Com’è noto, nei casi in cui a seguito di un annullamento in sede giurisdizionale l’amministrazione ha riesaminato l’affare e provveduto nuovamente l’eventuale illegittimità dei nuovi atti emanati si fa valere con il ricorso per ottemperanza, proposto nel caso di specie, allorquando si sia in presenza di una violazione ovvero di un’elusione del giudicato; nei casi in cui invece si sia in presenza di una violazione di norme dell’ordinamento come tali è necessario proporre un nuovo ricorso per annullamento avanti il giudice competente secondo le regole ordinarie. Ciò però presuppone, secondo logica, che la precedente sentenza di annullamento contenga vincoli tali da imporre alla successiva azione amministrativa un contenuto puntuale e predeterminabile. Si esula però dall’ambito dell’ottemperanza quando un vincolo di tale portata non vi sia, anche se sussista una violazione dell’indirizzo della futura azione amministrativa di cui la sentenza abbia indicato la plausibile direzione, con una pronuncia che sia però suscettibile in linea di massima di esiti diversi: in tal caso, è esperibile il ricorso ordinario, che la dottrina ha in passato qualificato in termini descrittivi come actio ex iudicato, contrapposta all’actio iudicati vera e propria, che corrisponde appunto all’ottemperanza.
Consiglio di Stato, Sez. VI, 19 marzo 2018, n. 1704
Procedura concorsuale ricercatore-Commissione esaminatrice-Giudizio di ottemperanza
N. 01704/2018REG.PROV.COLL.
N. 09234/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9234 del 2017, proposto dalla signora:
[#OMISSIS#] Bruno, rappresentata e difesa dagli avvocati [#OMISSIS#] Cecinato e [#OMISSIS#] Cecinato, con domicilio determinato ex art. 25 cod, proc, amm, presso la Segreteria della Sesta Sezione del Consiglio di Stato, in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;
contro
l’Università degli studi di Bari e il Ministero dell’istruzione dell’Uuiversita’ e della ricerca, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p. t., rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
signor [#OMISSIS#] Sanseverino, rappresentato e difeso dall’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso lo studio del difensore, in Roma, piazza San [#OMISSIS#] in Lucina, 26;
per l’ottemperanza
alla sentenza del Consiglio di Stato, sezione VI 17 dicembre 2013 n°6032, resa fra le parti, che ha accolto il ricorso n°5521/2012 R.G. proposto per la riforma della sentenza del TAR Puglia, sezione staccata di Lecce, sezione I 12 aprile 2012 n.623, concernente annullamento del decreto 25 maggio 2011 n.3614 del Rettore dell’Università degli studi di Bari di approvazione degli atti della procedura comparativa per la copertura di un posto di ricercatore presso la facoltà di Economia e commercio, sede di Taranto, per il settore scientifico disciplinare, IUS 04 – Diritto commerciale;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di [#OMISSIS#] Sanseverino, dell’Università degli studi di Bari e del Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca;
Viste le memorie difensive;
Visto l ‘art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 15 marzo 2018 il Cons. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti l’avvocato [#OMISSIS#] Cecinato, l’avvocato [#OMISSIS#] in dichiarata delega dell’avvocato [#OMISSIS#] Cecinato e l’avvocato dello Stato [#OMISSIS#] Fico;
Rilevato che:
– l’Università intimata, con decreto del Rettore 10 dicembre 2009 n.12029, ha indetto una procedura di valutazione comparativa per la copertura di alcuni posti di ricercatore presso varie facoltà, e in particolare di un posto di ricercatore per il settore disciplinare IUS/04 – Diritto commerciale presso la II facoltà di Economia e commercio;
– con il successivo decreto del Rettore 25 maggio 2011 n.3614, ha poi approvato gli atti della procedura, e nominato vincitore per il posto indicato l’attuale controinteressato, a preferenza della ricorrente;
– su ricorso di quest’ultima, con la sentenza 6032/2013 meglio indicata in epigrafe, la Sezione ha annullato il decreto 3614/2011 in questione, disponendo la rinnovazione della procedura (v. copia della sentenza 6032/2013, ove anche i fatti appena riportati, comunque pacifici);
– a seguito dell’annullamento disposto da tale sentenza, con decreto del Rettore 19 settembre 2016 n.2924, l’Università ha nominato una nuova commissione giudicatrice e con successivo decreto del Rettore 6 aprile 2017 n.1073 ha prorogato il termine per la conclusione dei relativi lavori (doc. ti 4 e 7 ricorrente);
– da ultimo, l’Università, con decreto del Rettore 10 ottobre 2017 n.3095, ha approvato i lavori della commissione e dichiarato ancora una volta vincitore l’attuale controinteressato;
– contro tale esito, la ricorrente ha proposto ricorso, dichiaratamente volto alla esatta ottemperanza della sentenza 6032/2013 di cui si è detto, “previa declaratoria di nullità” del decreto 3095 citato e dei “sottostanti e connessi verbali della Commissione… e relativi allegati” (ricorso, p.1);
– a sostegno del ricorso, ha dedotto i tre motivi che seguono;
– con il primo di essi, ha dedotto nullità del decreto 3095/2017 ai sensi dell’art. 21 septies della l. 7 agosto 1990 n.241, per asserita violazione del giudicato. In proposito sostiene che il Rettore, nell’accordare la proroga dei lavori della commissione di cui si è detto, avrebbe violato l’art. 4 comma 11 del D.P.R. 23 marzo 2000 n.117 e l’art. 2 del regolamento universitario di cui al decreto del Rettore 23 gennaio 2001 n.895, che subordinano la proroga stessa alla sussistenza, che si dice nella specie non verificata, di comprovati ed eccezionali motivi;
– con il secondo motivo, ha dedotto ancora nullità per violazione dell’art. 21 septies della l. 241/1990 e sostenuto che la nuova commissione giudicatrice avrebbe violato ovvero eluso il giudicato, perché non avrebbe predeterminato, come da esso richiesto, gli specifici criteri di valutazione dei candidati;
– con il terzo motivo, ha infine dedotto ulteriore nullità per violazione dell’art. 21 septies della l. 241/1990, sostenendo che la commissione avrebbe eluso il giudicato anche quanto alle indicazioni in esso contenute sulla valutazione dei titoli;
– hanno resistito l’amministrazione, con atto 13 marzo 2018, e il controinteressato, con atto 30 gennaio 2018, e chiesto che il ricorso sia respinto;
– alla camera di consiglio del giorno 15 marzo 2018, i difensori della parte ricorrente, senza opposizione della controparte presente, hanno dichiarato di rinunciare al primo motivo di ricorso, ritenendolo estraneo alla materia dell’ottemperanza;
– il ricorso è infondato e va respinto, poiché anche i due motivi restanti, in sintesi, prospettano questioni non attinenti all’ottemperanza, che quindi dovevano esser fatte valere con un autonomo ricorso giurisdizionale per l’annullamento degli atti qui impugnati;
– ciò è vero anzitutto per il secondo motivo di ricorso. In proposito, è sufficiente notare che la sentenza 6032/2013 della cui ottemperanza si tratta ha affermato (§ 10 della motivazione) la “oggettiva assenza di specifici criteri di valutazione predeterminati dalla commissione”, ma non contiene vincoli puntuali in proposito per la successiva azione amministrativa ovvero non dice in positivo come tali criteri in concreto si sarebbero dovuti redigere. Ciò posto, la nuova commissione giudicatrice, nel verbale della seduta del 28 marzo 2017 (doc. 5 ricorrente, p. 2) ha effettivamente determinato otto “elementi debitamente documentati” per effettuare “analiticamente la valutazione comparativa dei titoli dei candidati” in dichiarata conformità alla sentenza, erroneamente qualificata “ordinanza”. E’ evidente che la scelta dei criteri concretamente operata può essere censurata in sede di legittimità, nei noti limiti in cui la discrezionalità amministrativa può esserlo in quella sede, ma una violazione ovvero elusione del giudicato non sussiste come tale;
– con riferimento al terzo motivo di ricorso, va premessa una distinzione di carattere generale. Com’è noto, nei casi in cui a seguito di un annullamento in sede giurisdizionale l’amministrazione ha riesaminato l’affare e provveduto nuovamente l’eventuale illegittimità dei nuovi atti emanati si fa valere con il ricorso per ottemperanza, proposto nel caso di specie, allorquando si sia in presenza di una violazione ovvero di un’elusione del giudicato; nei casi in cui invece si sia in presenza di una violazione di norme dell’ordinamento come tali è necessario proporre un nuovo ricorso per annullamento avanti il giudice competente secondo le regole ordinarie. Ciò però presuppone, secondo logica, che la precedente sentenza di annullamento contenga vincoli tali da imporre alla successiva azione amministrativa un contenuto puntuale e predeterminabile. Si esula però dall’ambito dell’ottemperanza quando un vincolo di tale portata non vi sia, anche se sussista una violazione dell’indirizzo della futura azione amministrativa di cui la sentenza abbia indicato la plausibile direzione, con una pronuncia che sia però suscettibile in linea di massima di esiti diversi: in tal caso, è esperibile il ricorso ordinario, che la dottrina ha in passato qualificato in termini descrittivi come actio ex iudicato, contrapposta all’actio iudicati vera e propria, che corrisponde appunto all’ottemperanza. Nei termini, fra le molte, C.d.S. sez. III 14 novembre 2017 n.5250 e sez. IV 26 marzo 2013 n.1718, nella parte in cui, per esperire l’ottemperanza, richiedono che l’amministrazione abbia adottato un atto difforme dal contenuto puntuale della sentenza, ovvero il cui contenuto sia integralmente desumibile dalla stessa. Applicando al caso di specie i criteri appena esposti, l’ottemperanza non è configurabile, poiché la sentenza 6032/2013, nella parte in cui censura la valutazione dei titoli dei candidati operata dalla commissione considera non congruo quanto da essa fatto, ma non prefigura un esito necessario della nuova valutazione, limitandosi a evidenziare la necessità di una giustificazione più precisa degli esiti raggiunti. Ciò posto, la nuova commissione ha senz’altro corredato di un giudizio non stringato le proprie conclusioni (doc. ti 8 e 9 ricorrente), e quindi di elusione del giudicato non si tratta, fermo che tali giudizi sono sindacabili nella sede propria;
– l’oggettiva incertezza della materia è giusto motivo per compensare le spese;
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto (ricorso n.9234/2017), lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 marzo 2018 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Barra [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] Mele, Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
Pubblicato il 19/03/2018