La disposizione di cui all’art. 24 d.l. 6 dicembre 2011, n. 201 – recante disposizioni urgenti esplicitamente dirette a garantire il rispetto degli impegni presi con l’Unione Europea, dei vincoli di bilancio, la stabilità economico-finanziaria e a rafforzare la sostenibilità di lungo periodo del sistema pensionistico – ha introdotto più rigorosi requisiti per accedere alla c.d. “pensione anticipata” ed ha previsto che, a decorrere dal 1 gennaio 2012, sia necessaria un’anzianità contributiva maggiore.La nuova disciplina in materia di accesso al pensionamento deve ritenersi prevalente, rispetto a quella previgente, avuto riguardo alla ratio del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201 di contenimento in tutti i settori della spesa pubblica, con particolare riguardo al settore previdenziale. Né può ritenersi che la legge speciale del Comparto scuola possa prevalere rispetto a quella generale. È di rilievo, sul punto, osservare che il differimento della decorrenza della pensione all’inizio dell’anno scolastico successivo alla maturazione del diritto – al fine di assicurare il regolare funzionamento degli apparati scolastici e salvaguardare in particolare la continuità didattica – non comporta che non si debba tener conto dell’effettivo momento di maturazione dei requisiti per accedere alla pensione, per porre un discrimine temporale tra il vecchio ed il nuovo regime.
Corte dei conti reg., Trentino-Alto Adige, 15 gennaio 2015, n. 1
Dipendente conservatorio musicale – Collocamento a riposo
PENSIONI
C. Conti Trentino-Alto [#OMISSIS#] Sez. giurisdiz., Sent., 15-01-2015, n. 1
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE
PER IL TRENTINO – ALTO [#OMISSIS#] CON SEDE IN TRENTO
In composizione monocratica, [#OMISSIS#] persona del Consigliere dott.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], in funzione di [#OMISSIS#] Unico delle Pensioni, a [#OMISSIS#] dell’art. 5, primo comma, della L. 21 luglio 2000, n. 205;
– esaminati gli atti e documenti di causa;
– all’udienza del giorno 18 novembre 2014, con l’assistenza del Segretario dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], uditi l’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] per il ricorrente e l’avv. [#OMISSIS#] Odorizzi, in sostituzione dell’avv. [#OMISSIS#] Aprile, per l’INPS – Gestione Dipendenti Pubblici, non rappresentato il M.I.U.R., ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio in materia di pensioni civili, iscritto al n. 3936 del Registro di Segreteria, promosso con ricorso da C.G. (C.F. OMISSIS), nato a OMISSIS il OMISSIS ed ivi residente; elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], in Trento via San [#OMISSIS#] d’Assisi n. 10, che lo rappresenta e difende nel presente giudizio contro l’I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE – Gestione Dipendenti Pubblici, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. [#OMISSIS#] Aprile dell’Avvocatura I.N.P.S., con domicilio eletto presso la sede di Trento, via delle Orfane n. 8, nonché nei confronti del MINISTERO DELL’ISTRUZIONE UNIVERSITA‘ E RICERCA – M.I.U.R., in persona del Ministro pro tempore.
Svolgimento del processo
1.1 Con il ricorso depositato in data 30/7/2013, previamente notificato all’I.N.P.S. ed al Ministero dell’Istruzione dell’Università Ricerca, il sig. C. – in servizio presso il Conservatorio di musica di Trento – ha esposto di avere adito (unitamente ad altri istanti) il Tribunale di Trento – Sezione per le controversie di lavoro, al fine di veder accertato il proprio diritto al collocamento in quiescenza in base ai requisiti di anzianità e di contribuzione vigenti prima del D.L. n. 201 del 2011, convertito in L. n. 214 del 2011, con decorrenza dal 1/9/2012; nonché di aver chiesto l’accertamento del diritto ad essere collocato in pensione dal 1/9/2013 e la conseguenziale condanna delle Amministrazioni resistenti a rifondere i danni subiti per un anno di ritardato collocamento in quiescenza [#OMISSIS#] misura da determinarsi dal [#OMISSIS#], anche in via equitativa.
Poiché il Tribunale di Trento, con sentenza n. 114/2013, ha declinato la giurisdizione sulle domande attoree in favore della Corte dei conti – con onere di riassunzione entro tre mesi dalla comunicazione della motivazione della sentenza – con l’odierno gravame parte attrice ha riproposto le medesime richieste avanti questa Sezione.
In particolare, il ricorrente ha esposto che a seguito dell’entrata in vigore della riforma introdotta dall’art. 24 del D.L. n. 201 del 2011 chiedeva all’Amministrazione di appartenenza di essere collocato in pensione a far data dal 1/9/2012 – secondo il previgente regime delle cc.dd. “quote”, costituite dalla somma dell’età anagrafica e dall’anzianità contributiva (c.d. “quota 96”) – ricevendone un diniego, che determinava la prosecuzione dell’attività di servizio.
Dolendosi dell’illegittimità del provvedimento di reiezione, parte attrice ha posto in rilievo la peculiarità che contraddistingue la disciplina del settore scolastico. In proposito ha richiamato la disposizione di cui all’art. 1 del D.P.R. 28 aprile 1998, n. 351, in forza della quale il collocamento a riposo (a domanda) del personale del Comparto Scuola decorre dall’inizio dell’anno scolastico o accademico successivo alla data in cui la domanda è stata presentata (o dal compimento dell’età massima di quiescenza).
La suddetta [#OMISSIS#], ha rilevato parte attrice, delimita il [#OMISSIS#] per il collocamento a riposo del personale, conservando in servizio i lavoratori maturanti i requisiti pensionistici nel corso dell’anno scolastico sino alla conclusione del medesimo. Tale disciplina dovrebbe ritenersi prevalente e speciale rispetto al nuovo regime per l’accesso al trattamento di quiescenza, in considerazione della specificità della regolamentazione (art. 59 L. n. 449 del 1997), volta a salvaguardare l’interesse pubblico alla continuità dell’insegnamento [#OMISSIS#] l’anno scolastico, con un peculiare regime per gli insegnanti. Opinando diversamente, secondo il ricorrente, si renderebbe una palese disparità di trattamento, in quanto in ragione dell’interesse al corretto funzionamento del sistema scolastico si posticipano i diritti soggettivi maturati dai lavoratori del Comparto scuola, non già alla data effettiva del calendario, ma alla finestra corrispondente all’anno scolastico 1 settembre – 31 agosto dell’anno successivo, mentre non si applica lo stesso sistema quando si devono introdurre normative più restrittive nei confronti di tali lavoratori. In tal modo, ad avviso di parte attrice, verrebbe introdotta un’ulteriore ingiustificata discriminazione fra lavoratori che maturano i requisiti fra il 1 settembre ed il 31 dicembre 2011 e quelli che li maturerebbero egualmente tra il 1 gennaio ed il 31 agosto 2012.
Alla luce delle ricordate considerazioni, sulle peculiarità del quadro normativo di riferimento in materia di cessazione dal servizio applicabile al Comparto scuola, il ricorrente ha sostenuto che [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] della [#OMISSIS#] di cui al citato art. 24 del D.L. n. 201 del 2011, convertito in L. n. 214 del 2011, doveva essergli riconosciuto il diritto ad andare in pensione con le norme previgenti.
Parte attrice ha, pertanto, concluso chiedendo l’accertamento del diritto ad essere collocato in pensione in base ai requisiti di anzianità e di contribuzione vigenti prima del D.L. n. 201 del 2011, con decorrenza 1/9/2012; conseguentemente disporsi il collocamento in pensione dal 1/9/2013 e condannare le Amministrazioni resistenti a rifondere i danni, conseguiti al ricorrente, per la ritardata collocazione in pensione, in misura da determinarsi anche in via equitativa; con [#OMISSIS#] di spese.
1.2 L’I.N.P.S. – Gestione Dipendenti Pubblici si è costituito in giudizio, con memoria depositata in data 4/11/2014, chiedendo la reiezione del ricorso in quanto infondato.
L’Ente previdenziale ha evidenziato che la domanda di collocamento a riposo del Sig. C. è stata correttamente rigettata dal M.I.U.R., in quanto alla data del 31 dicembre 2011 non ricorrevano per lo stesso (in possesso di un’età anagrafica di anni 59 e di un servizio utile di anni 36, mesi 6 e giorni 18) i previgenti requisiti per il riconoscimento del diritto di accesso al trattamento pensionistico, come fissati dall’art. 24del D.L. n. 201 del 2011 (60 anni di età e 36 di contribuzione, c.d. “quota 96”). Quanto all’interpretazione, prospettata da parte attrice, del combinato disposto dell’art. 24 D.L. n. 201 del 2011 citato in riferimento alle disposizioni (art. 59, comma 9, della L. n. 449 del 1997), che differiscono per il personale della Scuola la cessazione dal servizio e la decorrenza della pensione al 1 settembre di ogni anno, l’I.N.P.S. ha obiettato come tale tesi confonda la disciplina della decorrenza della pensione – la cui ratio è quella di assicurare la continuità didattica – con la maturazione del diritto a pensione, in contrasto con il chiaro tenore letterale dell’art. 24 del D.L. n. 221 del 2011 citato, che fa riferimento alla “maturazione” del diritto a pensione, che deve aver luogo entro il 31 dicembre 2011.
Con riferimento alla fondatezza di quanto innanzi dedotto, la difesa dell’I.N.P.S. ha richiamato il diffuso e [#OMISSIS#] orientamento giurisprudenziale della Corte dei conti.
L’Ente previdenziale ha, quindi, rilevato che la normativa c.d. speciale del Comparto scuola risulta completamente superata dal citato D.L. n. 201 del 2011 che ha inteso fornire solo speciali deroghe, ai principi ispiratori generali della riforma, per particolari categorie di lavoratori (c.d. lavoratori “deboli”, in quanto collocati in mobilità, titolari di prestazioni a carico di fondi di solidarietà, esonerati ad una certa data di servizio, in congedo per assistere i figli con grave disabilità), tra le quali non rientrano i dipendenti della Scuola.
L’I.N.P.S. ha, poi, osservato come sia stata prevista una deroga, in via sperimentale, fino al 31 dicembre 2015 per l’accesso al pensionamento di anzianità in presenza di 35 anni di contribuzione versata e 57 anni di età per le lavoratrici dipendenti, qualora abbiano optato per la liquidazione del trattamento pensionistico con il sistema contributivo (art. 1, comma 9 della L. n. 243 del 2004).
L’Ente previdenziale ha soggiunto che la [#OMISSIS#] di cui all’art. 24, comma 3 ha, in modo costituzionalmente coerente, fatto [#OMISSIS#] il diritto a pensione di chi, al 31 dicembre 2011, aveva maturato i requisiti per l’accesso al pensionamento; ha evidenziato che anche prima della riforma introdotta dal D.L. n. 138 del 2011 si faceva riferimento per la decorrenza all’anno scolastico e, per la maturazione, all’anno solare e si applicava [#OMISSIS#] insegnanti, così come a tutti i dipendenti, il sistema della c.d. “finestra”, con la differenza che per gli insegnanti la “finestra” coincideva con la fine dell’anno scolastico, per ragioni organizzative connesse all’inizio dell’anno scolastico.
L’I.N.P.S. ha evidenziato che avendo il ricorrente presentato la domanda di quiescenza nel corso dell’anno 2012, tale istanza non poteva che ritenersi assoggettata alla nuova disciplina.
Parte resistente ha richiamato l’ordinanza n.318/2013 della Corte costituzionale che, nel dichiarare la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 24, comma 3, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dall’art.1, comma 1, della L. 22 dicembre 2011, n. 214, ha sottolineato come già l’art. 1, comma 21, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138 avesse di fatto spostato di un anno in avanti la possibilità di essere collocati in pensione per coloro che avevano maturato i requisiti per il pensionamento con effetto dall’1 gennaio 2012.
In relazione alle dedotte considerazioni, la difesa del convenuto Ente previdenziale ha chiesto la reiezione del ricorso.
1.3 Il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca – Direzione Generale per l’alta formazione artistica, musicale e coreutica – si è costituito in giudizio con memoria depositata in data 28/10/2013, asserendo l’infondatezza del ricorso in forza della normativa applicabile e della circostanza che alla data del 31 dicembre 2011 il ricorrente non aveva maturato i requisiti di età e contribuzione richiesti.
1.4 Con memoria depositata in data 7/11/2014, parte ricorrente ha insistito per l’accoglimento del ricorso, deducendo in ordine all’ammissibilità del gravame ed invocando una lettura costituzionalmente orientata (ai sensi dell’art. 36 e 38 della Costituzione) dell’art. 24 del D.L. n. 201 del 2011 che differenzi il regime per i lavoratori della scuola rispetto alle altre Amministrazioni.
In particolare, la difesa attorea ha affermato che mentre per tutti gli altri lavoratori il [#OMISSIS#] da prendere in esame è da ritenersi quello del 31/12/2011, per i lavoratori della scuola la stessa [#OMISSIS#] non può che essere interpretata che con riferimento alla data del 31/8/2012.
1.5 All’odierna udienza i difensori delle parti si sono riportati alle conclusioni in atti e la causa – ai sensi dell’art. 429 c.p.c., come novellato dall’art. 53, comma 2 del D.L. n. 112 del 2008 convertito in L. n. 133 del 2008 – è stata decisa come da dispositivo pubblicamente letto e di seguito trascritto.
Motivi della decisione
2.1 Il thema decidendum dell’odierno giudizio afferisce al diritto affermato da parte attrice – e contestato dalle Amministrazioni resistenti – di ottenere una pronuncia dichiarativa del diritto al collocamento a riposo in base ai requisiti di anzianità e contribuzione vigenti prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 201 del 2011, convertito in L. n. 214 del 2011, in applicazione della normativa relativa al Comparto scuola, con conseguente richiesta di accoglimento delle ulteriori domande, accessorie e conseguenziali, di collocamento a riposo dal 1/9/2013 e condanna delle Amministrazioni resistenti a rifondere i danni per il ritardato collocamento in pensione, da liquidarsi dal [#OMISSIS#] anche in via equitativa.
In fattispecie si deve, preliminarmente, affermare la giurisdizione della Corte dei conti con riferimento alla domanda attorea di accertamento del diritto al collocamento a riposo ed al riconoscimento del trattamento pensionistico nei termini sopradescritti.
Tali questioni rientrano, infatti, [#OMISSIS#] cognizione della Corte dei conti, secondo quanto previsto dall’art. 62 del R.D. n. 1214 del 1934 (T.U. delle leggi sulla Corte dei conti) anche [#OMISSIS#] parte in cui contempla “le istanze dirette ad ottenere la sentenza che tenga luogo del decreto di collocamento a riposo o in riforma e dichiari essersi verificate nell’impiegato dello Stato o nel militare le condizioni dalle quali, secondo le leggi vigenti, sorge il diritto a pensione, assegno o indennità” (in senso conforme cfr. Corte di Cassazione SS.UU ordinanza n. 2298/2008, sentenze n. 23734/2006, n. 3195/2007; ex multis Corte dei conti Prima Sezione Centrale d’Appello n. 592/2009, Seconda Sezione Centrale d’Appello n.142/2005, Sezione Giurisdizionale per la Lombardia n.1461/2001; Sezione Giurisdizionale per la Basilicata n. 32/2013, Sezione Giurisdizionale per la [#OMISSIS#] n. 17/2013; Sezione Giurisdizionale per la Campania n. 143/2013; Sezione Giurisdizionale per l’Abruzzo n. 4/2013; Sezione Giurisdizionale Veneto n. 174/2013, n. 242/2013, n. 39/2014; Sezione Giurisdizionale Trentino Alto [#OMISSIS#] – Sezione di Bolzano n. 23/2013).
2.2. Nel merito, la domanda attorea è da ritenersi infondata. Parte attrice ha prospettato il diritto al pensionamento dal 1 settembre 2012, evidenziando che il citato D.L. n. 201 del 6 dicembre 2011ha elevato i requisiti sia dell’età anagrafica che degli anni di contribuzione per il collocamento in quiescenza con possibilità, tuttavia, per chi avesse maturato i requisiti pensionistici vigenti in precedenza entro l’anno (solare) di servizio, ovvero entro il 31 dicembre del 2011, di accedere al pensionamento. In particolare, il ricorrente ha dedotto che le disposizioni di cui all’art. 24 del D.L. n. 201 del 2011 [#OMISSIS#] coordinate con la normativa speciale del Comparto scuola, con conseguente individuazione del [#OMISSIS#] finale di maturazione dei requisiti per accedere al previgente regime pensionistico, entro il 31 agosto del 2012, inteso quale [#OMISSIS#] dell’anno scolastico al cui inizio non era ancora intervenuta la novella legislativa. Tale tesi è destituita di fondamento, infatti la disposizione di cui all’art. 24 del D.L. n. 201 del 2011, convertito in L. n. 214 del 2011 – recante disposizioni urgenti esplicitamente dirette a garantire il rispetto degli impegni presi con l’Unione Europea, dei vincoli di [#OMISSIS#], la stabilità economico-finanziaria e a rafforzare la sostenibilità di lungo periodo del sistema pensionistico – ha introdotto più rigorosi requisiti per accedere alla c.d. “pensione anticipata” ed ha previsto che, a decorrere dal 1 gennaio 2012, sia necessaria un’anzianità contributiva [#OMISSIS#]. La richiamata [#OMISSIS#] ha previsto che resti assoggettato al più favorevole sistema delle “finestre mobili” (c.d. “quota 96” quale somma di età ed anzianità contributiva) il pensionamento anticipato di coloro che abbiano maturato i requisiti richiesti entro il 31/12/2011. Per il vero, secondo i canoni ermeneutici delle disposizioni sulla legge in generale la nuova disciplina in materia di accesso al pensionamento deve ritenersi prevalente, rispetto a quella previgente, avuto riguardo alla ratio del D.L. n. 201 del 2011 di contenimento in tutti i settori della spesa pubblica, con particolare riguardo al settore previdenziale. Né può ritenersi, come sostenuto da parte ricorrente, che la legge speciale del Comparto scuola possa prevalere rispetto a quella generale. E’ di rilievo, sul punto, osservare che il differimento della decorrenza della pensione all’inizio dell’anno scolastico successivo alla maturazione del diritto – al fine di assicurare il regolare funzionamento degli apparati scolastici e salvaguardare in particolare la continuità didattica – non comporta che non si debba tener conto dell’effettivo momento di maturazione dei requisiti per accedere alla pensione, per porre un discrimine temporale tra il vecchio ed il nuovo regime. Dovendosi distinguere la disciplina della decorrenza della pensione (fissata per salvaguardare la continuità didattica), dal momento di maturazione dei requisiti per accedere alla pensione anticipata. Giova, poi, ricordare che l’art. 1, comma 6, della L. 23 agosto 2004, n. 243 e l’annessa tabella B, come modificati dall’art. 1 della L. 24 dicembre 2007, n. 247, avevano previsto un doppio requisito per conseguire il diritto di accedere alla pensione di anzianità. Con particolare riferimento [#OMISSIS#] anni 2011 e 2012 era previsto che la somma dell’età anagrafica e dell’anzianità contributiva dovesse essere pari a 96 e che l’età anagrafica per la maturazione del primo requisito dovesse essere almeno di 60 anni e l’anzianità contributiva pari ad anni 36 (o 61 + 35). Per coloro che avessero conseguito il diritto ad accedere al pensionamento di anzianità a decorrere dal 2011, l’art. 12 del D.L. n. 78 del 2010 ha poi previsto, per il personale del comparto scuola, l’applicazione delle disposizioni di cui al comma 9 dell’articolo 59 della L. 27 dicembre 1997, n. 449, ossia che, in previsione della maturazione dei requisiti entro il 31 dicembre dell’anno, il dipendente potesse cessare dal servizio con effetto dalla data di inizio dell’anno scolastico e accademico, e con pari decorrenza del relativo trattamento economico. Il successivo art. 1, comma 21, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138 ha, però, poi previsto che “per il personale del comparto scuola [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], ai fini dell’accesso al trattamento pensionistico, che la cessazione dal servizio ha effetto dalla data di inizio dell’anno scolastico e accademico dell’anno successivo, con decorrenza dalla stessa data del relativo trattamento economico nel [#OMISSIS#] di prevista maturazione del requisito entro il 31 dicembre dell’anno”. In proposito a tale [#OMISSIS#] disposizione, la Corte costituzionale nell’ordinanza n. 318 del 17 dicembre 2013 ha rimarcato che tale [#OMISSIS#] ha “…di fatto spostato di un anno in avanti la possibilità di esser collocati in pensione per coloro i quali maturavano i requisiti per il pensionamento con effetto dal 1 gennaio 2012”. Sulla base di tale contesto normativo, il personale della scuola che ha maturato la menzionata quota 96 nel corso dell’anno 2011, ha potuto accedere al trattamento di pensione; per i dipendenti che hanno maturato i requisiti per conseguire il diritto al trattamento di pensione solo entro l’anno 2012, la modifica dell’art. 59 della L. n. 449 del 1999 ha comportato il differimento dell’accesso alla pensione stessa con effettiva decorrenza dall’inizio dell’anno successivo, ossia dal 1 settembre 2013. Con riferimento [#OMISSIS#] interventi restrittivi dell’accesso ai c.d. trattamenti pensionistici di anzianità, giova ricordare che la giurisprudenza costituzionale ne ha esclusa l’illegittimità costituzionale quando siano inseriti in un processo di stabilizzazione e contenimento della spesa pubblica, affermando l’estraneità alle pensioni c.d. “anticipate” della garanzia contenuta nell’art. 38 della Costituzione (cfr. Corte Costituzionale, ordinanza n. 10 del 2011, sentenze n. 245 del 1997, n. 417 del 1996, n. 439 del 1994; ordinanze n. 319 del 2001, n. 18 del 2001 e n. 318 del 1997).
Ne consegue, che il diritto alla pensione sorge solo nel momento in cui si maturano i requisiti contributivi o anagrafici richiesti dalle norme vigenti. E per il vero, la disposizione di cui all’art. 24, comma 3, del D.L. n. 201 del 2011 ha fatto [#OMISSIS#] il diritto all’applicazione della previgente e più favorevole normativa solo per coloro che avevano già maturato i requisiti della c.d. “quota 96”, prevedendo che “Il lavoratore che maturi il 31 dicembre 2011 i requisiti di età e di anzianità contributiva, previsti dalla normativa vigente, prima della data di entrata in vigore del presente decreto, ai fini del diritto all’accesso e alla decorrenza del trattamento pensionistico di vecchiaia o di anzianità, consegue il diritto alla prestazione pensionistica secondo tale normativa e può chiedere all’ente di appartenenza la certificazione di tale diritto”. In tale ottica, il Legislatore ha salvaguardato i trattamenti pensionistici di anzianità di tutti coloro (e non solo dei lavoratori della Scuola) che avrebbero maturato i requisiti costitutivi del diritto alla data del 31 dicembre 2011; ha previsto espressamente delle deroghe per talune categorie di lavoratori ritenute deboli; ha disposto una particolare disciplina in favore delle lavoratrici che optano per una liquidazione del trattamento secondo le regole di calcolo del sistema contributivo.
Sul ricordato assetto normativo non incide, come già rilevato, la peculiare disciplina del Comparto scuola, di cui [#OMISSIS#] artt. 59, comma 9, della L. n. 447, del 27 dicembre 1997, e 1, del D.P.R. n. 351, del 28 aprile 1998 (in senso conforme, ex plurimis, Corte dei conti, Sez. Giur. Trentino Alto [#OMISSIS#] – Bolzano n. 23/2013; Sez. Giur. Veneto 174/2013, 242/2013, n. 232/2013; Sez. Giur. [#OMISSIS#] n. 415/2012, n. 4/2013, n. 17/2013, n. 40/2013; Sez. Giur. Basilicata n. 30/2013, n. 32/2013, Sez. Giur. Abruzzo n. 4/2013, n. 7/2013; Sez. Giur. Campania, n. 142/2013; Sez. Giur. Marche n. 27/2013, n. 25/2014; Sez. Giur. Sardegna n. 154/227, n. 229/2013; Sezione Giur. Lombardia n. 127/2013; Sez. Giur. Lazio n. 534/2014, n. 585/2014; Sez. Giur. Puglia n. 279/2014; Sez. Giur. Liguria n. 4/2014).
Alla luce del contesto normativo di riferimento e del consolidato orientamento giurisprudenziale formatosi in materia, la domanda attorea – volta a conseguire l’accertamento del diritto al collocamento in quiescenza sulla base dei requisiti di anzianità e contribuzione vigenti prima del D.L. n. 201 del 2011 – deve ritenersi infondata e non può trovare accoglimento. La reiezione della domanda principale fa ritenere assorbito l’esame delle ulteriori richieste, accessorie e conseguenziali, formulate da parte attrice.
Considerata la peculiare complessità della questione dedotta in giudizio e le difficoltà interpretative della stessa, si ritiene sussistano le gravi ed eccezionali ragioni, ai sensi del disposto dell’art. 92, comma 2, c.p.c., per la compensazione integrale delle spese di lite,
P.Q.M.
La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale Regionale per il Trentino Alto [#OMISSIS#] con sede in Trento, in composizione monocratica, con funzione di [#OMISSIS#] Unico delle Pensioni, definitivamente pronunciando: Ogni altra domanda, istanza ed eccezione inammissibili e reiette, respinge il ricorso. Compensa le spese fra le parti del giudizio.
Per i motivi di cui all’art. 53 D.L. n. 112 del 2008, convertito in L. n. 133 del 2008, fissa il [#OMISSIS#] di 60 giorni per il deposito della sentenza.
Manda alla Segreteria della Sezione per gli ulteriori adempimenti.
Così deciso in Trento, [#OMISSIS#] pubblica udienza del 18 novembre 2014.
Depositata in Cancelleria 15 gennaio 2015.