Compete al legislatore, nel rispetto dei limiti di non arbitrarietà e ragionevolezza, individuare i casi eccezionali in cui il principio del concorso può essere derogato, come avvenuto nel caso di specie, in cui il legislatore ha disegnato un piano di reclutamento straordinario, riservato a una peculiare categoria di destinatari, parallelamente al canale di reclutamento ordinario. Naturalmente, la facoltà del legislatore di introdurre deroghe al principio del pubblico concorso, di cui all’art. 97 Cost., deve essere delimitata in modo rigoroso, potendo tali deroghe essere considerate legittime solo quando siano funzionali esse stesse al buon andamento dell’Amministrazione e ove ricorrano peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarle” (T.A.R. Lazio – Roma, Sez. III Bis, 4/4/2017, n. 4192).
Ciò premesso per quanto concerne il titolo di dottore di ricerca, in conformità all’orientamento espresso dalla prevalente giurisprudenza amministrativa (cfr. Cons. St. n. 2264 del 2018), deve ritenersi che non sia equiparabile al titolo di abilitazione all’insegnamento ai fini della partecipazione alla procedura concorsuale in discussione (docenti abilitati).
TAR Lazio, Roma, Sez. III, 21 giugno 2018, n. 6939
Titolo dottore di ricerca-mancata equiparazione all'abilitazione all'insegnamento-Accesso al concorso Docenti
N. 06939/2018 REG.PROV.COLL.
N. 04531/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 4531 del 2018, proposto da:
Serena Artese, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Chiara Benedetta [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Cianflone, [#OMISSIS#] De Rose, [#OMISSIS#] Infusino, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Magarò, Chiara [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Musolino, [#OMISSIS#] Nicoletti, [#OMISSIS#] Nudo, [#OMISSIS#] Pizzuti, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Principato, [#OMISSIS#] Ricca, [#OMISSIS#] Rizzuti, Massimo Tagarelli, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Giovanni Vespasiano, rappresentati e difesi dall’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Ricca, con domicilio eletto presso il suo studio in Giustizia, Pec Registri;
contro
Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca non costituito in giudizio;
nei confronti
Carrieri [#OMISSIS#] non costituito in giudizio;
per l’annullamento
del DM 995/2017 e del DDG 85/2018 BANDO DI CONCORSO DOCENTI ABILITATI , DLGS 95/2017 E TUTTI GLI ATTI PRESUPPOSTI E CONSEGUENTI NELLA PARTE IN CUI NON CONSENTONO LA PARTECIPAZIONE DEI DOTTORI DI RICERCA.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 12 giugno 2018 il dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Con l’atto introduttivo del giudizio i ricorrenti impugnavano gli atti indicati in ricorso nella parte in cui non consentivano ai dottori di ricerca, che avevano altresì conseguito il titolo della laurea e avevano svolto attività di docenza presso scuole e università italiane, di partecipare alla procedura concorsuale di cui al DDG n. 85 del 2018.
Il ricorso proposto non può trovare accoglimento.
Parte ricorrente ha impugnato il bando n. 85 del 2018, nella parte in cui, riprendendo il d.lgs. n. 59 del 2017, art. 17, comma terzo, prevede che possono partecipare al concorso i docenti in possesso di titolo abilitante all’insegnamento alla data del 31.5.2017.
La procedura in questione (come già evidenziato in altri precedenti di questa sezione e, in particolare, nella sentenza n. 5934 del 2018, con argomenti pienamente condivisibili) ha carattere straordinario. La stessa Corte Costituzionale ha statuito che “la facoltà del legislatore di introdurre deroghe al principio del concorso pubblico è rigorosamente limitata, potendo tali deroghe essere considerate legittime solo quando siano funzionali esse stesse alle esigenze di buon andamento dell’amministrazione e ove ricorrano peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarle” (Corte Cost., 10 novembre 2011 n. 299).
Questa stessa Sezione ha più di recente sposato siffatta linea interpretativa, avendo precisato che “compete al legislatore, nel rispetto dei limiti di non arbitrarietà e ragionevolezza, individuare i casi eccezionali in cui il principio del concorso può essere derogato, come avvenuto nel caso di specie, in cui il legislatore ha disegnato un piano di reclutamento straordinario, riservato a una peculiare categoria di destinatari, parallelamente al canale di reclutamento ordinario. Naturalmente, la facoltà del legislatore di introdurre deroghe al principio del pubblico concorso, di cui all’art. 97 Cost., deve essere delimitata in modo rigoroso, potendo tali deroghe essere considerate legittime solo quando siano funzionali esse stesse al buon andamento dell’Amministrazione e ove ricorrano peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarle” (T.A.R. Lazio – Roma, Sez. III Bis, 4/4/2017, n. 4192).
Ciò premesso per quanto concerne il titolo di dottore di ricerca, in conformità all’orientamento espresso dalla prevalente giurisprudenza amministrativa (cfr. Cons. St. n. 2264 del 2018), deve ritenersi che non sia equiparabile al titolo di abilitazione all’insegnamento ai fini della partecipazione alla procedura concorsuale in discussione. Riguardo al titolo di dottore di ricerca, l’art. 4 della l. n. 210 del 1998 stabilisce che “i corsi per il conseguimento del dottorato di ricerca forniscono le competenze necessarie per esercitare, presso università, enti pubblici o soggetti privati, attività di ricerca di alta qualificazione” (sul dottorato di ricerca v. anche il d. m. n. 270 del 2004, articoli 3, comma 8, e 6, commi 5 e 6). Il comma 110 dell’art. 1 della l. n. 107 del 2015 ha richiesto il titolo di abilitazione all’insegnamento, per la partecipazione al concorso de quo; nessuna disposizione di rango primario o secondario ha disposto l’equiparazione o l’equipollenza del titolo di dottorato di ricerca all’esito favorevole dei percorsi abilitanti; la disciplina sui percorsi abilitanti (sui quali si vedano: il decreto ministeriale n. 249 del 10 settembre 2010 in relazione all’introduzione dei tirocini formativi attivi TFA; d. m. 23 marzo 2013 e DDG n. 58 del 25 luglio 2013, in relazione all’istituzione dei percorsi speciali abilitanti (PAS); art. 1, commi 110 e 114, della legge n. 107 del 2015 sulla “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti”) e quella del dottorato di ricerca sono distinte e perseguono finalità diverse.
Ritiene inoltre il Collegio che – in assenza di una equiparazione espressamente disposta da una norma primaria o secondaria – il Ministero legittimamente non abbia consentito di partecipare al concorso in questione anche a chi sia in possesso del titolo di dottore di ricerca. Inoltre, dalla normativa rilevante in materia emerge che si tratta di ‘percorsi’ rivolti a sviluppare esperienze e professionalità sulla base di procedimenti ben diversi, in ambiti differenziati e non assimilabili.
Quanto al titolo di dottorato di ricerca, dalla relativa legislazione di settore emerge che lo scopo fondamentale del titolo inerisce all’esercizio “di attività di ricerca di alta qualificazione”: pur se è consentito l’affidamento di una “limitata attività didattica, sussidiaria o integrativa, che non deve in ogni caso compromettere l’attività di formazione alla ricerca” (cfr. art. 4, comma 8, della l. n. 210/1998), la relativa formazione risponde alla primaria finalità di saggiare la capacità di ricerca in un determinato ambito scientifico.
Quanto invece ai percorsi abilitanti, l’art. 2 del d. m. n. 249 del 10 settembre 2010 prevede che “1. La formazione iniziale degli insegnanti di cui all’articolo 1 è finalizzata a qualificare e valorizzare la funzione docente attraverso l’acquisizione di competenze disciplinari, psico-pedagogiche, metodologico-didattiche, organizzative e relazionali necessarie a far raggiungere agli allievi i risultati di apprendimento previsti dall’ordinamento vigente. 2. E’ parte integrante della formazione iniziale dei docenti l’acquisizione delle competenze necessarie allo sviluppo e al sostegno dell’autonomia delle istituzioni scolastiche secondo i principi definiti dal decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275”.
Viene dunque chiaramente in risalto una attività di formazione orientata alla ‘funzione docente’, che di per sé si caratterizza per il continuo contatto con gli allievi, ai quali vanno trasmesse conoscenze anche sulla base di competenze psico — pedagogiche. In definitiva, va condiviso e confermato l’orientamento cautelare più recente della Sezione che, sul punto, valorizza la “diversità ontologica tra percorsi di abilitazione e dottorato di ricerca”, evidenziando come non vi siano “né diposizioni espresse, né considerazioni di ricostruzione sistematica che possano indurre l’interprete a ritenere il conseguimento del dottorato di ricerca titolo equipollente all’abilitazione all’insegnamento”.
Il riferimento, esplicito, contenuto nel comma 110 dell’art. 1 della l. n. 107 del 2015, ai candidati in possesso del titolo di abilitazione all’insegnamento, non consente una interpretazione tale da poter ammettere, alla procedura concorsuale, anche i possessori del titolo di dottore di ricerca, sprovvisti di abilitazione.
Quanto alla Direttiva 2005/36/CE, come recepita dal d. lgs. n. 206 del 2007, è sufficiente osservare come essa non abbia escluso che lo Stato membro possa subordinare l’accesso a una professione regolamentata al possesso di determinate qualifiche professionali (per considerazioni ulteriori si rinvia, anche ai sensi degli articoli 60, 74 e 88, comma 2, lett. d) del c.p.a., a Cons. Stato, sez. VI, sent. n. 1516 del 2017, che ha confermato la sentenza che aveva respinto un ricorso diretto all’annullamento dell’art. 3, comma 1, del decreto n. 106 del 2016, con cui veniva richiesto il possesso dell’abilitazione, quale requisito di ammissione alla procedura concorsuale).
Per quanto concerne la predisposizione di percorsi abilitanti (oltre quanto già evidenziato con la sentenza n. 5934 del 2018 di questa sezione, cui si rinvia quale precedente conforme, con riferimento alla esistenza di idonei percorsi abilitativi) ritiene il collegio che l’eventuale mancata previsione di percorsi non sostituisca l’abilitazione né si traduca nell’irrilevanza del titolo abilitativo ai fini della partecipazione al concorso o dello svolgimento dell’attività. L’abilitazione costituisce, infatti, nella prospettiva del legislatore (art. 17, comma 3, d.lgs. n. 59 del 2017) un requisito imprescindibile per la partecipazione al concorso cui segue lo svolgimento dell’attività didattica, individuando l’ordinamento giuridico altri strumenti per tutelare la situazione giuridica soggettiva dei ricorrenti (silenzio inadempimento, risarcimento del danno). Pertanto, la questione di costituzionalità dell’art. 17 co. 3, d.lgs. n. 59 del 2017 nella parte in cui prescrive quale requisito aggiuntivo per l’ammissione alla speciale e semplificata procedura concorsuale in argomento, l’aver conseguito entro il 31.5.2017 l’abilitazione all’insegnamento ovvero per i diplomati ITP, l’iscrizione nelle graduatorie di seconda fascia, appare alla Sezione manifestamente infondata per le ragioni che si vengono sinteticamente ad esporre.
Anzitutto va denotato che alcun vulnus al diritto costituzionalmente garantito di accedere ai posti di pubblico impiego mediante concorso è inferto ai docenti privi dei predetti requisiti, atteso che gli stessi possono ben partecipare ai concorsi ordinari che verranno banditi ai sensi delle lettere c) e d) del comma 2 dell’art. 17 in analisi.
Inoltre, va osservato che il concorso riservato ed agevolato de quo agitur, non può essere inibito ai docenti già titolari di rapporto di servizio a tempo indeterminato, come originariamente stabiliva la norma prima dell’intervento dichiarativo dell’illegittimità costituzionale ad opera di Corte Cost. n. 251/2017 resa su ordinanza di rimessione pronunciata da questa Sezione.
Il concorso speciale e riservato in discorso, dunque, intanto è costituzionalmente legittimo in quanto consente la partecipazione ad esso anche a coloro che sono già docenti a tempo indeterminato e che in ipotesi intendano cambiare settore di insegnamento.
Va anche precisato che la posizione degli insegnati che abbiano conseguito all’estero l’abilitazione all’insegnamento ed abbiano presentato domanda di riconoscimento del relativo titolo in Italia prima del 31.5.2017 è analoga a quella dei docenti abilitati in Italia oltre tale data, atteso che l’atto statale di riconoscimento del titolo abilitante conseguito all’estero ha efficacia non meramente dichiarativa di una qualità giuridica posseduta ma costitutiva (T.A.R. Lazio, Sez. III Bis, n. 2650 del 3.5.2018, Ord.). In conclusione giova soggiungere che non appare irragionevole ed illogico ovvero frutto di violazione del principio di uguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione il limitare, come consegue all’applicazione dell’art. 17, co. 3, d.lgs. n. 59/2017, la partecipazione allo speciale ed agevolato concorso de quo, ai soli insegnanti che si siano abilitati entro il 31.5.2017 o che abbiano conseguito l’iscrizione nelle graduatorie di istituto di seconda fascia entro la predetta data, atteso che siffatto concorso si connota per gli evidenti e marcati tratti di specialità delineati più sopra poiché consiste in una sola prova orale, oltretutto assai semplificata (consistendo in una lezione su uno degli argomenti già resi noti alcuni giorni prima ai candidati) e non si articola in una procedura selettiva per merito comparativo, come d’ordinario avviene nei concorsi pubblici, bensì in una valutazione non selettiva, che immette alla frequenza di un percorso abilitativo di un solo anno, al termine dei quale il candidato viene immesso nei ruoli dello Stato.
Il ricorso non può pertanto trovare accoglimento.
In considerazione della novità della questione di lite devono ritenersi sussistenti eccezionali motivi per compensare le spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 giugno 2018 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Savoia, Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Primo Referendario, Estensore
Pubblicato il 21/06/2018