Per aversi violazione o elusione del giudicato occorre che l’attività dell’amministrazione asseritamente attuativa della sentenza amministrativa sia contrassegnata da uno sviamento evidente, diretto ad aggirare le prescrizioni puntuali stabilite con il giudicato medesimo.
Consiglio di Stato, Sez. VI, 21 novembre 2016, n. 4871
Procedura di valutazione comparativa copertura posto di ricercatore
N. 04871/2016REG.PROV.COLL.
N. 04366/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4366 del 2016, proposto da [#OMISSIS#] Chiara Bisacci, rappresentata e difesa dagli avvocati Chiara [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso quest’ultima in Roma, via [#OMISSIS#] Gramsci, 24;
contro
Università degli Studi di Perugia, in persona del legale rappresentante “pro tempore”, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
Vico [#OMISSIS#], rappresentato e difeso dagli avvocati Salvatore Menditto e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Apolloni, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, via Conca D’Oro, 285;
per l’ottemperanza
alla sentenza del CONSIGLIO DI STATO -SEZ. VI, n. 2142 del 2015, resa tra le parti, concernente procedura di valutazione comparativa per la copertura di un posto di ricercatore universitario;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Perugia e di Vico [#OMISSIS#];
Viste le memorie difensive depositate da M. C. Bisacci e V. [#OMISSIS#];
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del 3 novembre 2016 il cons. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti gli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e Salvatore Menditto;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.Esigenze di sintesi, in base a quanto dispongono gli articoli 3, comma 2, e 114, comma 3, del cod. proc. amm., inducono a dare per conosciuti i fatti di causa per come riassunti nella sentenza di questa Sezione n. 2142 del 2015, della cui ottemperanza si fa questione e alla quale si rinvia.
Pare comunque il caso di rammentare che con la sentenza n. 2142 del 2015 la Sezione ebbe ad accogliere l’appello proposto dalla attuale ricorrente in ottemperanza, dott. ssa Bisacci, avendo ritenuto fondato il secondo motivo di gravame, con il quale la sentenza di primo grado era stata censurata nella parte in cui aveva omesso di considerare i rilevanti profili di sviamento che caratterizzavano le operazioni di riesame disposte dalla commissione giudicatrice in esito ai rilievi sollevati dal Rettore dell’Università di Perugia.
Era infatti accaduto che con nota del 15 marzo 2012 il Rettore aveva riscontrato alcune irregolarità nella valutazione comparativa a un posto di ricercatore universitario di ruolo –SSD JUS 17, presso la Facoltà di Giurisprudenza, che aveva visto vincitore il dott. [#OMISSIS#], e aveva perciò invitato la commissione, ai sensi dell’art. 5, comma 2, del d.P.R. n. 117 del 2000, a riesaminare gli atti sulla base di tre specifici rilievi:
a) la commissione aveva ritenuto ammissibile -e conseguentemente valutato- la monografia del dott. [#OMISSIS#] sul “Diritto penale intertemporale” che, invece, in contrasto con le previsioni del bando, non risultava edita né accettata per la pubblicazione: ciò comportava la necessità di non tenere conto del lavoro in questione ai fini della valutazione comparativa, e di procedere a una nuova formulazione della valutazione delle pubblicazioni e della discussione dei titoli del candidato [#OMISSIS#], senza considerare la monografia in questione;
b) la commissione aveva espresso i giudizi sui titoli e sulle pubblicazioni in modo estremamente sintetico, in contrasto con le prescrizioni del d. m. 28 luglio 2009, n. 89 e con gli stessi criteri di massima ai quali la Commissione si era vincolata, che prevedevano giudizi analitici;
c) il Rettore aveva infine rilevato incoerenza tra i giudizi formulati nell’allegato 1 al verbale n. 4 e la valutazione comparativa finale di cui all’allegato 3 al verbale n. 5.
Nella seduta del 10 maggio 2012 la commissione si era nuovamente riunita e, dopo avere deciso di espungere la monografia posto che la medesima non poteva essere ammessa a valutazione, aveva rinnovato i giudizi individuali e collegiale riguardanti il dott. [#OMISSIS#] confermando le precedenti risultanze della valutazione comparativa e indicando lo stesso [#OMISSIS#] quale vincitore della procedura.
Con decreto n. 1002 del 13 giugno 2012 il Rettore aveva approvato gli atti della valutazione comparativa.
La dott. ssa Bisacci aveva impugnato gli atti stessi dinanzi al Tar dell’Umbria che, con la sentenza n. 459 del 2013, aveva respinto il ricorso.
2. Questa sezione, con la sentenza 27 aprile 2015, n. 2142, ha invece come detto accolto l’appello della Bisacci rilevando in particolare (v. punti 3.2. e 3.3. sent. , da pag. 12 a pag. 14) la fondatezza del secondo motivo, con il quale era stata dedotta l’erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui i primi giudici avevano omesso di rilevare i rilevanti profili di sviamento che caratterizzavano le operazioni di riesame delle pubblicazioni del dottor [#OMISSIS#]…
con la nota in data 15 marzo 2012 il Rettore aveva rilevato la non valutabilità della monografia a firma del dottor [#OMISSIS#] e aveva conseguentemente richiesto (inter alia) alla Commissione di rinnovare la valutazione dello stesso dottor [#OMISSIS#], senza tener conto della monografia in parola.
Ora, dall’esame dei verbali inerenti il rinnovo della valutazione emerge in modo evidente che almeno due dei tre Commissari non si siano limitati a trarre le conseguenze – in termini valutativi – dell’espunzione della monografia non valutabile, ma abbiano proceduto a una valutazione del tutto nuova e incondizionatamente favorevole anche delle altre pubblicazioni in precedenza valutate (e non interessate dalla richiamata nota rettorale), chiaramente ispirandosi alla finalità di enfatizzare la [#OMISSIS#] delle pubblicazioni valutabili e – in tal modo – di pervenire comunque a un risultato favorevole al dottor [#OMISSIS#].
E’ stato condivisibilmente osservato al riguardo che:
– mentre in sede di espressione del primo giudizio favorevole la Commissione (dopo aver dato atto dell’esistenza di due filoni ‘minori’ dell’indagine del dottor [#OMISSIS#] – uno sul principio di irretroattività e uno in tema di diritto penale del lavoro -) aveva enfatizzato in modo pressoché esclusivo la [#OMISSIS#] scientifica solo del primo di essi;
– al contrario, in sede di espressione del secondo giudizio favorevole, due dei tre membri della Commissione avevano enfatizzato oltremodo la [#OMISSIS#] dei lavori relativi al filone di indagine in precedenza di fatto sottaciuto, in tal modo palesando in modo piuttosto evidente l’intento di ‘compensare’ in qualche misura (e certamente con intervento surrettiziamente ex post) la sopravvenuta non valutabilità dell’opera monografica.
L’operato in tal modo realizzato dai due commissari è stato caratterizzato da evidenti profili di eccesso di potere per sviamento e ha sortito in modo altrettanto evidente un effetto determinante al fine di confermare la prevalenza del candidato [#OMISSIS#] (al punto che il terzo Commissario, posto in minoranza, ha affidato a una vera e propria dissenting opinion l’esplicitazione delle ragioni per cui non riteneva possibile pervenire alla vittoria del candidato [#OMISSIS#] nonostante l’espunzione ai fini valutativi della monografia da lui prodotta).
3.2. Si osserva al riguardo che la presenza in atti di tale opinione dissenziente non sta a significare (come preteso dall’appellante con il terzo motivo di appello) che gravasse sugli altri Commissari – e a pena di illegittimità – l’obbligo di motivare puntualmente circa le ragioni che li inducevano ad assumere un approccio diverso da quello del terzo Commissario, ma – più semplicemente – costituisce un indice piuttosto evidente (valutabile congiuntamente alle altre circostanze rilevanti del caso) per desumere la sussistenza dei richiamati profili di eccesso di potere realizzati dalla Commissione nel suo complesso in sede di rivalutazione.
3.3. In definitiva, se è certamente corretto il richiamo operato dai primi Giudici all’orientamento secondo cui è tendenzialmente insindacabile in sede giurisdizionale la valutazione tecnica dei titoli e delle pubblicazioni, salvo che ricorrano profili di manifesta illogicità o contraddittorietà, ovvero un errore di fatto chiaramente rilevabili (in tal senso –ex multis – Cons. Stato, Sez. IV, 4 giugno 2013, n. 3057; id., Sez. IV, 27 marzo 2008, n. 1248), il punto è che nel caso in esame – e per le ragioni dinanzi richiamate – ricorrono appunto indici univoci i quali depongono nel senso di una siffatta, manifesta contraddittorietà valutativa e di giudizio.
Deve pertanto procedersi alla riforma della sentenza in epigrafe per la parte in cui i primi Giudici hanno ritenuto che «i “commissari di maggioranza” hanno bene espresso e motivato le ragioni per cui l’esclusione dal campo di valutazione della monografia non è idoneo a modificare il giudizio, come pure quello sulla discussione, che, conseguentemente, secondo quanto concordato da tutti e tre i commissari, non è stato rinnovato» (punto 3 della motivazione).
Contrariamente a quanto ritenuto dai primi Giudici, tale motivazione è stata resa possibile dalla contraddittoria sopravvalutazione ex post di aspetti della produzione scientifica del candidato che, nell’ambito della precedente valutazione, non erano stati invece ritenuti dirimenti (anzi, non erano stati ritenuti in assoluto rilevanti e significativi) ai fini della valutazione stessa.
3.4. L’accoglimento dell’appello per le ragioni dinanzi esposte sub 3.2 , 3.2. e 3.3. risulta di per sé dirimente ed esime il Collegio dall’esame puntuale degli ulteriori profili di doglianza nuovamente articolati avverso i richiamati atti valutativi….
3.Ciò posto, l’Università ha proposto ricorso ai sensi dell’art.112, comma 5, del c.p.a. , chiedendo chiarimenti a questo Consiglio di Stato sulle modalità di ottemperanza alla sentenza.
Sulla richiesta questa sezione si è pronunciata con l’ordinanza 15 gennaio 2016, n. 105 con la quale per quanto qui interessa è stato disposto:
a) che la sentenza rispetto alla quale si chiedono chiarimenti è chiara nel limitare il vizio alla sola fase che concerne il riesame delle pubblicazioni del dottor [#OMISSIS#] (e della relativa discussione), senza investire le altre fasi della procedura concorsuale, le quali, pertanto, devono essere conservate;
b) che la rinnovazione deve essere operata dalla Commissione nella medesima composizione.
4. Con nota del 26 gennaio 2016 il Rettore ha invitato la commissione a riunirsi per dare attuazione alla citata sentenza n. 2142/2015.
La commissione si è riunita il 3 marzo 2016 e ha proceduto a un riesame delle pubblicazioni del dott. [#OMISSIS#].
Terminato il riesame ha ritenuto, con decisione presa a maggioranza dei componenti, che il dott. [#OMISSIS#] debba collocarsi in posizione preminente ai fini della valutazione comparativa.
La commissione ha quindi motivatamente considerato superflua la ripetizione della discussione dei titoli e a conclusione dei lavori ha indicato il dott. [#OMISSIS#] quale vincitore della valutazione comparativa.
Con decreto n. 370 del 14 marzo 2016 il Rettore ha approvato gli atti dichiarando vincitore della valutazione comparativa il dott. [#OMISSIS#].
5. Con ricorso diretto in via principale a vedere dichiarata la nullità del decreto 14 marzo 2016 n. 370, con il quale il Rettore dell’Università degli Studi di Perugia in pretesa esecuzione della sentenza (n. 2142 del 2015) ha approvato il verbale di rivalutazione della commissione e dichiarato il dott. Vico [#OMISSIS#] vincitore della valutazione comparativa nonché del verbale del 3 marzo 2016 e delle valutazioni ivi contenute la dott. ssa Bisacci ha evidenziato, in sintesi, che la commissione non ha riformulato il giudizio nei confronti del dott. [#OMISSIS#] eliminando la rilevata contraddittoria sopravvalutazione ex post di aspetti della produzione scientifica del candidato [[#OMISSIS#]] che, nell’ambito della precedente valutazione, non erano stati invece ritenuti dirimenti (anzi, non erano stati ritenuti in assoluto rilevanti e significativi) ai fini della valutazione stessa; non ha rinnovato la discussione del candidato [#OMISSIS#] e neppure ha proceduto a una valutazione comparativa tra i candidati.
Nel ricorso si sottolinea che nella riunione del 3 marzo 2016 due commissari su tre si sono limitati a enfatizzare i giudizi sulle pubblicazioni minori, in precedenza valutate in termini meno lusinghieri, e ciò allo scopo di “compensare il dislivello” originato dalla non valutabilità della monografia e di “pervenire comunque a un risultato favorevole al dottor [#OMISSIS#]”.
Di qui le conclusioni che seguono:
a) dichiarare la nullità del decreto rettorale 14 marzo 2016 n. 370, del verbale del 3 marzo 2016 e delle valutazioni ivi contenute, per violazione del giudicato scaturente dalla sentenza Cons. Stato, sez. VI, n. 2142 del 2015 e dall’ordinanza Cons. Stato, VI, n. 105 del 2016;
b) ordinare all’Università di Perugia di dare pronta e integrale esecuzione alla sentenza riconvocando la commissione perché formuli le valutazioni richieste tenendo ferme tutte le valutazioni già poste in essere ed eliminando la rilevata contraddittoria sopravvalutazione “ex post” cui si è accennato sopra fissando un temine certo per l’esecuzione e prevedendo, per il caso di violazione del termine, la nomina di un commissario “ad acta” che agisca in sostituzione dell’Università e stabilisca l’importo che l’Università dovrà pagare per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione del giudicato;
c) in via del tutto subordinata, in caso di rigetto della domanda di nullità, disporre la conversione dell’azione assegnando un termine per la riassunzione del giudizio dinanzi al Tar Umbria, in tesi competente per la cognizione dell’azione di annullamento degli atti impugnati.
6. Il dott. [#OMISSIS#] si è costituito per resistere eccependo l’inammissibilità e/o l’improcedibilità del ricorso sotto svariati profili e rilevando l’infondatezza della pretesa avversaria nel merito.
L’Università di Perugia ha svolto una difesa di mera forma.
Parte ricorrente e parte resistente si sono scambiate memorie.
Nella camera di consiglio del 3 novembre 2016 il ricorso è stato discusso è quindi trattenuto in decisione.
7.Il ricorso è nel complesso infondato e va respinto per le ragioni che saranno esposte in appresso.
7.1. Preliminarmente non pare superfluo, anche ai fini del regolamento delle spese, rilevare la infondatezza delle eccezioni in [#OMISSIS#] sollevate dal dott. [#OMISSIS#]. E infatti:
-quanto alla eccepita impossibilità di inquadrare l’effettivo oggetto del ricorso e delle richieste in esso contenute, in presenza di una pluralità di domande e di azioni (v. fine pag. 1 e pag. 2 memoria [#OMISSIS#] 14.10.2016), diversamente da quanto ritiene parte resistente, dalla lettura del ricorso ex artt. 112 e 114 del c.p.a. si ricava, sulla base degli elementi sostanziali offerti al giudice, che la dott. ssa Bisacci ha inteso dedurre essenzialmente la violazione ovvero l’elusione del giudicato di cui alla sentenza Cons. Stato, VI, n. 2142 del 2015 domandando a questo giudice dell’ottemperanza di dichiarare la nullità del decreto rettorale n. 370 del 14 marzo 2016 e del verbale della riunione della commissione n. 7/2016 e solo in via del tutto subordinata di disporre la conversione dell’azione assegnando un termine per la riassunzione della causa avanti al Tar dell’Umbria, giudice competente per la cognizione dell’azione di annullamento degli atti impugnati. Vero è che l’intitolazione dell’atto processuale è “Ricorso (art. 112 comma 5 c.p.a.)”, disposizione che fa riferimento alla c. d. “ottemperanza di chiarimenti” ma, come rilevato, sulla base dei suoi elementi sostanziali l’azione introdotta è di ottemperanza vera e propria, essendo diretta all’attuazione di Cons. St. , VI, sent. n. 2142/2015;
-è ugualmente infondato il rilievo preliminare secondo cui la sentenza Cons. Stato n. 2142/2015 si sarebbe limitata a disporre l’annullamento degli atti gravati ma non conterrebbe un ordine giudiziale da poter considerarsi violato. Al riguardo il collegio osserva che la sentenza di appello di annullamento degli atti impugnati produce un effetto conformativo correlato ai motivi di ricorso esaminati e accolti e in relazione alle ragioni sulle quali si fonda la pronuncia;
-neppure può essere accolta l’eccezione in base alla quale il ricorso sarebbe inammissibile anche se si ritiene che la pronuncia di cui si domanda l’ottemperanza sia l’ordinanza della sezione n. 105/2016, in quanto –sostiene il [#OMISSIS#]- l’ordinanza medesima, che ha sostanza e valore di sentenza, non era passata in giudicato al momento (20 maggio 2016) della presentazione della domanda giudiziale. Il collegio rileva a questo proposito che il ricorso ex art. 112 cit. ha a oggetto l’affermata violazione o elusione delle statuizioni contenute nella sentenza della sezione n. 2142/2015, passata in giudicato e, comunque, esecutiva (cfr. art. 112, comma 2/b) del c.p.a.), come interpretata con l’ordinanza n. 105/2016. Per la stessa ragione, vale a dire mediante il richiamo, esaustivo, al disposto di cui all’art. 112, comma 2, lett. b) del c.p.a., va respinta anche l’eccezione sollevata al n. 4) in base alla quale il presupposto della “res iudicata” dovrebbe considerarsi carente anche con riguardo alla sentenza n. 2142/2015, posto che –rileva il dott. [#OMISSIS#]- al momento della proposizione del ricorso ex art. 112 c.p.a. pendeva innanzi a questa sezione un ricorso per revocazione interposto dal [#OMISSIS#] (definito con la sentenza di rigetto n. 2184 pubblicata il 24 maggio 2016, ossia pochi giorni dopo l’eseguita notificazione del ricorso ex art. 112);
-va disatteso anche il rilievo per cui il ricorso sarebbe inammissibile per “commistione” di provvedimenti, e diversità di “titoli” –la sentenza n. 2142/2015 e l’ordinanza n. 105/2016-, per i quali è chiesta l’ottemperanza atteso che, sostiene la parte resistente, ciò renderebbe assolutamente incerta la delimitazione del “decisum” da porre a parametro per valutare l’eventuale inadempimento dell’Amministrazione. A quest’ultimo riguardo è corretto osservare, come fa la dott. ssa Bisacci, che le indicazioni di natura conformativa sono quelle ricavabili da Cons. Stato, VI, n. 2142 del 2015 e che Cons. Stato, VI, ord. n. 105 del 2016 non ha fatto altro che chiarire che il vizio dell’azione amministrativa denunciato e accolto da questa sezione è circoscritto alla sola fase che concerne il riesame delle pubblicazioni del dott. [#OMISSIS#] (e della relativa discussione), sicché la delimitazione del “decisum” da porre a parametro di valutazione in questa sede di ottemperanza appare tutt’altro che incerta;
-completezza di esame delle questioni in [#OMISSIS#] sollevate dal dott. [#OMISSIS#] impone di disattendere l’ipotizzata inammissibilità del ricorso derivante dalla erronea qualificazione del vizio di “nullità” degli atti impugnati dedotto dalla dott. ssa Bisacci per violazione del giudicato quando invece per il [#OMISSIS#] la censura formulata concretizzerebbe un vizio di “elusione”, e non di “violazione” del giudicato. Per superare anche questo rilievo il collegio reputa sufficiente osservare, avendo riguardo agli elementi sostanziali del ricorso odierno (v. sopra, p. 5.), che la dott. ssa Bisacci domanda la dichiarazione di nullità degli atti indicati in epigrafe facendo valere violazioni ed elusioni del giudicato compiute dalla commissione essenzialmente per non avere riformulato il giudizio nei confronti del dott. [#OMISSIS#] eliminando la rilevata contraddittoria sopravvalutazione “ex post” della quale si è detto.
7.2. Quantunque ammissibile, il ricorso, nel merito, non può trovare accoglimento.
In via preliminare e in termini generali pare il caso di rammentare (cfr. Cons. Stato, Ad. plen. n. 2 del 2013) che nei confronti di atti amministrativi adottati in seguito a una sentenza di annullamento è consentito proporre in un unico ricorso, diretto al giudice dell’ottemperanza, domande tipologicamente distinte, le une proprie di un giudizio di cognizione e le altre di un giudizio di ottemperanza (il quale ultimo presenta un contenuto composito, entro il quale convergono azioni diverse, alcune delle quali riconducibili alla ottemperanza come tradizionalmente configurata, e altre aventi natura di cognizione). Se il giudice del!’ ottemperanza respinge le domande di nullità o inefficacia degli atti, ove il ricorso sia stato proposto nel rispetto dei termini per l’azione di annullamento, andrà ove del caso disposta la conversione dell’azione per la riassunzione del giudizio avanti al giudice competente per la cognizione (sul punto v. “infra”, p. 8.).
Spetta al giudice dell’ottemperanza definire l’azione proposta in base ai suoi elementi sostanziali (cfr. art. 32, comma 2, cod. proc. amm. ), e qualificare le domande presentate, distinguendo quelle attinenti propriamente all’ottemperanza da quelle che invece hanno eventualmente a che fare con il prosieguo dell’azione amministrativa non correlata al giudicato, traendone le necessarie conseguenze quanto al [#OMISSIS#] e ai poteri decisori.
Compete inoltre al giudice dell’ottemperanza qualificare l’atto emesso dalla P. A. per conformarsi al giudicato come violativo o elusivo delle regole di condotta stabilite dal giudice della cognizione.
Ciò posto, se è vero che la possibilità dell’amministrazione, nell’eseguire il giudicato, di operare una rivalutazione dei fatti sottoposti all’esame del giudice è assoggettata a precisi limiti e vincoli, atteso che l’accertamento definitivo del giudice sull’esistenza dei presupposti su cui si fonda la pretesa del ricorrente non può non essere vincolante nei confronti dell’azione amministrativa, è vero anche che
il vizio di violazione o di elusione del giudicato è ravvisabile unicamente laddove dal giudicato siano ricavabili statuizioni analitiche e puntuali, tali da escludere o ridurre in maniera significativa la discrezionalità dell’amministrazione nella rinnovazione della propria attività.
Per aversi violazione o elusione del giudicato occorre cioè che l’attività dell’amministrazione asseritamente attuativa della sentenza amministrativa sia contrassegnata da uno sviamento evidente, diretto ad aggirare le prescrizioni, puntuali, come detto, stabilite con il giudicato medesimo.
La nuova determinazione amministrativa deve risultare chiaramente elusiva o violativa delle regole di condotta dettate nella decisione di cui è chiesta l’esecuzione.
Guardando adesso più da vicino il caso in esame, e precisato che dalla lettura del ricorso emerge con nitidezza che il nucleo fondamentale del presente giudizio riguarda proprio la violazione od elusione del giudicato, il collegio ritiene che da un raffronto tra il nucleo centrale della motivazione, riprodotto sopra al p. 2., che ha sorretto la statuizione di accoglimento dell’appello, di cui alla sentenza della sezione n. 2142 del 2015, come interpretata dalla citata ordinanza n. 105 del 2016 adottata in sede di “ottemperanza di chiarimenti”, e le ragioni sulle quali si è fondato il (nuovo) giudizio riformulato dalla commissione il 3 marzo 2016, all’esito del quale è stata confermata la posizione di preminenza del dott. [#OMISSIS#] ai fini della valutazione comparativa, non emergano violazioni o elusioni del giudicato.
Il collegio ritiene che l’affermata violazione o elusione della regola di condotta dettata nella decisione di cui è domandata l’esecuzione, presupposto richiesto dalla giurisprudenza per fondare la dichiarazione di nullità dell’atto sopravvenuto, sia soltanto apparente e che in realtà non vi siano le condizioni per considerare violato il dovere di conformazione derivante dalla pronuncia di appello n. 2142/2015 e per giustificare una sanzione così grave e radicale quale è la dichiarazione di nullità della delibera del 3 marzo 2016.
Nella specie, quantunque la motivazione dell’annullamento giurisdizionale deciso da questo giudice di appello con la sentenza n. 2142/2015 comportasse, in capo agli organi universitari tenuti all’attuazione della decisione, un vincolo conformativo piuttosto stringente in sede di riesercizio dell’attività valutativa senza che, dunque, spettasse alla commissione una facoltà di riesame e di giudizio “libera”, o una “ripartenza da zero” (come afferma invece il dott. [#OMISSIS#]); la statuizione giudiziale di annullamento, si diceva, come motivata in concreto, non poteva considerarsi di per sé idonea ad attribuire in via diretta alla dott. ssa Bisacci il bene della vita al quale la stessa aspirava garantendole il risultato finale della vittoria nella valutazione comparativa.
E, di suo, neppure la statuizione di cui al p. 3.3. di Cons. Stato, VI, n. 2142/2015, trascritta sopra al p. 2., comportava che la commissione, nel riesaminare le pubblicazioni, dall’espunzione della monografia sul diritto penale intertemporale dovesse necessariamente trarre “conseguenze sul piano valutativo” nel senso dell’impossibilità di (continuare a) porre il candidato [#OMISSIS#] in posizione preminente rispetto alla Bisacci in vista dell’esito della valutazione comparativa.
Che non vi sia stata, da parte dell’Università, una chiara elusione o una violazione dei doveri di conformazione derivanti dal giudicato lo si ricava dall’esame del verbale n. 7 del 3 marzo 2016 dalla lettura del quale emerge come la commissione avesse incentrato la propria (ri)valutazione sul saggio, pubblicato nel 2009 sulla Rivista italiana di diritto e procedura penale, intitolato “cause di giustificazione e abolitio criminis”, nel quale il candidato aveva affrontato il tema, ritenuto centrale dalla commissione, con valutazione tendenzialmente insindacabile dal giudice amministrativo, del diritto penale intertemporale, con ampie analisi, inerenti in particolare all’applicazione retroattiva delle modifiche in melius, poi largamente riprese e trasfuse dal dott. [#OMISSIS#] nella monografia (questa sì) non suscettibile di valutazione (si veda il verbale n. 7, pagine 4 e 5 anche là dove si rileva che il prof. Romano, nella originaria valutazione dei titoli, non si era soffermato a lungo specificamente sul saggio del 2009 in quanto già inglobato nel giudizio sulla monografia all’inizio erroneamente valutata e in questa fase non più considerata, di cui (il saggio del 2009) era una parte qualificante; e a questo riguardo bene la difesa del [#OMISSIS#] pone in risalto la “centralità” che il corposo saggio del 2009 ha assunto nella “valutazione –ter” dei professori Padovani e Romano).
Ciò, diversamente da quanto ritiene la ricorrente al fine di corroborare la tesi della nullità del giudizio valutativo del 3 marzo 2016, non integra una contraddittoria sopravvalutazione ex post, ed enfatizzazione, della produzione scientifica ritenuta in un primo momento poco significativa.
Detto altrimenti, il richiamo fatto da questo giudice di appello nella sentenza n. 2142 del 2015 alla contraddittoria sopravvalutazione ex post di aspetti della produzione scientifica del candidato
dapprincipio valutati come poco significativi non si attaglia a quella parte della motivazione del verbale n. 7/2016, imperniata sul saggio del 2009 sulla giustizia intertemporale e che risulta oggettivamente costituire il nucleo centrale del giudizio valutativo rinnovato.
Per la ragione appena specificata, in occasione della riunione del 3 marzo 2016 non si è ripetuta la contraddittoria enfatizzazione e la sopravvalutazione ex post della produzione scientifica minore censurata da questo giudice nel 2015.
In ultima analisi né l’accoglimento, di suo, dell’appello proposto dalla Bisacci e né la ragione per la quale la stessa Bisacci era risultata vittoriosa in sede di impugnazione della sentenza del Tar Umbria potevano ergersi quali ostacoli insormontabili tali da impedire un riesercizio dell’attività valutativa –beninteso, adeguatamente motivato e rispettoso, sostanzialmente, dell’obbligo di conformazione al decisum di questo giudice di appello- che si concludesse con la conferma della collocazione del [#OMISSIS#] in posizione preminente ai fini della valutazione de qua.
Il riesame delle pubblicazioni ordinato da questo giudice, fatti salvi i vincoli ai quali andava agganciata l’attività (ri)valutativa della commissione da compiere in attuazione del giudicato
non implicava necessariamente quale esito il sovvertimento del giudizio di preminenza del [#OMISSIS#] formulato nel 2012 in un giudizio di preminenza “simmetrico” della Bisacci quale risultato di una, per così dire, “sottrazione meccanica” della monografia dall’ambito valutativo.
Quanto all’asseritamente illegittimo omesso rinnovo della discussione su titoli e pubblicazioni, dall’ “azione combinata” di Cons. Statto, n. 2142/2015 e 105/2016 emergeva la prescrizione di procedere al riesame della discussione delle pubblicazioni del dott. [#OMISSIS#] e non di ripetere la prova orale, come sostenuto dalla ricorrente.
In maniera sostanzialmente conforme al giudicato la commissione ha pertanto fatto leva sulla centralità del saggio del 2009 per ritenere superflua la ripetizione della discussione dei titoli effettuando un “riesame” ossia una rivalutazione di carattere esclusivamente documentale.
Sulla questione inerente alla omissione della valutazione comparativa tra i candidati pare sufficiente osservare che la pronuncia della sezione n. 2142 del 2015 non imponeva di procedere alla comparazione dei candidati ma soltanto di riesaminare il candidato dott. [#OMISSIS#], il che è stato fatto.
Il ricorso per ottemperanza, diretto alla dichiarazione della nullità degli atti suindicati, va dunque respinto.
7.3. E poiché l’azione, quantunque proposta, a quanto consta, nel rispetto del termine prescritto per il ricorso di annullamento, e formalmente diretta anche all’ “annullamento” del verbale n. 7 del 3 marzo 2016 e del d. R. n. 370/2016, va qualificata, sulla base dei suoi elementi sostanziali, esclusivamente come azione di nullità degli atti in epigrafe per violazione o elusione del giudicato,
ne consegue che la richiesta subordinata di conversione dell’azione per la riassunzione del giudizio avanti al giudice competente per la cognizione non può trovare ingresso.
8. Nonostante l’esito del giudizio l’infondatezza delle eccezioni in [#OMISSIS#] del resistente, la singolarità e l’esistenza oggettiva di elementi di controvertibilità della controversia –oltre che, con riguardo alla posizione dell’Università, la difesa di mera forma svolta dalla stessa- concorrono a integrare quelle ragioni gravi ed eccezionali richieste per giustificare la compensazione delle spese del giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 3 novembre 2016 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente FF
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
Dante D'[#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] Mele, Consigliere
Pubblicato il 21/11/2016