“L’articolo cerca di coordinare le tendenze di opinione che nell’ultimo ventennio hanno influito sulle normative in tema di reclutamento universitario. Al di là dei loro contingenti tecnicismi, tali normative hanno fortemente ridimensionato, nel reclutamento, il potere dei saperi; quest’ultimo era incentrato sulla cooptazione tra studiosi, i cui eccessi e abusi, hanno portato ad una perdita d’immagine, nella pubblica opinione e sui mass media, che ha portato alla crescente valorizzazione di organi centrali (Miur [Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca] – Anvur [Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca]) e delle amministrazioni di Ateneo. Resta da chiedersi in quale misura questo abbia davvero migliorato la funzione istituzionale di ricerca e didattica. La risposta va probabilmente articolata per tipologia di saperi, a seconda della coesione delle varie comunità scientifiche sui rispettivi contenuti, dei loro rapporti con ambienti professionali e istituzionali esterni, della loro penetrabilità, della loro percezione sociale. La sensazione è che un modello pensato sulle “hard sciences”, forse quelle in cui il problema della cooptazione si poneva in modo meno intenso, abbia vanificato quanto di buono la cooptazione poteva offrire in altre discipline. La burocratizzazione del reclutamento sembra dare nuove armi alle tendenze relazionali delle accademie e degli atenei, senza adeguato controllo sociale sui contenuti. L’articolo si chiude con alcune riflessioni sull’opportunità di graduare diversamente, a seconda dei saperi, l’intervento pubblico sulla funzione istituzionale di didattica e ricerca, anche in relazione al principio di sussidiarietà”.
(Dall’abstract a cura della Rivista)