L’erogazione del trattamento pensionistico non dovuto è perdurata complessivamente per circa quattro anni e non sono stati addotti elementi indicativi di un concorso del pensionato nell’errore dell’amministrazione. È di tutta evidenza, dunque, che la percezione del trattamento per un periodo di tale durata ragionevolmente induce ad uno stato di affidamento sulla effettiva spettanza delle somme e, dunque, sulla definitività dei trattamenti, che diventano quindi irripetibili.
Corte dei conti, sez. III, 19 febbraio 2016, n. 62
Docente universitario – Annullamento decreto concessione trattamento pensionistico
PENSIONI
C. Conti Sez. III App., Sent., 19-02-2016, n. 62
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZ. III GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO
composta dagli ill.mi signori magistrati :
dott. [#OMISSIS#] Rotolo – Presidente
dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] – Consigliere
dott.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] – Consigliere rel.
dott.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] – Consigliere
dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] – Consigliere
ha pronunciato la seguente
Sentenza
nel giudizio d’appello in materia pensionistica – iscritto al n. 44174 del registro di segreteria –
ad istanza
dell’INPS, rappresentato e difeso dall’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e con lei elettivamente domiciliato in Roma, Via [#OMISSIS#] Beccaria, n. 29,
avverso
la sentenza n. 706/2011 del 22.06.2011 pronunciata dalla Sezione giurisdizionale per la Puglia e
nei confronti
di M.G.F., S.A., D.A., nella qualità di moglie e figli ed eredi di V.A., rappresentati e difesi dall’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e elettivamente domiciliati presso il suo studio in Roma, via Ombrone n. 12;
Visti tutti gli altri documenti di causa;
Uditi, alla pubblica udienza del giorno 22 gennaio 2016, il cons. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], nell’interesse dell’appellante, l’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] intervenuto in sostituzione dell’avv. [#OMISSIS#] Marrone per l’I.N.P.S. giusta delega in atti e l’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], in sostituzione dell’avv. [#OMISSIS#];
Ritenuto in
Svolgimento del processo
Con la sentenza impugnata veniva accolto il ricorso proposto da M.G.F., S.A., D.A., nella loro qualità di eredi di V.A. avverso il provvedimento di recupero, emesso nel 1991 con il quale la competente Direzione provinciale del tesoro aveva accertato nei confronti del predetto, un credito erariale di Euro 9.502,19 scaturente dalla revoca effettuata in data 30.09.1991 del trattamento pensionistico corrisposto dal 20.09.1987.
Il primo Giudice, dopo avere richiamato la giurisprudenza di questa Corte in materia, aveva dichiarato irripetibile l’intera somma, osservando essenzialmente che tenuto conto del tempo trascorso, sussisteva una situazione di affidamento incolpevole del pensionato nel ragionevole convincimento di aver diritto a quelle somme.
Disponeva, quindi, la restituzione delle ritenute già effettuate, senza, tuttavia, la corresponsione di rivalutazione monetaria ed interessi legali.
La sentenza veniva impugnata dall’I.N.P.S. con appello depositato il 13.09.2012 previa rituale notifica all’appellato.
L’Istituto previdenziale eccepiva la violazione e falsa applicazione 2033 c.c. e 162 del D.P.R. n. 1092 del 1973.
In particolare deduceva l’Istituto appellante che la possibilità di agire per il recupero di quanto indebitamente corrisposto costituisce espressione di un principio generale, incondizionato, che non può recedere in presenza di altri fattori, siano essi oggettivi o soggettivi, quali il decorso del tempo o la buona fede del percipiente.
Osservava, inoltre, che nel caso di specie, il primo giudice non avrebbe tenuto conto del fatto che il provvedimento di recupero dell’Inpdap scaturiva dall’applicazione di un provvedimento di altra amministrazione sicchè non aveva alcun rilievo la percezione in buona fede delle somme poi risultate indebite.
L’INPS chiedeva, pertanto, la riforma della sentenza, dichiarando, per l’effetto, corretta e dovuta l’azione restitutoria ed il relativo recupero che, nella specie, trova il suo presupposto normativo nell’art. 2033 c.c., con diritto dell’Istituto a ripetere tutte le somme indebitamente percepite dal pensionato.
Gli appellati si costituivano in giudizio con memoria depositata in data 7 novembre 2015 nella quale chiedevano la conferma della sentenza impugnata.
Alla pubblica udienza del 22 gennaio 2016 le parti presenti confermavano le conclusioni in atti.
Considerato in
Motivi della decisione
La vicenda in esame concerne la legittimità o meno del recupero effettuato dall’INPDAP, non conseguente, tuttavia, ad un conguaglio fra trattamento pensionistico provvisorio e definitivo, ma riguardante la fattispecie del tutto peculiare di indebito formatosi a seguito dell’annullamento del decreto con il quale era stato concesso trattamento pensionistico al prof. A., per il periodo svolto in qualità di docente interno presso l’Università di Bari, tanto sulla scorta del rilievo che parte del periodo in cui il professore aveva svolto tale carica era stata già computata nella ricostruzione di carriera funzionale all’attribuzione della qualifica di professore ordinario (memoria difensiva dell’Avvocatura distrettuale dello Stato di Bari – giudizio di primo grado).
Tali essendo i fatti, il Collegio ritiene di dover pienamente condividere le motivazioni del primo giudice in ordine alla illegittimità del recupero dei ratei pensionistici a cura dell’INPS.
Ed invero, l’indebito è sorto, come sostenuto peraltro dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Bari, in forza del provvedimento provvisorio, e per un importo complessivo di Euro 9.502,19.
Come correttamente statuito dal primo giudice: “L’erogazione del trattamento pensionistico non dovuto è perdurata complessivamente per circa quattro anni (20.09.1987 – 31.10.1991) e non sono stati addotti elementi indicativi di un concorso del pensionato nell’errore dell’Amministrazione”.
Ed ancora: “E’ di tutta evidenza, dunque, che la percezione del trattamento per un periodo di tale durata ragionevolmente induce ad uno stato di affidamento sulla effettiva spettanza delle somme e, dunque, sulla definitività dei trattamenti”.
Tutto ciò dimostra l’ingenerarsi del legittimo affidamento dell’appellante in ordine al suo diritto di continuare a percepire il trattamento di quiescenza, trascorso il termine di legge entro il quale deve riconoscersi carattere di provvisorietà ai provvedimenti dell’Amministrazione, secondo i principi dalle Sezioni Riunite di questa Corte dei conti.
Riguardata la particolarissima fattispecie alla luce dei menzionati principi, che questa Sezione non può non condividere, va osservato che il giudice di primo grado (pag. 5 della sentenza) si è già pronunciato sulla sussistenza dell’affidamento incolpevole del pensionato, che non ha in alcun modo contribuito all’insorgenza del credito erariale; tale assunto – che peraltro costituisce questione di fatto, insindacabile in appello ex art. 1, c. 5, L. n. 19 del 1994 – è comunque da condividere, e la motivazione della gravata sentenza appare indenne da vizi motivazionali.
Per le suesposte considerazioni, ed alla luce della riportata giurisprudenza, può tranquillamente essere affermata, nel caso di specie, l’illegittimità dell’azione di recupero esercitata – ferma restando, occorre ribadire, la legittimità e doverosità della revoca del trattamento pensionistico – con conseguente diritto dell’appellante a ritenere la somme pretese indebite corrisposte dall’ente previdenziale.
Non è luogo, infine, a provvedere sulle spese di giudizio, in relazione al principio di gratuità posto, per le cause previdenziali, dall’art. 10 della 10 della L. 11 agosto 1973, n. 533 (v., ex multis, Sezione I app., 18 novembre 2009, n. 642).
Le spese legali, in ragione della soccombenza, vanno poste a carico dell’INPS nella misura equitativamente determinata di Euro 1.000,00 (MILLE/00).
P.Q.M.
disattesa ogni contraria eccezione e deduzione, respinge l’appello in epigrafe, e, per l’effetto conferma la sentenza n. 706/2011 della Sezione giurisdizionale per la Puglia.
Nulla per le spese di giustizia.
Le spese legali, a carico dell’INPS, vengono liquidate nella misura equitativamente determinata di Euro 1.000,00 (mille/00).
Manda alla Segreteria gli adempimenti conseguenti.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del giorno 22 gennaio 2016.
Depositata in Cancelleria 19 febbraio 2016.