Nelle procedure di valutazione comparativa per il reclutamento dei ricercatori universitari, è illegittimo l’operato della commissione che non si limiti ad esplicitare e specificare un criterio preesistente, ma si spinga fino a snaturare lo stesso criterio enucleato dalla lex specialis di gara, modificandone ab imo la stessa ratio fondante e il complessivo equilibrio ai fini valutativi.
Consiglio di Stato, Sez. VI, 8 agosto 2014, n. 4235
Procedura di reclutamento Ricercatore-Commissione esaminatrice-Criteri di valutazione
N. 04235/2014REG.PROV.COLL.
N. 05606/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5606 del 2013, proposto dal dottor Cristiano Tallè, rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] in Roma, via G. Mercalli, 13
contro
Università degli Studi di Torino e Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12
nei confronti di
[#OMISSIS#] Gorza, rappresentato e difeso dall’avvocato [#OMISSIS#] Romano, con domicilio eletto presso [#OMISSIS#] Romano in Roma, Lungotevere Sanzio, 1
per la riforma della sentenza del t.a.r. del piemonte, sezione i, n. 704/2013
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Torino e del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, nonché del dottor [#OMISSIS#] Gorza;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 maggio 2014 il Cons. [#OMISSIS#] Contessa e uditi per le parti l’avvocato [#OMISSIS#], l’avvocato dello stato [#OMISSIS#] e l’avvocato Pafundi per delega dell’avvocato Romano;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue
FATTO
Il dottor Tallè riferisce che con decreto rettorale in data 19 dicembre 2011 l’Università degli Studi di Torino ebbe a bandire una selezione pubblica a n. 15 posti di ricercatore a tempo determinato ai sensi dell’articolo 24, comma 1, lettera a) della legge 30 dicembre 2010, n. 240 (‘Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l’efficienza del sistema universitario’) per le esigenze della facoltà di Scienze Politiche.
L’odierno appellante risultava inizialmente vincitore della procedura selettiva.
Tuttavia, gli atti della procedura venivano impugnati dinanzi al T.A.R. del Piemonte (ricorso n. 1102/2012) dal sesto classificato, dottor [#OMISSIS#] Gorza il quale ne chiedeva l’annullamento lamentando plurimi profili di illegittimità.
Con la sentenza in epigrafe il Tribunale adito ha accolto il ricorso e, per l’effetto, ha annullato gli atti della procedura.
La sentenza in questione è stata impugnata in appello dal dottor Tallè il quale ne ha chiesto la riforma articolando i seguenti motivi:
1. Error in judicando della sentenza gravata – Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 29 c.p.a. e dell’art. 8 del bando di concorso – Irricevibilità del ricorso di primo grado per tardività.
I primi Giudici avrebbero erroneamente omesso di rilevare la tardività del ricorso avverso il provvedimento impugnato in primo grado (pubblicato sull’albo dell’Università il 14 settembre 2012) in quanto il ricorso stesso era stato portato alla notifica solo il 62° giorno dopo l’avvenuta conoscenza dell’atto lesivo (ed infatti, l’atto introduttivo era stato spedito per la notifica solo in data 15 novembre 2011).
2. Error in judicando della sentenza gravata – Violazione dei principi di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione (artt. 3 e 97, Cist.) – Violazione e/o falsa applicazione del d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487 – Violazione e/o falsa applicazione dei principi di trasparenza delle operazioni concorsuali e di par condicio tra i concorrenti.
La sentenza in epigrafe sarebbe meritevole di riforma per aver ritenuto che la Commissione avesse illegittimamente operato per avere aggiunto un ulteriore criterio di valutazione (quello relativo alla ‘familiarità con una lingua indigena’) prima di esprimere i giudizi, ma dopo che erano ormai note le identità dei candidati.
Allo stesso modo, la decisione in epigrafe sarebbe meritevole di riforma per avere ritenuto che l’individuazione di tale nuovo criterio avesse avvantaggiato l’odierno appellante, il quale era l’unico candidato in cui favore il nuovo criterio aveva trovato effettiva applicazione.
La decisione in parola sarebbe in primo luogo erronea dal momento che quello relativo alla ‘familiarità con una lingua indigena’ non costituirebbe a rigore un nuovo criterio, bensì la mera esplicitazione dei criteri di massima già contemplati dal bando inditivo della procedura e del più generale principio secondo cui la ‘ricerca sul campo’ costituisce in via generale un necessario criterio di valutazione nell’ambito dei concorsi universitari, in specie se relativi a ricerche di stampo etnoantropologico.
E del resto, la possibilità per le Commissioni di specificare i criteri di massima già previsti dalla lex specialis della procedura era prevista in modo espresso dall’articolo 7 del bando, secondo cui “le Commissioni giudicatrici all’atto dell’insediamento predeterminano i criteri da utilizzare per la valutazione preliminare dei candidati, nonché i criteri da utilizzare per l’attribuzione di un punteggio ai titoli e a ciascuna delle pubblicazioni”.
A sua volta, tale previsione risulterebbe del tutto conforme alla previsione di cui all’articolo 12 del d.P.R. 487 del 1994 (‘Regolamento recante norme sull’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi’), secondo cui “le Commissioni esaminatrici, alla prima riunione, stabiliscono i criteri e le modalità di valutazione delle prove concorsuali al fine di motivare i punteggi attribuiti alle singole prove”.
Allo stesso modo, la sentenza in epigrafe risulterebbe meritevole di riforma per aver ritenuto che il criterio di valutazione relativo alla conoscenza di una lingua indigena avesse sortito un rilievo determinante al fine di sancire la prevalenza dell’odierno appellante.
Al contrario, non solo il criterio in parola rappresenta la mera specificazione ed esplicitazione di criteri già inclusi nella lex specialis, ma – per di più – esso non era destinato ad operare in modo autonomo e determinante, sussistendo al contrario ulteriori e diversi criteri a tal fine rilevanti (quale quello relativo alla “intensità e durata dei lavori in archivio”).
In secondo luogo, la sentenza in epigrafe sarebbe erronea per avere i primi Giudici affermato che il criterio relativo all’autonoma valutabilità della conoscenza di una lingua indigena fosse stato introdotto quando l’identità dei candidati era ormai nota.
Al contrario, risulterebbe in modo inequivoco dagli atti di causa che il criterio in questione fosse stato enucleato nel corso della seduta dell’11 giugno 2012 prima che la Commissione prendesse visione dell’elenco dei nominativi dei candidati.
Ed ancora, i primi Giudici avrebbero affermato in modo del tutto erroneo ed immotivato che la valutazione inerente la conoscenza di una lingua indigena avesse consentito al dott. Tallè di conseguire un “significativo punteggio” (di per sé determinante ai fini degli esiti concorsuali).
Al contrario, la lettura degli atti di causa dimostrerebbe che la prevalenza dell’odierno appellante fosse piuttosto da attribuire agli ulteriori e diversi criteri di valutazione, mentre – per ciò che riguarda l’apprezzamento della conoscenza della lingua indigena – la Commissione si era limitata ad affermare che ciò rappresentasse un dato “particolarmente meritevole”.
Ma tale circostanza non poteva dirsi di per sé idonea ad influenzare gli esiti della procedura, atteso che il giudizio favorevole espresso nei confronti del dott. Tallè non costituiva altro, se non la conseguenza della positiva valutazione del rigore metodologico e dell’intensità della ricerca empirica da lui svolta.
Anche sotto questo aspetto, quindi, la sentenza in epigrafe risulterebbe meritevole di riforma per non aver ritenuto che il contestato criterio presentasse una natura puramente esplicativa e non innovativa ai fini della definizione della fattispecie.
Inoltre, la sentenza in epigrafe risulterebbe meritevole di riforma per la parte in cui ha affermato che, laddove il ricorrente di primo grado avesse previamente saputo del più volte richiamato criterio relativo alla conoscenza di una lingua indigena, avrebbe potuto a propria volta allegare tale conoscenza.
Sotto tale aspetto la sentenza sarebbe erronea per non aver considerato che il ricorrente in primo grado (dott. Gorza) non aveva allegato in atti l’effettiva conoscenza di una lingua indigena.
Oltretutto, sussisterebbero seri dubbi sulla sussistenza di un interesse a ricorrere in capo al dott. Gorza, per essersi egli classificato al sesto e ultimo posto della graduatoria finale.
Da ultimo, l’appellante contesta il contenuto di alcune affermazioni rese dai primi Giudici (affermazioni che, pur non presentando un rilievo determinante ai fini della decisione, contribuirebbero a delineare un complessivo quadro di inattendibilità dell’operato della Commissione).
Ci si riferisce, in particolare:
– al passaggio in cui i primi Giudici contestano la scelta della Commissione di ammettere la regolarizzazione degli atti prodotti dai candidati. Contrariamente a quanto affermato dal T.A.R., tale modalità operativa “costituisce un segmento assolutamente normale e fisiologico dei concorsi universitari”;
– al passaggio in cui i primi Giudici contestano la scelta di valutare di fatto due volte la tesi di dottorato e la pubblicazione che ne era derivata. Sotto questo aspetto, occorreva piuttosto considerare che tale duplice valutazione scaturiva dal fatto che la pubblicazione prodotta in atti dal dott. Tallè era certamente diversa nel contenuto rispetto alla tesi di dottorato e che lo stesso modus procedendi era stato tenuto dalla Commissione anche in relazione alla valutazione di altri candidati;
– al passaggio in cui il T.A.R. rimarca che due dei componenti della Commissione fossero in relazioni scientifiche con il candidato vincitore. Al riguardo l’appellante sottolinea che la richiamata circostanza, di per sé, non sortisce alcuna [#OMISSIS#] viziante o invalidante sulla fattispecie, trattandosi peraltro di un settore scientifico-disciplinare piuttosto delimitato;
– al passaggio in cui i primi Giudici sottolineano l’elevatissimo punteggio (14 pt.) riservato alla valutazione della pubblicazione ‘Scuola, costume e società. Un’etnografica dell’educazione nella comunità indigena di San Matero del Mar (Messico)”. Al riguardo l’appellante sottolinea: a) che sfugge alla cognitio del Giudice amministrativo di legittimità ogni sindacato in ordine al merito delle valutazioni numeriche espresse dalle Commissioni; b) che in ogni caso, la pubblicazione in questione presenta obiettivamente un altissimo valore scientifico.
Si è costituita in giudizio l’Università degli Studi di Torino la quale ha concluso nel senso dell’accoglimento dell’appello.
Si è altresì costituito in giudizio il dott. [#OMISSIS#] Gorza il quale ha concluso nel senso della reiezione dell’appello.
Con ordinanza n. 5606/2013 (resa all’esito della camera di consiglio del 27 agosto 2013) questo Consiglio ha respinto l’istanza di sospensione cautelare degli effetti della sentenza gravata.
Risulta agli atti che, nelle more del giudizio di appello, l’Università degli Studi di Torino abbia nominato una nuova Commissione incaricata di “rinnovare le operazioni concorsuali della selezione in oggetto” e che, all’esito delle operazioni in questione sia stata nominata vincitrice della procedura la dottoressa Sofia Venturoli.
Alla pubblica udienza del 6 maggio 2014 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto dal dottor Tallè (il quale aveva partecipato alla selezione indetta dall’Università degli Studi di Torino nel corso del 2011 per un posto di ricercatore a tempo determinato per il settore concorsuale 11/A5 ed era risultato inizialmente vincitore) avverso la sentenza del TAR per il Piemonte con cui è stato accolto il ricorso proposto da altro candidato (dottor Gorza) e, per l’effetto, sono stati annullati gli atti della procedura.
2. L’appello è infondato.
3. In primo luogo, non può trovare accoglimento il primo motivo di appello, con il quale si è chiesta la riforma della sentenza in epigrafe in relazione alla mancata declaratoria di irricevibilità del primo ricorso.
Si osserva al riguardo che, anche a voler dare atto del carattere maggioritario dell’orientamento secondo cui, in caso di termini che iniziano a decorrere nel corso del periodo di sospensione feriale, il giorno del 16 settembre deve essere computato nel termine (segnando l’inizio del suo decorso), nondimeno un diffuso orientamento giurisprudenziale ha, sino a tempi recenti, aderito alla diversa tesi secondo cui il giorno del 16 settembre (primo giorno post-feriale), in quanto dies a quo, non deve essere computato nel termine medesimo (in tal senso la sentenza di questa Sezione 11 maggio 2011, n. 2775, che richiama espressamente la precedente sentenza 1° ottobre 2002, n. 5105).
Aderendo a tale secondo orientamento (secondo cui il giorno 16 settembre va escluso dal calcolo del tempo utile nell’ipotesi di termini che iniziano a decorrere nel periodo compreso tra l’1 agosto ed il 15 settembre, essendo il primo giorno utile per svolgere una qualsiasi attività legata al decorso dei termini processuali e quindi dies a quo non computabile), il ricorso di primo grado risulterebbe notificato l’ultimo giorno utile, giustificando quanto meno il riconoscimento in favore del ricorrente in primo grado del beneficio dell’errore scusabile.
3, Nel merito, l’appello in epigrafe non può trovare accoglimento in base all’assorbente rilievo secondo cui il criterio di valutazione sub f) fissato dalla Commissione nel corso della seduta dell’11 giugno 2012 (“intensità e durata della ricerca sul campo alla base dei lavori etnografici, che riveli la familiarità con una lingua indigena (…)”) costituiva sotto ogni aspetto un criterio di valutazione del tutto nuovo, la cui portata era idonea a falsare il regolare andamento della procedura selettiva, in tal modo giustificando la pronuncia di annullamento resa dai primi Giudici.
Va premesso al riguardo che nessuno dei criteri di valutazione individuati in via generale dall’articolo 7 del bando inditivo della procedura (decreto rettorale del 19 dicembre 2011) richiamava in modo espresso – né, per quanto fra breve si dirà, in modo indiretto – l’intensità e la durata della ricerca sul campo alla base dei lavori etnografici, idonei a rivelare la familiarità con una lingua indigena.
In particolare, il comma sesto del richiamato articolo 7 (riprendendo in modo pressoché testuale le previsioni di cui all’articolo 3 del decreto ministeriale 25 maggio 2011, n. 243 – ‘Criteri e parametri riconosciuti, anche in ambito internazionale, per la valutazione preliminare dei candidati destinatari dei contratti di cui all’articolo 24, della legge n. 240/2010. (Decreto n. 243/2011)’ -) stabiliva che:“ le commissioni giudicatrici effettuano la valutazione comparativa delle pubblicazioni sulla base dei seguenti criteri:
a) originalità, innovatività, rigore metodologico e rilevanza di ciascuna pubblicazione scientifica;
b) congruenza di ciascuna pubblicazione con il settore concorsuale per il quale è bandita la procedura e con l’eventuale profilo, definito esclusivamente tramite indicazione di uno o più settori scientifico-disciplinari, ovvero con tematiche interdisciplinari ad essi correlate;
c) rilevanza scientifica della collocazione editoriale di ciascuna pubblicazione e sua diffusione all’interno della comunità scientifica;
d) determinazione analitica, anche sulla base di criteri riconosciuti nella comunità scientifica internazionale di riferimento, dell’apporto individuale del candidato nel caso di partecipazione del medesimo a lavori in collaborazione”.
Al contrario, in sede di prima riunione, la Commissione di concorso ebbe a stabilire che essa avrebbe proceduto ad effettuare la valutazione comparativa delle pubblicazioni sulla base di sette criteri fra cui – ai fini che qui rilevano – quello sub f), relativo alla “intensità e durata della ricerca sul campo alla base dei lavori etnografici, che riveli la familiarità con una lingua indigena (…)”.
Ebbene, ad avviso del Collegio, non può in alcun modo essere condivisa la tesi secondo cui il criterio in parola costituirebbe la mera esplicitazione o specificazione di uno o più dei criteri di valutazione già enucleati in via generale dalla lex specialis della procedura (possibilità, questa, espressamente ammessa dal primo comma dallo stesso articolo 7 del bando di concorso, se pure limitata alla sola ‘valutazione preliminare dei candidati’).
In particolare:
– non può ritenersi che il richiamato criterio costituisse specificazione del generale principio secondo cui la ‘ricerca sul campo’ dovrebbe ricevere in via necessaria una valutazione nell’ambito dei concorsi universitari, in specie se relativi a settori disciplinari. A tacer d’altro, non emerge alcuna ragione per l’attribuzione di un espresso rilievo valutativo a tale criterio solo in relazione alla valutazione delle pubblicazioni e non anche in relazione ai titoli scientifici (il che sarebbe al contrario necessario laddove il richiamato criterio costituisse – secondo quanto ritenuto dall’appellante – una sorta di ‘criterio immanente’ di valutazione nell’ambito dei concorsi universitari);
– neppure può ritenersi che il nuovo criterio enucleato dalla Commissione sub f) costituisse mera esplicitazione del criterio già richiamato sub a) dall’articolo 7 del bando (“originalità, innovatività, rigore metodologico e rilevanza di ciascuna pubblicazione scientifica”). Ciò, per l’assorbente ragione che la scelta di attribuire un rilievo valutativo specifico ed esclusivo alla familiarità con una ‘lingua indigena’ comporta l’enfatizzazione in massimo grado di uno soltanto fra i moltissimi elementi idonei a connotare una ricerca con elementi di ‘originalità, innovatività, rigore metodologico’. Ciò comporta, ancora una volta, che attraverso l’enucleazione di tale criterio la Commissione non si sia limitata ad esplicitare e specificare un criterio preesistente, ma si sia spinta sino a snaturare lo stesso criterio enucleato dalla lex specialis di gara, modificandone ab [#OMISSIS#] la stessa ratio fondante e il complessivo equilibrio ai fini valutativi.
3.1. Neppure può trovare accoglimento il motivo di appello con cui si contesta il decisum di primo grado per la parte in cui il T.A.R. ha ritenuto che l’applicazione del criterio in contestazione avesse sortito un rilievo determinante sugli esiti stessi della procedura.
Per convincersi del contrario è sufficiente esaminare il giudizio collegiale analitico sui titoli, sui curriculum e sulla produzione scientifica dell’appellante di cui al verbale in data 21 giugno 2012 e la scheda di attribuzione dei punteggi conseguentemente stilata dalla Commissione di concorso.
Dal primo di tali documenti emerge il carattere assolutamente centrale che la Commissione ha riservato all’apprezzamento della familiarità con una lingua indigena in sede di valutazione della monografia dal titolo ‘Scuola, costumbre e società. Un’etnografia dell’educazione nella comunità indigena di San Mateo del mar (Messico)’.
Secondo quanto emerge dal verbale della Commissione (la quale ha apprezzato in massimo grado questo “ricco libro”), “il raro carattere della conoscenza della lingua indigena rende particolarmente meritevole questo lavoro”, in tal modo giustificando l’attribuzione del massimo fra i punteggi previsti dal bando (14/100).
Del resto, che la valutazione della monografia in questione abbia sortito un effetto determinante al fine di orientare gli esiti della procedura emerge dall’esame del giudizio sintetico finale espresso nei confronti dell’odierno appellante, da cui risulta che, in relazione agli altri elementi di valutazione, lo stesso non avesse riscosso giudizi entusiastici da parte della Commissione (“Il candidato possiede titoli pertinenti, una formazione all’interno dell[a] disciplina, una discreta esperienza di docenza”).
Ed ancora, il fatto che l’applicazione del criterio in contestazione avesse sortito effetti determinanti al fine di influenzare gli esiti della procedura viene confermato dal mero dato numerico secondo cui l’applicazione di tale criterio avesse fruttato all’odierno appellante il massimo punteggio di 14/100, laddove la distanza in termini di punteggio rispetto al concorrente secondo classificato (la dottoressa Venturoli) era di soli nove punti.
Per ragioni connesse con quelle sin qui esposte, non può trovare accoglimento il motivo di appello con cui si è sottolineato che il criterio di valutazione sub f), in contestazione, non avesse riguardo esclusivo alla ‘familiarità con una lingua indigena’, ma anche all’esistenza di “lavori d’archivio o di ricerca di fonti e studi poco noti in biblioteche”.
Al riguardo ci si limita ad osservare: i) che il riconoscimento del carattere – per così dire – ‘ancipite’ del criterio in questione non risulta di per sé idoneo ad eliderne il carattere di illegittimità; ii) che, anche a voler dare atto di tale carattere ancipite, ciò che risulta determinante ai fini del decidere è il fatto che la Commissione abbia effettivamente applicato in favore dell’odierno appellante un criterio illegittimo e che tale illegittimità abbia sortito un effetto determinante per gli esiti complessivi della vicenda.
4. Le deduzioni sin qui svolte depongono già di per sé nel senso della illegittimità del criterio valutativo in contestazione e della sua decisività nel senso di determinare la prevalenza dell’odierno appellante (con conseguente conferma in parte qua della sentenza in epigrafe).
Le richiamate circostanze rendono in effetti irrilevante ai fini del decidere stabilire se l’enucleazione di tale (illegittimo) criterio sia avvenuta prima o dopo che la Commissione di concorso avesse preso visione dei nominativi dei candidati e dei relativi curricula (i.e.: se la procedura fosse altresì viziata sotto un profilo ulteriore rispetto a quello sin qui esaminato, che comunque è di per sé idoneo ad invalidarne gli esiti).
5. Ed ancora, non può ritenersi che difettasse in capo all’odierno appellante un interesse diretto ed immediato alla proposizione del primo ricorso (per essersi egli classificato solo al sesto posto della graduatoria), sussistendo quanto meno in capo a lui un interesse di carattere strumentale all’integrale ripetizione della procedura.
In questo caso (e per l’ipotesi in cui la lex specialis di gara avesse contemplato l’autonoma valutabilità della familiarità con una lingua indigena), l’appellato dott. Gorza ha allegato elementi idonei a ritenere che egli avrebbe a propria volta potuto allegare un’adeguata familiarità con una lingua indigena.
Impostati in questo modo i termini della questione, ne consegue che l’interesse vantato dal dott. Gorza alla ripetizione della procedura risulta collegato in modo adeguato a una ragionevole probabilità di ottenere l’utilità finale (la stipula di un contratto di ricercatore a tempo determinato) o – quanto meno – a partecipare alla nuova procedura con ragionevoli chances di successo (arg. ex Cons. Stato, V, 2 novembre 2011, n. 5841).
6. Le osservazioni e le valutazioni sin qui svolte risultano di per sé idonee a giustificare la reiezione del ricorso in appello.
Ciò esime il Collegio dall’esame puntuale degli ulteriori argomenti sollevati dal dott. Tallè in relazione al contenuto di alcune ulteriori affermazioni rese dai primi Giudici (affermazioni che, pur non presentando un rilievo determinante ai fini della decisione, contribuirebbero – nella tesi dell’appellante – a delineare un complessivo quadro di inattendibilità dell’operato della Commissione).
Ci si riferisce, come anticipato in narrativa:
– al passaggio in cui i primi Giudici hanno contestato la scelta della Commissione di ammettere la regolarizzazione degli atti prodotti dai candidati;
– al passaggio in cui i primi Giudici hanno contestato la scelta di valutare di fatto due volte la tesi di dottorato e la pubblicazione che ne era derivata;
– al passaggio in cui il T.A.R. ha rimarcato che due dei componenti della Commissione fossero in relazioni scientifiche con il candidato vincitore;
– al passaggio in cui i primi Giudici hanno sottolineato l’elevatissimo punteggio (14 pt.) riservato alla valutazione della pubblicazione ‘Scuola, costume e società. Un’etnografica dell’educazione nella comunità indigena di San Matero del Mar (Messico)’.
Sotto tale aspetto ci si limita ad osservare che l’eventuale conferma di una o più delle richiamate statuizioni dei primi Giudici non muterebbe l’esito finale della vicenda (annullamento degli atti della procedura), mentre l’eventuale declaratoria di infondatezza di una o più di esse non modificherebbe tale esito (in quanto la reiezione del motivo di appello dinanzi richiamato sub 3, 4 e 5 non consente comunque di giungere a conclusioni diverse rispetto a quelle sin qui divisate).
7. Per le ragioni sin qui esposte il ricorso in epigrafe deve essere respinto.
Il Collegio ritiene che sussistano giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 maggio 2014 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Baccarini, Presidente
[#OMISSIS#] Meschino, Consigliere
[#OMISSIS#] Carella, Consigliere
[#OMISSIS#] Contessa, Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] Vigotti, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/08/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)