Nel giudizio contabile, l’illegittimità di singoli atti o provvedimenti non rileva, di per sé, al fine della connotazione di antigiuridicità del comportamento di un agente pubblico; l’accertamento del giudice contabile non cade sull’illegittimità di un atto, ma sull’illiceità del fatto giuridico che, modificando la realtà, abbia comportato una diminuzione patrimoniale per l’amministrazione. La stessa illegittimità, poi, non si traduce automaticamente in danno: i concetti di illegittimità ed illiceità attengono a piani funzionali diversi ed il danno, in presenza di altri concomitanti elementi, riguarda il secondo.La Corte dei conti giudica non dell’illegittimità dell’atto, ma del complessivo comportamento del convenuto: l’illegittimità, ove sussistente, è solo uno degli elementi della fattispecie, che deve essere valutato insieme a tutti gli altri.La responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica è personale e limitata ai fatti ed alle omissioni commessi con dolo o colpa grave, ferma restando l’insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali, definendosi tale ultimo elemento psicologico quale atteggiamento di grave disinteresse nell’espletamento delle proprie funzioni, di negligenza massima, di deviazione dal modello di condotta connesso ai propri compiti, senza il rispetto delle comuni regole di comportamento e senza l’osservanza di un minimo grado di diligenza.
Corte dei conti reg., Abruzzo, 14 dicembre 2016, n. 79
Personale ATA – Danno erariale – Omissione procedura concorsuale gestione punti di ristoro
GIUDIZIO DI CONTO
C. Conti Abruzzo Sez. giurisdiz., Sent., 14-12-2016, n. 79
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte dei conti
Sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo
composta dai magistrati:
dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], – [#OMISSIS#],
dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], – consigliere relatore,
dott. [#OMISSIS#] de [#OMISSIS#], – consigliere,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 19250/R del registro di segreteria e promosso dalla Procura regionale della Corte dei conti presso la Sezione giurisdizionale in intestazione nei confronti di:
F.C., nato a B. l'(…) e residente in C., rappresentato e difeso dall’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], elettivamente domiciliato presso lo studio dello stesso legale in Roma, viale [#OMISSIS#] Rossini, 18;
uditi, alla pubblica udienza in data 27 settembre 2016, il magistrato relatore, dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], il pubblico ministero, dott. [#OMISSIS#] Stanco, e l’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], per il convenuto;
con l’assistenza del segretario, dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#];
esaminati gli atti ed i documenti della causa.
Rilevato in
Svolgimento del processo
Con atto di citazione depositato in data 17 dicembre 2015, il procuratore regionale presso la Sezione giurisdizionale in intestazione chiamava in giudizio F.C., [#OMISSIS#] qualità di seguito descritta, per sentirsi ivi condannare al pagamento in favore dell’Università “G. D'[#OMISSIS#]” di Chieti – Pescara dell’importo di Euro 444.333,00, o alla diversa somma determinata dal Collegio giudicante, oltre interessi, rivalutazione monetaria e spese di giustizia.
I fatti contestati dal requirente erano i seguenti: con nota n. 29756 del 2/07/2015, integrata dalla successiva n. 44241 del 9/10/15, il Direttore Generale dell’Università “G. D'[#OMISSIS#]” di Chieti-Pescara ha segnalato una ipotesi di danno erariale derivante dall’omissione della procedura concorsuale per la gestione di punti di ristoro interni. Dall’esame congiunto delle predette segnalazioni direttoriali si apprende che con nota prot. n. (…) del 2/1/2004 il Dirigente Generale, dr. M.N., conferiva alla D.L.P. di Pescara un incarico per la gestione del punto bar-ristoro presso la sede di Pescara di via Tirino in occasione della apertura della sede della Facoltà di Scienze Manageriali. Il contratto, regolarmente accettato e sottoscritto dal legale rappresentante sig. L.S., non recava una durata e prevedeva un canone annuo di Euro 5.294,00. Il contratto in questione ha avuto esecuzione dal 2/1/2004 presumibilmente fino a tutto il 2011. Con nota prot. n. (…) del 13/2/2012 il Prof. F.C., all’epoca Rettore dell’Ateneo, affidava alla D.L.P. di Pescara la gestione del punto bar-ristoro presso l’edificio di Viale [#OMISSIS#] di Pescara. Il contratto, regolarmente accettato e sottoscritto dal legale !rappresentante sig. L.S., non recava una durata e prevedeva un canone annuo di Euro 6.180,00, Il nuovo Direttore Generale, constatato che la posizione di affidatario del servizio bar presso la sede di Viale [#OMISSIS#] di Pescara non risultava essere stata effettuata con procedure ad evidenza pubblica, nell’aprile 2013 attivava procedura per la disdetta del rapporto contrattuale con la D.L.P. di Pescara e promuoveva nuova gara. All’esito dell’attività avviata, con verbale n. 4/2015 del 31/3/2015 il C.d.A. dell’Ateneo ha deliberato l’aggiudicazione definitiva della gara pubblica, risultando vincitrice della procedura la Ditta RI-CAF con una offerta pari ad Euro 131.000,00 annui. Si segnala, pertanto, che l’operato svolto per conto dell’Ateneo, nel periodo temporale illustrato, dal Prof. F.C. in qualità di Rettore e dal dr. M.N. in qualità di Direttore Generale non sia stato conforme alla normativa in materia di appalti di servizi, e che risulta in maniera macroscopica il danno erariale subito dall’Università, per mancati introiti, dovuti alla minor somma percepita nel corso degli anni. Infatti, l’affidamento .dei servizi ristoro-bar è stato effettuato direttamente al titolare della D.L.P. di Pescara, senza esperire alcuna procedura di gara e senza preventivamente espletare un’indagine di mercato, in assenza di trasparenza e senza garantire per l’Ateneo il [#OMISSIS#] prezzo di mercato. Non risulta che il prezzo forfettario pattuito sia stato determinato in ragione di un qualsivoglia parametro economico comparativo e né è noto il meccanismo di determinazione dell’importo. Da quanto esposto, riferisce il Direttore Generale, può effettuarsi una considerazione fondamentale: per anni (dal 2004 al 2012, 2013 e 2014) vi è stata una gestione economica dei punti bar in questione fortemente penalizzante per l’Ateneo in quanto non certamente remunerativa secondo le leggi economiche di mercato. Si [#OMISSIS#] in rilievo che la D.L.P. s.a.s. – che dal 2012 ha corrisposto un canone annuo di soli Euro 6.180,00 – nel 2015 ha presentato la propria offerta [#OMISSIS#] gara pubblica per un importo pari ad Euro 60.180,00. Non solo, ma la gestione è stata aggiudicata a favore della Ditta RICAF per la somma di Euro 131.000,00 annui. A seguito dell’invito ex art. 5, comma 1, del D.L. 15 novembre 1993, n. 453, conv. con modif. con L. 14 gennaio 1994, n. 19, non sono emersi elementi sufficienti per pervenire a un provvedimento di archiviazione.
Con lo stesso atto, il pubblico ministero aggiungeva: dall’esame della vicenda in rilievo è evidente la lesione alle pubbliche finanze, in quanto si è proceduto da parte dell’Università abruzzese all’affidamento in concessione di servizi di punti di ristoro in violazione del generale obbligo di confronto concorrenziale, impedendo che l’Ateneo potesse giovarsi delle migliori condizioni contrattuali. Le violazioni della normativa sulla scelta del contraente hanno comportato un sicuro pregiudizio alle finanze del soggetto pubblico interessato, pienamente acclarato per il punto ristoro di viale [#OMISSIS#], che ha ottenuto risorse inferiori rispetto a quelle acquisibili attraverso ii corretto esperimento di procedure comparative. Il raffronto tra l’importo conseguito per quest'[#OMISSIS#] punto ristoro (viale [#OMISSIS#]) a seguito della gara pubblica rispetto a quello previsto [#OMISSIS#] concessione originaria (a titolo di compartecipazione alle spese energetiche e generali), attribuita senza gara, è estremamente significativo al riguardo, sussistendo una elevatissima differenza (Euro 131.000,00 annuali, oltre Euro 1.000,00 + [#OMISSIS#] per compartecipazione alle spese, rispetto a Euro 6.180,00). Una procedura concorrenziale nel 2012 avrebbe ragionevolmente
consentito maggiori introiti, da quantificare, atteso l’esito della recente
gara, in Euro 124.000,00 annuali. Considerato che il servizio in esame si è svolto per un periodo di anni tre e mesi sette (dal 15/2/12 al rilascio del settembre 2015), il complessivo danno da minori entrate patito dall’Università per
l’intercorso rapporto concessorio è determinabile in Euro 444.333,00, sempre da incrementare per rivalutazione monetaria e interessi. Deve tenersi conto, inoltre, della contestazione- difensiva, operata in sede di deduzioni ex art. 5 cit., su una ipotizzata eccessività dell’offerta, per cui, in via subordinata, qualora nell’ambito del procedimento in corso si dimostrasse veritiera tale condizione, le minori entrate possono essere, in ogni [#OMISSIS#], adeguatamente determinate, con analoghe modalità di calcolo, sulla -base delle altre offerte presentate nell’ambito della gara svolta, dove si riscontra, oltre alla seconda offerta economica di Euro 71.600,00, anche l’offerta di Euro 60.180,00 della stessa società L.P., ben a conoscenza della redditività economica del punto ristoro, avendolo gestito da anni. Il pregiudizio in esame è direttamente riconducibile all’operato del Rettore prof. F.C., il quale, con comportamento antidoveroso e gravemente colposo, ha illegittimamente proceduto con nota prot. n. (…) del 13/2/2012 all’affidamento diretto alla D.L.P. di Pescara della gestione del punto bar-ristoro presso l’edificio di Viale [#OMISSIS#] di Pescara. Il prof. F.C., pertanto, è tenuto a rispondere del danno di Euro 444.333,00, oltre a rivalutazione monetaria e interessi, arrecato all’Università “G. D'[#OMISSIS#]” di Chieti-Pescara. Nelle deduzioni difensive depositate dall’intimato si contesta la sussistenza del danno, indicando quale canone congruo quello di Euro 3.078,00 desumibile dai valori locativi per metri quadrati dell’Agenzia delle Entrate (come da prodotta perizia tecnica). La quantificazione proposta dall’interessato non solo non è rispondente alla natura concessoria dell’affidamento, ma è assolutamente smentita dalle notevolmente superiori e molteplici offerte acquisite in sede di gara. Premesso che quest’organo requirente ha già tenuto conto della presunta eccessività dell’offerta, [#OMISSIS#] memoria si sostiene, inoltre, che la quasi totalità del danno afferisca alla responsabilità del Direttore Generale, il quale avrebbe immotivatamente ritardato l’attivazione della procedura di evidenza pubblica, ritenuta procedura elementare. Non si ritiene di poter condividere il proposto capovolgimento delle responsabilità tra chi ha dato causa alle riscontrate illegittimità e chi, invece, accortosi del danno, si è attivato, con difficoltà determinate anche dalla resistenza opposta dalla precedente società concessionaria, per porvi [#OMISSIS#]. Si deve confermare, pertanto, con le evidenziate precisazioni, il contenuto dell’invito a dedurre notificato. Si esprime riserva di azione per ogni altro danno derivante dalla fattispecie in questione.
In relazione a tali accadimenti, la Procura regionale instaurava il contraddittorio preliminare, ex art. 5, comma 1, del D.L. 15 novembre 1993, n. 453, convertito in L. 14 gennaio 1994, n. 19, invitando F.C. a depositare le proprie deduzioni ed eventuali documenti (invito a dedurre in data 22 ottobre 2015, notificato in data 3 novembre 2015).
L’intimato presentava articolate deduzioni in data 26 novembre 2015.
Seguiva, come descritto in premessa, l’emissione, in data 17 dicembre 2015, dell’atto di citazione in giudizio, notificato al C. in data 20 gennaio 2016.
Con memoria depositata in data 28 luglio 2016, l’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]
precisava che:
considerata la data di cessazione dall’incarico di M.N. (settembre 2011), nelle more della selezione per l’assunzione di un nuovo Direttore Generale, il Rettore prof. C. è stato coadiuvato da una commissione di docenti tra i quali esperti in diritto amministrativo e di economia; a tale staff, nominato dallo stesso rettore – privo di specifica competenza, con esperienza accademica, ma non giuridica e amministrativa – erano demandate le funzioni di supervisione degli affari giuridici ed economici, con esame di tutte le questioni sottoposte alla firma del Rettore ai fini della garanzia della legittimità degli atti, anche con riferimento alla proposta della D.L.P.;
il rettore si dimetteva in data 31 [#OMISSIS#] 2012;
l’accordo oggetto di contestazione non aveva natura novativa di quello pregresso ma era meramente integrativo, con modificazione dello spazio da adibire a punto bar ristoro, e costituisce la prosecuzione di quello concluso dal dott. N.;
il corrispettivo per uno spazio attrezzato di 14 mq, oltre a quello adiacente adibito a deposito (che così diviene di 19 mq complessivi), non può essere di 131.000 Euro; lo spazio di svolgimento del servizio all’utenza è minimale; tanto sulla base della allegata relazione tecnica, redatta in data 11 novembre 2015 dall’ing. [#OMISSIS#] Fumo; circa la congruità del canone, sarebbe carente anche la prova della stipula del contratto tra l’Università e la Ricaf, negozio che si è tentato invano di ottenere e, comunque sia, non acquisito in giudizio;
nel [#OMISSIS#] di concessione di un servizio il concessionario assume su di sé
tutto il rischio d’impresa derivante dall’espletamento del servizio, remunerato in base ad una tariffa normalmente concordata (si veda in questo senso l’accordo di prosecuzione del febbraio 2013 che ha abbattuto le tariffe di somministrazione vigenti del 40%) e corrisponde un canone solo per lo svolgimento in privativa di detta attività;
la congruità del canone di concessione del servizio del 2004, proseguito nel 2012, è inoltre confermata dalle stime ufficiali dell’Osservatorio Immobiliare Italiano; il canone locatizio dello spazio commerciale de quo era, al [#OMISSIS#], nell’anno 2012, di 2.950 Euro e, nel primo semestre 2015, di 2.700 Euro; di conseguenza, quanto rivalutato nel 2012 è ampiamente congruo a remunerare il godimento del [#OMISSIS#];
l’importo indicato dalla Procura regionale non trova supporto in alcuna stima tecnica ed è pertanto presunto con approssimazione ipotetica, tratta da quanto la Ricaf asserisce di pagare nel nuovo contratto di cui non si ha la prova;
il Bando del 26 gennaio 2015 – Avviso pubblico per la concessione di immobile da destinare a bar – punto di ristoro della sede di Viale [#OMISSIS#] – Pescara, era pubblicato dopo quasi tre anni dalla presa di servizio dell’attuale D.G. dell’Ateneo e a circa 30 mesi dall’insediamento del nuovo rettore; entrambi avevano quindi avuto a disposizione un margine temporale più che sufficiente per prendere piena contezza ed affrontare con il dovuto riguardo una situazione in merito alla quale erano già ampiamente informati da molto tempo.
Il difensore, quindi, concludeva per l’assoluzione.
In occasione della pubblica udienza in data 27 settembre 2016, le parti non
si discostavano dalle conclusioni rassegnate con i precedenti, rispettivi scritti.
Considerato in
Motivi della decisione
L’ordine di esame delle questioni è rimesso al prudente apprezzamento del giudicante (Corte dei conti, Sezioni riunite, sentenza n. 727 del 1991).
Nel [#OMISSIS#] concreto, gli eventi in valutazione consentono di escludere la sussistenza di responsabilità finanziaria in capo al convenuto.
Al riguardo, appaiono decisivi gli elementi allegati e provati dal difensore di F.C., argomenti ampiamente illustrati [#OMISSIS#] memoria depositata in data 28 luglio 2016, ribaditi in occasione della pubblica udienza e sostenuti dall’esame complessivo, congiunto e coordinato degli atti e dei documenti di causa.
Occorre, invero, apprezzare:
la diacronia dei fatti, successione temporale che esclude la perfetta, integrale ed essenziale concomitanza tra la contestata responsabilità ed il periodo di effettivo esercizio delle funzioni devolute al C., rettore sino al 31 [#OMISSIS#] 2012; i tempi, in altri termini, coincidono solo parzialmente e, del resto, appare assai difficile ipotizzare una responsabilità del convenuto estesa a rilevanti e decisive vicende che trovavano ulteriore svolgimento o più deleteri effetti in momenti successivi alla cessazione dalla carica in argomento (Corte dei conti, Sezione III giurisdizionale centrale, sentenza n. 135 del 1997);
fatti ed atti a terzi riconducibili (Corte dei conti: Sezione I giurisdizionale centrale, sentenza n. 235 del 2008; Sezione I giurisdizionale, sentenza n. 95 del 1989) in ruolo non marginale [#OMISSIS#] sviluppo delle vicende in argomento; tali soggetti, allo stato attuale, non sono convenuti nel presente giudizio e tuttavia – in aderenza ai principi affermati da condivisibile, concorde e consolidata giurisprudenza in tema di eventuali danni derivanti da comportamenti di terzi (Corte dei conti: Sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo, sentenza n. 478 del 2010; Sezione I giurisdizionale centrale, sentenza n. 235 del 2008; Sezione giurisdizionale per la Regione Sardegna, sentenze nn. 581 del 1995 e 338 del 1987; Sezioni riunite, sentenza n. 56 del 1966) – si deve considerarne l’astratto apporto (Corte dei conti: Sezione II giurisdizionale centrale, sentenza n. 96 del 2015; Sezione III giurisdizionale centrale, sentenza n. 513 del 2003), anche al fine di un corretto inquadramento degli episodi in disamina; rimane [#OMISSIS#] l’obbligo del [#OMISSIS#] di tenere conto dell’eventuale apporto causale di altri soggetti non chiamati in giudizio (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Molise, sentenza n. 17 del 2012); ciò in relazione a quanto esposto, con dovizia di argomentazioni, dal difensore del convenuto in ordine sia al nesso di causalità (nomina di altro direttore generale con decorrenza dal mese di febbraio dell’anno 2015 e successiva conferma del primo da parte del nuovo rettore; atti e fatti, analiticamente richiamati, a quella data seguenti) sia all’elemento soggettivo (decreto di nomina dei delegati per le funzioni di supporto all’attività amministrativa, gestionale e contabile dell’Ateneo).
Per altra via, anche ritenendo sussistente, per assurdo, l’intero e stretto legame tra la condotta del C. e l’asserito nocumento finanziario, si deve rigorosamente considerare che la quaestio principale, esplicitamente concentrata sull’affidamento in concessione di servizi di punti ristoro in violazione del generale obbligo di confronto concorrenziale, non può essere sottratta ai principi enunciati da autorevole interpretazione giudiziale in merito alla necessaria distinzione tra illegittimità dell’atto ed illiceità del comportamento (Corte dei conti: Sezione giurisdizionale d’appello per la Regione Sicilia, sentenza n. 281 del 2009; Sezione giurisdizionale per la Regione Basilicata, sentenza n. 161 del 2009).
In altri termini, l’illegittimità di singoli atti o provvedimenti:
non rileva, di per sé, al fine della connotazione di antigiuridicità del comportamento di un agente pubblico; l’accertamento del [#OMISSIS#] contabile non cade sull’illegittimità di un atto ma sull’illiceità del fatto giuridico che, modificando la realtà, abbia comportato una diminuzione patrimoniale per l’amministrazione (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Lombardia, sentenza n. 165 del 2009).
non si traduce automaticamente in danno; i concetti di illegittimità ed illiceità attengono a [#OMISSIS#] funzionali diversi ed il danno, in presenza di altri concomitanti elementi, riguarda il secondo; la Corte dei conti, infatti, giudica non dell’illegittimità dell’atto ma del complessivo comportamento del convenuto; l’illegittimità, ove sussistente, è solo uno degli elementi della fattispecie, che deve essere valutato insieme a tutti gli altri (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale d’appello per la Regione Sicilia, sentenza n. 37 del 2009);
non rileva autonomamente bensì come indice di comportamento illecito [#OMISSIS#] di danno (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la regione Veneto, sentenza n. 637 del 2007);
non radica ex se l’affermazione di responsabilità ma può assurgere esclusivamente a sintomo dell’illiceità delle condotta dei convenuti che lo abbiano adottato (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la regione Puglia, sentenza n. 482 del 2005);
non è necessariamente connessa all’illiceità del comportamento (Corte dei conti, Sezione I giurisdizionale centrale, sentenza n. 2 del 1996).
Appare confacente al [#OMISSIS#] anche la giurisprudenza meno recente (Corte dei conti, Sezioni riunite, sentenze nn. 432 del 1985 e 363 del 1984).
In breve, l’eventuale illegittimità dell’atto non è idonea da sola a suffragare ipotesi di responsabilità finanziaria.
In ogni [#OMISSIS#], non può ritenersi che la condotta del convenuto, al di là delle violazioni procedimentali censurate dal pubblico ministero, sia connotata da colpa grave, intesa come scriteriatezza e massima negligenza [#OMISSIS#] svolgimento delle proprie funzioni.
Tanto senza trascurare la prevalente formazione accademica del convenuto e la complessità delle funzioni (Corte dei conti, Sezione controllo, deliberazione n. 1910 del 1988) al medesimo notoriamente intestate.
Inoltre, nel [#OMISSIS#] di specie:
si trattava, nel primo periodo, dell’affidamento in concessione di un punto di ristoro all’interno della struttura universitaria, esercizio del quale, all’epoca, non era sufficientemente nota l’effettiva potenzialità di [#OMISSIS#]; inespressa risultava, in altre parole, l’esatta attitudine della ditta a conseguire profitto, capacità svelatasi solo in occasione della successiva concessione;
il canone richiesto [#OMISSIS#] tempore, pertanto, non si presentava palesemente inferiore rispetto alla concreta redditività, emersa e dispiegata, come anticipato e secondo quanto appresso specificato, soltanto postea;
per tutta la gestione il concessionario provvedeva ad effettuare i pagamenti dovuti e garantiva la continuità del servizio;
in tal guisa, si tutelavano, contemporaneamente, gli interessi del personale e dell’utenza, non privandoli di un adeguato punto di ristoro;
solo nell’anno 2016 l’Università assegnava la concessione in uso della porzione di immobile, da adibire ad uso bar/punto ristoro (contratto in data 17 febbraio 2016 ed adendum in data 26 febbraio 2016), ad altro soggetto con un canone annuale superiore al precedente e la cui effettiva corresponsione, peraltro, costituiva oggetto della tardiva nota di deposito n. 3 in data 14 settembre 2016, pervenuta dalla Procura regionale [#OMISSIS#] stessa data e, quindi, oltre i termini fissati, rispetto all’udienza di discussione, dal [#OMISSIS#] della Sezione giurisdizionale (Corte dei conti, Sezione I giurisdizionale centrale, sentenza n. 215 del 2003).
Fuor di dubbio, altresì, che la valutazione di questo [#OMISSIS#] debba essere effettuata esclusivamente ex ante, con riferimento al momento in cui il convenuto operava ed alle connesse, concrete esigenze da perseguire, evitando qualsiasi sindacato ex post o a posteriori (Corte dei conti, giurisprudenza consolidata sin dalla sentenza n. 904 del 1993 delle Sezioni riunite).
Deve essere esclusa, comunque sia, la presenza nell’atteggiamento psicologico del C. di quel grado d’intensità, particolarmente qualificato (colpa grave), individuato dall’art. 1, comma 1, della L. 14 gennaio 1994, n. 20, come sostituito dall’art. 3 del D.L. 23 ottobre 1996, n. 543, convertito in L. 20 dicembre 1996, n. 639 – La responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica è personale e limitata ai fatti ed alle omissioni commessi con dolo o colpa grave, [#OMISSIS#] restando l’insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali – ed esattamente definito quale atteggiamento di grave disinteresse nell’espletamento delle proprie funzioni, di negligenza massima, di deviazione dal modello di condotta connesso ai propri compiti, senza il rispetto delle comuni regole di comportamento e senza l’osservanza di un minimo grado di diligenza (Corte dei conti: Sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo, sentenze nn. 48 del 2015, 38 del 2009, 184 del 2007 e 708 del 2006; Sezione giurisdizionale per la Regione Veneto, sentenza n. 71 del 1997).
[#OMISSIS#] di ciò si rinviene nel [#OMISSIS#] di specie.
Peraltro, in base alla espressa limitazione della responsabilità amministrativa ai casi di dolo o colpa grave ovvero all’abbassamento della soglia d’imputabilità (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Toscana, sentenza n. 313 del 1997), la giurisprudenza afferma:
è necessario dimostrare l’esistenza della specifica colpa grave di ciascun convenuto attraverso la rigorosa analisi delle singole condotte contestate (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Campania, sentenza n. 1352 del 2010);
non ogni comportamento censurabile può integrare gli estremi della colpa grave ma soltanto quello contraddistinto da precisi elementi qualificanti in tal senso, elementi che [#OMISSIS#] accertati [#OMISSIS#] per [#OMISSIS#] in relazione alle modalità del fatto ed all’atteggiamento soggettivo dell’autore del danno (Corte dei conti: Sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo, sentenza n. 402 del 2007; Sezione giurisdizionale per la Regione Friuli [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], sentenza n. 12 del 2001);
per l’affermazione della responsabilità occorre una consapevolezza ed una partecipazione volitiva od omissiva al fatto produttivo del danno (Corte dei conti, Sezione II giurisdizionale centrale, sentenza n. 246 del 2000);
l’illecito contabile, come quello civile, è configurato con ricorso ad una clausola generale di responsabilità e, pertanto, la qualificazione della gravità della colpa rinvia ad un giudizio di valore che deve essere compiuto mediante il raffronto tra la condotta esigibile e quella osservata dal soggetto agente (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Toscana, sentenza n. 805 del 1999);
la limitazione delle responsabilità amministrative alle ipotesi di dolo o colpa grave si fonda sulla considerazione che, essendo molto elevato lo sforzo di diligenza richiesto al pubblico dipendente e note le disfunzioni dell’apparato amministrativo, sono addebitabili solo le mancanze più gravi (Corte dei conti, Sezioni riunite, sentenza n. 66 del 1997).
In merito allo stesso profilo, per di più, recente ed autorevole dottrina asserisce che la qualificata colpevolezza nel comportamento amministrativo costituisce limitazione della responsabilità relativamente ad attività sulle quali incidono situazioni di rischio, sovente non percepibili all’atto in cui si assumono le scelte, e che la medesima disposizione tende ad evitare che il timore di commettere errori scoraggi gli amministratori da un sereno e proficuo svolgimento dei loro complessi compiti, i quali, finalizzati all’interesse pubblico, giustificano la conseguenza di far apparire secondario ed accettabile l’inconveniente di lasciare l’ente danneggiato esposto alla negligenza lieve.
In definitiva, attesa la diacronia dei fatti ed esclusa, in particolare, la sussistenza del predetto elemento soggettivo, F.C. deve essere assolto dalla domanda di parte attrice.
[#OMISSIS#] parte dispositiva del presente provvedimento è liquidato l’ammontare degli onorari e diritti spettanti al difensore in [#OMISSIS#] di definitivo proscioglimento nel merito ex articoli 3, comma 2 bis, del D.L. 23 ottobre 1996, n. 543, convertito in L. 20 dicembre 1996, n. 639, e 10 bis, comma 10, del D.L. 30 settembre 2005, n. 203, convertito in L. 2 dicembre 2005, n. 248.
Nec plus ultra.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando, respinta ogni contraria istanza, eccezione o deduzione:
assolve F.C. dai contestati addebiti;
liquida gli onorari e diritti spettanti al difensore del predetto in complessivi ed omnicomprensivi Euro 3.000,00 (tremila/00);
manda alla segreteria per gli adempimenti di rito.
Così deciso in L’Aquila, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di consiglio in data 27 settembre 2016.
Depositata in Cancelleria 14 dicembre 2016.