arena in Palermo, Via Massimo D'[#OMISSIS#], 8; 
contro
Universita’ degli Studi di Messina, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale, domiciliata in Palermo, Via De Gasperi, N. 81; 
per la riforma
della sentenza del T.A.R. SICILIA – SEZ. STACCATA DI CATANIA: SEZIONE III n. 00914/2014, resa tra le parti, concernente pagamento somme per attivita’ di docente svolta su incarico di universita’ di messina presso l’azienda ospedaliera umberto 1° di siracusa anni 2007-2010
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Universita’ degli Studi di Messina;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 maggio 2016 il Cons. [#OMISSIS#] Corbino e uditi per le parti gli avvocati R. Materia e l’avv. dello Stato Tutino;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
L’appello è proposto contro la decisione n. 914/2014 del TAR per la Sicilia-sezione staccata di Catania, con la quale è stato accolto l’atto di opposizione a decreto ingiuntivo nel ricorso numero di registro generale 1338 del 2013, proposto dall’Università degli Studi di Messina e per l’effetto revocato il decreto ingiuntivo emesso, con clausola di provvisoria esecuzione, per il pagamento della somma complessiva di € 25.565,52, oltre interessi legali e rivalutazione, per attività di docenza svolta presso l’Azienda ospedaliera Umberto I di Siracusa, negli anni accademici 2008-2009 e 2009-2010.
I fatti di causa si possono riassumere come segue.
Con decreto ingiuntivo n. 2285/2013 era stata accolta l’istanza di parte ricorrente tesa alla corresponsione di emolumenti relativi ad attività di docenza svolta, su incarico dell’Università di Messina, presso l’Azienda ospedaliera Umberto I di Siracusa, nei tre anni accademici prima ricordati.
Contro tale decreto ha proposto rituale atto di opposizione l’Unversità intimata, deducendo eccezioni in [#OMISSIS#] ed articolando difese di merito, volte a dimostrare che il credito fatto valere non poteva essere vantato nei propri riguardi.
L’Università evidenziava in particolare che – a tenore della convenzione 25 Luglio 2006 e del protocollo d’intesa del 16 Aprile 2009 – le somme richieste avrebbero dovuto essere a lei accreditate dall’Azienda, fatto non intervenuto e dal quale era dunque scaturita la loro mancata corresponsione al docente. Chiedeva comunque, perciò, allo scopo, l’autorizzazione a chiamare in giudizio, in garanzia, l’Azienda.
L’Università eccepiva inoltre che – nella somma richiesta – erano computate anche somme in ogni caso non dovute, in quanto inclusive dell’indennità di trasferta la quale risulta soppressa invece dalla legge n. 266/2005, art. 1, comma 113.
Il TAR – respinta l’eccezione di [#OMISSIS#] – ha accolto l’oppozione dell’Università, ritenendo infondate le pretese fatte valere nei suoi confronti con il decreto ingiuntivo in questione.
Il Giudice ha soffermato la sua attenzione sull’art. 12, comma 1, della convenzione intercorsa tra l’Università di Messina e l’Azienda Ospedaliera Umberto I di Siracusa per l’istituzione del corso di laurea in infermieristica, stipulata il 25.7.2006. E ha ritenuto che il relativo disposto – secondo il quale dall’attivazione della convenzione non sarebbe potuto appunto conseguire a carico dell’Università alcun onere finanziario, connesso con quello secondo cui ogni pagamento da parte dell’Università ai docenti sarebbe potuto avvenire “dopo l’acquisizione dell’accredito delle somme versate da parte dell’Azienda Ospedaliera” – comportava che, non avendo l’Azienda accreditato all’Università di Messina quanto previsto, non sussistesse il dovere dell’Università di effettuare i pagamenti richiesti. Il Giudice ha pertanto accolto l’opposizione e ha disposto la revoca del decreto ingiuntivo opposto.
Avverso tale decisione propone appello la parte soccombente, che ne chiede la riforma, articolando i seguenti motivi di appello: 1) Violazione e falsa applicazione delle norme di diritto con riferimento agli artt. 88 e seguenti del TUEL e 45 del D.Lgs. n. 80/1998, nonché dell’art. 1372 cod. civ. Violazione e falsa applicazione delle norme in tema di sottoscrizione dei contratti. Violazione e falsa applicazione dell’art. 12 della convenzione. Eccesso di potere correlato: sviamento e difetto di istruttoria; 2) Eccesso di potere: difetto di istruttoria ed omessa/erronea valutazione dei presupposti. Ingiustizia manifesta. Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e del principio della conformità tra il chiesto e il pronunciato; 3) Violazione e falsa applicazione delle norme di diritto, con riferimento all’art. 1272 cod. civ.
Con ordinanza n. 482/2015, questo Consiglio ha disposto incombenti istruttori, chiedendo ad Università ed Azienda le seguenti informazioni: 1) se l’Università degli Studi abbia ricevuto pagamenti anche parziali dall’Azienda per l’attività di docenza svolta dai professori dell’Università nell’ambito del corso di laurea in scienze infermieristiche; 2) nel caso in cui l’Università non avesse ricevuto nessun pagamento da parte dell’Azienda o pagamenti solo parziali, precisi l’Università quali iniziative tanto di carattere giudiziale che extragiudiziale ha posto in essere per ottenere dall’Azienda il pagamento di quanto dovutole a norma della convenzione stipulata il 27.7.2006; 3) se l’Università degli Studi abbia in corso delle iniziative transattive con l’Azienda e se, all’uopo, abbia istituito una apposita commissione o altri organismi. In quest’ultimo caso precisi a quali conclusioni provvisorie o definitive sia giunta la commissione o siano giunti gli organismi istituiti; 4) l’Azienda, da parte, sua precisi se abbia in tutto o in parte pagato le somme previste in convenzione per l’attività di docenza e, nel caso in cui non abbia in tutto o in parte adempiuto, spieghi le ragioni del mancato adempimento; 5) tanto l’Università che l’Azienda dovranno fornire ogni ulteriore utile informazione per la decisione della controversia.
A tali richieste le parti intimate hanno risposto con atti pervenuti rispettivamente il 15 Ottobre 2015 (Università di Messina) e 30 Ottobre 2015 (Azienda Sanitaria Provinciale di Siracusa).
In breve sintesi, l’Università ha precisato: che l’Azienda ha effettuato pagamenti in forza della convenzioni, ma solo con riferimento ad attività di docenza, relativa ad anni successivi a quelli oggetto di causa; che non sono state intraprese azioni legali, ma sono state tuttavia avanzate ripetute sollecitazioni all’Azienda; che vi sono iniziative transattive in atto al vaglio dell’Avvocatura dello Stato e che è stata istituita una commissione per definire le situazioni debitorie ed acquisire la disponibilità dei docenti a iniziative transattive.
L’Azienda, da parte sua, ha precisato di avere rivolto proposta transattiva all’Università; di avere ricevuto prospetti di dare/avere da parte dell’Università, manifestando disponibilità alla ricostruzione della contabilità giudicata tuttavia complessa e alcuni aspetti contraddittoria.
La causa giunge all’odierna udienza collegiale per la decisione.
DIRITTO
L’appello è fondato.
È incontestato che il credito fatto valere con il decreto ingiuntivo opposto è relativo a pretese maturate per prestazioni eseguite e commisurato al dovuto, come determinato sulla base delle intese (convenzione 25 Luglio 2006 e protocollo d’intesa del 16 Aprile 2009) tra Università di Messina e Azienda Ospedaliera Umberto I di Siracusa che hanno dato occasione all’attività didattica per la quale è questione.
È contestato invece che esso possa essere preteso dall’interessato nei confronti dell’Università di Messina.
Non lo ha ritenuto in particolare il Giudice di primo grado, a giudizio del quale – avendo l’art. 12, comma 1 della convenzione intercorsa tra l’Università di Messina e l’Azienda Ospedaliera per l’istituzione del corso di laurea in infermieristica disposto che dall’attivazione della convenzione non sarebbe potuto appunto conseguire a carico dell’Università alcun onere finanziario (vedi per altro anche art. 3 comma 2) e avendo inoltre il medesimo articolo, ora ai commi 5 e 6, previsto che l’Università avrebbe pagato i docenti “dopo l’accredito delle somme versate” dall’Azienda allo scopo – non sarebbe sussistito il dovere dell’Università di effettuare i pagamenti richiesti, non avendo l’Azienda provveduto ai versamenti previsti.
Tale valutazione del Giudice non può essere condivisa.
Le attività didattiche per le quali si chiede la corresponsione dei relativi emolumenti sono state svolte infatti dal ricorrente oggi appellante quali attività comprese in quelle previste da un corso di insegnamento decentrato dall’Università di Messina ed attivato da questa nell’ambito della propria offerta formativa.
La circostanza è del tutto pacifica e trova, del resto, palese prova documentale nella comunicazione n. 857 (all. 7 dell’appello), con la quale il Preside della Facoltà ha attestato all’interessato quali “incarichi di insegnamento” gli siano stati assegnati (negli anni accademici in discussione: nella specie quelli 2008/2009 e 2009/2010) dalla Facoltà (nella specie quella di Medicina e Chirurgia dell’Università di Messina). Tali incarichi risultano conferiti per il “C.d.L. in Infermieristica – Canale Siracusa – 1 Anno 1 Semestre”) e di essi si specificano i relativi CFU attribuiti, la disciplina ed il relativo settore scientifico al quale essa appartiene (tutte indicazioni univocamente spiegabili solo in considerazione della natura “universitaria” dei corsi attivati, per i quali del resto la stessa convenzione prevede – art. 12 comma 4 – una iscrizione dei frequentanti all’Università di Messina dietro corresponsione da parte dei medesimi delle tasse universitarie relative) .
Essa costituisce, d’altra parte, anche l’esplicito oggetto della convenzione stipulata tra Università e Azienda Ospedaliera – art. 2 comma 1 lettera a), art. 3 – che prevede appunto come impegno (ventennale) dell’Università la “costituzione” in Siracusa di una “sede decentrata” per lo svolgimento delle attività didattiche e curriculari del corso di laurea in “Infermieristica” (class SNT/1).
È dunque del tutto evidente che il rapporto per il quale è causa vede come proprie parti unicamente l’Università e il docente, la prima quale istituzione che, nell’ambito della propria autonomia scientifico-didattica ed organizzativa, ha ritenuto opportuno “assumere l’impegno”, e poi darvi anche esecuzione, di “decentrare” in Siracusa un proprio (perché compreso nell’offerta formativa che essa ha ritenuto utile attivare) corso di studi; il secondo quale soggetto che ha accettato l’affidamento alle condizioni previste di un corso di insegnamento in una sede distinta (perché appunto decentrata in Siracusa) da quella di servizio.
L’intervenuta convenzione tra Università ed ASP non ha spostato (né avrebbe in alcun modo potuto) sulla seconda la titolarità del corso di studi, né determinato obblighi a carico di soggetti diversi dai contraenti. La sottoscrizione degli accordi tra Università e Azienda ha determinato il sorgere di rapporti unicamente tra i soggetti firmatari della medesima, cointeressati all’attivazione del corso di laurea decentrato. Tali accordi impegnavano, da una parte, ad attivare il corso di laurea nell’ambito dell’offerta formativa dell’Università (della quale perciò gli iscritti divenivano studenti) e, dall’altra, a fornire la necessaria provvista finanziaria e materiale, determinando in quale misura l’ente locale avrebbe partecipato a sostenere gli oneri derivanti all’Università dall’attivazione del corso decentrato (alla copertura dei quali l’Università avrebbe, per altro, a sua volta concorso riversando all’Azienda il 95 % delle tasse universitarie incamerate per il corso: art. 12 comma 4 della convenzione).
L’eventuale inadempimento degli obblighi assunti dall’ASP nei confronti dell’Università non può dunque in alcun modo modificare la diretta responsabilità dell’Università verso i docenti che essa ha ritenuto di coinvolgere ed impegnare nell’attività decentrata. Esso resta un fatto rilevante solo nei rapporti tra le parti convenzionate.
I docenti impegnati nel corso lo sono stati per deliberazione del Consiglio di Facoltà, con riferimento alle attività didattiche da questo definite, per il tempo e nell’ambito di un’organizzazione didattica concepita come diretta espressione della Facoltà medesima.
È ben vero che – per effetto della convenzione (e segnatamente del comma 5 del suo articolo 12) – l’ASP di Siracusa ha assunto l’obbligo di corrispondere all’Università le somme necessarie, tra le altre, a coprire “il trattamento economico dei docenti, nonché le spese di viaggio, soggiorno ed indennità di missione”. Così come è ben vero che lo stesso art. 12 ha disciplinato al comma successivo i tempi con i quali l’ASP avrebbe dovuto provvedere a corrispondere le somme in questione e previsto in particolare che l’Università avrebbe liquidato le somme ai docenti dopo l’acquisizione dell’accredito delle somme versate a quel titolo dall’Azienda all’Università.
Ma è anche vero che tali previsioni della convenzione sono rimaste un fatto impegnativo per i soli sottoscrittori della stessa (Università ed ASP) e che esse non possono dunque spiegare in alcun modo effetti nei confronti di soggetti giuridicamente estranei a tale convenzione (come appunto i docenti, dei quali l’Università ha impegnato l’attività onde potere adempiere agli obblighi convenzionali assunti). Basti riflettere sul fatto che i “docenti” ai quali l’accordo fa riferimento non sono docenti predeterminati, ma sono quelli che sarebbero stati individuati – anno per anno, in assoluta autonomia (anche rispetto all’Azienda: art. 5 della convenzione) e secondo le proprie regole interne – dall’Università, che avrebbe bene potuto perciò conferire gli affidamenti oggi in discussione (quelli del triennio in contestazione) non ogni anno al docente dell’anno precedente (come è di fatto accaduto), ma anche a docenti di anno in anno diversi (secondo insindacabili scelte operate dall’Università nel rispetto della legislazione che la impegna al riguardo).
Il consenso manifestato dal docente con l’accettazione del conferimento a lui di compiti didattici nella sede decentrata presupponeva sicuramente la conoscenza della esistente convenzione (e delle condizioni alle quali la sua attività sarebbe stata remunerata e rimborsata) e determinava dunque un dimensionamento “per relationem” delle proprie pretese economiche a quanto fissato dalla convenzione e dal piano economico-finanziario attuativo della stessa, ma non lo rendeva per questo parte del rapporto che legava l’Università all’Azienda. La sua posizione è rimasta sempre quella di dipendente dell’Università di appartenenza, al quale quest’ultima ha attribuito i compiti didattici relativi secondo le regole interne universitarie, e perciò impiegandolo – secondo proprie insidacabili valutazioni – nelle attività didattiche comprese nella propria offerta formativa, tra le quali appunto il corso di laurea (ancorché con l’acquisito credito del sostegno finanziario e logistico dell’ASP cointeressata).
La intervenuta convenzione dell’Università di Messina e Azienda Ospedaliera di Siracusa non ha esteso insomma i suoi effetti – perché non poteva: art. 1372 c.c. – ai docenti impegnati dall’Università in quel suo corso di laurea, i quali devono considerarsi pertanto insuperabilmente terzi in ordine al rapporto convenzionale intervenuto (in quanto del tutto estranei al suo perfezionamento giuridico).
I docenti hanno reso la loro prestazione all’Università di Messina e da questa devono pertanto ricevere la remunerazione e i rimborsi loro dovuti in relazione alla medesima, secondo le determinazioni previste nella convenzione alla quale l’affidamento delle attività didattiche per il corso decentrato – “corso di laurea…canale Siracusa: allegato n. 7 all’appello già richiamato” – per gli anni accademici in discussione faceva, quanto alla loro quantificazione, evidente riferimento (attraverso l’espressione “canale Siracusa”, evidentemente allusiva al complesso delle intese che ne costituivano giustificazione).
Risultano in conseguenza di tali premesse inaccoglibili anche sia la domanda avanzata dalla Difesa erariale di remissione della causa al TAR per consentire la invocata chiamata in giudizio dell’Azienda Sanitaria, sia l’eccezione – sollevata sempre dalla Difesa erariale – circa la intervenuta soppressione ad opera dell’art. 1 comma 213 della legge 266/2005 delle indennità trasferta e di missione per il personale della pubblica Amministrazione.
Quanto alla prima, deve infatti osservarsi che l’Azienda non è “garante” delle obbligazioni assunte dall’Università nei confronti dei docenti in relazione agli affidamenti da essa conferiti ai medesimi. Il rapporto tra Università e docenti non la riguarda. Essa ha un titolo di debito con l’Università diretto che nasce dalla convenzione sottoscritta e che in nulla la coinvolge nei confronti dei creditori della stessa in ragione di titoli di credito a loro volta diretti ed indipendenti.
E quanto alla seconda, deve osservarsi che – nella specie – le somme richieste dai docenti non hanno nulla a che vedere con le indennità di missione invocate (alle quali esse non sono per altro in alcun modo parametrate). Le somme previste dagli accordi lo sono state come somme da corrispondere a titolo di “rimborso” (per altro forfettariamente fissato) e riguardano le “spese” connesse agli spostamenti sostenuti per l’espletamento delle attività didattiche in questione (che solo per abusionem sono individuate nei tabulati predisposti allo scopo come “missioni”).
Per tali premesse, l’appello deve ritenersi fondato e va pertanto accolto.
Ritiene altresì il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di [#OMISSIS#] e di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, accoglie l’appello. Condanna l’Amministrazione appellata alle spese della fase, che liquida in € 3.000 (tremila), oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 25 maggio 2016 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Zucchelli, Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] Modica de [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] Corbino, Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] Barone, Consigliere
Pubblicato il 12/08/2016