N. 01265/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00785/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 785 del 2016, proposto da:
Mari’ Regoli, rappresentata e difesa dagli avvocati [#OMISSIS#] Garzia C.F. GRZLNU62S62E202E, [#OMISSIS#] Parodi C.F. PRDLDR86C29E202Z, e domiciliata ex art. 25 cpa presso – Segreteria T.A.R. in Firenze, Via Ricasoli 40;
contro
Università degli Studi di Siena, in persona del Rettore p.t., rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura Distr.le dello Stato, presso cui domicilia in Firenze, Via degli Arazzieri 4;
per l’annullamento
– della delibera rep. n. 48/2016 prot. n. 7491 del 29.02.2016 emessa dal Consiglio di Amministrazione dell’Università degli Studi di Siena, nella parte in cui conferma la revoca della procedura concorsuale SSD-BIO/16 Anatomia umana, indetta con D.R. n. 737/2007, di cui la ricorrente è venuta a conoscenza a seguito del deposito nel procedimento di ottemperanza della sentenza n. 1067/2015 emessa tra le parti 8R.G. n. 1786/2015);
– di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale, anche di estremi sconosciuti, rispetto a quello sopraindicato, ivi comprese – per quanto occorrer possa – la delibera rep. n. 273/2015, prot. n. 5541 del 26.11.2015 del Consiglio di Dipartimento di Scienze mediche, chirurgiche e neuroscienze, la delibera rep. n. 15/2016 prot. n. 254 4/8 del 19.12.2016 del Consiglio di Dipartimento di Medicina Molecolare e dello Sviluppo e della delibera rep. n. 182/2015, prot. n. 3099 del 20.11.2015 del Consiglio di Dipartimento di Scienze della vita;
nonché per la condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Università degli Studi di Siena;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 22 giugno 2016 il dott. [#OMISSIS#] Massari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Premesso che:
– con sentenza n. 1067, depositata il 13 luglio 2015, veniva accolto il ricorso proposto dalla dott.sa Regoli Marì annullando, per l’effetto, i decreti rettorali del 21 ottobre 2014 e 23 febbraio 2015 con i quali era stata revocata la procedura di valutazione comparativa (indetta con decreto del Rettore n. 737/2007) per il reclutamento di sette ricercatori da assegnare alla Facoltà di medicina e chirurgia dell’Università degli studi di Siena;
– per gli effetti conformativi della pronuncia veniva precisato che “la violazione rilevata che comporta l’annullamento degli atti gravati non comporta la lesione del rapporto tra la ricorrente e il bene della vita…rappresentato dalla riattivazione della procedura concorsuale de qua” non rinvenendosi, quindi, un “vincolo ad attribuire al futuro provvedimento un determinato contenuto… disponendo la riapertura del procedimento revocato”;
– con ricorso rubricato al n. RG 1786/15 la ricorrente ha agito per l’ottemperanza della sentenza citata assumendo non essere state adottate le consequenziali determinazioni;
– in data 24 marzo 2016 l’Università di Siena ha depositato la deliberazione del Consiglio d’amministrazione del 26 febbraio 2016 con la quale, acquisite ritualmente le determinazioni dei competenti Dipartimenti, in ragione dell’insussistenza di risorse finanziarie coerenti con la programmazione triennale delle assunzioni, ha confermato la revoca della procedura concorsuale di cui trattasi, fatto salvo l’indennizzo da corrispondersi all’interessata, ex art. 21 quinquies l. n. 241/1990 e liquidato in € 5.000,00;
considerato che:
– con sentenza n. 690 del 6 aprile 2016 questo T.A.R., esaminato il contenuto della deliberazione di cui sopra, ha dichiarato cessata la materia del contendere ritenendo che l’amministrazione avesse dato esatta esecuzione alla sentenza n. 1067/15, nei limiti in cui la successiva attività provvedimentale era stata da questa conformata, con esclusione, quindi, dell’obbligo per l’Università di riattivare la procedura concorsuale revocata;
– con il ricorso all’esame la dott.sa Regoli ha impugnato la deliberazione del Consiglio d’amministrazione del 26 febbraio 2016 chiedendone l’annullamento e deducendone l’illegittimità in ragione della reiterazione delle violazioni procedimentali già accertate dal T.A.R. con la sentenza n. 1067/15; della violazione dei principi dell’affidamento e degli artt. 21 quinquies e 21 nonies della l. n. 241/1990; per difetto di motivazione ed eccesso di potere per travisamento di fatto, contraddittorietà e sviamento della causa tipica;
– nell’odierna camera di consiglio, sussistendone i presupposti il ricorso è stato trattenuto per la decisione con sentenza in forma semplificata;
ritenuto che:
– la ricorrente pone a sostegno della domanda di annullamento gli stessi motivi che hanno costituito oggetto di scrutinio con la sentenza n. 1067/15 la quale, come fatto cenno, li ha reputati fondati annullando gli atti impugnati, ma lasciando impregiudicata la successiva attività provvedimentale dell’amministrazione con riferimento al merito della questione, ossia la valutazione dell’opportunità di riavviare il procedimento concorsuale revocato;
– sotto tale profilo il ricorso si palesa inammissibile dal momento che il Collegio, con la sentenza n. 690/16, emessa in relazione alla denunciata violazione o elusione del giudicato ha ritenuto insussistente uno sviamento manifesto, diretto ad aggirare le prescrizioni, puntuali, stabilite con il giudicato, al contempo affermando che l’Università avesse dato esatta esecuzione al medesimo nei limiti dell’effetto conformativo della sentenza n. 1067/15 la quale, si ripete, aveva escluso l’obbligo dell’amministrazione di riattivazione della procedura concorsuale, tale valutazione essendo rimessa alla discrezionalità della stessa (Cons. Stato, sez. VI, 21 marzo 2016 n. 1162);
– conseguentemente, ove l’interessata avesse ritenuto errata la dichiarazione di cessazione della materia del contendere, avrebbe dovuto gravarsi con appello contro la suddetta pronuncia in quanto pretesamente in contrasto con il principio per cui la violazione del giudicato è configurabile quando il nuovo atto riproduca gli stessi vizi già censurati in sede giurisdizionale ovvero quando si ponga in contrasto con precise e puntuali prescrizioni provenienti dalla statuizione del giudice, configurandosi elusione del giudicato allorquando l’Amministrazione, pur provvedendo formalmente a dare esecuzione alle statuizioni della sentenza, persegue l’obiettivo di aggirarle dal punto di vista sostanziale, giungendo surrettiziamente allo stesso esito già ritenuto illegittimo (Cons. Stato, sez. V, 14 marzo 2016 n. 984);
– che diversamente opinando, cioè ammettendo la possibilità di contestare nuovamente il medesimo provvedimento già giudicato legittimo, verrebbe palesemente violato il principio del ne bis in idem che si sostanzia, sul presupposto dell’identità nei due giudizi delle parti in causa, nell’impossibilità per il giudice del medesimo grado di giurisdizione di potersi nuovamente pronunciare su questioni già definite con sentenza (T.A.R. Umbria, I 13 aprile 2016 n. 338; T.A.R. Veneto, sez. I, 26 ottobre 2015, n. 1093; T.A.R. Puglia, Lecce, sez. III 1 dicembre 2015 n. 3458);
considerato che:
– nondimeno, nel processo amministrativo come è ammissibile la contemporanea proposizione, nei confronti del medesimo provvedimento, dell’azione di ottemperanza per violazione o elusione del giudicato, in unico grado davanti al Consiglio di Stato, e di impugnazione ordinaria davanti al Tar competente, secondo le regole ordinarie, così è del pari consentito devolvere nella medesima impugnativa un’azione di ottemperanza ed una di legittimità, e in questa seconda ipotesi il giudice adito è chiamato innanzitutto a qualificare le domande prospettate, distinguendo quelle attinenti propriamente all’ottemperanza da quelle che invece hanno a che fare con il prosieguo dell’azione amministrativa che non impinge nel giudicato, traendone le necessarie conseguenze (Cons. Stato, sez. V, 13 giugno 2016 n. 2536, id., sez. VI, 14 agosto 2015, n. 3939);
– entro tali limiti possono essere scrutinate solo le doglianze con le quali la ricorrente censura il merito del provvedimento da ultimo assunto dall’Università di Siena per violazione principi dell’affidamento e degli artt. 21 quinquies e 21 nonies della l. n. 241/1990; per difetto di motivazione ed eccesso di potere per travisamento di fatto, contraddittorietà e sviamento della causa tipica;
ritenuto che:
– le censure si palesano infondate dal momento che, per consolidata giurisprudenza, la pubblica amministrazione è titolare di un ampio potere discrezionale in ordine alla revoca di una procedura concorsuale alla quale può provvedersi fino a quando non siano stati nominati i vincitori, in quanto i meri partecipanti possono vantare una semplice aspettativa alla conclusione del procedimento, e sempre che sussistano fondati motivi di pubblico interesse (che devono essere indicati nel provvedimento) che inducano a desistere dalla prosecuzione dell’iter concorsuale, esplicitandone l’evidente inopportunità (Cons. Stato, sez. VI, 27 giugno 2005 n. 3401; T.A.R. Calabria, Reggio Calabria. 24 luglio 2015 n. 781; T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 7 giugno 2010 n. 12694; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 19 novembre 2008 n. 5450);
– le motivazioni addotte dall’amministrazione, ossia la sopravvenuta insussistenza del fabbisogno di docenti per la specifica materia e la carenza di risorse finanziarie costituiscono motivi adeguati per la revoca una procedura concorsuale (T.A.R. Molise, 6 aprile 2012 n. 117; T.A.R. Lazio, sez. II, 14 settembre 2005 n. 7029, T.A.R. Puglia, Bari, sez. II 6 luglio 2005 n. 3140) senza che sia neppure necessario provvedere, ex art. 21 quinquies, l. n. 241 del 1990 ad attribuire alcun indennizzo agli interessati, non vertendosi nell’ipotesi di provvedimento amministrativo ad efficacia durevole (T.A.R. Lazio, sez. III 9 marzo 2009 n. 2372);
– né maggior pregio può essere assegnato alla tesi della violazione dell’art. 7 della l. n. 24171990 dal momento che l’atto in questione costituisce l’ultimo provvedimento di una sequenza procedimentale della quale la ricorrente era evidentemente edotta e, soprattutto, considerato che, in un’ottica non esclusivamente formalistica, non vengono forniti elementi da cui possa evincersi che il contenuto dell’atto potesse essere modificato sulla base di eventuali osservazioni del destinatario (Cons. St., sez. IV, 13 giugno 2013 n. 3289; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II 4 maggio 2016 n. 865);
– per le ragioni esposte il ricorso va dichiarato in parte inammissibile e in parte respinto perché infondato, seguendo le spese di giudizio la soccombenza come in dispositivo liquidate;
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo dichiara inammissibile e in parte lo respinge.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che si liquidano in € 2.000,00.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 22 giugno 2016 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Pozzi, Presidente
[#OMISSIS#] Massari, Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
Pubblicato il 25/07/2016