N. 04116/2018REG.PROV.COLL.
N. 04275/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4275 del 2016, proposto da Emilia Bellone, [#OMISSIS#] Pesce, [#OMISSIS#] Fenoglio, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Riccio, rappresentate e difese dall’avvocato [#OMISSIS#] Franco [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso lo studio dello stesso in Roma, via di Ripetta, 142;
Contro
l’Università degli Studi di Genova, in persona del Rettore pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del TAR della Liguria n. 870 del 2015, resa tra le parti, concernente riconoscimento di indennita’ per attivita’ assistenziale in regime di convenzione – equiparazione al trattamento retributivo del personale ospedaliero di pari qualifica e anzianità;
Visto il ricorso in appello, con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università di Genova;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del 21 giugno 2018 il cons. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti gli avvocati [#OMISSIS#] Franco [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] dell’Avvocatura generale dello Stato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.Le appellanti odierne sono biologhe, docenti a tempo pieno dell’Università di Genova e contestualmente svolgono attività assistenziale in regime intra moenia presso l’Azienda Ospedaliera San Martino/IST di Genova, convenzionata con la citata Università.
Esse hanno esposto di ricevere, quale remunerazione per l’attività assistenziale prestata presso le strutture pubbliche suddette, unicamente la c. d. “indennità De [#OMISSIS#]”, di cui all’art. 31 del d.P.R. n. 761 del 1979, che opera su base perequativa, con la funzione di colmare la differenza, ove esistente, tra il totale dello stipendio riconosciuto all’omologo ospedaliero e il trattamento economico percepito dal “sanitario universitario”.
Sin dal 2013 le biologhe universitarie ricorrenti e odierne appellanti hanno invitato, vanamente, l’Università di Genova a adeguare il loro trattamento stipendiale al quadro normativo vigente, di cui agli articoli 5 e 6 del d. lgs. n. 517 del 1999, che ha comportato il superamento definitivo della logica perequativa per la remunerazione della attività di assistenza.
Le interessate, in particolare, hanno denunciato la mancata attuazione del nuovo sistema retributivo disciplinato dagli articoli 5 e 6 del citato decreto n. 517 del 1999 il quale prevede, in favore dei docenti universitari che hanno optato per l’attività assistenziale in via esclusiva, l’attribuzione delle indennità di posizione e di risultato, nonché della cosiddetta indennità di esclusività, e hanno chiesto all’Università la corresponsione del trattamento economico aggiuntivo spettante in forza delle disposizioni sopra richiamate.
A fronte della inerzia serbata dall’Ateneo, nel 2014 le interessate hanno proposto ricorso dinanzi al TAR della Liguria, domandando l’accertamento del diritto di vedersi corrispondere, a titolo proprio e al di fuori di ogni meccanismo perequativo, le indennità di cui agli articoli 5 e 6 del d. lgs. n. 517 del 1999, senza peraltro fare riferimento, a quanto consta, alla indennità di struttura complessa, con la condanna dell’Università a versare le relative somme, con conguaglio delle differenze dovute a partire dal 2008, oltre agli accessori.
2.Con la sentenza in epigrafe il TAR, previa dichiarazione dell’esistenza della giurisdizione del giudice amministrativo nella controversia, e previa altresì estromissione dal giudizio della Regione Liguria e della Azienda ospedaliera San Martino / IST di Genova, per difetto di legittimazione passiva, ha respinto il ricorso, a spese compensate.
Nel merito (v. punti 5. e 6. sent.), il TAR ha anzitutto ritenuto di non poter riconoscere, in capo alle ricorrenti, il diritto alle indennità di cui all’art. 6 del d. lgs. n. 517 del 1999 (posizione e risultato), in quanto le indennità stesse, essendo sostitutive del trattamento economico pregresso, relativo alla equiparazione tra personale sanitario universitario e personale ospedaliero, avrebbero potuto essere riconosciute e corrisposte soltanto dopo l’attuazione completa della disciplina descritta dall’art. 6 del d. lgs. n. 517 del 1999, a condizione cioè che fossero stati preventivamente stipulati gli appositi accordi tra Regione e Università, il che non è accaduto.
Accertata la mancata stipulazione degli accordi suddetti, e constatata inoltre l’avvenuta cessazione dell’efficacia del protocollo generale di intesa tra Regione e Università del 17 marzo 2004, invocato dalle ricorrenti a fondamento della pretesa fatta valere, il TAR non ha condiviso la tesi per cui il protocollo generale di intesa del 2004, pur non seguito da protocolli ulteriori tra Università e Regione, di carattere integrativo / attuativo, avrebbe dovuto essere considerato di per sé idoneo a rendere operativa la disciplina di cui al citato art. 6.
Il giudice di primo grado ha respinto anche la domanda delle ricorrenti di accertamento del loro diritto di percepire, in misura integrale e al di fuori di ogni meccanismo perequativo, l’indennità c. d. di “esclusività” di cui all’art. 5, comma 3, del d. lgs. n. 517 del 1999, distinta e autonoma rispetto alle indennità di posizione e di risultato, ex art. 6 cit. (v. p. 6. sent.).
Sebbene il diritto alla corresponsione della indennità di esclusività non sia subordinato alla stipulazione di protocolli di intesa tra Regione e Università, nella fattispecie in esame – si legge n sentenza – i “cedolini stipendiali” prodotti in giudizio comprovano che le ricorrenti già avevano percepito, nell’ambito del trattamento perequativo globale, una somma equivalente all’ammontare dell’indennità di esclusività, sicché la pretesa volta alla attribuzione “autonoma” di tale trattamento – che, nella prospettazione delle ricorrenti, è da considerarsi aggiuntivo – avrebbe comportato una duplicazione indebita dello stesso tipo di emolumento.
Né ha trovato accoglimento la pretesa rivolta a ottenere la corresponsione di tale indennità in modo autonomo, ovverosia al di fuori del meccanismo perequativo, poiché tale soluzione avrebbe attribuito ai docenti impegnati nell’attività assistenziale un trattamento economico superiore a quello riconosciuto al personale dirigenziale ospedaliero, circostanza che le ricorrenti non erano state in grado di smentire.
3. Il ricorso in appello n. r. g. 4275 del 2016, è affidato alle seguenti censure:
1)violazione e falsa applicazione degli articoli 1, 5 e 6 del d. lgs. n. 517 del 1999, dell’art. 15 del d. lgs. n. 502 del 1992, della l. r. n. 1 del 2005 e dell’art. 3 del d.P.C.M. 24 maggio 2001, degli articoli 3 e 36 Cost. e del CCNL della Dirigenza medica e veterinaria; eccesso di potere sotto svariati profili. Ciò in quanto la sentenza impugnata sarebbe erronea là dove, per fondare il diritto alle indennità disciplinate dall’art. 6 cit., ha considerato non sufficiente il protocollo generale di intesa siglato nel 2004 tra Regione e Ateneo, protocollo di intesa che, invece, soddisfa i requisiti di applicabilità e piena operatività delle indennità di cui al menzionato art. 6 e non necessita, per la piena operatività di cui si è detto, dell’intervento di protocolli ulteriori di carattere attuativo – integrativo, a differenza di quanto sostenuto in modo erroneo dal giudice di primo grado.
La tesi del TAR non può trovare sostegno nemmeno facendo richiamo alle indicazioni contenute nell’art. 3, comma 2, lett. d) delle linee guida di cui al d.P.C.M. 24 maggio 2001, nelle quali non si fa menzione di accordi specifici tra Regione e Università.
In ogni caso, pur in difetto di tale accordo, il “sistema aggiuntivo” de quo può certamente operare in via diretta posto che l’art. 15 del d. lgs. n. 502 del 1992, applicabile anche ai clinici universitari a mente dell’art. 5 del d. lgs. n. 517 del 1999, stabilisce che in sede di contrattazione collettiva nazionale sono previsti criteri generali per la graduazione delle funzioni dirigenziali nonché per l’assegnazione, valutazione e verifica degli incarichi dirigenziali e per l’attribuzione del relativo trattamento economico accessorio correlato alle funzioni attribuite e alle connesse responsabilità di risultato.
Le indennità di posizione e di risultato trovano compiuta disciplina nella legge e nel CCNL della Dirigenza sanitaria.
Il quadro normativo che disciplina le indennità in discorso è completo.
Inoltre, proseguono le appellanti, non appare corretto il richiamo compiuto nella sentenza impugnata all’art. 1, comma 3, della l. r. n. 1 del 2005, atteso che la portata dei protocolli attuativi è definita dal successivo art. 8 della l. r. n. 1 del 2005, e dall’art. 7, al quale l’art. 8 fa esplicito rinvio.
Per quanto concerne poi la cessazione dell’efficacia del protocollo generale, avvenuta nel 2012, come affermato in sentenza, nell’appello si sostiene tra l’altro che ai professori avrebbero dovute essere corrisposte in via autonoma le indennità di posizione e di risultato perlomeno per il periodo di vigenza del protocollo generale – dal 2004 al 2012 – stante la piena sufficienza dell’atto stesso, per i motivi suesposti, a determinare il sorgere del diritto di percepire le indennità ex art. 6.
Nell’appello viene poi richiamato il protocollo ulteriore tra Università e IST del 19 settembre 2006.
Sub 2) le appellanti, nel dedurre violazione di legge e di CCNL sotto svariati profili, ed eccesso di potere per illogicità manifesta e travisamento dei presupposti, criticano la sentenza anche nella parte in cui afferma che nell’ambito del trattamento perequativo globale le interessate avrebbero percepito una somma equivalente all’ammontare della indennità di esclusività, cosicché la pretesa rivolta alla attribuzione di tale trattamento aggiuntivo comporterebbe una duplicazione indebita dello stesso tipo di emolumento.
Erra il TAR nell’affermare che la indennità di esclusività sarebbe stata effettivamente erogata, poiché il monte stipendiale sul quale è stato applicato il meccanismo perequativo comprende espressamente detto elemento.
Nell’appello si ribadisce che la domanda avanzata in primo grado riguardava il riconoscimento del diritto di percepire in via autonoma la indennità di esclusività quale emolumento dovuto in via aggiuntiva (e non perequativa).
La indennità di esclusività fuoriesce da meccanismi perequativi sin dalla entrata in vigore del d. lgs. n. 517 del 1999.
L’inserimento della “indennità di esclusività” nei cedolini stipendiali non avrebbe comportato il percepimento di una somma equivalente all’ammontare della indennità di cui si discute, che risulta essere stata corrisposta soltanto pro quota e non anche per l’intero e in via autonoma, secondo quanto previsto dal CCNL. Permane un delta positivo residuo di spettanze ancora dovute a titolo di conguaglio secondo il metodo dello scorporo tra quanto corrisposto in via perequativa (la c. d. indennità De [#OMISSIS#]) e quanto invece andava versato qualora, sin dall’inizio, l’indennità di esclusività – estranea ab origine al meccanismo dei protocolli di intesa – fosse stata pagata in via autonoma.
Sul cumulo, per dir così, “temperato”, tra indennità perequativa c. d. De [#OMISSIS#] e indennità di esclusività, nell’appello viene richiamata Cons. Stato, VI, dec. n. 859/2012, resa in sede di ottemperanza di chiarimenti.
Il divieto, per i docenti universitari in attività assistenziale esclusiva presso il SSR, di ricevere un trattamento economico superiore a quello del dirigente ospedaliero cui siano stati equiparati, non può essere inteso come limite rispetto al trattamento economico complessivo dei dirigenti ospedalieri, ma deve essere letto nel senso che va garantita una identica quantificazione della voce “indennità di esclusività” per gli ospedalieri e per il personale universitario, non potendo essere attribuito al docente universitario in attività assistenziale un trattamento economico aggiuntivo per indennità di esclusività superiore a quello del dirigente ospedaliero cui sia equiparato.
Erra il TAR nell’affermare che la indennità di esclusività deve rientrare nel sistema perequativo, il quale opera necessariamente con riferimento al trattamento economico complessivo e non alle singole voci che lo compongono.
Il sistema applicato dall’Ateneo per quantificare le indennità spettanti ai professori che svolgono attività assistenziale ha determinato una quantificazione di tali emolumenti inferiore a quella prevista per le medesime voci per l’ospedaliero di pari qualifica, con decorrenza dal 2008.
Le appellanti hanno concluso chiedendo la riforma della sentenza, la dichiarazione del loro diritto alla corresponsione a titolo proprio delle indennità di cui agli articoli 5 e 6 del d. lgs. n. 517 del 1999, e la conseguente condanna dell’Università al pagamento delle somme dovute, con decorrenza dal 2008, oltre agli accessori.
4. Resiste l’Università.
5.Le appellanti hanno depositato memorie e repliche.
6.All’udienza del 21 giugno 2018 il ricorso è stato trattenuti in decisione.
7.L’appello riuniti non può trovare accoglimento.
La sentenza impugnata è corretta e va confermata.
Per esigenze di chiarezza va precisato in fatto che alle ricorrenti e appellanti odierne continua a essere applicato il “sistema perequativo c. d. De [#OMISSIS#]” di cui all’art. 31 del d.P.R. n. 761 del 1979, e che si fa questione del passaggio dal sistema perequativo c. d. De [#OMISSIS#], che garantisce l’equiparazione del trattamento economico complessivo tra personale sanitario ospedaliero e docenti universitari che svolgono attività assistenziale in convenzione con il Servizio sanitario regionale, al nuovo sistema c. d. dei “trattamenti aggiuntivi graduati” di cui agli articoli 5 e 6 del d. lgs. n. 517 del 1999, sistema nuovo che è sostitutivo e non aggiuntivo o cumulativo, rispetto a quello precedente (v., ex multis, Cons. Stato, VI, n. 1001 del 2015, ivi rif., in cui si evidenzia il carattere alternativo tra i due sistemi).
7.1. Anzitutto, per quanto riguarda la pretesa di ottenere la indennità di posizione e di risultato, senza che, come detto, nel ricorso in appello si faccia questione di indennità di struttura complessa, non convince la tesi riproposta dalle appellanti in base alla quale, stante le previsioni contenute nel protocollo generale del 2004, e il rinvio alle previsioni normative e del CCNL sul trattamento economico, non sarebbe stato necessario nessun altro adempimento per rendere attuale ed esigibile il diritto ai trattamenti aggiuntivi su citati.
A questo proposito, appare opportuna una ricostruzione sintetica del quadro normativo rilevante.
Giova rammentare anzitutto che, secondo l’art. 1 del d. lgs. n. 517 del 1999, L’attività assistenziale necessaria per lo svolgimento dei compiti istituzionali delle università è determinata nel quadro della programmazione nazionale e regionale in modo da assicurarne la funzionalità e la coerenza con le esigenze della didattica e della ricerca, secondo specifici protocolli d’intesa stipulati dalla Regione con le università ubicate nel proprio territorio” (comma 1); detti protocolli d’intesa sono stipulati in conformità ad apposite linee guida contenute in atti di indirizzo e coordinamento statali, emanati sulla base dei criteri e principi direttivi di seguito elencati (comma 2), tra i quali “d) indicare i parametri per l’individuazione delle attività e delle strutture assistenziali complesse, funzionali alle esigenze di didattica e di ricerca dei corsi di laurea della facoltà di medicina e chirurgia, delle aziende di cui all’articolo 2, nonché delle Aziende USL per quanto concerne le attività di prevenzione, secondo criteri di essenzialità ed efficacia assistenziale, di economicità nell’impiego delle risorse professionali e di funzionalità e coerenza con le esigenze di ricerca e di didattica dei predetti corsi …. Aggiunge il successivo comma 3 che I protocolli d’intesa di cui al comma 1 stabiliscono altresì, anche sulla base della disciplina regionale di cui all’articolo 2, comma 2-sexies, lettera b), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, criteri generali per l’adozione, da parte del direttore generale delle aziende di cui all’articolo 2, degli atti normativi interni, ivi compreso l’atto aziendale previsto dall’articolo 3.
Le linee guida previste dall’art. 1, comma 2, del d. lgs. n. 517/1999 sono state adottate con il d.P.C.M. 24 maggio 2001, il cui art. 3, comma 2, prevede che Nel protocollo d’intesa deve essere inoltre previsto: … d) che il trattamento economico previsto dall’art. 6 del decreto legislativo n. 517 del 1999, quale riconoscimento dovuto ai professori ed ai ricercatori universitari per lo svolgimento dell’attività assistenziale, è composto da: 1) un trattamento aggiuntivo graduato in relazione alle responsabilità connesse ai diversi tipi di incarico; 2) un trattamento aggiuntivo graduato in relazione ai risultati ottenuti nell’attività assistenziale e gestionale, valutati secondo parametri, concordati fra il direttore generale e il rettore, di efficacia, appropriatezza ed efficienza, nonché di efficacia nella realizzazione dell’integrazione tra attività assistenziale, didattica e di ricerca.
L’art. 6, comma 1, del d. lgs. n. 517 del 1999 dispone a sua volta che ai medici universitari in servizio presso le aziende sanitarie pubbliche spettano: a) un trattamento aggiuntivo graduato in relazione alle responsabilità connesse ai diversi tipi di incarico; b) un trattamento aggiuntivo graduato in relazione ai risultati ottenuti nell’attività assistenziale e gestionale, valutati secondo parametri di efficacia, appropriatezza ed efficienza, nonché all’efficacia nella realizzazione della integrazione tra attività assistenziale, didattica e di ricerca; e il comma 2 precisa che detti trattamenti sono erogati nei limiti delle risorse da attribuire ai sensi dell’articolo 102, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980, globalmente considerate e sono definiti secondo criteri di congruità e proporzione rispetto a quelle previste al medesimo scopo dai contratti collettivi nazionali di lavoro di cui all’articolo 15 del decreto legislativo n. 502 del 1992 e successive modificazioni.
Ciò premesso, con il primo motivo le interessate reclamano il diritto alla percezione delle indennità di cui al sopra riportato art. 6, comma 1, vale a dire “posizione” e “risultato”, e lamentano, in sintesi estrema, che il TAR avrebbe interpretato e applicato in maniera erronea la disciplina contenuta nel d. lgs. n. 517 del 1999 e le linee guida del 2001 (v. amplius sopra, p. 2.; cfr. sent. impugnata, dal p. 5.).
A questo proposito, il Collegio ritiene che, a differenza di quanto sostenuto nel ricorso in appello, e conformemente a quanto affermato dalla terza sezione di questo Consiglio di Stato, con la sentenza n. 85 del 2018, pronunciata su un ricorso pressoché identico a quello per cui oggi è causa e, anzi, di conferma della decisione del TAR Liguria, I, n. 1398 del 2014, menzionata nella stessa sentenza oggi impugnata, non sembra dubbio, alla luce delle previsioni normative, che le indennità (di posizione e di risultato), oltre a dover tener conto delle risorse specificamente disponibili, debbano essere “graduate”, in relazione alle responsabilità connesse ai diversi incarichi ed ai risultati ottenuti, e sulla base di “parametri” previamente concordati. In altri termini, che occorra quantificarle, tenendo conto degli elementi organizzativi e funzionali (secondo un processo logico che, come prospettato dalla difesa delle Amministrazioni appellate, potrebbe svilupparsi attraverso l’individuazione delle strutture aziendali e dei parametri di misurazione del peso dei relativi incarichi, e la successiva quantificazione delle retribuzioni accessorie tra un minimo ed un massimo prefissati, con riferimento alle specifiche situazioni aziendali) che connotano le diverse posizioni ed attività dei medici universitari.
L’individuazione di detti parametri è demandata ad atti di programmazione, o comunque generali, prefissati, tra Regione ed Università, e tra Università ed Azienda sanitaria.
15. Dalla giurisprudenza si può trarre conferma della necessità che la corresponsione dei trattamenti aggiuntivi previsti dall’art. 6, comma 1, del d.lgs. 517/1999 (e dall’art. 3 del d.P.C.M. 24 maggio 2001) avvenga dopo l’adozione di atti pattizi attuativi, anche se le pronunce in materia (cfr. – oltre a TAR Bari, II, n. 724/2012, Cons. Stato, VI, n. 7298/2010, n. 389/2010 e n. 6301/2009) si limitano ad affermazioni di principio, e non affrontano la questione dei contenuti specifici che detti atti debbano avere… .
La terza sezione di questo Consiglio di Stato, nel 2018, ha considerato che tali, indispensabili, presupposti integrativo – attuativi, nella fattispecie non si erano realizzati (e, al riguardo, in modo corretto la sentenza, n. 870 del 2015, oggi impugnata, evidenzia che, secondo un orientamento giurisprudenziale consolidato, e condiviso dal TAR, …i trattamenti economici aggiuntivi di cui si controverte, essendo sostitutivi di quello pregresso relativo alla equiparazione tra medici universitari e medici ospedalieri, sono applicabili solo successivamente alla completa attuazione della disciplina descritta dall’art. 6 del d.lgs. n. 517/1999, dovendosi applicare, fino a tale momento, il “trattamento economico di equiparazione” cui fa riferimento il comma 2 del citato art. 6….(e) l’attribuzione dei trattamenti aggiuntivi in questione è condizionata, oltre che dal limite delle risorse complessive attribuite a tal fine, alla previa definizione dei criteri e dei parametri di graduazione dell’indennità di posizione (in relazione alle responsabilità connesse ai diversi tipi di incarico) e dell’indennità di risultato (in relazione alla valutazione dei risultati ottenuti nell’attività assistenziale), parametri la cui individuazione non è contenuta direttamente nella legge, ma è rimessa alla stipulazione di specifici accordi tra la regione e le università (cfr. l’art. 3 comma 2 lett. d del D.P.C.M. 24.5.2001, recante linee guida concernenti i protocolli di intesa da stipulare tra regioni e università per lo svolgimento delle attività assistenziali delle università nel quadro della programmazione nazionale e regionale ai sensi dell’art. 1, comma 2, del D.Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517)…).
Ancora, il protocollo di intesa del 2004 – il quale, in base all’assunto della, pur assai pregevole, difesa degli appellanti, soddisferebbe i requisiti di applicabilità e piena operatività delle indennità di cui al citato art. 6 senza esigere, per la piena operatività suddetta, l’intervento di protocolli ulteriori, di carattere integrativo – attuativo – ; il protocollo generale del 2004, si diceva, per Cons. Stato, III, n. 85 del 2018, in modo condivisibile, si limita ad individuare il parametro dei posti letto messi a disposizione dalla Facoltà di medicina (art. 3), a definire le soglie operative per individuare le strutture funzionali alle esigenze di didattica e di ricerca della Facoltà (art. 4), nonché la macro-organizzazione su base dipartimentale (art. 5), e ad indicare la provvista finanziaria dei fondi destinati all’erogazione dei trattamenti aggiuntivi previsti dall’art. 6 del d.lgs. 517/1999, e a riprodurre le previsioni dell’art. 3, comma 2, lettera d), del d.P.C.M. 24 maggio 2001, senza tuttavia corredarle di alcun concreto criterio di graduazione e quantificazione delle indennità (art. 8)… .
A quest’ultimo proposito, è corretto rilevare, come fa il TAR nella sentenza impugnata, che la disciplina dettata dall’art. 8 del protocollo d’intesa del 2004 è generica, non dettando criteri concreti di graduazione, e in particolare criteri specifici per la pesatura delle strutture, presupposto, questo, indispensabile per determinare la retribuzione di posizione.
Quanto al protocollo ulteriore Università / IST del 19 settembre 2006, pure richiamato nel ricorso in appello, e in base al quale l’IST si impegna a versare all’Università la somma necessaria per la corresponsione al personale medico avente titolo, indicato negli elenchi allegati, del trattamento economico aggiuntivo previsto dal D. Lgs. n. 517/1999 e dal DPCM 24/5/2001, (appare) evidente che tale disciplina pattizia riguarda la provvista finanziaria a monte della corresponsione. E nemmeno la successiva precisazione secondo cui, dal 24 agosto 2006 “le retribuzioni verranno calcolate secondo quanto previsto dalla legge, dai regolamenti e in base alle interpretazioni nel frattempo consolidate. Le parti convengono che i trattamenti di cui sopra sono attribuiti mensilmente all’Università in modo da garantire al personale universitario una erogazione del dovuto contestuale a quella del personale del s.s.n.”, ma anche detta disposizione non contribuisce alla determinazione dell’entità delle indennità in questione…. (così, in modo condivisibile, Cons. Stato, III, n. 85/2018 cit.).
Le appellanti pongono poi l’accento sulle disposizioni del CCNL della dirigenza medica e veterinaria 1998/2001, in quanto menziona (art. 39) l’indennità di posizione come collegata all’incarico conferito ai dirigenti medici, e indica (art. 27) le diverse tipologie di incarichi ad essi conferibili (conf. CCNL 2008 – 2009).
Va tuttavia osservato – prosegue la sent. Cons. Stato, III, n. 85/2018 – che, anche considerando tali indicazioni, continuerebbe a mancare un atto di ricognizione delle situazioni dei medici appellanti in relazione ai rispettivi incarichi ed all’importanza (graduazione) degli stessi, ai fini della quantificazione delle indennità… .
Diversamente da quanto sostengono le appellanti, il CCNL della dirigenza medica appare cioè insufficiente, di suo, al fine di legittimare, in via immediata e diretta, il diritto del personale universitario di percepire la indennità di posizione in assenza degli “atti intermedi” citati.
Le disposizioni del CCNL non sembrano concorrere in via autonoma, alla determinazione della entità delle indennità in argomento.
Tuttavia, resta che, in questa situazione, caratterizzata da una prolungata assenza di criteri e parametri integrativi e attuativi, non sembrerebbero esservi ostacoli alla attivazione, da parte delle interessate, della procedura del silenzio e del ricorso avverso il silenzio della P. A. .
Infine, è corretto rilevare, come fa Cons. Stato, III, n. 85/2018, cit. , che le appellanti, in definitiva, pur postulando l’esistenza di criteri e parametri normativi e contrattuali in grado di integrare la previsione dell’art. 6 del d.lgs. 517/1999, non hanno saputo indicare, nemmeno a titolo esemplificativo, quale sarebbero i trattamenti loro spettanti attraverso l’applicazione di detti presupposti, e che esula dalla valutazione del Collegio la rilevanza del sopravvenuto protocollo generale d’intesa sottoscritto tra Regione Liguria ed Università degli studi di Genova in data 4 aprile 2017, pure prodotto nei giudizi odierni.
Dunque, non si può prescindere dalla emanazione di specifici atti pattizi “intermedi” tra Regione e Università e tra Università e Azienda Sanitaria, deputati alla individuazione dei parametri di misurazione del peso dei relativi incarichi, e aventi a oggetto anche la quantificazione delle retribuzioni accessorie tra un minimo e un massimo prefissati.
Del resto, il riconoscimento delle indennità di posizione e di risultato è correlato a un superiore livello di responsabilità e a un maggiore impegno.
Si tratta di emolumenti da corrispondere, fermo restando l’obbligo di soddisfare l’impegno orario minimo di presenza nelle strutture aziendali per le relative attività istituzionali, previsione che, per implicito, assegna al trattamento economico integrativo funzione compensativa di ore di lavoro eccedenti l’ordinario orario di servizio ma indispensabili per il conseguimento degli obiettivi dell’azienda ospedaliera.
Anche per questa ragione è da ritenere imprescindibile un protocollo attuativo successivo tramite il quale definire gli incarichi da conferire e i parametri di efficienza e di efficacia dell’attività assistenziale del personale universitario su cui graduare il trattamento indennitario aggiuntivo richiesto.
7.2. Per quanto riguarda la domanda di accertamento del diritto e di corresponsione dell’indennità di esclusività (su cui v. sopra, p. 3.), si è già rilevato che le appellanti chiedono il riconoscimento e la condanna al pagamento della indennità di esclusività a titolo proprio e in via autonoma, quale emolumento dovuto in via aggiuntiva, al di fuori di ogni meccanismo perequativo.
Al riguardo, occorre rammentare preliminarmente che la indennità di esclusività, distinta e autonoma da quelle di posizione e di risultato, e disciplinata da una disposizione differente (essenzialmente, l’art. 5, comma 3, del d. lgs. n. 517 del 1999), è dovuta a remunerazione del carattere esclusivo del rapporto di lavoro, spetta (ai medici ospedalieri, per effetto dell’art. 15 – quater, comma 5, del d. lgs. n. 502 del 1992, e ai medici docenti universitari che svolgono attività assistenziale in via esclusiva per effetto del rinvio normativo contenuto nel citato art. 5, comma 3 del decreto n. 517/1999) in aggiunta alla retribuzione, non è subordinata alla definizione di atti applicativi e attuativi, a differenza, come si è visto, delle indennità di posizione e di risultato, e compete ai medici universitari che svolgono attività assistenziale preso il SSR a condizione che 1.sia intervenuto il convenzionamento delle strutture alle quali risultano addetti, decorrendo da tale momento (ai sensi degli artt. 39 della l. n. 833/1978 e 102, comma 1, del d.P.R. n. 382/1980) la correlazione del docente universitario al quadro dell’organico e dell’attività assistenziale del Servizio sanitario nazionale, con le conseguenti connessioni con il trattamento economico della dirigenza medica previste dalla normativa in materia; 2. il medico universitario abbia optato per l’attività assistenziale in rapporto di lavoro esclusivo; 3.l’indennità dev’essere corrisposta secondo la quantificazione e la disciplina stabilite con i C.C.N.L. della dirigenza medica, in base alla equiparazione tra le categorie della dirigenza medica suddetta, e quelle dei professori e ricercatori universitari in attività assistenziale; 4. i docenti universitari in attività assistenziale esclusiva non possono comunque godere di un trattamento economico complessivo superiore a quello del dirigente medico cui siano stati equiparati (sul punto e, in particolare, sul rilievo per cui la disciplina della indennità di esclusività opera anche in assenza dei protocolli di intesa tra Regione e Università v., ex multis, Cons. Stato, VI, nn. 2232 e 7298 del 2010 e ivi rif.).
Considerazioni analoghe valgono, come appare evidente, per i biologi.
Inoltre, nella fattispecie, alle appellanti risulta tuttora corrisposta la c. d. indennità De [#OMISSIS#] in via transitoria fino a che non saranno concluse le trattative dirette alla sottoscrizione di un protocollo attuativo di intesa tra Regione e Università, in modo tale da poter passare definitivamente dalla “logica perequativa” , o “sistema di equiparazione”, al “sistema dei trattamenti economici aggiuntivi” (indennità di posizione e di risultato, oltre alla indennità di esclusività).
Tanto puntualizzato in via preliminare, va tuttavia rimarcato che, nel computo del trattamento perequativo globale, o trattamento economico di equiparazione, risulta essere già stata considerata e corrisposta – una somma equivalente all’ammontare del – l’indennità di esclusività, quale parte integrante del trattamento retributivo complessivo, come comprovato attraverso la produzione in giudizio dei “cedolini stipendiali”, dai quali risulta che il “monte stipendiale” sul quale è stato applicato il meccanismo perequativo comprende anche detto elemento (conf. p. 6. sent.).
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Consiglio di Stato, Sez. VI, 4 luglio 2018, n. 4116
Data Documento: 2018-07-04
Area:
Giurisprudenza
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