Corte dei conti reg., Veneto, 5 marzo 2015, n. 30

Pensione di reversibilità per studenti universitari orfani maggiorenni – Durata del corso legale di studi

Data Documento: 2015-03-05
Area: Giurisprudenza
Massima

Il beneficio pensionistico non può competere all’orfano maggiorenne studente universitario “fuori corso”, cioè che non abbia terminato gli studi universitari entro il periodo di durata legale del corso di studi.Nessun vulnus ai parametri costituzionali è possibile rintracciare nell’art. 82 d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 non potendosi ritenere frutto di irragionevole ed arbitraria valutazione del legislatore – nell’esercizio della sua discrezionalità in materia – accomunare o non distinguere le situazioni in cui versano i soggetti avendo, nella fattispecie, privilegiato l’opzione per detti orfani dediti agli studi – unitaria senza distinguere se di uno solo o di entrambi i genitori – stabilendo come parametro preponderante la sussistenza del requisito dell’osservanza della durata del corso legale di laurea o, comunque, della condizione dell’orfano di essere infraseienne.L’art. 82 d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 appare in piena sintonia ed armonia con la disposizione contenuta nell’art. 34 Cost. che riconosce soltanto ai soggetti capaci e meritevoli il diritto di raggiungere i gradi più elevati degli studi, riconoscendo il trattamento pensionistico ai figli superstiti universitari soltanto per l’intera durata del corso legale di laurea, sulla presunzione e particolare valorizzazione che soltanto il suo conseguimento durante tale arco temporale fosse meritevole di tutela.

Contenuto sentenza

PENSIONI
C. Conti Veneto Sez. giurisdiz., Sent., 05-03-2015, n. 30
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER IL VENETO
In composizione monocratica in funzione di Giudice unico delle pensioni, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso depositato il 4/2/2013 ed iscritto al n. 29466 del registro generale di Segreteria, proposto dal Sig. P.R., nato a P. i 26 via R., 58, C.F. (…), rappresentato e difeso, giusta procura stesa a margine del ricorso, dall’Avv. Prof. [#OMISSIS#] Pagliarin del Foro di Padova, C.F. (…), elettivamente domiciliato presso lo studio legale di quest’ultima sito in via E. [#OMISSIS#], 14, 35122 Padova, tel. (…), fax. (…), p.e.c. [#OMISSIS#].pagliarin@ordineavvocatipadova.it
contro
I.N.P.S. (Istituto Nazionale di Previdenza Sociale), con sede legale in Roma, via [#OMISSIS#] il Grande, 24, C.F.(…), in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, quale successore ex art. 21, comma 1, d.1. 06.12.2011, n. 201, conv. con modificazioni con I. 22.12.2011, n. 214, di I.N.P.D.A.P., rappresentato e difeso, nel presente giudizio, dall’avvocato [#OMISSIS#] Doni, c.t. DNO FPP 71R13 G224G, in forza di procura ad lites rilasciata con il ministero del Notaio P. [#OMISSIS#] di Roma, rep. n. 77882, rogito 19525, del 16.02.2012 doc. AL elettivamente domiciliato presso la Direzione Provinciale INPS -Gestione Dipendenti Pubblici in Padova, Via Delù 3 dichiarando. per le comunicazioni di Cancelleria, il numero di FAX DELLOSTUDIO DEI DIFENSORI041 710181, l’indirizzo di posta elettronica certificata avv.[#OMISSIS#].doni@postacert.inps.gov.it, nonché l’indirizzo di posta elettronica [#OMISSIS#].doni@inps.it;
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, C.F. (…), in persona del Ministro e legale rappresentante pro tempore;
Letti l’atto introduttivo e le comparse di costituzione in giudizio;
Esaminati gli altri atti e i documenti allegati nella causa;
Uditi, nella pubblica udienza del 13/5/2014, celebrata con l’assistenza del Segretario dott.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], l’Avv. [#OMISSIS#] Pagliarin, costituito per il ricorrente, e l’Avv. [#OMISSIS#] Doni, coadiuvato dal dott. [#OMISSIS#] Dal Corso, per l’I.N.P.S. e la dott.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], in rappresentanza del Ministero della Giustizia.
Svolgimento del processo
Con il ricorso indicato in epigrafe, ritualmente notificato il 24/25 gennaio 2013, è stata impugnata la determinazione pronunciata dall’I.N.P.S., gestione ex l.n.p.d.a.p., datata 25 ottobre 2012, prot. n. 21675/12, pervenuta al ricorrente in data 6 novembre 2012, con cui era stata rigettata la richiesta di riconoscimento del diritto al conseguimento della pensione indiretta normale e la conseguente condanna di parte resistente all’erogazione del trattamento in parola, compresi i ratei pregressi, previa rimessione alla Consulta della questione di legittimità costituzionale per contrasto con gli artt. 3, 4, 34, comma 3, 35, 36 e 38 Cost., dell’art. 82, comma 2, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, nonché dell’art. 13 del regio D.L. 14 aprile 1939, n. 636 – disposizione alla quale rinvia lo stesso art. 13 della L. 4 aprile 1952, n. 218, così come modificato dagli artt. 22 e 23 della L. 21 luglio 1965, n. 903 — e dell’art. 17 della L. 8 agosto 1991, n. 274, nella parte in cui non prevedono per i figli maggiorenni, studenti universitari, orfani di entrambi i genitori, un insieme di requisiti che rendano complessivamente più agevole l’accesso al diritto alla pensione indiretta proprio per coloro che si trovino in tale, deteriore, posizione, spese ed onorari di giudizio integralmente refusi.
Il ricorrente deduceva, in fatto, che a partire dall’anno accademico 2006/2007 si iscriveva regolarmente al corso di laurea magistrale in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Padova. All’epoca dei fatti egli viveva a carico di entrambi i genitori e l’attività di studio costituiva la sua occupazione esclusiva, non percependo alcun reddito proprio in quanto non svolgeva alcuna attività lavorativa, nemmeno di carattere saltuario.
In data 28/1/2008 il ricorrente rimaneva orfano di padre, il Sig. Giovanni R., nato a Genova il 20/11/1941, lavoratore dipendente del settore privato, per cui proseguiva regolarmente gli studi vivendo a carico della madre, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Bortolotti, nata a Conegliano, Treviso, i1 4 aprile 1951, magistrato in servizio presso il Tribunale di Padova.
L’odierno ricorrente, in concorso con la madre, percepiva quota di compartecipazione della pensione di reversibilità relativa alla posizione contributiva del padre, avendone titolo in quanto figlio maggiorenne, studente universitario, cessando, tuttavia, tale beneficio in data 31 ottobre 2011 poiché, ai sensi dell’art. 19 del R.D. 31 agosto 1933, n. 1592, per il Sig. R. terminava il quinto anno di iscrizione al corso di laurea specialistica in giurisprudenza, avendo con ciò superato la durata legale del corso di studi.
Senonché, in data 3 novembre 2011, il ricorrente rimaneva altresì orfano di madre, magistrato in possesso della qualifica di magistrato di Cassazione, cl. 8, sc. 7, con un’anzianità contributiva pari a 28 anni, 7 mesi e 5 giorni, deceduta per ragioni estranee al rapporto di servizio.
Il successivo 26 novembre 2011, il Sig. R. inviava al Ministero della Giustizia la richiesta di erogazione della pensione indiretta in qualità di orfano maggiorenne, studente universitario, di [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Bortolotti.
Non avendo ottenuto alcun riscontro, il sig. R., in data 28 maggio 2012, inviava la medesima istanza di erogazione del trattamento di quiescenza all’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, gestione ex l.n,p,d.a.p., presso la sede provinciale di Padova (doc, 5) e, col presente gravame, impugnava la determinazione indicata in epigrafe con cui è stata rigettata la richiesta avendo superato il periodo di durata legale del relativo corso di studio (doc.6) ed essendo iscritto al secondo anno fuori corso (doc.7), pur essendo ormai prossimo al conseguimento del diploma di laurea (doc.8).
In diritto, dopo aver individuato e correttamente delineato il quadro normativo di riferimento, che ha dimostrato di ben conoscere, il ricorrente, con articolate e diffuse argomentazioni giuridiche di sostegno alla tesi proposta, alla cui lettura si rinvia per migliore intelligenza, ha sostanzialmente affermato che il descritto regime giuridico, se da un lato non consente una diversa e favorevole interpretazione, dall’altro, tuttavia, assimila, irrazionalmente ed illegittimamente, situazioni tra di loro eterogenee e dissimili che possono essere rimosse, riconducendo ad unità e ad armonia il sistema giuridico violato dettato dalla Carta Costituzionale, solamente attraverso un’invocata sentenza c.d additiva di principio o dichiarativa, idonea a vincere l’inerzia del legislatore, dichiarandola illegittima, senza sostituirsi ad esso invadendo il campo della sua discrezionalità, ma “fornendo al giudice a quo i criteri ermeneutici essenziali affinché quest’ultimo individui la regola da applicare al caso concreto, oggetto del giudizio radicato innanzi a lui”.
Riteneva, pertanto, violati i parametri costituzionali sotto numerosi profili non ricevendo adeguata tutela il superstite di entrambi i genitori che versa in obiettive condizioni di difficoltà nel procurarsi i mezzi economici adeguati e necessari per vivere e per studiare, limitando e frustrando irrimediabilmente i correlativi diritti, compresi quello allo studio, e le future aspettative di lavoro (artt. 4, 34, 35, 36 e 38 Cost.), richiamando autorevole dottrina ed adesiva giurisprudenza.
Con memoria di costituzione in giudizio, depositata il 7/10/2014, l’INPS articolava la sua difesa descrivendo, a sua volta, il dato fattuale e richiamando il quadro normativo di riferimento che disciplina la materia in tema di trattamento pensionistico ai superstiti (art. 22 della L. 21 luglio 1965, n. 903, che, dopo aver previsto al comma 1 che “nel casa di morte del pensionato dell’assicurato spetta una pensione al coniuge e ai figli superstiti che, al momento della morte del pensionato o dell’assicurato, non abbiano superato l’età di 18 anni e ai figli di qualunque età riconosciuti inabili al lavoro e a carico del genitore al momento del decesso di questi”, al comma 3 sancisce che “per i figli superstiti che risultino a carico del genitore al momento del decesso e non prestino lavoro retribuito, il limite di età di cui al primo comma è elevato a 21 anni qualora frequentino una scuola media professionale e per tutta lo durata del corso legale, ma non oltre il ventiseiesimo anno di età, qualora frequentino l’università“).
Riteneva, in particolare, come nel caso in esame fossero presenti, in capo al ricorrente, solo alcune delle condizioni previste dalla normativa per ottenere la pensione indiretta, e cioè, l’essere a carico del genitore al momento del decesso dello stesso e la mancata prestazione di un lavoro retribuito, essendo invece privo dell’ulteriore requisito – condizione richiesto agli studenti universitari per vedersi riconoscere il diritto alla pensione di reversibilità, quello del non superamento del periodo di durata legale del corso di studi.
Infatti, per il figlio maggiorenne studente universitario fuori corso, che cioè non ha terminato gli studi universitari entro il periodo di durata legale del corso di studi, il divieto del limite temporale entro cui terminare gli studi universitari per ottenere la pensione di reversibilità è contenuto nella legge che non lascia spazi a diverse interpretazioni
A tal proposito, la norma sembra stabilire con estrema chiarezza che la pensione di reversibilità – indiretta spetti fino al termine dell’ultimo anno di corso, il 31 ottobre mentre, di conseguenza, gli anni “fuori corso” non sono utili per la pensione ai superstiti. Per determinarli ci si riferisce agli anni accademici per i quali il figlio è stato complessivamente iscritto: se l’anno nel quale si è verificato il decesso del genitore è ricompreso nel corso legale di laurea, il figlio deve considerarsi studente universitario ai fini della pensione ai superstiti. Al contrario, come nel caso del ricorrente, se il decesso del genitore è avvenuto (03.11.2011) oltre il periodo del corso legale di studi a cui è iscritto il figlio, lo stesso “perde” la condizione di studente universitario essendo “fuori corso”.
Pertanto, l’INPS riteneva che per perdere o non acquisire (come nel caso di specie) la pensione indiretta da parte dell’orfano con le caratteristiche del ricorrente, è sufficiente superare la soglia della durata legale del corso di studi a cui si è iscritti, rappresentando in ogni caso che il ricorrente risulta ormai aver superato anche il ventiseiesimo anno di età già dal 26/02/2013 e, in ogni caso, la prestazione oltre tale data non è più erogabile.
Infine, con riferimento alla questione di legittimità costituzionale ex adverso sollevata, ancorché copiosamente argomentata, se ne evidenzia l’infondatezza, ed altresì l’inammissibilità atteso che la distinzione in qualche modo evidenziata dal ricorrente, tra orfano di un solo genitore ed orfano di entrambi i genitori, è in realtà già tenuta di fatto in considerazione dal legislatore, nel porre tra i requisiti del trattamento di reversibilità la vivenza a carico del genitore defunto, ipotesi che si verifica con maggior frequenza nel caso di morte del secondo genitore.
Riteneva che ogni distinzione dello stato di bisogno in cui venga a trovarsi il ricorrente è superata da una valutazione legislativa di non meritevolezza, conforme a quella contenuta nell’art. 34, comma 3, Cost., che esclude in ogni caso gli studenti fuori corso.
Ancora, il ricorrente ha percepito il TFS della madre, di ammontare cospicuo (doc. B allegato alla presente memoria), idonea a sovvenire alle esigenze immediate dello stesso, compresa la conclusione degli studi universitari, il che sdrammatizza di molto il problema del ricorrente di sostegno allo studio ed anche la rilevanza sostanziale della pretesa azionata.
Da ultimo, nel momento in cui, con il ricorso, si mira ad abrogare un requisito di legge (l’essere nella durata legale degli studi universitari) si pone il problema non solo della tutela della potestà legislativa (che compie una autonoma e non irragionevole valutazione), ma anche un problema di riempimento del vulnus legislativo creato dalla pronuncia abrogativa richiesta (per cui gli studenti orfani di entrambi i genitori avrebbero diritto, purché iscritti all’università, ad una pensione di reversibilità a tempo indeterminato, a differenza, in ipotesi, degli orfani dell’unico genitore titolare di reddito).
In particolare, evidenziava come il legislatore non sia tenuto ad intervenire a tutela di ogni situazione di bisogno, né a distinguere, con un approccio casistico, le diverse situazioni (ad esempio, perché non distinguere la situazione di uno studente orfano che studi nella città di residenza e quella di chi studi in una città diversa, la situazione di chi è o meno titolare di una abitazione, la situazione di chi ha altri parenti tenuti civilisticamente all’obbligo degli alimenti ex art. 433 e ss. c.c., la situazione di chi eredita debiti, ecc…).
Per le ragioni suesposte concludeva per il rigetto della domanda proposta, in quanto infondata, previo rigetto della richiesta di rimessione alla Corte Costituzionale della questione di legittimità costituzionale avanzata da parte attorea, rifusi spese ed onorari di lite, riportandosi, in via istruttoria, al fascicolo depositato.
Anche il Ministero della Giustizia si costituiva in giudizio con memoria depositata 6/3/2014 rilevando, in via preliminare, il proprio difetto di legittimazione passiva e chiedendo, conseguentemente, l’estromissione dal presente giudizio in considerazione che il provvedimento impugnato non è stato adottato dall’Amministrazione della Giustizia che peraltro non è competente ad erogare il trattamento pensionistico per cui è causa.
Conseguentemente, il Ministero della Giustizia è totalmente estraneo alla vicenda dedotta in giudizio.
Peraltro, riteneva il ricorso infondato anche nel merito poiché la questione all’esame riguarda l’accertamento del diritto del ricorrente a percepire, quale orfano maggiorenne ma di età inferiore a ventisei anni e studente universitario, la pensione indiretta, in quanto orfano di entrambi i genitori.
Materia regolata dall’art. 22 della L. 21 luglio 1965, n. 603 e successive modifiche ed integrazioni, che riconosce il diritto al trattamento pensionistico di reversibilità ai figli superstiti studenti universitari “per tutta la durata del corso legale, ma non oltre il 26 anno di età”, nonché dall’art.82 del TU n. 1092/1973 per il quale “Gli orfani minorenni del dipendente civile o militare di cui al primo comma dell’art. 81 ovvero del pensionato hanno diritto alla pensione di riversibilità; la pensione spetta anche agli orfani maggiorenni inabili a proficuo lavoro o in età superiore a sessanta anni, conviventi a. carico del dipendente o del pensionato e nullatenenti.
Ai fini del presente articolo sono equiparati ai minorenni gli orfani maggiorenni iscritti ad università o ad istituti superiori equiparati, per tutta lo. durata del corso legale degli studi e, comunque, non oltre il ventiseiesimo anno di età”.
Il tenore letterale delle disposizioni (per tutta la durata del corso legale degli studi) rende evidente che il compimento del ventiseiesimo anno non costituisce un requisito autonomo, rispetto a quello della durata legale del corso di studi universitari, bastevole a giustificare la permanenza dell’attribuzione della quota di compartecipazione in presenza dell’iscrizione ad un corso universitario che si protrae oltre la durata” legale”.
In sostanza, in conformità alla prevalente giurisprudenza della Corte dei conti (Sez. III appello n. 28 del 2003, Sez. II appello n. 422 del 2010), concludeva nel senso che il beneficio richiesto dal signor R., spetti ai figli maggiorenni che siano iscritti all’università (o corsi equiparati) fintanto che non superino la durata legale del corso di laurea; e ciò anche se non abbiano raggiunto il 26 anno di età.
Ne discendeva l’infondatezza della pretesa attorea e la palese irrilevanza, infine, della richiesta di controparte di rimettere alla Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale, per contrasto con gli artt. 3, 4, 34 comma 3, 35, 36 e 38 della Costituzione, dell’art. 82, comma 2D.P.R. n. 1092 del 1973, nonché dell’art. 13 R.D. n. 636 del 1939 e dell’art. 17 L. n. 274 del 1991.
In più occasioni, invero, la Corte ha ribadito la sussistenza, nella disciplina della materia pensionistica, della discrezionalità del legislatore, i cui interventi per il miglioramento e la perequazione dei trattamenti pensionistici si realizzano con la gradualità imposta da scelte di politica sociale ed economica, in considerazione anche delle esigenze di bilancio e delle finalità di risanamento e ripianamento delle gestioni previdenziali.
Concludeva, pertanto, per il difetto di legittimazione passiva del Ministero della Giustizia e, nel merito, per il rigetto del ricorso.
All’odierna udienza il giudice ha trattenuto la causa in decisione, deliberata nella camera di consiglio, di cui è stata data pubblica lettura, sulle conclusioni rassegnate dai tutti i difensori delle parti costituite i quali, a sostegno delle rispettive posizioni processuali, hanno richiamato, opportunamente integrandolo ed illustrandolo, il contenuto delle scritture preparatorie
Motivi della decisione
In via pregiudiziale (artt. 187 e 276 c.p.c.) va esaminata l’eccezione di difetto di legittimazione processuale passiva sollevata dal Ministero della Giustizia.
L’eccezione è infondata e va, pertanto, respinta giacché il G.U., in conformità con l’orientamento giurisprudenziale prevalente e ormai consolidato in materia pensionistica, ritiene che le attribuzioni di “ordinatore principale e secondario di spesa” costituiscono una mera ripartizione interna di competenza tra apparati della pubblica amministrazione comunque costituenti, nel loro complesso, la figura di soggetto obbligato sostanziale passivo, ex latere solventis, dell’unitario procedimento di pensione che vede necessariamente coinvolti entrambi i soggetti in quanto, indipendentemente dall’essere parti nel giudizio, sono comunque portatori o titolari di interessi giuridicamente qualificati e differenziati che potrebbero essere direttamente incisi dall’esito del giudizio in corso (per tutte, C. conti Sez. III Appello n. 175 del 4/7/2001; Sez. Giur. Friuli Venezia [#OMISSIS#], n. 335 del 13 maggio 2005; C. conti, Sez. Giur. Campania, n. 2386 del 2010).
Nel merito, la questione sottoposta all’esame di questo G.U. riguarda la sussistenza dei requisiti prescritti per il riconoscimento del diritto alla pensione di reversibilità in favore del ricorrente superstite, orfano di entrambi i genitori, relativamente alla pretesa di tale trattamento per l’intera durata del percorso accademico, ormai prossimo alla sua conclusione mediante conseguimento del diploma di laurea specialistica in giurisprudenza, sebbene iscritto al secondo anno fuori corso al momento della proposizione del ricorso rispetto al diverso termine del quinquennio istituzionalmente previsto della durata legale del corso di laurea.
Per esigenze di sistematica trattazione della vicenda giudiziale, giova, innanzitutto, tracciare il quadro normativo in cui si incornicia la presente vicenda giudiziale che, che non differisce da quello opportunamente delineato nelle diverse scritture preparatorie elaborate dalle parti costituite.
La materia è attualmente disciplinata dall’art. 82 del T.U. approvato con D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 secondo cui “Gli orfani minorenni del dipendente civile o militare di cui al primo comma dell’art. 81 ovvero del pensionato hanno diritto alla pensione di riversibilità; la pensione spetta anche agli orfani maggiorenni inabili a proficuo lavoro o in età superiore a sessanta anni, conviventi a. carico del dipendente o del pensionato e nullatenenti.
Ai fini del presente articolo sono equiparati ai minorenni gli orfani maggiorenni iscritti ad università o ad istituti superiori equiparati, per tutta la durata del corso legale degli studi e, comunque, non oltre il ventiseiesimo anno di età” (nel testo modificato dalla L. 21 luglio 1984, n. 391).
Ad integrare tale regime giuridico concorre l’art. 22 della L. 21 luglio 1965, n. 903 (sostitutivo dell’art. 13 del R.D.L. 14 aprile 1939, n. 636) che recita “Nel caso di morte del pensionato o dell’assicurato … spetta una pensione al coniuge e ai figli superstiti che, al momento della morte del pensionato o dell’assicurato, non abbiano superato l’età di 18 anni e ai figli di qualunque età riconosciuti inabili al lavoro e a carico del genitore al momento del decesso di questi … Per i figli superstiti che risultino a carico del genitore al momento del decesso e non prestino lavoro retribuito, il limite di età di cui al primo comma è elevato a 21 anni qualora frequentino una scuola media professionale e per tutta la durata del corso legale, ma non oltre il 26 anno di età, qualora frequentino l’Università“.
Va precisato che l’equiparazione agli orfani minorenni di quelli maggiorenni iscritti all’università è stata disposta anche con l’art. 17, comma 2, della L. 8 agosto 1991, n. 274 (Acceleramento delle procedure di liquidazione delle pensioni e delle ricongiunzioni, modifiche ed integrazioni degli ordinamenti delle Casse pensioni degli istituti di previdenza, riordinamento strutturale e funzionale della Direzione generale degli istituti stessi – A.G.O.), con sostanziale riproduzione dell’art. 82, co. 2 cit., per cui la parificazione è stata gradualmente estesa riconoscendo il diritto al trattamento di quiescenza indiretto o di riversibilità nei confronti di altri ordinamenti previdenziali (cc.dd. casse pensioni, come, a d esempio, la Cassa di previdenza dei dipendenti degli enti locali e la Cassa per le pensioni ai sanitari), dapprima sprovvisti.
E ciò finanche per il periodo anteriore all’entrata in vigore di dette norme grazie alla rimozione dell’irragionevole e perdurante discriminazione delle categorie di orfani in relazione alle funzioni di tale istituto, di perspicua matrice solidaristica e previdenziale (artt. 2 e 38 Cost.), per effetto delle pronunce di illegittimità della Corte costituzionale (sentenze n. 454 del 1993 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 38 del Regio D.L. 3 marzo 1938, n. 680; sent. n. 433 del 2005, degli artt. 30 e 31 della L. 6 luglio 1939, n. 1035 e sent. n. 366 del 1988, riguardante l’art. 82, comma 1, del D.P.R. n. 1092 del 1973 per i dipendenti e militari dello Stato).
Premesso tale inquadramento giuridico, occorre rilevare come la norma citata non si presti ad alcun dubbio ermeneutico -circostanza, d’altronde, incontestato tra le parti; cfr. par.2.3 del ricorso- nel senso che il beneficio pensionistico in esame che non può competere all’orfano maggiorenne studente universitario “fuori corso”, cioè che non abbia terminato gli studi universitari entro il periodo di durata legale del corso di studi (nella fattispecie, della durata di cinque anni, in conformità a quanto affermato dalla giurisprudenza di questa Corte con indirizzo consolidato al quale si ritiene di prestare continuità (C.Conti, Sez. I Centr. App., n. 11/2013/A; Sez. II Centr. App., n. 422 del 2010).
Infatti, l’interpretazione letterale delle disposizioni “per tutta la durata del corso legale degli studi” è sufficiente e rende superfluo qualsiasi altro sforzo ermeneutico giacché appare perspicuo che tale riconoscimento soggiace alla previsione legale del limite stabilito dal legislatore fintanto che esso non sia superato, costituendo una condizione del tutto autonoma quella della durata legale del corso di studi universitari – rispetto a quella del ventiseiesimo anno – sufficiente per giustificare la permanenza dell’attribuzione del trattamento previsto o della quota di compartecipazione, finanche in presenza dell’iscrizione ad un corso universitario diverso che si protrae oltre la “durata legale”, ad esempio, a seguito di passaggio da un corso di studi universitari ad un altro (in termini, cfr. Sez. Giur. Emilia Romagna, n. 809/2009).
In proposito, la norma applicabile nella fattispecie sembra stabilire con estrema chiarezza che la pensione di reversibilità – indiretta spetti fino al termine dell’ultimo anno di corso “legale”, stabilito il 31 ottobre, così escludendo gli anni “fuori corso” per i quali difetta la condizione legale per il riconoscimento della pensione in favore dei superstiti, che non può ritenersi avverata o sussistente.
Orbene, nella fattispecie concreta è circostanza pacifica che il beneficio corrisposto al Sig. R., già orfano di padre, quale quota di compartecipazione con la madre, cessava di essere erogato il 31 ottobre 2011 poiché, ai sensi dell’art. 19 del R.D. 31 agosto 1933, n. 1592, in tale data terminava il quinto anno di iscrizione al corso di laurea specialistica in giurisprudenza, avendo con ciò superato la durata legale del corso di studi.
Senonché, come meglio precisato in narrativa, con lieve scarto temporale, in data 3 novembre 2011, il ricorrente rimaneva orfano anche del secondo genitore, la madre, magistrato di Cassazione.
Altrettanto incontestabile è, quindi, che il decesso del secondo genitore è avvenuto oltre il periodo del corso legale di studi al quale era iscritto il figlio, per cui egli “ha perso” la condizione di studente universitario meritevole del beneficio ai superstiti essendo “fuori corso”, indipendentemente dal limite legale dei ventisei anni, che invece avrebbe raggiunto successivamente, ferma restando l’altra condizione soggettiva o requisito “positivo”, indispensabile per prolungare la durata del trattamento pensionistico e ritenersi integrata la fattispecie costitutiva del diritto, della vivenza a carico del genitore al momento del decesso (Cass., Sez. L., n. 21425/2011; in diritto, artt. 85, co. 1, e 86 del T.U.).
Operata questa doverosa e piana esposizione, va evidenziato come il ricorrente, col gravame proposto, onde pervenire ad un diverso e più favorevole assetto normativo che consenta al giudice di riconoscergli il diritto alla pensione indiretta e di reversibilità nel caso de quo atteso l’attuale impedimento giuridico, ha sollevato, in via pregiudiziale e prodromica, questione di illegittimità costituzionale della norma censurata -e di quelle ad essa connesse e meglio specificate in narrativa.
E ciò sotto diversi profili, per la sua eccessiva rigidità e per la scelta operata dal legislatore – sempreché realmente esercitata – chiedendo la rimessione della questione alla Corte Costituzionale perché effettui un sindacato [#OMISSIS#] ad ottenere una pronuncia che si collochi nell’alveo di quelle definite “additive in senso lato o di principio” o “manipolative”.
Opzione che, si rivelerebbe, a suo dire, arbitraria ed irragionevole nel momento in cui concretamente assimila ed omogeneizza le posizioni, profondamente diversificate, dei figli maggiorenni e studenti universitari, orfani di uno o di entrambi i genitori, assoggettandole indiscriminatamente al duplice requisito del non superamento della durata legale del corso di studi e, comunque, del ventiseiesimo anno di età, anziché prevedere per i figli maggiorenni, studenti universitari ma orfani di entrambi i genitori “un insieme di requisiti che rendano complessivamente più agevole l’accesso al diritto alla pensione indiretta proprio per coloro che si trovino in tale, deteriore, posizione”.
La serietà dei motivi e delle argomentazioni svolte a sostegno, unitamente ai dotti riferimenti dottrinali e giurisprudenziali menzionati nell’atto introduttivo del giudizio, non consentono, tuttavia, di pervenire all’accoglimento della domanda proposta non rinvenendosi, nel caso di specie, la sussistenza dei presupposti giuridici per sollevare la questione incidentale di legittimità costituzionale, di indubbia complessità.
Il giudice, in via preliminare, rileva che la verifica della conformità della predetta normativa ai parametri costituzionali si appalesa inammissibile, prima ancora che manifestamente infondata.
E ciò, sebbene la questione sollevata possa ritenersi rilevante -anche nel caso di particolare efficacia vincolante per il giudice anche nel caso di rigetto della richiesta di sentenza additivo-manipolativa nel senso disatteso dalla Corte investita- incidendo direttamente sulla prestazione pensionistica invocata in giudizio a favore del ricorrente altrimenti preclusa dal vigente regime normativo citato, in relazione alla norma eventualmente da espungere dall’ordinamento giuridico o da correggere semplicemente, per effetto del pregiudizio all’interesse sostanziale della parte che l’ha sollevata, a causa del carattere “oggettivo” del processo incidentale costituzionale e dell’incidenza che le decisioni della Corte rivestono in ordine alla concretezza delle situazioni e dei “casi della vita” e dell’esistenza di un rapporto di strumentalità necessaria fra la risoluzione della questione di legittimità costituzionale e la decisione del giudizio principale, nel senso, cioè, che quest’ultimo non possa essere definito indipendentemente dalla decisione della questione incidentale (c.d. pregiudiziale costituzionale); in diritto, ex comb. disp. artt. 1 L. cost. n. 1/1948 e 23, co. 4, L. n. 87 del 1953; in giurisprudenza, C.Cost., n. 49/1983).
Orbene, la domanda formulata dal ricorrente contiene innanzitutto un petitum incerto poiché non chiarisce sufficientemente quale sarebbe il sistema correttivo, fra i vari possibili, che la Corte Costituzionale dovrebbe scegliere con l’invocata pronuncia additiva, dal momento che il ricorrente si è limitato ad indicare una sostanziale correzione della normativa censurata nel senso di introdurre una differenziazione tra orfani maggiorenni e studenti universitari che siano privi di due anziché di un solo genitore prevedendo, per i primi, un regime legale che, anziché essere del pari improntato alla sussistenza del duplice requisito (non superamento della durata legale del corso di studi e, comunque, del ventiseiesimo anno d’età) preveda “un insieme di requisiti che rendano complessivamente più agevole l’accesso al diritto alla pensione indiretta e di reversibilità proprio per coloro che si trovino in tale, deteriore, posizione”.
Evidente incertezza che si riflette sull’oggetto della domanda giudiziale che, nell’invarianza del quesito interpretativo rivolto alla Corte dal giudice rimettente in modo alternativo od equivoco (conforme, C.cost., n. 187/1992 e n. 473/1989), esporrebbe un’eventuale ordinanza di sottoposizione a scrutinio di legittimità costituzionale al rischio di una pronuncia di manifesta inammissibilità, essendo alla Corte preclusa ogni possibilità di pronunciare sentenza additive di contenuto discrezionale, per [#OMISSIS#] giurisprudenza (cfr. la recente C. Cost., 17/12/2013, n. 318).
Ma la domanda si rileva priva di pregio giuridico sotto il distinto profilo dell’ulteriore condizione della non manifesta infondatezza che, necessariamente, deve coesistere per la possibilità di rimessione della questione al Giudice delle Leggi.
In proposito occorre preliminarmente precisare che assume particolare rilievo la valuta