TAR Lazio, Roma, Sez. III, 12 dicembre 2018, n. 12092 [Duplicato]

Accesso a numero programmato corsi a numero chiuso-Stranieri

Data Documento: 2018-12-12
Area: Giurisprudenza
Massima

Dalla giurisprudenza nazionale e comunitaria emerge con chiarezza come il cosiddetto numero chiuso sia reso indispensabile dall’esigenza di assicurare, per la formazione di professionalità adeguate, che l’accesso alle Facoltà di Medicina sia subordinato alla congruità del rapporto fra numero di studenti e idoneità delle strutture, sotto il profilo non solo della didattica, ma anche della disponibilità di laboratori e della possibilità di avviare adeguate esperienze cliniche, nonché di accedere alle specializzazioni.
 

Contenuto sentenza

N. 12092/2018 REG.PROV.COLL.
N. 01658/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1658 del 2018, proposto da 
[#OMISSIS#] Bifaro, rappresentata e difesa dagli avvocati [#OMISSIS#] Leone, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e Chiara Campanelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, Lungotevere [#OMISSIS#], 3; 
contro
Università degli Studi Roma “Sapienza”, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, e presso la medesima domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
per l’annullamento
– del provvedimento prot. n. 97031 datato 11 dicembre 2017, notificato in pari data, con il quale l’Università Sapienza – Area Servizi agli Studenti ha rigettato la richiesta di iscrizione ad anno successivo al primo del corso di laurea magistrale in medicina e chirurgia per l’anno accademico 2017/2018, formulata dalla ricorrente iscritta al II anno del corso di laurea in Biotecnologie per la salute, presso l’Università degli Studi di Napoli – [#OMISSIS#] II, senza previa valutazione del suo curriculum universitario e degli esami sostenuti;
– dei Regolamenti Didattici dei Consigli di Corsi di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia (Azienda ospedaliera Sant'[#OMISSIS#] e Azienda Policlinico Umberto Primo e Polo Pontino A – B – C – D – E) dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”;
– del bando di cui al D.R. 1629 del 3 luglio 2017;
– della graduatoria unica nazionale del concorso per l’ammissione al Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia e Odontoiatria e Protesi Dentaria per l’anno accademico 2017/2018, pubblicata sul sito www.accessoprogrammato.miur.it il 3 ottobre 2017, nella quale parte ricorrente risulta collocata oltre l’ultimo posto utile e, quindi, non ammessa al corso, nonché dei successivi scorrimenti di graduatoria, pubblicati sul medesimo portale;
– del Decreto Ministeriale 28 giugno 2017, n. 477 con i relativi allegati, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 191 del 17 agosto 2017, dettante “Modalità e contenuti delle prove di ammissione ai corsi di laurea e di laurea magistrale a ciclo unico ad accesso programmato nazionale a.a. 2017/2018”;
– dei bandi di concorso per l’accesso ai corsi di laurea a numero programmato della facoltà di medicina e chirurgia per l’anno 2017/2018 dell’Università in epigrafe;
– di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali.
nonché per la condanna ex art. 30 c.p.a.
dell’amministrazione intimata
al risarcimento in forma specifica del danno subito dal ricorrente, ordinando – previa valutazione del crediti formativi già acquisiti, degli esami sostenuti e della relativa votazione ottenuta – l’immatricolazione ad anno successivo al primo al corso di laurea magistrale a ciclo unico in medicina e chirurgia a.a. 2017/2018.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi Roma La Sapienza;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 novembre 2018 il dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per la parte ricorrente l’Avv. C. Campanelli e per l’Amministrazione resistente l’Avvocato dello Stato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#].
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso n. 1658/18 è stata impugnata con i relativi atti presupposti (bando di concorso di cui al D.R. 1629 del 3 luglio 2017) il provvedimento prot. n. 97031 datato 11 dicembre 2017, notificato in pari data, con il quale l’Università Sapienza ha respinto l’istanza di immatricolazione alla facoltà di Medicina e Chirurgia, in anno successivo al primo, di una studentessa, già iscritta al II anno del corso di laurea in Biotecnologie per la salute, presso l’Università degli Studi di Napoli “[#OMISSIS#] II”.
Quanto sopra nonostante il conseguimento presso quest’ultima facoltà, da parte dell’interessata, di un numero di crediti formativi, che la stessa ritiene convalidabili anche presso la facoltà di Medicina e Chirurgia; nonché in presenza di posti disponibili, presso l’Ateneo sopra citato, per l’immatricolazione richiesta.
Nell’impugnativa vengono prospettati i seguenti motivi:
1) violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 4 della legge n. 264/1999; violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990 s.m.i.-; Violazione e/o falsa applicazione dell’allegato 2 al d.m. n. 477/2017; eccesso di potere sotto il profilo del travisamento dei fatti – eccesso di potere per erroneità dei presupposti; difetto di istruttoria; disparità di trattamento; eccesso di potere per arbitrarietà ed irrazionalità dell’azione amministrativa; violazione degli artt. 3, 33, 34, 36 e 97 della Costituzione;
2) sussistenza di posti disponibili; omessa istruttoria; eccesso di potere per travisamento dei fatti; eccesso di potere per violazione e/o falsa applicazione dei principi di trasparenza ed imparzialità dell’azione amministrativa ex art. 97 Cost.-;
3) violazione e falsa applicazione del regolamento didattico dell’università degli studi di Roma “la sapienza”; incompetenza assoluta del direttore generale ad adottare l’impugnato provvedimento di rigetto;
4) violazione e falsa applicazione dell’art. 10 bis della l. n. 241/1990 s.m.i.-; difetto di istruttoria – eccesso di potere sotto il profilo della violazione dei principi di proporzionalità, ragionevolezza e illogicità; violazione dell’art. 97 Cost.-.
L’Università degli Studi Roma “La Sapienza” si è costituita in giudizio con memoria di stile.
Premesso quanto sopra si ritiene fondato ed assorbente il primo ordine di censure, nella parte in cui si rappresenta l’astratta possibilità di riconoscimento degli esami sostenuti presso altra facoltà, ove l’Amministrazione universitaria riconoscesse l’equipollenza di tali esami con quelli previsti nella facoltà di Medicina e Chirurgia – con maturazione di un numero di crediti formativi sufficienti, per l’immatricolazione in anno successivo al primo – sempre che per tale anno, a seguito di trasferimenti o rinunce, si sia verificata una scopertura dei posti disponibili e senza che, in tale situazione, sia necessario affrontare il test, previsto in via esclusiva per il primo accesso agli studi universitari nel settore in questione.
Sotto tale profilo, già con ordinanza cautelare n. 1670 in data 21.3.2018 le ragioni difensive della ricorrente sono state accolte, con prioritario riferimento ai principi interpretativi, desumibili dalla nota sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 1 del 28 gennaio 2015.
Il percorso argomentativo di tale sentenza può essere sintetizzato, per quanto qui interessa, nei seguenti termini:
– il superamento del test, di cui all’art. 1, commi 1 e 4, della legge 2 agosto 1999, n. 264 (Norme in materia di accesso ai corsi universitari) costituisce requisito di ammissione, ma non anche abilitazione o titolo ulteriore, indefettibilmente richiesto per accedere alla facoltà di Medicina e Chirurgia, in aggiunta al diploma di scuola secondaria superiore;
– coerentemente, pertanto, la citata normativa richiede che le prove di cui trattasi siano riferite al livello formativo assicurato, appunto, dagli studi liceali, in un logico “continuum temporale” fra detti studi e la prima ammissione al corso di laurea di cui trattasi;
– nessuno specifico requisito di ammissione, invece, è formalmente richiesto per i trasferimenti, disciplinati dall’art. 3, commi 8 e 9 del D.M. del 16 marzo 2007 (Determinazione delle classi di laurea magistrale): le citate norme si limitano infatti a disporre il riconoscimento dei crediti già maturati dagli studenti, in caso di passaggio non solo ad una diversa Università, ma anche ad un diverso corso di laurea; la determinazione di criteri e modalità per effettuare tale riconoscimento è rimessa ai regolamenti didattici, senza esclusione di eventuali colloqui, per la verifica delle conoscenze possedute dallo studente;
– solo per il primo accesso alla Facoltà, pertanto, appare ragionevole un accertamento della predisposizione agli studi da intraprendere, mentre per gli studenti già inseriti nel sistema (ovvero, già iscritti in Università italiane o straniere) può richiedersi soltanto una valutazione dell’impegno complessivo di apprendimento: impegno, dimostrato con l’acquisizione dei crediti, corrispondenti alle attività formative compiute;
– per il trasferimento, sia in ambito nazionale che con provenienza da Università straniere, l’ammissione agli studi universitari si pone come requisito pregresso, divenuto irrilevante poiché superato dal percorso formativo-didattico, già seguito in ambito universitario (purchè detto percorso sia reso oggetto di rigorosa valutazione);
– non si pone, conclusivamente, alcun problema di “elusione” del percorso prescritto dalla legge, se gli obiettivi perseguiti vengono pienamente raggiunti per vie diverse, rispettose delle capacità formative delle Università e delle regole dalle medesime dettate per assicurare la più ampia possibile attuazione del diritto allo studio, costituzionalmente garantito, non senza un rigido e serio controllo del percorso formativo dello studente, che chieda il trasferimento provenendo da altro Ateneo.
I principi basilari sopra sintetizzati, in conformità alla linea interpretativa tracciata dall’Adunanza Plenaria, si adattano al caso in esame, ovvero alla situazione di chi abbia maturato in facoltà italiane, diverse da Medicina e Chirurgia, crediti formativi “spendibili” anche in quest’ultima facoltà, secondo i regolamenti didattici dell’Ateneo.
Ove tali crediti sussistano – e siano sufficienti per l’immatricolazione in anni successivi al primo – non c’è ragione per non ritenere doverosa detta immatricolazione (come già previsto per chi abbia iniziato gli studi di Medicina in una Università straniera), senza reiterazione del test di primo accesso, all’unica ulteriore condizione della presenza di posti disponibili, presso l’Ateneo a cui venga presentata la domanda (per mancata iscrizione degli idonei selezionati negli anni antecedenti, ovvero per trasferimenti in uscita o rinunce agli studi).
Le conclusioni sopra esposte appaiono conformi alla ratio, che giustifica sul piano costituzionale e comunitario la stessa previsione del cosiddetto “numero chiuso”, ovvero dell’accesso programmato a Facoltà, in cui il numero degli iniziali aspiranti superi di gran lunga le capacità formative degli Atenei, nonché – per quanto noto in sede di programmazione – le esigenze del sistema sociale e produttivo, in cui dovranno immettersi i nuovi professionisti (cfr., per il principio, Corte Cost., 11 dicembre 2013, n. 302 in tema di graduatoria unica nazionale, ormai sussistente; ordinanza 20 luglio 2007, n. 307, nonché sentenze 27 novembre 1998, n. 383 sulla previgente legge n. 341 del 1990, come modificata con legge n. 127 del 1997, ma sulla base di principi speculari a quelli, deducibili in rapporto alla legge n. 264 del 1999; Corte di Giustizia, III sezione, 12 giugno 1986 – [#OMISSIS#] c. Regione Lazio, ricorsi nn. 98, 162 e 258/85 e 13 aprile 2010, causa C – 73/08; CEDU, 2 aprile 2013 – ricorsi 25851/09, 29284/09, 64090/09 – Tarantino e altri c. Italia).
Dalla giurisprudenza nazionale comunitaria sopra richiamata emerge, infatti, con chiarezza come il cosiddetto numero chiuso sia reso indispensabile dall’esigenza di assicurare, per la formazione di professionalità adeguate, che l’accesso alle Facoltà di Medicina sia subordinato alla congruità del rapporto fra numero di studenti e idoneità delle strutture, sotto il profilo non solo della didattica, ma anche della disponibilità di laboratori e della possibilità di avviare adeguate esperienze cliniche, nonché di accedere alle specializzazioni.
Non ultima infine (ferma restando la priorità delle esigenze sopra indicate) è la finalità di assicurare – anche in considerazione della libera circolazione di professionisti in ambito U.E. – la possibilità di adeguati sbocchi lavorativi, da commisurare al fabbisogno nazionale, sul presupposto che vi sia un potenziale bilanciamento fra medici formati in altri Paesi dell’Unione, operanti in Italia e medici italiani trasferiti in ambito comunitario. Anche la Corte di Giustizia – pur escludendo la sussistenza di un obbligo, a livello comunitario, di limitare il numero di studenti ammessi alle facoltà di Medicina – ha riconosciuto la facoltà dei singoli Stati di adottare le misure più opportune, per garantire i predetti, ottimali livelli di formazione, al fine di tutelare lo standard qualitativo della sanità pubblica. Parimenti, la CEDU ha affermato che “in linea di principio, la limitazione dell’accesso agli studi universitari non è incompatibile con l’art. 2 del Protocollo n. 1, tenendo presenti le risorse disponibili e il fine di ottenere alti livelli di professionalità…
Pertanto, l’applicazione del numero chiuso non può violare la citata norma se è ragionevole e nell’interesse generale della società. La materia ricade nell’ampio margine di apprezzamento dello Stato” (cfr. sentenze sopra citate, nonché TAR Lazio, Roma, sez. III, 21 ottobre 2005, n. 9269 e 9 ottobre 2017, n. 10129).
Per tutte le ragioni esposte, in conclusione, il primo ordine di censure, prospettato nell’impugnativa, è meritevole di accoglimento, sotto gli assorbenti profili della violazione o falsa applicazione della legge n. 264 del 1999 (a seguito di interpretazione costituzionalmente orientata della stessa) e dell’eccesso di potere per disparità di trattamento, con conseguente annullamento della disposizione – contenuta nell’allegato 2, punto 12, al D.M. n. 477 del 2017 – nella parte in cui consente l’iscrizione ad anni successivi al primo, senza previo superamento della prova di ammissione, “esclusivamente” a chi provenga dai medesimi corsi di laurea magistrale, per trasferimento da “altra sede universitaria italiana, comunitaria o extracomunitaria”, senza considerare che a non diversa valutazione di equipollenza degli esami sostenuti – rispetto a quelli previsti nel piano di studio di Medicina e Chirurgia – si può pervenire, anche ove detti esami siano stati sostenuti in Facoltà diverse.
Gli effetti conformativi della presente pronuncia non implicano, in ogni caso, il richiesto accertamento di un diritto della ricorrente all’immatricolazione richiesta, essendo rimessa al discrezionale apprezzamento dell’Ateneo – in base ai parametri vigenti – la valutazione sia di equipollenza che di sufficienza, o meno, dei crediti formativi in possesso della ricorrente, per la relativa immatricolazione al secondo anno della facoltà di Medicina e Chirurgia (sempre che, si ripete, sussistano per tale anno posti disponibili, in corrispondenza delle circostanze in precedenza indicate).
Non può, quindi, trovare accoglimento, allo stato degli atti (ovvero, in attesa delle determinazioni conclusive dell’Ateneo), la domanda di accertamento.
Solo nei limiti e con gli effetti sopra illustrati il ricorso può dunque essere accolto, mentre la novità della questione trattata rende equa la compensazione delle spese giudiziali.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza), definitivamente pronunciando, accoglie nei limiti precisati in motivazione il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla il provvedimento prot. n. 93381 del 27 novembre 2017 dell’Università degli Studi di Roma “Sapienza”, e in parte qua il punto 12 dell’allegato 2 al D.M. 28 giugno 2017, n. 477, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.
Compensa le spese giudiziali.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 novembre 2018 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] De [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
 Pubblicato il 12/12/2018