Nell’ambito delle procedure volte alla copertura di posti da professore universitario, le incompatibilità previste dall’ art. 18, c 1, letto b, della Legge 240/2010 sono voltead evitare che il parente o l’affine quale “professore appartenente al dipartimento o alla struttura che effettua la chiamata” possa esercitare un ruolo decisorio nelle diverse fasi della procedura. Nel caso di specie assume rilievo dirimente il dato, incontestato, che il ricorrente e l’affine siano già dipendenti dello stesso Ateneo, entrambi quali Professori di II Fascia, attinti alla medesima struttura e/o dipartimento universitario a seguito dell’accorpamento di precedenti corsi di laurea già distinti su differenti facoltà.
Entrambi, quindi, ancorché legati da un rapporto di affinità entro il previsto 4^ grado, nella procedura in parola rivestono posizioni antagoniste e concorrenti, con evidente insussistenza di quei fenomeni che la previsione normativa mira a scongiurare, già individuati nelle notorie ipotesi di nepotismo che condizionino l’accesso alla carriera universitaria. Corollario della disposizione normativa è, infatti, quello di evitare che il parente o l’affine quale “professore appartenente al dipartimento o alla struttura che effettua la chiamata” possa esercitare un ruolo decisorio nelle diverse fasi della procedura, condizionando l’imparzialità degli organi preposti alle diverse fasi” della procedura (cfr. T.A.R: Lombardia, Milano, Sez. III, 23 febbraio 2017, n. 701): ipotesi non riscontrabile nel caso in esame in cui entrambi gli interessati concorrono in competizione tra loro, senza poter far parte in alcun modo della Commissione di valutazione o altro organo preposto all’istruttoria, per l’attribuzione di un posto di Professore di I^ fascia.
TAR Sicilia, Palermo, Sez. I, 26 settembre 2018, n. 2003
Procedura concorsuale posto Professore I fascia - incompatibilità (parente o affine entro il IV grado)
N. 02003/2018 REG.PROV.COLL.
N. 01137/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1137 del 2017, proposto da
Giovanni [#OMISSIS#] Tuzzolino, rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] Rubino, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso lo studio [#OMISSIS#] Rubino in Palermo, via G. Oberdan, 5;
contro
Universita’ degli Studi Palermo, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale, domiciliataria ex lege con uffici siti in Palermo, via [#OMISSIS#] De Gasperi. 81;
per l’annullamento
– Del Decreto del Rettore dell’Università degli Studi di Palermo n. 1257/2017 prot. n. 28342 del 12.04.2017 con il quale “il Prof. Giovanni [#OMISSIS#] Tuzzolino, nato a San Giovanni Gemini (AG) il 15.10.1965, è escluso dalla procedura selettiva, bandita con il D.R. n. 4691 del 22.12.2016 e relativa alla copertura di n. l posto di Professore universitario di prima fascia – Concorso n. 1 – Priorità I – S.C. 08/D1 – S.S.D. ICAR/14 in quanto, in base all’art 2 del citato bando, esistono le incompatibilità previste dall’ art. 18, c 1, letto b, della Legge 240/2010 e dall’art. 7, c. 1, del Codice Etico dell’Università degli Studi di Palermo”;
– Dell’art. 2 del procedure di selezione – indetta con D.R. n. 4691 del 22.12.2016 – relativa alla copertura di n. l posto di Professore universitario di prima fascia – Concorso n. 1 – Priorità I – S.C. 08/D1 – S.S.D. ICAR/14 ove inteso nel senso che verrà appresso meglio specificato;
– Dell’art. 7, comma 1, del Codice Etico dell’Università degli Studi di Palermo ove inteso nel senso che verrà appresso meglio specificato;
– Per quanto possa occorrere del parere prot. n. 23404 del 23.03.2017, “trasmesso dall’ Area Affari Generali e Legali a seguito richiesta prot. n. 13646 del 17.02.2017, e relativo all’ammissibilità del Prof. Giovanni [#OMISSIS#] Tuzzolino alla procedura, con il quale si fa presente che ” … il regime di incompatibilità si riferisce a chi abbia un grado di parentela o di affinità, fino al quarto grado compreso, con un Professore appartenente al Dipartimento o alla struttura che effettua la chiamata ….”;
– Di ogni altro atto preordinato, connesso e consequenziale se ed in quanto possa occorrere;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Avvocatura distrettuale dello Stato per l’Universita’ degli Studi Palermo;
Vista l’ordinanza n. 840/2017 di accoglimento della domanda cautelare;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 luglio 2018 il dott. [#OMISSIS#] Valenti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il Prof Tuzzolino, associato di II fascia già in servizio presso l’Università degli Studi di Palermo, ha partecipato alla selezione indetta dall’Ateneo palermitano per il conferimento di un posto di professore associato di I^ fascia. Il bando prevedeva l’impossibilità di partecipazione in caso di incompatibilità per la presenza, nel dipartimento e/o altra struttura che effettua la chiamata, di parente o affine al candidato.
Il ricorrente, nel presentare la propria candidatura, ha dichiarato la presenza di un affine di secondo grado nella medesima qualità di Professore di II fascia: nella stessa domanda, l’interessato tuttavia evidenziava all’Amministrazione che detto rapporto non era da ricomprendere tra quelli presi in considerazione dal bando ai fini della citata incompatibilità.
Con il provvedimento impugnato in epigrafe indicato, l’Amministrazione, previa comunicazione endoprocedimentale, ha escluso il ricorrente dalla procedura, considerato quanto previsto dal bando sulla incompatibilità per parentela ed affinità fino al 4^ Grado.
Con il ricorso in esame parte ricorrente insorge avverso i provvedimenti in epigrafe indicati, chiedendone l’annullamento previa sospensione degli effetti.
Il ricorso è affidato ad un unico articolato motivo di censura con cui si contesta la violazione dell’art. 18 co.1 lett. b) della L. 241072010, la violazione dell’art. 2 del bando nonché la violazione dell’art. 7 del codice etico ateneo, la violazione degli artt. 3 e 97 Cost. e l’eccesso di potere.
Resiste l’Avvocatura distrettuale dello Stato per l’Amministrazione intimata.
Con ordinanza n. 840/2017 la domanda cautelare è stata accolta.
Con memoria del 07/06/2018, depositata in prossimità della pubblica udienza di trattazione, parte ricorrente espone di essere stato ammesso alla selezione, di cui alla procedura concorsuale per cui è controversia, a seguito della concessa misura cautelare: procedura che tuttavia ha visto premiare altro candidato, Prof. [#OMISSIS#] Palazzotto quale “candidato più qualificato a ricoprire il ruolo”, giusto Decreto n. 3085/2017 del Rettore dell’Università degli Studi di Palermo; provvedimento ex alios gravato in sede giurisdizionale con ricorso incardinato presso questo T.A.R. con num. R.G. 93/2018, allo stato pendente. In ragione della pendenza sub iudice dell’esito della procedura, ancorché da altri azionata, parte ricorrente adduce che non è venuto meno l’interesse alla coltivazione del presente giudizio.
Con memoria dell’08 giugno 2018, l’Avvocatura distrettuale dello Stato ha chiesto il rigetto del ricorso.
Parte ricorrente ha replicato con memoria dell’11 giugno 2018.
Alla pubblica udienza del 10 luglio 2018 la causa è stata trattenuta in decisione.
Preliminarmente, ritiene il Collegio che sul ricorso in esame non sia venuto meno l’interesse alla decisione, quantunque l’esito della procedura di che trattasi non abbia sortito l’esito sperato dal ricorrente. Ed invero la pendenza di un ricorso proposto da altri candidati contro l’esito della selezione mantiene inalterato l’interesse di parte ricorrente a non essere escluso, per le causali sopra indicate, dalla procedura concorsuale.
Ciò posto, il ricorso è fondato e va accolto per le considerazioni che seguono.
In relazione alla questione qui dedotta, viene infatti in rilievo, come contestato con la censura articolata nel ricorso, una sostanziale applicazione “formalistica” dei divieti ed incompatibilità previsti dalla normativa di settore (come recepita sia dal Codice Etico di Ateneo che dallo stesso bando pubblico).
Il Collegio, invero, ritiene di dover confermare anche in questa sede di merito le ampie motivazioni già esposte nella fase cautelare.
Ebbene, prendendo le mosse dal quadro normativo, viene in primo luogo in rilievo l’art. 18, comma 1 lett. b) della Legge n. 241/2010. Secondo il dato normativo, le Università, con proprio regolamento, nel rispetto del codice etico disciplinano la chiamata dei professori di prima e di seconda fascia nel rispetto, tra gli altri, del criterio previsto dalla lett b), il cui ultimo periodo prevede che “In ogni caso, ai procedimenti per la chiamata, di cui al presente articolo, non possono partecipare coloro che abbiano un grado di parentela o di affinità, fino al quarto grado compreso, con un professore appartenente al dipartimento o alla struttura che effettua la chiamata ovvero con il rettore, il direttore generale o un componente del consiglio di amministrazione dell’ateneo”.
Alle predette previsioni si è adeguato il Codice Etico di Ateneo (art. 7) adottato con D.R. n. 2741 del 18.07.2014.
A tali disposizioni, a sua volta, rinvia il Bando della selezione per cui è controversia.
Così delineato il quadro normativo e regolamentare di riferimento, occorre interrogarsi sulla effettiva ratio delle disposizioni sopra riportate.
La stessa Avvocatura distrettuale dello Stato ritiene che la previsione normativa sia stata adottate in primo luogo “allo scopo di contrastare il diffuso fenomeno, comunemente denominato parentopoli, di concentrazione, nell’Ateneo, di numerose unità di personale legate a soggetti ritenuti in grado di condizionare lo svolgimento delle procedure dei candidati, siccome comprovato dalla circostanza che sono stati compresi nella previsione normativa soggetti (come il Rettore, il Direttore Generale e i componenti di Amministrazione), che non sono investiti di funzioni di docenza, ma, ciononostante, sono ritenuti in grado di influenzare significativamente le determinazioni dell’Università”.
Per quanto condivisibile, l’assunto dell’Avvocatura erariale non può condurre ad una applicazione meramente meccanicistica e formale del dato normativo se è vero che, ad avviso della giurisprudenza amministrativa (già) condivisa (in sede cautelare) la “ratio” degli impedimenti/preclusioni di cui all’art. 18 della L. 30 dicembre 2010, n. 240, è quella di evitare l’ingresso nelle strutture universitarie, al cui governo concorrono sia i professori che i ricercatori, di soggetti legati da vincoli parentali così stretti con coloro che già vi appartengono da far presumere che la loro “cooptazione” (chiamata/contratto) sia stata influenzata in maniera determinante dalle relazioni che legano il “parente” con gli altri componenti della struttura di appartenenza. La norma, infatti, ha “rafforzato” in termini formali assoluti e preclusivi il sospetto di non imparzialità della decisione, a dissipare il quale era valso, sino all’introduzione della norma medesima, il mero dovere del “parente” di “astenersi” dalla decisione in questione (cfr. Cons. Giust. Amm., 21-11-2016, n. 417).
Nel caso in esame, assume rilievo dirimente per il Collegio il dato, incontestato, che il ricorrente e l’affine (prof. Dr. [#OMISSIS#] Margagliotta) siano già dipendenti dello stesso Ateneo, entrambi quali Professori di II Fascia, attinti alla medesima struttura e/o dipartimento universitario a seguito dell’accorpamento di precedenti corsi di laurea già distinti su differenti facoltà.
Entrambi, quindi, ancorché legati da un rapporto di affinità entro il previsto 4^ grado, nella procedura in parola rivestono posizioni antagoniste e concorrenti, con evidente insussistenza di quei fenomeni che la previsione normativa mira a scongiurare, già individuati nelle notorie ipotesi di nepotismo che condizionino l’accesso alla carriera universitaria. Corollario della disposizione normativa è, infatti, quello di evitare che il parente o l’affine quale “professore appartenente al dipartimento o alla struttura che effettua la chiamata” possa esercitare un ruolo decisorio nelle diverse fasi della procedura, condizionando l’imparzialità degli organi preposti alle diverse fasi” della procedura (cfr. T.A.R: Lombardia, Milano, Sez. III, 23 febbraio 2017, n. 701): ipotesi, come già evidenziato in sede cautelare, non riscontrabile nel caso in esame in cui entrambi gli interessati concorrono in competizione tra loro, senza poter far parte in alcun modo della Commissione di valutazione o altro organo preposto all’istruttoria, per l’attribuzione di un posto di Professore di I^ fascia.
In conclusione, e fatto salvo l’esito del ricorso R.G. 93/2018 di cui in narrativa, il ricorso è fondato e va accolto con conseguente annullamento del provvedimento di esclusione impugnato.
Le spese di lite possono essere eccezionalmente compensate tra le parti avendo riguardo alla peculiarità delle questioni dedotte.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento di esclusione impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 10 luglio 2018 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente
Aurora Lento, Consigliere
[#OMISSIS#] Valenti, Consigliere, Estensore
Pubblicato il 26/09/2018