TAR Piemonte, Torino, Sez. I, 4 febbraio 2016, n. 181

Data Documento: 2016-02-04
Area: Giurisprudenza
Massima

In una procedura di valutazione comparativa per la copertura di un posto di professore ordinario, la regola della maggioranza dei componenti prevista dal regolamento di ateneo, in quanto fonte normativa sovraordinata al bando, costituisce un vincolo procedurale che non può essere legittimamente disatteso dalla lex specialis. Diversamente opinando, i criteri di funzionamento della commissione giudicatrice verrebbero assoggettati ad una sorta di “geometria variabile”, in violazione delle norme di riferimento che ne regolano l’operato, cosi che la pubblica amministrazione che ne indice i concorsi potrebbe modulare, secondo valutazioni variabili, contingenti e riferibili alle singole procedure, le maggioranze numeriche del collegio chiamato ad operare la selezione.

Contenuto sentenza

N. 00181/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00693/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 693 del 2015, proposto da: 
[#OMISSIS#] GUGLIERI, rappresentato e difeso dagli avv.ti [#OMISSIS#] Pafundi e Bruno Sarzotti, con domicilio eletto presso il primo in Torino, corso Re Umberto, 27; 
contro
MINISTERO DELL’UNIVERSITA’ e DELLA RICERCA, in persona del Ministro pro tempore, e POLITECNICO DI TORINO, in persona del Rettore pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliati in Torino, corso Stati Uniti, 45; 
nei confronti di
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentato e difeso dagli avv.ti [#OMISSIS#] Colasurdo e [#OMISSIS#] Bellini, con domicilio eletto presso il primo in Torino, corso Re Umberto, 65; 
per l’annullamento
– del decreto 31/03/2015, n.156, del Rettore del Politecnico di Torino;
– del verbale 12/03/2015 della Commissione esaminatrice;
– del bando di concorso approvato con decreto rettorale 07/07/2014 n. 272;
– di ogni ulteriore atto e provvedimento presupposto, preparatorio, connesso e consequenziale della serie procedimentale, ivi compresi, i verbali tutti delle operazioni di selezione dei candidati ammessi alla competizione concorsuale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Università e della Ricerca, del Politecnico di Torino e di [#OMISSIS#] [#OMISSIS#];
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 gennaio 2016 il dott. Giovanni Pescatore e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Il ricorrente – professore associato del Politecnico di Torino, presso il Dipartimento di Ingegneria Meccanica, Aerospaziale e Navale – ha preso parte alla selezione concorsuale, indetta con decreto rettorale del 7 luglio 2014, n. 272, per la nomina ad un posto di professore ordinario di I^ fascia presso il Dipartimento di Ingegneria Meccanica ed Aerospaziale – settore concorsuale 09/ A1-Ingegneria Aeronautica, Aerospaziale e Navale.
1.1 Per quanto di interesse ai fini del giudizio, il bando ha previsto:
a) una fase di preselezione dei candidati da ammettersi allo svolgimento di un seminario pubblico – preselezione da operarsi in base a criteri predefiniti e attraverso la formulazione di giudizi individuali e collegiali su curriculum, pubblicazioni e titoli, articolati in cinque ambiti (attività scientifica; coordinamento di gruppi e progetti di ricerca/trasferimento tecnologico; reputazione nazionale e internazionale e attività di servizio per la comunità scientifica; attività didattica; servizi e incarichi Istituzionali presso Atenei italiani ed esteri e/ o enti pubblici e privati con finalità scientifiche e/ o di trasferimento tecnologico);
b) lo svolgimento di un seminario pubblico (prova didattica);
c) la formulazione di giudizi individuali e collegiali sul seminario pubblico;
d) la predisposizione di una relazione collegiale finale, da approvarsi con maggioranza espressa da almeno 4 Commissari su 5, contenente un’articolata comparazione tra i candidati, rigorosamente coerente con i giudizi individuali e collegiali espressi sui cinque ambiti di cui al punto a) e con i giudizi individuali e collegiali espressi sul seminario pubblico (art. 15);
e) l’individuazione del candidato maggiormente qualificato, in coerenza con la relazione di cui al punto d), con votazione a maggioranza di almeno 4 Commissari su 5 (art. 16).
1.2. Il ricorrente e i professori [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] Tordella, sono stati ammessi alla prova didattica, svoltasi il 12 dicembre 2014, all’esito della quale è stata predisposta la relazione collegiale finale.
Nella sede collegiale deliberativa finale, tuttavia, non è stata raggiunta la maggioranza di 4 quattro componenti su 5 prevista dall’art. 16 del bando.
1.3. Acquisiti gli atti del procedimento concorsuale, il Rettore non ha proceduto alla loro approvazione, avendo rilevato una sostanziale incoerenza tra i giudizi individuali espressi dai membri Casciola e D’Agostino a favore del candidato [#OMISSIS#] ed il giudizio complessivo espresso all’unanimità dalla Commissione stessa nei confronti di tale candidato e del prof. Guglieri.
1.4. Con il decreto 12.1.2015, n. 9, il Rettore ha pertanto invitato i due suddetti commissari (i quali avevano individuato una rosa di candidati, tra i quali proporre quello maggiormente qualificato al posto di professore ordinario, limitata ai professori [#OMISSIS#], [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] e Tordella,) a motivare sia la rosa ristretta di potenziali candidati; sia la individuazione del prof. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] quale candidato maggiormente qualificato, ed a redigere una nuova relazione finale definitiva conseguente alle revisioni apportate.
1.5. La Commissione pertanto – dopo aver nuovamente preso in considerazione i giudizi precedentemente formulati dai singoli commissari per ogni candidato, nonché i giudizi collegiali formulati nei confronti dei singoli candidati – ha nuovamente proceduto alla valutazione comparativa dei sei concorrenti.
All’esito, ancora una volta non è stata raggiunta la maggioranza dei 4 commissari su 5.
Dei cinque commissari, infatti, due (i professori Casciola e D’Agostino) si sono espressi in favore del prof. [#OMISSIS#], e tre in favore del ricorrente prof. Guglieri.
1.6. Gli atti della procedura sono quindi stati approvati dal Rettore, con decreto del 31 marzo 2015, n. 156 “..senza l’individuazione del candidato maggiormente qualificato”.
2. Con il primo motivo di ricorso, il prof. Guglieri ha impugnato il bando di concorso (artt. 9, lett. H, 15 e 16), la relazione collegiale riassuntiva dei lavori del 12 marzo 2015 e il decreto rettorale del 31 marzo 2015, n. 156, per violazione di legge ed eccesso di potere.
2.1. Questi, in sintesi, i profili di illegittimità dedotti:
a) violazione di legge con riferimento all’art. 18 della legge n. 240/2010 ed all’art. 7, comma 5, del Regolamento di Ateneo.
I provvedimenti impugnati prevedono che il candidato maggiormente qualificato sia individuato con la maggioranza di almeno 4 componenti su 5 della Commissione. Le disposizioni normative richiamate in rubrica, al contrario, nel disciplinare le procedure selettive per il reclutamento dei professori, richiedono che le deliberazioni della Commissione giudicatrice siano assunte a maggioranza dei componenti, e cioè a maggioranza assoluta, e pertanto la previsione del bando che impone la maggioranza qualificata dei 4/5 appare palesemente in contrasto con le norme che disciplinano lo svolgimento della procedura concorsuale.
b) Violazione di legge con riferimento all’art. 1, commi 1 e all’art. 3 della legge n. 241/1990 per violazione del principio di buon andamento e del divieto di aggravamento del procedimento, nonché per l’insufficienza della motivazione.
Si censura il bando nella parte in cui, immotivatamente, ha imposto regole di svolgimento del procedimento selettivo più rigorose rispetto a quelle previste da fonti normative di rango superiore. Più precisamente, l’individuazione della regola della maggioranza qualificata per la formazione delle decisioni collegiali, da un lato, comporta un aggravamento dell’iter procedurale che non corrisponde ad alcuna finalità pubblicistica meritevole di tutela; dall’altro lato, non è sorretta da alcuna motivazione idonea a giustificare una deroga nel caso specifico.
c) Eccesso di potere per manifesta irragionevolezza.
Viene nuovamente censurato il bando di gara nella parte in cui, pur richiamando nelle premesse il Regolamento di Ateneo (il quale prevede che il candidato maggiormente qualificato sia individuato con delibera a maggioranza dei componenti, e cioè a maggioranza assoluta), ha poi concretamente previsto una diversa regola per la formazione della volontà collegiale, imponendo la maggioranza qualificata dei 4/5.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente ha impugnato la relazione conclusiva dei lavori redatta dalla Commissione giudicatrice e del decreto rettorale n. 156/2015 che la recepisce per violazione dell’art. 4, comma 13, del D.P.R. n. 117/2000 e dell’art. 15 del bando; violazione del principio di buon andamento ex art. 97 Cost.; eccesso di potere.
2.2.1. L’art. 15 del bando di concorso (coerentemente con quanto prescritto dall’art. 4, comma 13, del D.P.R. n. 117/2000) ha infatti previsto che “dopo aver espresso i propri giudizi individuali e collegiali sul seminario pubblico la Commissione predispone una relazione collegiale finale contenente un’articolata comparazione tra i candidati in merito alla loro maturità scientifica e alla loro complessiva qualificazione per ricoprire una posizione di prima fascia; la relazione deve essere rigorosamente coerente con i giudizi individuali e collegiali espressi sui 5 ambiti di cui all’art. 9 c) (secondo le modalità illustrate all’art. 10) e con i giudizi individuali e collegiali espressi sul seminario pubblico di cui all’art. 9 f) (secondo le modalità illustrate all’art. 14). La relazione deve essere integralmente approvata da almeno 4 commissari su 5 ( … ) “.
In forza di tale previsione, la scelta finale del vincitore della procedura concorsuale avrebbe dovuto avvenire all’esito della prevista valutazione comparativa tra più candidati ed attraverso la deliberazione assunta dalla commissione esaminatrice a maggioranza dei componenti, la quale avrebbe dovuto risultare “rigorosamente” coerente con i giudizi individuali e collegiali formulati dalla commissione stessa e dai suoi componenti nel corso della procedura.
Ciò non sarebbe avvenuto nel caso di specie, poiché:
– i giudizi collegiali espressi all’unanimità dalla Commissione (v. allegato F del verbale 12 gennaio 2015) hanno manifestato una preferenza in favore del prof. Guglieri, posto che quest’ultimo ha ricevuto valutazioni migliori in un maggior numero di profili valutativi rispetto ai giudizi del prof. [#OMISSIS#];
– ciò nonostante, due commissari su cinque (proff. Casciola e D’Agostino) hanno espresso il proprio voto in favore del prof. [#OMISSIS#], individuando quest’ultimo come maggiormente idoneo, così manifestando un giudizio incoerente con gli elementi emersi nel corso della procedura selettiva.
A fronte, dunque, di un giudizio collegiale unanimemente orientato ad individuare il prof. Guglieri quale candidato maggiormente idoneo, due commissari si sono discostati dalle risultanze della procedura selettiva ed hanno espresso – in modo del tutto illogico – la propria preferenza a favore di un altro partecipante, così determinando il mancato raggiungimento della maggioranza qualificata di 4/5 prescritta dal bando.
2.2.2. Dall’incoerenza dei voti espressi dai due commissari discenderebbe, peraltro, un ulteriore profilo di illegittimità della relazione collegiale finale del 12 marzo 2015 e del decreto rettorale del 31 marzo 2015: tali atti sarebbero infatti viziati da eccesso di potere per manifesta contraddittorietà, incoerenza ed incongruità, posto che le manifestazioni di voto dei componenti della Commissione proff. Casciola e D’Agostino risultano in contraddizione con i giudizi emersi in sede di valutazione comparativa dei candidati.
3. Con memorie depositate in vista della camera di consiglio, si sono ritualmente costituiti in giudizio il Ministero dell’Università e della Ricerca, il Politecnico di Torino ed il prof. [#OMISSIS#].
3.1. Quest’ultimo ha eccepito in via preliminare l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, sostenendo che l’eventuale suo accoglimento non determinerebbe l’automatica selezione del ricorrente quale candidato vincitore, quanto piuttosto una rinnovazione della procedura secondo modalità differenti, senza alcuna sostanziale e apprezzabile utilità per gli interessi sostanziali del ricorrente.
3.2. Nel merito, entrambe le parti resistenti hanno dedotto l’infondatezza del primo motivo di ricorso, affermando, in sintesi:
– che l’art. 18, comma 1, lett. e) della legge n. 240/2010 si riferirebbe ad una fase del tutto differente e successiva rispetto alla valutazione comparativa vera e propria, nonché ad una deliberazione adottata da un organo (il Consiglio di Dipartimento) diverso dalla citata Commissione giudicatrice, mentre nulla disporrebbe in merito alla maggioranza richiesta per le deliberazioni della Commissione giudicatrice;
– che la norma del Regolamento di Ateneo (art. 7, comma 5) in forza della quale la Commissione individua il candidato maggiormente idoneo “con deliberazione assunta a maggioranza dei componenti” si limiterebbe ad imporre un quorum minimo, ben potendo la lex specialis di concorso individuare una maggioranza diversa;
– che nello stesso senso depone la recente modifica dell’art. 7, comma 5, del Regolamento, conseguente al decreto rettorale n. 250/2015, che ha esplicitato la possibilità di prevedere nei bandi maggioranze particolari, in ossequio alla massima di esperienza secondo la quale le maggioranze qualificate vengono solitamente richieste per decisioni di particolare importanza;
– che quand’anche venisse disposto l’annullamento della procedura, la sua rinnovazione potrebbe svolgersi con la medesima maggioranza dei 4/5, posto che la modifica normativa introdotta dal decreto rettorale n. 250/2015 ha specificato la facoltà di prevedere quorum più rigorosi nei bandi;
– che, in ogni caso, l’individuazione di una maggioranza qualificata risponderebbe alla finalità di perseguire il principio di buona amministrazione, in quanto garantirebbe la scelta del soggetto effettivamente più meritevole. A tale riguardo, il Politecnico ha inoltre osservato che la maggioranza qualificata prevista dal bando è la medesima che è stata prevista dall’art. 8, comma 5, del D.P.R. 222/2011 per l’attribuzione dell’abilitazione scientifica nazionale, che costituisce titolo necessario per la partecipazione alla selezione.
3.3. Con riguardo al secondo motivo di ricorso, le parti resistenti hanno eccepito:
– che è inammissibile il tentativo di controparte di contestare il merito delle valutazioni discrezionali espresse dai commissari, trattandosi di materia tendenzialmente sottratta al sindacato giurisdizionale;
– che il parametro di legge invocato dal ricorrente (art. 13, comma 4, del D.P.R. n. 117/2000) sarebbe stato formalmente o implicitamente abrogato dalla legge n. 240/2010;
– che non è vero che la Commissione giudicatrice si sarebbe espressa all’unanimità in favore del ricorrente, avendo il prof. [#OMISSIS#] ottenuto una valutazione superiore (“molto buona”) rispetto a quella del ricorrente (“più che buona”) in un ambito valutativo (quello dell’attività scientifica) dotato di peso ponderale superiore agli altri ambiti e, comunque, integrante l’aspetto cruciale della valutazione comparativa.
Detta circostanza giustificherebbe tanto l’equiparazione di giudizi collegiali complessivi espressi nei confronti dei due candidati (il ricorrente e il prof. [#OMISSIS#]); quanto la divaricazione di preferenze espresse dai commissari nei loro confronti (tre preferenze al prof. [#OMISSIS#] e due al ricorrente).
4. A seguito della rinuncia all’istanza cautelare, effettuato lo scambio di memorie e repliche ai sensi dell’art. 73 c.p.a., il ricorso è stato discusso e posto in decisione all’udienza pubblica del 13 gennaio 2016.
DIRITTO
1. Deve innanzitutto essere respinta l’eccezione preliminare con la quale il prof. [#OMISSIS#] ha dedotto l’inammissibilità del ricorso per carenza di un apprezzabile interesse ad agire.
1.1. A sconfessare l’asserita assenza di concreti profili di utilità che il ricorrente potrebbe trarre dall’accoglimento del ricorso, rileva la duplice considerazione che oggetto di impugnazione è, unitamente agli atti conclusivi della procedura selettiva, il bando di concorso nella limitata parte in cui prevede la regola della maggioranza di 4 commissari su 5 nelle diverse fasi conclusive regolate dagli artt. 9, 15 e 16; e che, in base ai principi generali di economicità e di conservazione degli atti amministrativi, vigenti nel nostro ordinamento, salvo particolari e motivate esigenze di pubblico interesse, la P.A. deve mantenere ferma l’attività legittimamente posta in essere, e ciò sia nel caso in cui la medesima amministrazione che ha indetto la selezione intervenga con un provvedimento reso in sede di autotutela, sia allorquando sopravvenga una statuizione giurisdizionale di annullamento degli atti della procedura (cfr. Cons. Stato, sez. V, 08 marzo 2006, n. 1194). L’operatività dei principi summenzionati, che impongono di far salva tutta l’attività amministrativa non incisa dall’eventuale vizio, va dunque commisurata alla latitudine della statuizione di annullamento, a sua volta condizionata dall’estensione del petitum.
1.2. Nel caso di specie, la dedotta illegittimità dell’impugnato criterio di selezione non rende radicalmente e a priori viziata l’intera procedura, in quanto detto criterio selettivo incide solo sulla maggioranza richiesta ai fini della individuazione del candidato vincitore e si inserisce, quindi, nella fase conclusiva di una procedura nel suo complesso corretta. Ne consegue che, in ipotesi di accoglimento del ricorso, una volta annullato l’esito del concorso, l’iter procedimentale dovrebbe essere rinnovato a partire dalla fase deliberativa finale, nell’ambito della quale la commissione sarebbe chiamata a selezionare il candidato maggiormente idoneo in base ad una votazione a maggioranza assoluta, e non qualificata – e tenendo ferma l’attività legittimamente posta in essere precedentemente a tale momento.
1.3. Né può dubitarsi del fatto che una volta caducata la regola di maggioranza prevista nel bando, il vuoto normativo andrebbe colmato mediante applicazione della puntuale disposizione dettata sul punto dal regolamento di ateneo (che prevede la regola della maggioranza dei componenti), proprio in quanto la procedura non verrebbe annullata ex tunc e, pertanto, dovrebbe riprendere il suo corso sulla base delle regole vigenti all’atto della sua indizione.
1.4. Per quanto esposto, il ricorrente vanta un apprezzabile interesse strumentale alla rinnovazione parziale della selezione – con l’applicazione della regola della maggioranza assoluta in luogo di quella rafforzata dei 4/5 – in quanto, ferme le preferenze individuali già espresse dai commissari, egli avrebbe la concreta possibilità di risultare vincitore finale della procedura concorsuale.
1.5. Il ricorso va quindi esaminato nel merito, in quanto pienamente ammissibile.
2. Il quadro normativo tracciato dal ricorrente fa capo alle due disposizioni di cui all’art. 18 comma 1 lett. e) della L. 240/2010 e all’art. 7 del regolamento di ateneo.
La prima disposizione prevede che “Le università, con proprio regolamento adottato ai sensi della legge 9 maggio 1989, n. 168, disciplinano, nel rispetto del codice etico, la chiamata dei professori di prima e di seconda fascia nel rispetto dei principi enunciati dalla Carta europea dei ricercatori, di cui alla raccomandazione della Commissione delle Comunità europee n. 251 dell’11 marzo 2005, e specificamente dei seguenti criteri;
e) formulazione della proposta di chiamata da parte del dipartimento con voto favorevole della maggioranza assoluta dei professori di prima fascia per la chiamata di professori di prima fascia, e dei professori di prima e di seconda fascia per la chiamata dei professori di seconda fascia, e approvazione della stessa con delibera del consiglio di amministrazione”.
2.1. Sul punto correttamente le parti resistenti hanno rilevato che la previsione di cui alla lettera e) attiene a fase diversa da quella oggetto del presente ricorso, in quanto la proposta di chiamata: a) è espressa dal dipartimento (e non dalla commissione giudicatrice); b) viene approvata dal consiglio di amministrazione; c) si colloca a valle della procedura selettiva/valutativa vera e propria. Quest’ultima è di competenza della commissione ed è deputata alla individuazione del candidato maggiormente qualificato.
2.2. La distinzione tra le due fasi è resa evidente dallo stesso Regolamento di Ateneo del Politecnico, in cui la procedura selettiva e la proposta di chiamata sono disciplinate da articoli distinti (rispettivamente agli artt. 7 e 9), dai quali si desume chiaramente la successione logico-cronologica dei due momenti.
2.3. Va aggiunto che l’art. 18, oltre a non essere strettamente pertinente al caso di specie, nulla prevede in ordine alle maggioranze da applicare alle deliberazioni delle commissioni giudicatrici. Per tutto quanto esposto, esso non rileva ai fini della decisione.
3. Viene quindi in rilievo l’art. 7 comma 5 del Regolamento di Ateneo, il quale – nella versione ratione temporis applicabile alla fattispecie, antecedente alla modifica introdotta dal Decreto Rettorale n. 250 del 5 giugno 2015 – prevede che “al termine dei lavori la Commissione, con delibera assunta a maggioranza dei componenti, individua il candidato maggiormente qualificato”. L’attuale versione, come modificata nel 2015, così recita: “al termine dei lavori la Commissione, con delibera assunta a maggioranza dei componenti – il cui quorum viene definito dal bando – individua il candidato maggiormente qualificato”.
3.1. La difesa del prof. [#OMISSIS#] ha rilevato che nel caso di accoglimento del ricorso e di conseguente annullamento della procedura, la selezione dovrebbe essere rinnovata con applicazione della medesima maggioranza dei 4/5, in quanto proprio il D.R. 250/2015 ha reso oggi possibile la previsione nei bandi di quorum qualificati. Da qui un ulteriore profilo di carenza di interesse ad agire che determinerebbe l’inammissibilità del ricorso.
3.2. Ad integrazione di quanto già osservato in ordine alla prima eccezione di inammissibilità, va ribadito che la tesi in esame confligge con l’acquisizione di carattere generale secondo cui ai concorsi pubblici “in itinere” le disposizioni normative sopravvenute in materia di ammissione dei candidati, di valutazione dei titoli o di svolgimento di esami di concorso e di votazioni, non sono applicabili alla data della loro entrata in vigore, in quanto il principio “tempus regit actum” attiene alle sequenze procedimentali composte di atti dotati di propria autonomia funzionale, e non anche ad attività (quale è quella di espletamento di un concorso) interamente disciplinate dalle norme vigenti al momento in cui essa ha inizio. Pertanto, mentre le norme legislative o regolamentari vigenti al momento dell’indizione della procedura devono essere applicate anche se non espressamente richiamate nel bando, le norme sopravvenienti per le quali non è configurabile alcun rinvio implicito nella “lex specialis“, non modificano, di regola, i concorsi già banditi, a meno che diversamente non sia espressamente stabilito dalle norme stesse (Cons. Stato, ad. plen., 24 maggio 2011, n. 9; T.A.R. Napoli, sez. I, 04 marzo 2015, n. 1372).
Vale quindi una regola di indifferenza e insensibilità del bando e delle regole della gara alle modifiche sopravvenute del regime normativo vigente, osservato con la “lex specialis” al momento della sua emanazione.
3.3. Da quanto esposto consegue, con riferimento al caso di specie, che un eventuale annullamento parziale del bando (con conseguente rinnovazione parziale della procedura concorsuale nei termini innanzi illustrati) non consentirebbe l’applicazione alla procedura concorsuale del novellato art. 7 del regolamento di ateneo, dovendosi fare applicazione, al contrario, dell’art. 7 nel testo previgente (ove si prevede che la Commissione delibera “a maggioranza dei componenti”). Il rilievo di inammissibilità del ricorso è quindi infondato.
4. Si giunge, quindi, al decisivo thema decidendum, il quale impone di chiarire se la previsione di una maggioranza qualificata per l’individuazione del candidato maggiormente qualificato, contenuta nel bando di concorso, sia o meno censurabile per difformità rispetto alla regola della “maggioranza dei componenti” fissata dall’art. 7 del regolamento di ateneo.
4.1. Sul punto si osserva che le norme del bando impugnate sono gli artt. 9 lett. h, 15 e 16, laddove prevedono la maggioranza dei 4/5 nelle fasi riferite rispettivamente alla procedura di selezione da parte della commissione giudicatrice; alla predisposizione della relazione collegiale predisposta dalla Commissione stessa; alla individuazione finale del candidato maggiormente qualificato.
L’estensione dell’impugnazione a tutte le disposizioni sopra menzionate rende privo di fondamento il rilievo sollevato dalla difesa del prof. [#OMISSIS#] secondo il quale, non essendo stata censurata la previsione riferita all’approvazione della relazione collegiale finale (art. 15), l’eventuale accoglimento del ricorso verrebbe a determinare una differente regola di maggioranza tra detta fase e quella della individuazione del candidato maggiormente qualificato (art. 16).
4.2. Ciò posto, occorre considerare che la previsione di cui all’art. 7 comma 5 del Regolamento di Ateneo, secondo cui “al termine dei lavori la Commissione, con delibera assunta a maggioranza dei componenti, individua il candidato maggiormente qualificato”, non pare prestarsi a dubbi interpretativi, per “maggioranza dei componenti” dovendosi letteralmente e inequivocabilmente intendere un quorum corrispondente a più della metà dei componenti della commissione (i 3/5).
La disposizione non fornisce appigli testuali all’introduzione – in via interpretativa – di una regola di maggioranza “qualificata” o “rafforzata”.
4.3. Su questa premessa sembrano concordare le stesse parti resistenti, le quali non adducono interpretazioni ampliative del significato della disposizione in esame, ma si limitano a sostenere che la stessa imporrebbe un quorum minimo, derogabile dalla lex specialis mediante la previsione di una maggioranza diversa.
Solo nell’ultima memoria ex art. 73 c.p.a., la difesa del prof. [#OMISSIS#] avanza la tesi che l’art. 7 andrebbe inteso nel limitato senso di escludere la necessaria unanimità di voti da parte dei commissari. Si tratta, tuttavia, di interpretazione immotivatamente riduttiva, in quanto non giustificata dal dettato pienamente intelligibile della formula in esame (“maggioranza dei componenti”), e comunque destinata a restringere la portata regolativa della disposizione, in contrasto con i principi vigenti in materia di interpretazione, ai sensi dei quali va privilegiata la soluzione ermeneutica capace di far salvo l’effetto utile della disposizione (art. 1367 c.c.); e non vi è dubbio che l’interpretazione limitativa proposta risulterebbe irragionevole, in quanto attribuirebbe alla norma un significato pleonastico, del tutto incongruo con l’esigenza regolativa sottesa al criterio deliberativo.
4.4. Sempre in via di ulteriore approssimazione al tema, occorre osservare che per [#OMISSIS#] giurisprudenza al bando di concorso viene ritenuto applicabile il canone della stretta interpretazione letterale – con la conseguenza che le disposizioni in esso contenute devono intendersi rigidamente vincolanti rispetto all’operato dell’amministrazione pubblica, obbligata alla loro applicazione senza alcun margine di discrezionalità, e ciò in ragione sia dei principi dell’affidamento e di tutela della parità di trattamento tra i concorrenti; sia del più generale principio che vieta la disapplicazione del bando quale atto con cui l’ amministrazione si è originariamente autovincolata nell’esercizio delle potestà connesse alla conduzione della procedura selettiva (ex multis, Cons. Stato, sez. V, 27 maggio 2014, n. 2709).
4.5. In ragione dei medesimi principi sopra evocati, analogo criterio ermeneutico deve ritenersi applicabile all’insieme di fonti che concorrono a regolare la procedura di concorso, ivi incluse quelle sovraordinate al bando medesimo e delle quali quest’ultimo costituisce il momento applicativo.
La regola interpretativa della stretta letteralità esclude, tra l’altro, che la fonte regolativa del concorso possa essere assoggettata a procedimento ermeneutico integrativo, diretto ad evidenziare in essa pretesi significati impliciti o inespressi. Al contrario, come si è esposto, la fonte va interpretata secondo il significato immediatamente evincibile dal tenore letterale delle parole e dalla loro connessione: e soltanto ove il dato testuale presenti evidenti ambiguità, può essere prescelto dall’interprete un criterio ermeneutico di altro tipo.
4.6. Nel caso di specie, la regola della maggioranza dei componenti prevista dal regolamento di ateneo è chiara e non consente, per ragioni di pretesa ambiguità, interpretazioni difformi o integrative.
4.7. D’altra parte, in quanto appartenente a fonte normativa sovraordinata al bando, la stessa regola costituisce un vincolo procedurale che non può essere legittimamente disatteso dalla lex specialis: diversamente opinando, i criteri di funzionamento della commissione giudicatrice verrebbero assoggettati ad una sorta di “geometria variabile”, in violazione delle norme di riferimento che ne regolano l’operato, così che la P.A. che indice i concorsi potrebbe modulare – secondo valutazioni variabili, contingenti e riferibili alle singole procedure – le maggioranze numeriche del collegio chiamato ad operare la selezione.
4.8. Da tutto quanto esposto consegue la fondatezza della censura dedotta con il primo motivo di ricorso, risultando appurata l’illegittima violazione da parte del bando (agli artt. 9 lett. h, 15 e 16) dell’art. 7 del regolamento di ateneo vigente all’epoca di indizione della procedura.
5. Non può invece essere accolto il secondo motivo di ricorso. Negli atti della procedura non trova conferma, infatti, l’asserita incoerenza tra i giudizi collegiali espressi dalla commissione (allegato F del verbale del 12 marzo 2015) sui singoli candidati e le preferenze finali espresse dai commissari proff. Casciola e D’Agostino in favore del candidato [#OMISSIS#]. L’argomentata censura muove dalla constatazione che il prof. Guglieri ha ricevuto valutazioni collegiali migliori in un maggior numero di profili valutativi rispetto al prof. [#OMISSIS#]: a tale prevalenza quantitativa avrebbero dovuto conformarsi le preferenze espresse dai singoli commissari in sede di individuazione finale del candidato maggiormente qualificato. Si trascura di considerare, tuttavia, quanto puntualmente eccepito dalle parti resistenti, e cioè che il prof. [#OMISSIS#] ha ottenuto una valutazione superiore (“molto buona”) rispetto a quella del ricorrente (“più che buona”) in un ambito valutativo (quello dell’attività scientifica) dotato di peso ponderale superiore agli altri ambiti e, comunque, integrante profilo cruciale della valutazione comparativa.
Tale circostanza giustifica la divaricazione di preferenze espresse dai commissari nei confronti dei due candidati, tenuto conto del rilievo ponderale attribuito ai singoli ambiti di giudizio e del maggior peso specifico imputabile, tra questi, all’attività scientifica.
6. In conclusione, in accoglimento del primo motivo di ricorso, va disposto l’annullamento degli atti impugnati, in particolare del bando nelle specifiche prescrizioni impugnate e della fase concorsuale condotta dalla commissione in applicazione della irregolare maggioranza dei 4/5 – in vista di una riedizione della deliberazione finale della procedura (approvazione della relazione finale e individuazione del candidato maggiormente qualificato “a maggioranza dei componenti”) conformata ai dettami della presente sentenza.
7. La pec