TAR Puglia, Bari, Sez. I, 7 giugno 2018, n. 845 [Duplicato]

Data Documento: 2018-06-07
Area: Giurisprudenza
Contenuto sentenza

N. 00845/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00798/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 798 del 2017, proposto da 
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Safina, Evi Borgato Gallo rappresentati e difesi dall’avvocato Addolorata Greco, con domicilio eletto presso il suo studio in Salemi, via Marsala, 125; 
contro
Università degli Studi di Foggia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria ex lege in Bari, via Melo, 97; 
nei confronti
Chiara Besana Benato; 

per l’annullamento
– della Delibera del Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche e Medicina Clinica e Sperimentale dell’8 giugno 2017, prot. n. 15969-II/8, rep. n. 525, di ratifica del provvedimento prot. n. 12747-V/2 del 10 maggio 2017, rep. n. 283/2017, avente ad oggetto l’iscrizione diretta al III anno del Corso di Laurea in Fisioterapia da parte di possessori del diploma di massofisioterapista di durata triennale – provvedimento di annullamento in autotutela delle delibere del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale del 20 settembre 2016 (rep. n. 734/2016), del Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche del 22 settembre 2016 (rep. n. 716/2016) e dei Decreti Rettoriali prot. n. 31588-V/2 del 6 dicembre 2016 (rep. n. 746/2016), prot. n. 33087-V/2 del 22 dicembre 2016 (rep. n. 782/2016), prot. n. 6336-V/2 del 3 marzo 2017 (rep. N. 141/2017), prot. n. 7063-V/2 del 10 marzo 2017 (rep. n. 158/2017); prot. n.7089-III/2 del 10.03.2017 (rep. n. 161/2017); prot. n. 7731-V/2 del 16.03.2017 (rep. n. 173/2017), immediatamente esecutiva.
– del sottostante decreto di annullamento in autotutela prot. n. 0012747-V/2 del 10 maggio 2017- Decreto del Direttore del Dipartimento – 283/2017;
– di ogni altro atto specificamente indicato in ricorso;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Foggia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore la dott.ssa [#OMISSIS#] Grazia D'[#OMISSIS#] e uditi nell’udienza pubblica del giorno 7 marzo 2018 per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con il ricorso introduttivo del presente giudizio, gli odierni ricorrenti, tutti in possesso di diploma triennale di massaggiatore massofisioterapista conseguito presso l’Istituto Fermi di Perugia, impugnano, chiedendone l’annullamento previa concessione di misure cautelari, i provvedimenti, meglio indicati in oggetto, mediante i quali l’Università degli Studi di Foggia ha annullato in via di autotutela l’intera procedura volta all’ammissione dei massofisioterapisti al III anno del corso di laurea in fisioterapia, senza previo superamento dei test di ingresso.
2. Giova premettere in punto di fatto che l’Università di Foggia, con determinazioni rese dai propri organi (delibera del Consiglio del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale del 20 settembre 2016; delibera del Consiglio del Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche del 22 settembre 2016 e successiva determina del Senato Accademico del 9 novembre 2016), accoglieva, in via generale, le richieste di iscrizione diretta al III anno del suindicato corso di laurea, avanzate da circa duecento studenti in possesso del predetto diploma.
2.1 In particolare, con la delibera del 9 novembre 2016, il Senato Accademico, recependo  la posizione già espressa dai Dipartimenti, sulla scorta della relazione del Rettore in esso compiutamente riportata, ricostruito il complesso quadro normativo in materia e ravvisata l’esigenza di conformarsi a pronunce rese da questo Tribunale e dal Consiglio di Stato – seppur, precisa il Collegio, adottate in seguito alla valutazione di specifiche e peculiari fattispecie ed in presenza di un quadro giurisprudenziale parzialmente diverso da quello attuale – esprimeva parere favorevole in ordine all’accoglimento delle suddette richieste di  iscrizione, assumendo a fondamento della propria determinazione, da un lato, la generale equipollenza del diploma di massofisioterapista a quello universitario, a prescindere dalla data di conseguimento e, dall’altro, la superfluità del test d’ingresso.
Riguardo a quest’ultimo profilo, sottolineava che, in base alla pronuncia del Consiglio di Stato n. 1105/2015, scopo principale della prova selettiva prevista per l’accesso al corso di laurea in fisioterapia (e, in generale, di tutti i corsi ad accesso programmato nazionale exlege n. 264/1999) è la verifica della predisposizione del candidato rispetto al percorso di studi prescelto, nella specie già ampiamente provata.
La delibera in questione (e, di conseguenza, gli ulteriori atti su di essa basati) non effettuava in alcun modo una valutazione specifica della situazione dell’aspirante, prendendo in considerazione, ad es. gli eventuali titoli di studio ulteriori (che, pertanto, laddove esistenti, esulano dai presupposti di fatto posti a fondamento degli atti impugnati), essendosi limitata ad esaminare il solo diploma triennale di massofisioterapista conseguito ai sensi della L. n. 403 del 19 maggio 1971.
Seguivano, quindi, diverse delibere e comunicazioni mediante le quali l’Università faceva proprio il predetto parere e forniva informazioni in ordine allo svolgimento delle attività didattiche.
2.2 In data 24 marzo 2017, tuttavia, il MIUR, con apposita nota, invitava l’Università ad annullare la procedura d’iscrizione, evidenziandone l’illegittimità, in quanto “volta ad ammettere un numero illimitato di soggetti in possesso di titolo ritenuto equipollente, senza che ne ricorrano i presupposti”.
2.3 L’Università di Foggia, pertanto, aderendo all’indirizzo espresso dal MIUR, con nota dell’11 aprile 2017, pubblicata sul proprio sito web, avviava il procedimento di annullamento in via di autotutela degli atti de quibus, conclusosi con l’adozione dei provvedimenti oggetto del presente gravame.
L’Amministrazione osservava, in seguito ad un più attento esame del quadro normativo di riferimento e dei rilievi ministeriali, che l’equipollenza al diploma universitario di diplomi e attestati conseguiti al di fuori di strutture universitarie debba essere limitata ai soli titoli conseguiti anteriormente alla riforma delle professioni sanitarie, dovendosi invece ritenere che i titoli successivamente conseguiti, seppur non del tutto inefficaci, rilevino ai soli fini del riconoscimento di CFU, nel numero massimo di 12, in seguito all’eventuale superamento di una prova selettiva per l’accesso ai corsi di laurea.
Rilevava, conclusivamente, l’invalidità dei provvedimenti annullati, in quanto adottati in violazione delle disposizioni che disciplinano l’accesso programmato ai corsi di laurea nelle professioni sanitarie e altresì dell’art. 2, comma 147, D.L. n. 262/2006, convertito in L. n.286/2006, come modificato da ultimo dall’art. 14, L. n. 240/2010, atteso che l’ammissione diretta al III anno avrebbe comportato l’attribuzione di 120 CFU (a fronte dei 12 massimi previsti dalla disposizione).
3. Insorgono contro i predetti atti gli odierni ricorrenti, affidando il ricorso a tre motivi di censura, riconducibili principalmente alla violazione dell’art. 21 nonies, L. n. 241/1990, sui quali, per esigenze di sintesi, ci si soffermerà compiutamente nel prosieguo motivazionale.
3.1 Sostengono – questo in estrema e doverosa sintesi il contenuto delle doglianze – che non sussisterebbero, nella specie, i presupposti previsti per l’annullamento in autotutela.
3.2 L’Amministrazione, infatti, non avrebbe effettuato la necessaria comparazione tra l’interesse pubblico al ripristino della legalità violata ed alla rimozione degli atti illegittimi e quello privato, essendosi, tra l’altro, ormai consolidato l’interesse dei ricorrenti alla conservazione degli stessi.
3.3 Difetterebbe, inoltre, il fondamentale presupposto per procedere all’annullamento in autotutela, essendo legittimi gli atti inizialmente adottati, dovendosi ex adverso riconoscere l’equipollenza dei titoli.
4. Si è costituita in resistenza l’Avvocatura dello Stato per l’Università degli Studi di Foggia ed il MIUR, la quale, a seguito di una puntuale ed esauriente ricostruzione del quadro giuridico-normativo e dei principali orientamenti giurisprudenziali in materia (v. memoria depositata in data 23 agosto 2017) ha replicato alle censure mosse dalle parti ricorrenti, instando per la reiezione del ricorso.
5. All’udienza pubblica del 7 marzo 2018, sentite le parti, la causa è stata definitivamente trattenuta in decisione.
6. Il ricorso è infondato e merita la reiezione per le ragioni di cui in motivazione.
6.1 Con il primo motivo ricorso, i ricorrenti deducono la violazione del diritto di difesa e degli artt. 3 e 6, co. 1 lett. e) L. 241/90, sostenendo che il Decreto del Dipartimento del 10 maggio 2017, pur facendo menzione delle osservazioni difensive presentate da altri iscritti, non richiama in parte motiva le memorie da loro puntualmente prodotte in sede procedimentale.
Il motivo non ha pregio.
In disparte i profili di inammissibilità per genericità (parte ricorrente non ha nemmeno indicato quali sarebbero i dirimenti argomenti dedotti e non considerati dall’Amministrazione) basti qui rilevare che per [#OMISSIS#] giurisprudenza l’obbligo procedimentale della Pubblica amministrazione, inerente al contraddittorio partecipativo, non implica la necessità di una confutazione puntuale di tutte le osservazioni svolte dagli interessati, essendo sufficiente che il provvedimento amministrativo sia corredato da una motivazione che renda percepibile, nella sostanza, la ragione del mancato adeguamento dell’azione della Pubblica amministrazione alle deduzioni difensive del privato.
6.2 Con un secondo articolato motivo di ricorso, i ricorrenti si dolgono dell’illogicità della motivazione e della violazione, ai fini dell’annullamento in autotutela, dell’art. 21 nonies L. 241/1990, atteso che l’Amministrazione, abusando del suo potere discrezionale, avrebbe omesso di operare una specifica comparazione tra l’interesse pubblico e quello specifico ed individuale, mentre l’asserita illegittimità degli atti (sconfessata, in tesi, dalla giurisprudenza che riconosce l’equipollenza del titolo) e le ragioni di opportunità di evitare l’ammissione di un numero illimitato di soggetti in violazione all’accesso programmato alle facoltà – sarebbero insufficienti a fondare un provvedimento di annullamento in autotutela.
L’Amministrazione, inoltre, non avrebbe rappresentato, come pure avrebbe dovuto, la concretezza e l’attualità del pubblico interesse che sostiene la scelta di annullare, a distanza di tempo dalla sua adozione, un provvedimento che ha prodotto effetti favorevoli e ingenerato un legittimo affidamento negli interessati.
Il motivo è infondato.
6.2.a Seppur sinteticamente, in ossequio, tra l’altro, al principio di economicità cui l’attività della P.A. è informata, l’Amministrazione resistente, all’esito della comparazione tra gli opposti interessi emersi nel corso del procedimento, ha chiaramente individuato le esigenze di interesse pubblico, diverse ed ulteriori rispetto alla rimozione dell’atto illegittimo, sottese all’annullamento dei provvedimenti precedentemente adottati, esternandole attraverso una motivazione plausibile e del tutto ragionevole.
E’ palese, infatti, che l’ammissione indistinta di un elevato numero (nell’ordine delle centinaia) di studenti al corso di laurea in fisioterapia, senza il previo superamento di una prova selettiva, oltre ad appalesarsi contra legem (per come meglio si chiarirà in seguito), comporterebbe – come ha evidenziato l’Università – una violazione del principio di parità di trattamento; lesione che sarebbe particolarmente rilevante, in quanto da un lato idonea a riflettersi su di un elevato numero di soggetti, dall’altro non circoscritta ad una limitata ed esigua parte del territorio, ma estesa a tutto quello nazionale.
Essa sarebbe, altresì, idonea a ledere l’effettiva tutela di ulteriori diritti costituzionalmente garantiti.
Come correttamente affermato dalle parti resistenti, l’ammissione diretta dei massofisioterapisti al terzo anno, comporterebbe un’ingiustificata lesione del principio di parità di trattamento, consentendo ai ricorrenti di eludere la normativa prevista in materia di accesso ai corsi universitari, a detrimento di tutti gli altri studenti iscritti a corsi di laurea a numero chiuso.
Aggiungasi, come evidenziato di recente dalla Sezione con sentenza del 24 maggio 2018, n. 734, che da tale generalizzata ammissione, deriverebbe un concreto vulnus all’esercizio della professione di fisioterapista in regime di libera concorrenza, scaturente dall’immissione nel “mercato” delle professioni di un numero di operatori spropositato ed esorbitante rispetto alla domanda, con notevoli ripercussioni a livello occupazionale.
Né può escludersi che l’ammissione diretta al terzo ed ultimo anno di un corso di laurea nel settore delle professioni sanitarie sia idonea, seppur potenzialmente, a violare il fondamentale diritto alla salute sancito dall’art. 32 Cost.
In assenza di prova selettiva e della effettiva frequenza ai precedenti due anni di corso, infatti, vi sarebbe la non remota possibilità che gli studenti non abbiano maturato concrete ed adeguate competenze sanitarie e, dunque, l’effettiva capacità ad operare, anche autonomamente, in un settore, quale appunto quello sanitario, nel quale una preparazione non adeguata potrebbe avere conseguenze rilevanti sulla salute dei pazienti (cfr. in termini Tar Puglia, Bari, sez. I, 24 maggio 2018, n. 734).
A fortiori, tale timore sussiste, laddove si consideri che la L. n.403/71, istitutiva della professione di massofisioterapista, non detta norme sul relativo percorso formativo, di talché, in seguito al trasferimento di detta competenza alle Regioni, lo stesso risulta essere disciplinato in modo non unico sul territorio nazionale.
Il titolo in questione, pertanto, può essere rilasciato sulla base di corsi con monte ore di insegnamento teorico-pratico e programmi, in concreto, variabili, con conseguente incertezza in ordine alle competenze acquisite dai singoli discenti (sul punto vedasi CdS n.219/2018: “Nel caso dei massiofisioterapisti, vale precisare che la L. n. 403/1971, istitutiva di tale professione sanitaria ausiliaria, non detta norme sul relativo percorso formativo, di talché – una volta trasferita alla Regioni la relativa competenza – lo stesso è stato disciplinato in modo difforme sul territorio nazionale. In concreto, il titolo in questione risultava quindi rilasciato, a seconda dei casi, sulla base di corsi dalla durata indifferentemente triennale o biennale e con un monte ore di insegnamento teorico-pratico conseguentemente variabile. Ai sensi dell’art. 7 del d. lgs. 7 dicembre 1993 n. 517, modificativo dell’art. 6, co. 3, del d. lgs. n. 502 del 1992, il quale disciplina la formazione del personale della riabilitazione, il Ministro della Sanità avrebbe dovuto individuare le figure professionali da formare ed i relativi profili, con conseguente soppressione, entro due anni dal 1 gennaio 1994, dei corsi di studio relativi alle figure professionali così individuate e previste dal precedente ordinamento, che non fossero stati già riordinati ai sensi dell’art. 9 della l. 19 novembre 1990 n. 341. Non essendo però intervenuto un atto di individuazione della figura del massofisioterapista, come una di quelle da riordinare, né essendo intervenuti atti di riordinamento del relativo corso di formazione o di esplicita soppressione, quella professione (e relativa abilitazione) è in sostanza rimasta configurata nei termini del vecchio ordinamento, con conseguente conservazione dei relativi corsi di formazione”).
6.2.b Quanto alla dedotta mancata considerazione dell’affidamento ingenerato in capo ai ricorrenti, il Collegio rileva che il potere di autotutela è stato esercitato in tempi ragionevoli, tenuto conto del lasso diacronico intercorso tra l’emanazione dell’atto da ritirare e il provvedimento di secondo grado e considerato che alla data del ritiro i corsi non risultavano aver avuto inizio (cfr. pag. 13 della memoria depositata dall’Università degli Studi di Foggia in data 23 agosto 2013).
Sul punto appare opportuno rammentare che la delibera del Senato Accademico mediante la quale si è provveduto all’ammissione universitaria dei massofisioterapisti risale al 9 novembre 2016, mentre il procedimento di annullamento ex art. 21 nonies, avviato nell’aprile 2017, si è definitivamente concluso tra maggio e giugno 2017 (cfr. Decreto rettorale del 9 maggio 2017 e ratifica del Senato Accademico del 10 maggio 2017 e conseguenti delibere di recepimento dei singoli dipartimenti).
Il rispetto dei termini prescritti dal legislatore per l’adozione di provvedimenti di annullamento in autotutela risulta, evidentemente, per tabulas.
Né può ritenersi condivisibile la tesi sostenuta da parte ricorrente secondo cui, nella specie, l’Università avrebbe dovuto procedere ad una valutazione più pregnante dell’affidamento ingenerato nei privati dagli atti illegittimi inizialmente adottati.
Appare, invece, evidente che, in una vicenda come quella in esame, attesa la particolare complessità del quadro normativo di riferimento e in assenza di un orientamento consolidato in giurisprudenza, difficilmente, l’affidamento ingenerato nei privati dagli atti de quibus avrebbe potuto ritenersi ormai consolidato.
6.3 Con il terzo motivo di ricorso, i ricorrenti si dolgono della violazione dell’art. 21 nonies cit. sotto altro profilo, sostenendo, che dal quadro normativo di riferimento e, in particolare, dalla disposizione contenuta nell’art. 4, L. n. 42/99, si desumerebbe la generale equipollenza tra diploma di massofisioterapista e titolo universitario in fisioterapia, anche per i diplomi conseguiti successivamente al 1997, sicché pacificamente spetterebbe ai massofisioterapisti l’accesso diretto al terzo anno del suddetto corso di laurea.
Affermano, inoltre, che sarebbe superfluo il superamento di una prova selettiva, dovendosi ritenere che la ratio sottesa alla previsione di detta prova sia quella di accertare la predisposizione del candidato per le discipline oggetto dei corsi alla cui iscrizione ambisce, nella specie già acclarata dal possesso del diploma di massofisioterapista, oltre che da un ampio curriculum specialistico e professionale che l’Università ha omesso di valutare.
Le doglianze sono infondate, pur conoscendo il Collegio il diverso orientamento talvolta affermatosi in giurisprudenza.
6.3.a Occorre preliminarmente soffermarsi sulla disciplina prevista dal legislatore in materia di accesso ai corsi universitari, cristallizzata nella L. n. 264/1999, la quale subordina l’accesso al corso di laurea in esame al previo superamento di una prova selettiva, senza alcuna ipotesi di deroga.
In tal senso depone l’analisi dell’art. 3, L. n. 264/99, mediante il quale il legislatore descrive puntualmente l’iter previsto per la determinazione annuale dei posti programmati nelle facoltà a “numero chiuso”.
Detta disposizione prevede, anzitutto, che il numero annuale dei posti disponibili debba essere determinato con decreto del MIUR, sentiti gli altri ministeri interessati, “sulla base della valutazione dell’offerta potenziale del sistema universitario, tenendo anche conto del fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo” e che, successivamente, tale numero debba essere ripartito tra le Università “tenendo conto dell’offerta potenziale comunicata da ciascun ateneo”.
Detta “offerta potenziale” è determinata sulla base di una serie di parametri individuati dallo stesso legislatore, quali appunto, posti nelle aule, attrezzature e laboratori scientifici per la didattica, personale docente, personale tecnico etc.
Orbene, dall’esame di tale disposizione si evince chiaramente che, scopo della prova selettiva ai fini dell’iscrizione all’Università, non è la sola valutazione della predisposizione e dell’inclinazione dello studente per una determinata disciplina, ma anche l’individuazione del numero massimo di studenti, al fine di garantire l’allocazione ottimale delle risorse ed il rispetto di adeguati standard di qualità dell’insegnamento (diversamente, infatti, non si spiegherebbe il riferimento alle “capacità recettive” dell’Università).
Deve ritenersi, quindi, che le disposizioni previste in materia di accesso universitario siano insuscettibili di deroga generalizzata e che, pertanto, il superamento del test d’ingresso, qualora previsto, sia ineludibile (cfr. Tar Puglia, Bari, sez. I, 24 maggio 2018, n. 734).
Non possono che ritenersi illegittimi, pertanto, provvedimenti volti ad ammettere gli studenti direttamente, in modo generalizzato ed indistinto, ad un corso di laurea per il quale sono stati previsti posti limitati (per l’a.a. 2016/2017 n. 30 posti).
Tra l’altro, diversamente opinando, si giungerebbe alla conclusione che ove tutti i candidati dimostrassero tale inclinazione, l’Università dovrebbe ammetterli, senza rispettare il numero massimo programmato.
6.3.b Quanto alla questione dell’equipollenza del titolo di massofisioterapista al diploma universitario, il Collegio ben conosce l’esistenza di contrapposti orientamenti anche del Giudice d’Appello sul punto (cfr. CdS n. 1105/2015 e CGA 212/2017 che si sono pronunciati nel senso reclamato dai ricorrenti e  CdS  n.219/2018; CdS ord. n. 3319/2017, punti 11 e ss. secondo il quale, soltanto i diplomi e gli attestati conseguiti anteriormente alla riforma delle professioni sanitarie, avviata con il D.Lgs n. 502/92, possono essere riconosciuti dalle Università ai fini dell’equipollenza al diploma universitario).
Esigenze di sintesi impongono di rinviare alle predette pronunce per la indicazione delle ragioni delle diverse posizioni.
Tra le tesi su cui le parti dibattono e sulle quali la Sezione è chiamata a pronunciarsi, va ritenuta preferibile – anche alla luce dei recenti arresti, successivi alla pronuncia di questa Sezione n. 952/2016, relativa, peraltro, ad una fattispecie che presentava profili di diversità rispetto a quella odierna – quella che nega la reclamata equipollenza.
Ciò in quanto la tesi ritenuta preferibile risulta da un lato più aderente al dato testuale delle disposizioni in materia; dall’altro maggiormente coerente con i principi di parità di trattamento e tutela della salute pubblica di cui all’art. 32 Cost, ammettendo all’esercizio della professione di fisioterapista soggetti che possano vantare un percorso formativo completo e selettivo e, dunque, di maggiore garanzia per i pazienti.
Infatti, seguendo la tesi dell’equipollenza si giungerebbe a concludere che a regime, soggetti, anche privi di diploma di scuola superiore, muniti di un titolo – quello di massofisioterapista – conseguito all’esito di corsi regionali con durata e programmi formativi assai variegati e finalizzati a formare operatori sanitari piuttosto che esercenti la professione di fisioterapisti, possano accedere alla professione di fisioterapista – che implica la riabilitazione di pazienti affetti da patologie anche complesse e che, pertanto, necessita di una qualificazione derivante da un diverso e più impegnativo iter di conseguimento – senza averne maturato le competenze richieste, all’esito di un percorso abbreviato e non in grado di garantire la professionalità che la riforma delle professioni sanitarie ha invece voluto assicurare richiedendo il conseguimento di un titolo universitario (cfr. in termini Cons. di Stato n. 6444/2011).
6.4 Il Collegio ritiene, comunque, opportuno chiarire come ciò non equivalga ad affermare la totale irrilevanza del titolo in questione, condividendosi al riguardo le considerazioni espresse dal Tar Catania con sentenza n. 2999/2015, circa la possibilità per i singoli atenei di apprezzare, comunque, quali “conoscenze e abilità professionali certificate ai sensi della normativa vigente in materia”, la relativa esperienza abilitante mediante l’attribuzione di taluni crediti formativi universitari (come peraltro, la stessa Università ha previsto, nel decreto del Rettore impugnato, del 9 maggio 2017; v. pag. 4; I  Considerato).
Viene, dunque, fatta salva la facoltà dei ricorrenti di avanzare all’Ateneo un’istanza di valutazione del proprio diploma di massiofisioterapista che – seppur privo di una utilità professionale ed abilitativa pari al titolo universitario – potrebbe, comunque, essere in sé valutato ai fini del suo conseguimento, con conseguente abbreviazione del relativo percorso di studi a ciò finalizzato, sebbene, per quanto esposto, solo una volta superato il test d’ingresso.
7. Conclusivamente, alla luce delle superiori argomentazioni, il ricorso è respinto.
8. Tenuto conto della complessità del quadro normativo di riferimento e dei contrasti giurisprudenziali in materia, sussistono giusti motivi per compensare le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, Sez. I, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare i ricorrenti.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 7 marzo 2018 con l’intervento dei magistrati:
Angelo [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] Grazia D'[#OMISSIS#], Referendario, Estensore

Pubblicato il 07/06/2018