[X] La responsabilità civile della pubblica amministrazione si distingue, secondo la disciplina delineata nell’art. 28 Cos., in responsabilità diretta, se è ad essa immediatamente riferibile, o indiretta, se è conseguente ad un comportamento degli amministratori o dei funzionari o dipendenti della pubblica amministrazione, che agiscono in nome e per conto della stessa, di un soggetto cioè distinto dall’ente pubblico, ma ad esso legato da un particolare rapporto che giustifica, sul piano giuridico, l’accollo della responsabilità. In virtù del principio della solidarietà di cui sopra, qualora il danneggiato esperisca l’azione di risarcimento nei confronti delle pubbliche amministrazioni, queste possono a loro volta rivalersi, nei casi possibili, nei confronti dei funzionari o dei dipendenti dell’illecito con un’azione di rivalsa, esperita in sede civile, ovvero attraverso l’azione dei procuratori regionali presso le sezioni giurisdizionali della Corte dei conti.Affinché possa insorgere responsabilità extracontrattuale della p.a. occorre, oltre al danno, l’antigiuridicità del fatto e l’elemento psichico dell’agente, ed anche che il damnun iniura datum sia generato da un fatto dannoso ad essa riferibile, secondo i principi generali sull’imputabilità degli atti alla pubblica amministrazione. La giurisprudenza dominante ammette pertanto la responsabilità della pubblica amministrazione per fatto illecito dei suoi dipendenti e funzionari se e quando il fatto illecito sia stato commesso nell’esercizio delle funzioni demandate al funzionario o al dipendente.Per individuare quando il fatto illecito sia stato commesso nell’esercizio delle attribuzioni dall’ente pubblico demandate al dipendente o al funzionario molte decisioni hanno fatto ricorso alla nozione di occasionalità necessaria, pur escludendo l’applicabilità dell’art. 2049 c.c.. Il nesso di occasionalità necessaria deve esistere tra l’attività del dipendente pubblico, anche dolosa o colposa, e le incombenze affidate dalla pubblica amministrazione a quest’ultimo. In proposito, bisogna far riferimento alla finalità terminale dell’attività, che normalmente si articola in una serie di operazioni isolabili con proprie finalità intermedie, di modo che il nesso di occasionalità non resta interrotto nel caso il dipendente abbia compiuto un abuso di potere nel corso delle attività intermedie, anche se determinato da esigenze egoistiche. Il nesso di occasionalità necessaria, quindi, è escluso solo dal fine strettamente personale ed egoistico che si rilevi assolutamente estraneo all’amministrazione. Affinché possa insorgere responsabilità extracontrattuale della p.a. occorre, oltre al danno, l’antigiuridicità del fatto e l’elemento psichico dell’agente, ed anche che il damnun iniura datum sia generato da un fatto dannoso ad essa riferibile, secondo i principi generali sull’imputabilità degli atti alla pubblica amministrazione. La giurisprudenza dominante ammette pertanto la responsabilità della pubblica amministrazione per fatto illecito dei suoi dipendenti e funzionari se e quando il fatto illecito sia stato commesso nell’esercizio delle funzioni demandate al funzionario o al dipendente.
Corte dei conti reg., Toscana, 23 novembre 2016, n. 345
Accademia navale – Ammanchi di gestione delle risorse finanziarie
GIUDIZIO DI CONTO
C. Conti Toscana Sez. giurisdiz., Sent., 23-11-2016, n. 345
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA TOSCANA
composta dai seguenti magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] – [#OMISSIS#] – relatore
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] – Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] – I Referendario
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 60289/R del registro di Segreteria ad istanza del Procuratore Regionale nei confronti di:
– S.M., non costituito;
– C.D., rappresentato e difeso dall’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in [#OMISSIS#], Via Lamarmora, 45;
– G.R., rappresentato e difeso dall’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, [#OMISSIS#] della [#OMISSIS#], 44;
Visto l’atto di citazione depositato il 18 novembre 2015, ritualmente notificato ai convenuti;
Uditi, [#OMISSIS#] pubblica udienza del 9 novembre 2016, con l’assistenza del segretario [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] il [#OMISSIS#] relatore [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], il rappresentante del Pubblico ministero [#OMISSIS#] persona del v. procuratore generale [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], l’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] per il sig. R.G., l’avv. [#OMISSIS#] De [#OMISSIS#] per delega dell’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] per il sig. D.C., non rappresentato il convenuto S.M..
Esaminati gli atti e i documenti di causa.
Ritenuto in
Svolgimento del processo
Con atto di citazione depositato il 18 novembre 2015 il Procuratore regionale ha citato in giudizio le sottonotate persone
S.M., C.D., G.R.
all’epoca dei fatti dipendenti della M.M., in servizio presso l’Accademia navale di Livorno, rivestenti le rispettive qualifiche di 1 M., tenente di vascello – comandante di classe, allievo ufficiale capo-corso, in quanto ritenuti responsabili di un danno arrecato alla F.A. quantificato in Euro 201.737,52 oltre rivalutazione interessi e spese di giustizia.
La vicenda giudiziaria trae origine dagli ammanchi di gestione delle risorse finanziarie accantonate, con personali versamenti, dagli allievi del corso “[#OMISSIS#]”, nel periodo 2002-2005, destinati sia all’organizzazione della tradizionale festa di fine corso, c.d. MAK-P 100, sia al c.d. “Fondo Borsellino”.
I fondi venivano accantonati attraverso un conto corrente bancario attivato specificamente e gestito dal sottufficiale addetto, [#OMISSIS#] specie il m.llo S., a ciò designato, con la collaborazione dell’Ufficiale capo-classe e dell’allievo capo-corso.
Tali procedure erano previste dal D.P.R. n. 412 del 1953, sotto la cui vigenza erano state emanate le “Disposizioni di massima” dell’Accademia navale ed. 1990, D.P.R. espressamente abrogato dall’art. 30del D.P.R. n. 511 del 1997 (regolamento recante norme di organizzazione dell’Accademia) ma in assenza, all’epoca dei fatti, di aggiornate disposizioni che sostituissero quelle contenute negli artt. 11 e 12 edizione 1990.
Responsabile di tali ammanchi, emersi [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] del 2005, era stato individuato il 1 M.S., deferito al Tribunale M. di La Spezia e condannato, in via definitiva, con sentenza irrevocabile dell’8 marzo 2006, per il reato di malversazione e truffa, alla pena di anni 1 e mesi 8 di reclusione.
Il sottufficiale ammetteva in tale sede le proprie responsabilità, giustificandosi con l’affermazione di essere affetto da “ludopatia”.
In sede disciplinare lo S. aveva subito la perdita del grado e il congedo dalla F.A..
Successivamente, con atto di citazione del marzo 2007 numerosissimi allievi, frequentatori del corso [#OMISSIS#] avevano citato il sig. S. e la stessa M.M., in qualità di responsabili civili in solido, innanzi al Tribunale di [#OMISSIS#], per il risarcimento del danno patito in conseguenza della sottrazione dei fondi del MAK-P 100 e borsellino; con sentenza del 2013 l’adito Tribunale condannava, in solido, i due soggetti convenuti al ristoro del danno patito dagli attori, e cioè l’Amministrazione e lo S..
Avverso tale sentenza nell’aprile 2013 l’avvocatura di Stato proponeva gravame, sostenendo l’estraneità dell’Amministrazione [#OMISSIS#] gestione dei fondi.
Con sentenza del 2014 la Corte d’Appello respingeva il ricorso, confermando l’impugnata sentenza, in particolare affermando come “l’appropriazione del denaro conferito dagli appellati, allievi dell’Accademia, nei fondi borsellino e MAK-P 100, da parte del M.S., deve ritenersi collegata da un nesso di occasionalità necessaria ai compiti affidati al suddetto sottufficiale dall’Amministrazione appellante, che pertanto ne deve rispondere verso i danneggiati, secondo [#OMISSIS#] giurisprudenza”.
Il sottufficiale era stato infatti nominato “borsellino” tramite provvedimenti dell’Amministrazione (comunicazioni del 6 settembre 2003 e 14 luglio 2004).
Tale sentenza è divenuta definitiva, non avendo ritenuto opportuno l’Avvocatura erariale esperire ricorso in Cassazione.
L’Amministrazione ha pertanto onorato il giudicato con pagamenti in favore degli aventi diritto eseguiti nel periodo luglio-novembre 2014.
Il Procuratore regionale ha individuato, quale responsabile del danno, a titolo di comportamento doloso, l’ex M.S., ascrivendo, nell’atto introduttivo, una responsabilità sussidiaria, a titolo di colpa grave, e [#OMISSIS#] misura del 25% cadauno dell’intero, e quindi Euro 50.434,38, senza vincolo di solidarietà, l’ex comandante di classe, attualmente ufficiale in riserva, C.D., e l’ex allievo, attualmente tenente di vascello G.R..
Raggiunto da invito a dedurre, solo il C. ha depositato controdeduzioni nelle quali, dopo aver eccepito la prescrizione quinquennale, ha richiamato una circolare del luglio 2002 dell’Ufficio generale del personale della M. che disponeva la sospensione, “apartire dall’anno accademico 2002-2003, di ogni forma di accantonamento d’autorità degli emolumenti spettanti [#OMISSIS#] allievi”, concludendo pertanto che, trattandosi di fondi privati, la giurisdizione competa al [#OMISSIS#] ordinario.
Con decreto del 18 novembre 2015 il [#OMISSIS#] della Sezione ha fissato, per la discussione del giudizio, l’udienza del 23 marzo 2016.
In uno con l’atto di citazione esso è stato notificato ai tre convenuti.
Il sig. C.D. si è costituito in giudizio, con il patrocinio dell’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con memoria depositata il 2 marzo 2016 con la quale, chiedendo di dichiarare inammissibile o comunque infondata la pretesa erariale formulata dal Procuratore regionale, versava molteplici motivi di censura che di seguito si riassumono:
– difetto di giurisdizione della Corte dei conti in merito alle vicende che hanno interessato i fondi privati MAK-P 100 e “Borsellino”;
– richiesta di sospensione del giudizio ex art. 295 c.p.c. essendo pendente un ricorso, da parte del convenuto, innanzi al TAR Lazio, inerente l’addebito formulato nei suoi confronti dall’amministrazione con decreto del 15.04.2015 a titolo di colpa grave;
– intervenuta prescrizione dell’azione trattandosi di fatti intervenuti ante 2 [#OMISSIS#] 2005;
– nullità dell’atto di citazione per incertezza sull’oggetto della domanda;
– infondatezza, sotto diversi aspetti, circa la sussistenza, all’epoca dei fatti, di dovere di vigilanza sulle modalità di gestione dei fondi MAK-P 100 e Borsellino;
– mancanza, in ogni [#OMISSIS#], di una condotta gravemente colposa da parte del convenuto;
– insussistenza del nesso di causalità tra la condotta del C. e il danno patito dall’Amministrazione [#OMISSIS#] soccombenza del giudizio conclusosi con la sentenza della Corte d’Appello di [#OMISSIS#] n. 67/2014, ritenuta non ricorribile in Cassazione dall’Avvocatura erariale;
– infondatezza sulla quantificazione delle somme addebitabili.
Con memoria depositata il 18 marzo 2016 si costituiva in giudizio, con il patrocinio dell’Avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], il tenente di vascello G.R., chiedendo il rinvio dell’udienza per la discussione del giudizio, atteso che l’atto di citazione gli è stato notificato ex art. 140 c.p.c., il 25 febbraio 2016, con ritiro dell’atto solo l’11 marzo 2016, trovandosi per servizio in territorio [#OMISSIS#].
Non si costituiva l’ex M.S..
Nell’udienza del 23 marzo 2016 veniva accolta la richiesta di rinvio fissando la prosecuzione del giudizio alla data del 9 novembre 2016.
Per il sig. C. interveniva l’avv. [#OMISSIS#] De [#OMISSIS#] per delega dell’avv. [#OMISSIS#], il quale confermava tutte le eccezioni già menzionate [#OMISSIS#] memoria di costituzione, sottolineando, peraltro, come il sottufficiale S. avesse indicato, in sede di processo penale, le modalità ingannevoli messe in atto al fine di evitare la scoperta degli ammanchi, quali l’asportazione di pagine del quaderno riassuntivo dei movimenti ovvero l’uso di trascrivere a matita una serie di operazioni per poi cancellarle.
Per il tenente G. interveniva l’avv. [#OMISSIS#], il quale sosteneva, in difesa del proprio assistito, argomentazioni analoghe a quelle sostenute dall’avv. De [#OMISSIS#].
In precedenza era intervenuto il P.M. che aveva richiamato l’atto introduttivo ulteriormente illustrandolo.
La causa passava quindi in decisione.
Considerato in
Motivi della decisione
Prive di fondamento risultano le proposte eccezioni di difetto di giurisdizione.
La responsabilità civile della Pubblica Amministrazione si distingue, secondo la disciplina delineata nell’art. 28 della Costituzione, in responsabilità diretta, se è ad essa immediatamente riferibile, o indiretta, se è conseguente ad un comportamento degli amministratori o dei funzionari o dipendenti della P.A. che agiscono in nome e per conto della stessa, di un soggetto cioè distinto dall’ente pubblico, ma ad esso legato da un particolare rapporto che giustifica, sul piano giuridico, l’accollo della responsabilità.
In virtù del principio della solidarietà di cui sopra, qualora il danneggiato esperisca l’azione di risarcimento nei confronti delle p.p.a.a., queste possono a loro volta rivalersi, nei casi possibili, nei confronti dei funzionari o dei dipendenti dell’illecito con un’azione di rivalsa, esperita in sede civile, ovvero attraverso l’azione dei Procuratori regionali presso le Sezioni giurisdizionali della Corte dei conti.
Fra la responsabilità civile diretta della P.A. e quella dei propri funzionari e agenti non esiste, tuttavia, un rapporto di sussidarietà e, ancora meno, di cumulabilità, bensì un rapporto di solidarietà, ex art. 1294 c.c., cioè di concorrenza alternativa.
Ciò significa che il danneggiato può rivolgersi alternativamente o congiuntamente, ma non cumulativamente, all’amministrazione o all’agente, sempre che quest'[#OMISSIS#] versi in una condizione di colpa perseguibile.
Sarà poi cura dell’amministrazione, se ne ricorrono le condizioni, promuovere l’azione di rivalsa nei confronti dell’autore dell’illecito, in base ai principi propri dell’obbligazione solidale (ex art. 1310 cc.) e in base alle procedure sopra delineate.
Ma affinché possa insorgere responsabilità extracontrattuale della p.a. occorre, oltre al danno, l’antigiuridicità del fatto e l’elemento psichico dell’agente, ed anche che il damnun iniura datum sia generato da un fatto dannoso ad essa riferibile, secondo i principi generali sull’imputabilità degli atti alla p.a..
La giurisprudenza dominante ammette pertanto la responsabilità della pubblica amministrazione per fatto illecito dei suoi dipendenti e funzionari se e quando il fatto illecito sia stato commesso nell’esercizio delle funzioni demandate al funzionario o al dipendente.
Per individuare quando il fatto illecito sia stato commesso nell’esercizio delle attribuzioni dall’ente pubblico demandate al dipendente o al funzionario molte decisioni hanno fatto ricorso alla nozione di “occasionalità necessaria”, pur escludendo l’applicabilità dell’art. 2049 c.c. (cfr. Cass. 28/06/79, n. 3612; 23/10/79, n. 5544;18/06/83, n. 4185).
Il nesso di “occasionalità necessaria” deve esistere tra l’attività del dipendente pubblico, anche dolosa o colposa, e le incombenze affidate dalla pubblica amministrazione a quest'[#OMISSIS#]. In proposito, bisogna far riferimento alla finalità terminale dell’attività, che normalmente si articola in una serie di operazioni isolabili con proprie finalità intermedie, di modo che il nesso di occasionalità non [#OMISSIS#] interrotto nel [#OMISSIS#] il dipendente abbia compiuto un abuso di potere nel corso delle attività intermedie, anche se determinato da esigenze egoistiche.
La Cassazione (22 settembre 1987, n. 2172) ha infatti affermato “che il rapporto organico, in forza del quale la pubblica amministrazione è obbligata a rispondere dei danni arrecati a terzi da propri dipendenti, può ritenersi interrotto soltanto quando il comportamento dell’agente, non importa se doloso o colposo, non sia diretto al conseguimento dei fini istituzionali propri dell’ufficio o del servizio al quale è addetto, ma sia determinato da motivi strettamente personali ed egoistici, tanto da escludere ogni collegamento di necessaria occasionalità tra le incombenze affidategli e l’attività produttiva del danno; per stabilire la sussistenza del nesso suddetto e la conseguente riferibilità all’amministrazione dell’evento dannoso, deve aversi riguardo allo scopo [#OMISSIS#] che il dipendente deve raggiungere, e per ciò il solo fatto che egli, nel [#OMISSIS#] delle operazioni tendenti a quel fine commetta un abuso di potere, non vale ad escludere il collegamento di necessaria occasionalità con le sue attribuzioni istituzionali, quando l’abuso, da qualsiasi motivo provocato, risulti strumentale rispetto all’attività di ufficio o di servizio”.
Il nesso di occasionalità necessaria, quindi, è escluso solo “dal fine strettamente personale ed egoistico che si rilevi assolutamente estraneo all’amministrazione”.
La dinamica riferita nel [#OMISSIS#] che ci occupa rientra pienamente [#OMISSIS#] fattispecie astratta.
Così come delineata, senza tener conto, peraltro, che essa risulta quasi un esempio didattico ai fini dell’esemplificazione della responsabilità indiretta della P.A., risulta ampiamente e diffusamente trattata in giurisprudenza.
Delineato il carattere generale della responsabilità indiretta della P.A., occorre rilevare come tale schema procedurale sia applicabile proprio allorché l’Amministrazione, in uno con i propri dipendenti, risulta soccombente all’esito di un giudizio instaurato innanzi all’A.G.O., come è avvenuto con la sentenza definitiva resa dalla Corte d’appello di [#OMISSIS#] il 15 gennaio 2014.
Priva di pregio risulta, altresì, l’eccezione di intervenuta prescrizione, atteso che il danno si è verificato con il pagamento effettuato dall’Amministrazione nei confronti degli ex allievi che avevano attivato il giudizio di ristoro solo all’esito della sentenza della Corte d’appello del 2014, già ricordata, con l’esordio, quindi, del [#OMISSIS#] prescrizionale da tale momento.
Né può essere accolta la richiesta di sospensione del giudizio ex art. 295 c.p.c. avanzata dal C., stante l’assoluta indipendenza del giudizio contabile rispetto a quello amministrativo (giurisprudenza univoca).
Non accoglibile, altresì, l’eccezione di nullità, per incertezza sull’oggetto della domanda, della citazione.
Essa appare, in realtà, proposta quasi come se fosse indispensabile contestare, “a prescindere”, l’atto avverso del Procuratore regionale, considerato come l’atto introduttivo presenti, in maniera lineare, tutti i requisiti richiesti per la sua validità.
Passando al merito non può non rilevarsi, come anche richiamato dall’avv. De [#OMISSIS#] nel corso del suo intervento, le modalità ingannevoli messe in atto dallo S. al fine di occultare, o comunque ritardare il più possibile, gli illeciti prelevamenti dal fondo di accantonamento costituito dagli allievi; con la conseguenza che, se pur risulti attribuibile un comportamento negligente ai convenuti C. e G., esso non attinge il grado di gravità necessario per affermare la loro responsabilità in concorso con l’autore dell’ammanco, che ebbe, invece, ad operare con dolo, e quindi con piena consapevolezza.
P.Q.M.
La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Toscana, respinta ogni contraria istanza od eccezione, definitivamente pronunciando:
– assolve i convenuti C.D. e G.R. dalla domanda attorea per insussistenza dell’elemento soggettivo;
– condanna, per comportamento doloso, il convenuto S.M. a risarcire l’Amministrazione danneggiata – Accademia Navale di Livorno, con pagamento dell’importo di Euro 201.737,52, oltre interessi dal deposito al soddisfo;
– in favore dei convenuti C. e G. sono liquidate spese di difesa per Euro 800,00 cadauno oltre [#OMISSIS#] e C.P.A..
Le spese di giustizia seguono la soccombenza e vengono liquidate per Euro 272,91.(Euro duecentosettantadue/91.)
Così deciso in [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di Consiglio del 9 novembre 2016.
Depositata in Cancelleria 23 novembre 2016.