In tema di graduatoria unica nazionale, preme osservare che il diritto allo studio, alla formazione culturale e alla libertà delle scelte professionali, tutelati dagli articoli 2, 4, 33 e 34 della Costituzione, non escludono limiti – necessariamente di rango legislativo – all’autonomia universitaria, in funzione dell’esigenza, riconosciuta anche in ambito comunitario, di standard di formazione minimi, a garanzia del possesso effettivo delle conoscenze necessarie per l’esercizio di determinate attività professionali, come quelle in ambito sanitario di cui si discute. Non può, dunque, non riconoscersi la necessità di conformare l’accesso alle Facoltà di Medicina alla congruità del rapporto fra numero di studenti e idoneità delle strutture, sotto il profilo non solo della didattica, ma anche della disponibilità di laboratori e della possibilità di avviare adeguate esperienze cliniche, nonché di accedere alle specializzazioni. Non ultima infine (ferma restando la priorità delle esigenze sopra indicate) è la finalità di assicurare – anche in considerazione della libera circolazione di professionisti in ambito U.E. – la possibilità di adeguati sbocchi lavorativi, da commisurare al fabbisogno nazionale, sul presupposto che vi sia un potenziale bilanciamento fra medici formati in altri Paesi dell’Unione, operanti in Italia e medici italiani trasferiti in ambito comunitario.
Anche la Corte di Giustizia – pur escludendo la sussistenza di un obbligo, a livello comunitario, di limitare il numero di studenti ammessi alle facoltà di Medicina – ha riconosciuto la facoltà dei singoli Stati di adottare le misure più opportune, per garantire i predetti, adeguati livelli di formazione, al fine di tutelare lo standard qualitativo della sanità pubblica. Parimenti, la CEDU ha affermato che “in linea di principio, la limitazione dell’accesso agli studi universitari non è incompatibile con l’art. 2 del Protocollo n. 1, tenendo presenti le risorse disponibili e il fine di ottenere alti livelli di professionalità… Pertanto, l’applicazione del numero chiuso non può violare la citata norma se è ragionevole e nell’interesse generale della società. La materia ricade nell’ampio margine di apprezzamento dello Stato” (cfr. TAR Lazio, Roma, Sez. III, 21 ottobre 2005, n. 9269).
TAR Lazio, Roma, Sez. III, 14 gennaio 2019, n. 392
Accesso a numero programmato corsi a numero chiuso-Graduatoria unica nazionale
N. 00392/2019 REG.PROV.COLL.
N. 14314/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 14314 del 2016, proposto da
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso lo studio legale [#OMISSIS#]&[#OMISSIS#] in Roma, via S. [#OMISSIS#] D’Aquino, 47;
contro
Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, Università degli Studi di Catania, Università degli Studi di Catanzaro Magna Graecia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato e presso la medesima domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Cineca non costituito in giudizio;
nei confronti
Chiara Monaca, Gemma [#OMISSIS#] non costituiti in giudizio;
per l’annullamento
– del D.M. del 30 giugno 2016, n. 546 concernente modalità di svolgimento dei test peri corsi di laurea a ciclo unico ad accesso programmato a.a. 16/17 e dei relativi allegati;
– del medesimo D.M. n. 546/16 nella parte in cui dispone che “la prova di ammissione (..) è predisposta dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) avvalendosi di soggetti con comprovata competenza in materia, individuati nel rispetto dei principi di imparzialità, trasparenza e riservatezza, tenuti al più rigoroso rispetto del segreto professionale”;
– del medesimo D.M. n. 546/16 nella parte in cui dispone che “la prova di ammissione consiste nella soluzione di sessanta quesiti” così distinti “due a, quesiti di cultura generale; venti (20) di ragionamento logico; diciotto (18) di biologia; dodici (12) di chimica; otto (8) di fisica e matematica”;
quater) dell’allegato I al medesimo D.M. n. 546/16 nella parte in cui dispone che “a Presidente di commissione redige altresì il verbale d’aula, predisposto secondo il formai messo a disposizione dal MIUR;
– di tutti gli allegati, ancorché non conosciuti, relativi ai programmi sui quesiti delle prove di ammissione anzidette, fra cui in particolare dell’allegato A e dell’allegato B al D.M. 30 giugno 2016 n. 546, concernenti i programmi relativi ai quesiti delle prove di ammissione ai corsi di laurea suddetti e dei quesiti somministrati ai candidati;
– del Bando di ammissione ai CdL in Medicina e Chirurgia e Odontoiatria e Protesi dentaria dell’Università degli Studi in epigrafe;
– della nota del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca — Dipartimento per la formazione superiore e per la Direzione Generale per lo studente, lo sviluppo e la internazionalizzazione della formazione superiore Ufficio III, prot. n. 18796 del 2 agosto 2016, recante le Linee Guida Ministeriali sulle corrette modalità di svolgimento delle prove d’accesso ai corsi di laurea magistrale a ciclo unico a programmazione nazionale anche nella parte in cui rammenta agli Atenei che sono “tenuti ad adottare” un “format del verbale di esame”;
– della graduatoria unica del concorso per l’ammissione ai Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia e Odontoiatria e Protesi dentaria per l’a.a. 2016/2017 pubblicata sul sito www.universitaly.it, in data 4 ottobre 2016, nella quale parte ricorrente risulta collocato oltre l’ultimo posto utile e, quindi, non ammesso al corso di laurea e dei successivi scorrimenti nella parte in cui non consentono l’iscrizione di parte ricorrente;
– del D.R. di approvazione della graduatoria e delle prove di concorso della sede universitaria ove parte ricorrente ha svolto la prova di accesso, se esistente, ma non conosciuto;
– del diniego di ammissione opposto alla ricorrente;
– dei verbali della Commissione del concorso dell’Ateneo ove parte ricorrente ha svolto la prova di ammissione e di quelli delle sottocommissioni d’aula;
– della documentazione di concorso distribuita ai candidati e predisposta dal CINECA nella parte in cui risulta inidonea a tutelare il principio di segretezza della prova;
– di tutti gli allegati, ancorché non conosciuti, relativi ai programmi sui quesiti delle prove di ammissione anzidette, fra cui in particolare dell’allegato A e dell’allegato B al D.M. 546/16, concernenti i programmi relativi ai quesiti delle prove di ammissione ai corsi di laurea suddetti e dei 60 quesiti somministrati ai candidati e, in particolare, quelli nn. 16 e 49 e comunque di tutti i quesiti meglio indicati in atti;
– del D.M. 54612016, con specifico riferimento all’art. 10, commi 3 e 9, nella parte in cui non consentono la distribuzione dei posti liberi non occupati dai non comunitari ai comunitari e nella parte in cui generano posti liberi in caso di chiusura anticipata della graduatoria o in caso di rinunce;
– del D.M. 20 giugno 2016, n. 487, con il quale è stato costituito il Tavolo di lavoro per la proposta di definizione, a livello nazionale, delle modalità e dei contenuti delle prove di ammissione ai corsi di laurea e di laurea magistrale a ciclo unico di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), della L. n. 264/1999, anche in conformità alle direttive dell’Unione Europea;
– degli atti di programmazione di Ateneo nella parte in cui stimano di poter bandire un numero di posti inferiori rispetto alle effettive possibilità di didattica;
– del Decreto Interministeriale 25 luglio 2016 n. 592 nella parte in cui limita a soli 9224 il numero dei posti banditi per Medicina c del Decreto Interministeriale 25 luglio 2016 n. 598 nella parte in cui limita a soli 908 il numero dei posti banditi per Odontoiatria imponendo una riduzione della programmazione dei posti rispetto alle effettive possibilità di ricezione degli Atenei;
– del provvedimento, non conosciuto, con il quale il MIUR e/o la Commissione nazionale avrebbe deciso di neutralizzare la valutazione della domanda n. 16 ministeriale attribuendo, indistintamente a tutti i candidati, il punteggio di 1,50;
– del decreto ministeriale n. 312/2016 con cui è stata nominata una commissione di esperti per la validazione delle domande;
– di ogni altro atto prodromico, connesso, successivo e conseguenziale ancorché non conosciuto, nella
parte in cui lede gli interessi del ricorrente;
e per l’accertamento
del diritto di parte ricorrente di essere ammessa al Corso di laurea in questione e di ottenere il risarcimento di tutti i danni subiti e subendi a causa del diniego all’iscrizione opposta per la condanna in forma specifica ex art. 30, comma 2, c.p.a. delle Amministrazioni intimate all’adozione del relativo provvedimento di ammissione al corso di laurea per cui è causa, nonché, ove occorra e, comunque, in via subordinata, al pagamento delle relative somme, con interessi e rivalutazione, come per legge.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca e dell’Università degli Studi di Catania e dell’Università degli Studi di Catanzaro Magna Graecia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 novembre 2018 il dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per la parte ricorrente l’Avv. S. [#OMISSIS#] e per le Amministrazioni resistenti l’Avvocato dello Stato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#].
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il ricorrente ha sostenuto le prove di ammissione ai corsi di laurea in medicina ed odontoiatria per l’anno accademico 2016-2017, conseguendo il punteggio finale di 62,10, non sufficiente per rientrare nel limite dei posti messi a concorso per effetto del c.d. “numero chiuso”.
Avverso tale esito e tutti gli atti ad esso connessi, ha proposto impugnativa il ricorrente chiedendone l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione, ed il risarcimento dei danni (in particolare, in forma specifica attraverso l’ammissione al predetto corso di laurea), per i seguenti motivi:
1) violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost. e dei principi generali in tema di pubblici concorsi; eccesso di potere per contraddittorietà con precedente provvedimento; incompetenza; violazione del DM 546/2016. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 34, comma 3, cost., irragionevolezza manifesta dell’azione amministrativa. Violazione dei principi che devono soprassedere alla valutazione dei test a risposta multipla con codici etici e linee guida sui protocolli di adozione.
La scelta dell’amministrazione resistente di “sterilizzare” l’impatto delle risposte fornite dai candidati al quesito n. 16 sarebbe illegittima, anche perché non è chiara la motivazione che ha portato a tale decisione.
Ora, posto che non è revocabile in dubbio che la risposta giusta era comunque la D), è irragionevole porre sullo stesso piano i candidati che hanno risposto correttamente al quesito rispetto a quelli che, invece, hanno dato una risposta errata.
Mettere sullo stesso piano le diverse situazioni, attribuendo – come ha operato l’amministrazione resistente – a tutti i candidati il punteggio corrispondente a quello attribuito in caso di risposta corretta, è irragionevole e lesivo della par condicio dei concorrenti.
Peraltro, non è dato sapere chi abbia assunto tale determinazione e con quali formalità, il che costituirebbe ulteriore profilo di illegittimità;
Erronea formulazione del quesito n. 49. Il quesito per la sua genericità darebbe adito a diverse e corrette interpretazioni e potrebbe essere svolto con diversi metodi;
2) violazione e falsa applicazione dell’art. 4, comma 1, legge n. 264 del 1999, del DM n. 546/2016 e della lex specialis di affidamento della commessa; eccesso di potere per illogicità e ingiustizia manifesta; violazione degli artt. 3, 33, 34 e 97 Cost. e disparità di trattamento.
I quiz sottoposti ai candidati, peraltro “confezionati” da una ditta privata e validati da una commissione nazionale nominata dal MIUR, non reca quiz totalmente inediti in quanto alcuni di essi risultano copiati da altri test già editi.
In particolare, nella prova somministrata a parte ricorrente, 29 quiz su 60 non erano inediti; tra i predetti 29 quiz, 8 sono quelli per i quali parte ricorrente ha omesso la risposta o ne ha fornito una errata, tanto che, in caso di sterilizzazione della loro incidenza, parte ricorrente avrebbe raggiunto un punteggio utile per l’ammissione al corso di laurea.
Il fatto di aver somministrato quiz già editi, oltre a non essere in linea con le disposizioni ministeriali, ha leso la par condicio tra i candidati in quanto ha agevolato coloro che si erano preparati sui testi già pubblicati che contenevano quesiti poi oggetto della selezione di che trattasi;
3) violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 6 della legge n. 241 del 1990, dell’art. 3, comma 2, del DPR 487 del 1994, dell’art. 6 ter del d.lgs. n. 502 del 1992 e degli artt. 3 e 4 della legge n. 241 del 1990; eccesso di potere per difetto di istruttoria, di congrua motivazione e per illogicità manifesta.
A fronte di un’offerta formativa delle Università pari a circa 10.000 studenti e di un accordo Stato-Regioni che ha individuato il contingente da bandire in 9937 posti, il Ministero resistente, di concerto con il Ministero della Salute, ha messo a concorso un contingente complessivo di 9224 posti.
Ciò non tiene in alcun conto il reale fabbisogno di personale medico che, peraltro, risulta ancorato alle esigenze interne senza alcun riferimento al mercato europeo.
Ora, oltre al fatto che i dati acquisiti anche da parte delle Regioni non risultano affidabili, siffatta determinazione numerica lederebbe il diritto allo studio riconosciuto dalla Costituzione, tanto che, nella ponderazione dei presupposti dall’art. 3 della legge n. 264 del 1999, il fabbisogno deve essere inteso come un parametro subordinato a quello principale riguardante l’offerta formativa potenziale degli Atenei;
4) Violazione degli artt. 34 e 97 Cost., dell’art. 46 del dpr n. 394/1999, del d.lgs n. 286 del 1998 e della legge n. 264 del 1999; eccesso di potere per irragionevolezza, difetto di motivazione, contraddittorietà tra provvedimenti provenienti dallo stesso Ateneo.
È illegittima la previsione secondo cui i posti residui riservati ai cittadini extracomunitari non possano essere attribuiti ai “comunitari”.
Anzitutto, è illegittima la riserva a favore dei cittadini extracomunitari in quanto non è prevista da alcuna norma se non dall’art. 46 del d.p.r. n. 394/1999 che però non fa alcun accenno al concetto di “riserva”.
In ogni caso, i posti residui andrebbero distribuiti, come sarebbe stato affermato dalla giurisprudenza, in ragione della tutela del diritto allo studio, costituzionalmente garantito.
Peraltro, tali posti residui vanno assegnati a chi ha proposto impugnativa avverso l’atto che non consente la redistribuzione ai cittadini comunitari dei posti di che trattasi ovvero a coloro che hanno mostrato interesse a dolersi di tale previsione;
5) violazione e falsa applicazione dell’art. 4, comma 1, della legge 2 agosto 1999, n. 264 e del DM n. 546/2016; eccesso di potere per illogicità manifesta.
I quiz, come detto, sarebbero stati confezionati da una ditta esterna senza che ciò fosse consentito, in quanto l’art. 4 della legge n. 264 del 1999 prevede che, in tale attività, non vi possano essere oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato;
6) violazione e falsa applicazione dei principi di pubblicità, imparzialità, trasparenza e buon andamento dell’azione amministrativa; violazione e falsa applicazione della legge n. 264 del 1999; incompetenza, carenza di potere e violazione del principio di autovincolo assunto con la lex specialis.
Gli atti del concorso e della graduatoria non sarebbero stati approvati dal Ministero resistente nonostante ciò costituisca un principio generale, più volte ribadito dalla giurisprudenza amministrativa;
7) violazione del principio di segretezza della prova e della lex specialis di concorso; violazione e falsa applicazione dell’art. 7 del d.p.r. n. 686/1957 e dell’art. 14 del d.p.r. n. 487/1994; violazione e falsa applicazione del DM 30 giugno 2016 e dell’allegato 1 al decreto; violazione degli artt. 3, 34 e 97 Cost.; violazione della regola dell’anonimato nei pubblici concorsi e dei principi di trasparenza e par condicio dei concorrenti; contraddittorietà tra più atti della PA; eccesso di potere per difetto dei presupposti, arbitrarietà, irrazionalità, travisamento e sviamento dalla causa tipica.
Nell’ambito delle modalità di espletamento della procedura di che trattasi, continua ad essere presente il codice alfanumerico sul modulo risposte e sulla scheda anagrafica del candidato, il che consente di identificare la prova del candidato.
Peraltro, in conformità a quanto prevosto nelle linee guida del 2016, la commissione ha avuto la disponibilità, per un determinato lasso di tempo, dei moduli risposta recanti il predetto codice alfanumerico e quindi astrattamente riferibili ai candidati.
Peraltro, il codice alfanumerico sarebbe memorizzabile in quanto, sebbene lungo nella sua estensione, è formato da numeri e lettere ricavabili a monte, conoscendo i dati della sede di svolgimento della prova.
A ciò si aggiunga il fatto che non era previsto che il foglio risposte fosse posto in una busta chiusa e collocato in un’urna sigillata, e ciò costituisce un’ulteriore carenza che potrebbe inficiare il principio di anonimato;
8) violazione e falsa applicazione del DM 30 giugno 2016 n. 546 e dell’allegato 1 al decreto; violazione del bando di concorso; violazione degli artt. 3, 34 e 97 Cost.; violazione del principio di paternità della prova di concorso; violazione dei principi di trasparenza e par condicio dei concorrenti; eccesso di potere per difetto dei presupposti, arbitrarietà, irrazionalità, travisamento e sviamento dalla causa tipica; contraddittorietà ed illogicità manifesta.
La scheda anagrafica, da disposizioni, non sarebbe stata compilata alla presenza dei commissari e, pertanto, non si può escludere che possano essere stati inseriti i dati di un altro candidato.
Tale modalità non esclude, infatti, che un candidato possa essersi fatto accompagnare da un altro più preparato che ha sostenuto la prova sostituendosi al primo;
9) violazione di legge; violazione dei principi in materia concorsuale; eccesso di potere per contraddittorietà, illogicità; ingiustizia manifesta, difetto di motivazione, difetto di istruttoria; violazione del principio di buon andamento dell’azione amministrativa; violazione del principio del favor partecipationis; lesione del principio del legittimo affidamento; sviamento di interesse; violazione degli artt. 1 e 6 della legge n. 241 del 1990.
I candidati, al termine della prova, per la consegna degli elaborati seguendo le linee guida ministeriali, hanno avuto il tempo di confrontarsi sulle risposte date ai quesiti e hanno altresì avuto modo di correggere gli elaborati, pur non potendo avere a disposizione una penna; le disposizioni prevedono infatti che, al termine della prova, le penne fossero ritirate dalla commissione ma ciò non è verosimile in quanto, solo al momento della consegna degli elaborati, era richiesto ai candidati di sottoscrivere la dichiarazione (il che presuppone l’utilizzo della penna).
Tuttavia, non essendo dato conoscere con quale penna potessero sottoscrivere la scheda anagrafica, è verosimile che i candidati fossero forniti di tale strumento di scrittura che avrebbero potuto utilizzare per correggere alcune risposte.
Si è costituito in giudizio il Ministero intimato per resistere al ricorso.
Con ordinanza n. 425/2017, è stata respinta la domanda cautelare, poi invece accolta dal Consiglio di Stato, sez. VI, con ord. n. 783/2017 con la seguente motivazione “Considerato, in adesione all’ordinanza n. 567/2017 di questa Sezione, che la decisione dell’Amministrazione di neutralizzare le risposte al quesito n. 16 risulta irragionevole, in quanto fondata sul presupposto errato della non graduabilità delle risposte [mentre risulta identificabile, quale risposta corretta, quella classificata sub d)];
Ritenuto, quindi, che il Ministero, piuttosto che assegnare il medesimo punteggio a tutte le risposte (e quindi anche a quelle palesemente errate), in aderenza alle previsioni del bando avrebbe dovuto attribuire ‘1,5’ punti alla sola risposta verificata esatta (ancorché differente da quella erroneamente identificata, inizialmente, come corretta dalla stessa Amministrazione), ‘0’ punti alla risposta non data (è il caso dell’odierno ricorrente) e ‘- 0,4’ punti alla risposta errata, in quanto solo tale soluzione è coerente con il principio della par condicio dei concorrenti;
Ritenuto che, al fine di individuare la posizione in graduatoria spettante all’odierno ricorrente in applicazione di tale metodo, all’Amministrazione deve essere ordinato di riformulare virtualmente le graduatorie d’interesse – ferma restando la persistenza dei loro effetti –, ai soli fini dell’ammissione del ricorrente in sovrannumero ove risulti il superamento, da parte sua, della soglia di ammissione all’esito della riformulazione virtuale delle graduatorie”.
Con successiva ordinanza n. 02054/2017 il Consiglio di Stato ha ordinato l’esecuzione della ordinanza cautelare della medesima Sezione VI n. 783 del 24 febbraio 2017.
A seguito delle predette decisioni cautelari l’istante è stata ammesso con riserva al corso di laurea in Medicina presso l’Università di Messina.
Con ordinanza di questa Sezione n. 5328/2017, è stata autorizzata la notifica per pubblici proclami del ricorso in esame e la prova dell’avvenuto adempimento è stata depositata in giudizio da parte ricorrente in data 16 maggio 2017.
In prossimità della trattazione del merito, parte ricorrente ha depositato memoria chiedendo, dapprima, la declaratoria di improcedibilità del ricorso, richiamando in particolare la sentenza del Consiglio di Stato n. 2298/2014; in ogni caso, ha insistito per l’accoglimento del ricorso, argomentando ulteriormente.
Alla luce di quanto sopra, è stata disposta una istruttoria volta ad acquisire chiarimenti in ordine ai seguenti punti:
– alle valutazioni dell’Amministrazione che hanno condotto alla ammissione del ricorrente alla facoltà di medicina e chirurgia, sebbene lo stesso avesse conseguito un punteggio inferiore rispetto alla soglia minima di ammissione, tenuto conto che l’ordinanza n. 783/2017 del Consiglio di Stato, nell’accogliere l’appello cautelare, aveva espressamente disposto che l’Amministrazione provvedesse a “individuare la posizione in graduatoria spettante all’odierno ricorrente in applicazione” delle previsioni del bando, e che a tale fine dovesse “riformulare virtualmente le graduatorie d’interesse – ferma restando la persistenza dei loro effetti –, ai soli fini dell’ammissione del ricorrente in sovrannumero ove risulti il superamento, da parte sua, della soglia di ammissione all’esito della riformulazione virtuale delle graduatorie”;
– se pertanto il [#OMISSIS#] avesse superato la prova di resistenza necessaria per l’iscrizione al predetto corso di laurea;
– in relazione al quarto motivo, quanti posti per extracomunitari risultassero ancora disponibili presso le singole Università richieste dal ricorrente, in ordine di priorità, all’esito dell’effetto conformativo (che ha [#OMISSIS#] generale) delle sentenze della Sezione n. 8113 e 8118/2017 (ed altre in corso di pubblicazione), secondo cui lo scorrimento deve essere effettuato in via prioritaria nei confronti dei cittadini extracomunitari che non hanno raggiunto la soglia minima di 20 punti;
– se, all’esito di tale verifica, sussistessero, sempre con riferimento alle singole Università richieste dal ricorrente, in ordine di priorità, posti ancora disponibili per l’immatricolazione nella quota riservata ai cittadini extracomunitari (in questo caso, il Ministero resistente avrà altresì cura di chiarire quanti candidati precedono il ricorrente nella relativa graduatoria di Ateneo e quanti di essi hanno confermato l’interesse all’immatricolazione).
A tal fine, il Ministero ha adempiuto al suddetto incombente con relazione depositata il 30.10.2018 in cii segnala che l’interessato avrebbe avuto titolo ad essere immatricolato presso la facoltà di medicina dell’università di Perugia, per effetto dello scorrimento della graduatoria e che sarebbe decaduto dalla graduatoria nazionale per mancata immatricolazione presso il suddetto ateneo di Perugia, deducendo nel merito l’infondatezza dello stesso.
Con ulteriori memorie il ricorrente ha rappresentato di essere iscritto al terzo anno della facoltà di medicina di Catania, ribadendo alcuni profili di censura esposti nel ricorso.
All’udienza del 28 novembre 2018 (dopo un breve rinvio dall’udienza del 31 ottobre 2018 disposto per consentire al patrono del ricorrente di presentare una memoria di replica) il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Il Collegio esamina in primo luogo le questioni di [#OMISSIS#] sollevate dalle parti, tutte da respingere, siccome destituite di fondamento.
1.1. In relazione all’interesse all’immatricolazione, va precisato che il ricorrente ha impugnato l’esito della procedura selettiva e che per effetto della misura cautelare del giudice di appello è stato immatricolato presso la facoltà di medicina dell’università di Catana, per tale ragione non può essere condiviso l’eccezione dell’Amministrazione secondo cui il ricorrente sarebbe decaduto dalla graduatoria nazionale, per effetto della rinuncia volontaria alla assegnazione “naturale” in esito allo scorrimento presso la facoltà di medicina di Perugia, equivocando sulla definitività della sua assegnazione a medicina sulla base di un mero provvedimento cautelare.
Il successivo scorrimento della graduatoria che avrebbe consentito al [#OMISSIS#] di essere immatricolato a Perugia non può condurre alla grave sanzione della decadenza dalla graduatoria nazionale ipotizzata dal MIUR, posto che lo stesso ricorrente risultava comunque immatricolato presso l’altra facoltà di Catania sulla base di una autonoma determinazione della medesima amministrazione, quale conseguenza delle decisioni cautelari del Consiglio di Stato, per le quali peraltro non sono state indicate le ragioni (ovvero il meccanismo di scorrimento) per cui lo stesso [#OMISSIS#] è stato immatricolato presso l’Università di Catania, come richiesto nell’ordinanza collegiale istruttoria di questa sezione n. 2783 del 31.10.2018
2. Quanto alla prova di resistenza ne viene dimostrato il superamento, posto che dalla relazione dell’amministrazione del 29.10.2018 si evince che il ricorrente avrebbe avuto comunque titolo ad iscriversi presso la facoltà di medicina di Perugia.
3. Quanto al primo motivo, che verte sulla scelta di assegnare a tutti i candidati 1,5 punti per il quesito n. 16 è infondato, e va respinto.
3.1. – Come già evidenziato dalla Sezione con la sentenza n. 100652017 depositata il 5 ottobre 2017, a tenore del “Parere tecnico” formulato da un gruppo di esperti designati dal MIUR nella materia Logica e Matematica appartenenti al “Tavolo di validazione” istituito per la conferma dei quesiti da somministrare ai candidati con D. M. 20 maggio 2016 n. 312, il tenore letterale quesito n. 16 risulta ambiguo, in quanto la risposta esatta varia a seconda che il candidato risponda in base ad una analisi puramente astratta o, al contrario, in base ad elementi fattuali di comune conoscenza.
Il detto parere muove dalla considerazione secondo la quale, sul piano puramente logico, non è possibile pervenire ad una risposta numerica quantitativa qualora non si conosca il rapporto (R) fra peso medio degli abitanti del Meridione e peso medio degli abitanti del Centro-Nord.
Qualora si conosca detto rapporto R è possibile determinare esattamente la frazione (x) della popolazione che risiede al Centro-Nord.
La formula risolutiva del quesito, secondo il parere, è infatti la seguente: x=2*R/(1+2*R).
Al contrario, non è possibile pervenire ad una risposta numerica quantitativa qualora non si conosca il valore di R.
E dunque, un’analisi puramente astratta farebbe deporre per la risposta “D”, ovvero “Nessuna delle altre alternative è corretta”.
Tuttavia – continua il parere – quando la risposta al quesito consiste in una disuguaglianza, ”le condizioni affinché tale risposta sia corretta si traducono, a loro volta, in una diseguaglianza per R”; e qui, si tratta della condizione per cui il peso medio degli abitanti del Meridione non sia inferiore alla metà degli abitanti del Centro-Nord (tradotto nella formula R>12).
Secondo il gruppo di esperti interpellati, qualora il candidato abbia preso le mosse da un dato di comune esperienza, ovvero che il peso medio degli abitanti del Meridione non è inferiore alla metà del peso medio degli abitanti del Centro – Nord, sarebbe allora esatta la risposta “A”, ovvero “I cittadini del Centro-Nord sono più numerosi di quelli del Meridione”; e non la risposta “D”.
3.2. In relazione a quanto esposto nel paragrafo precedente, le conclusioni cui è pervenuto il gruppo di esperti in Logica e Matematica interpellato dal MIUR possono essere condivise: se infatti è vero che il tenore letterale del quesito non comprendeva il dato fattuale rilevante costituito dal rapporto fra il peso medio delle due fasce di popolazione (e da qui deriva la possibilità astratta di indicare l’unica risposta possibile prescindendo da esso, e dunque che “Nessuna delle altre alternative è esatta”), d’altra parte, il medesimo dato non testualmente espresso è fra quelli che rientrano certamente nella comune esperienza, trattandosi della ovvia considerazione per cui il peso medio della popolazione di una vasta zona del nostro Paese non può certamente essere doppio rispetto al peso medio della popolazione residente in un’altra zona dello stesso, altrettanto vasta.
3.3 Tanto premesso, ritiene il Collegio che (sebbene il Giudice d’appello sia talvolta andato in contrario avviso in sede cautelare), la decisione di “sterilizzare” nel modo descritto il quesito n. 16, regga all’unico vaglio che il Giudice Amministrativo ha il potere di effettuare, ovvero a quello di ragionevolezza.
Come pure evidenziato dalla Sezione in sede cautelare è possibile che, in astratto, tale modo di procedere abbia effettivamente potuto favorire coloro che avevano fornito una risposta certamente errata, i quali, senza la detta “sterilizzazione”, si sarebbero visti decurtare il risultato conseguito di 0,4 punti.
Tuttavia, è altrettanto vero che la scelta contraria non sarebbe stata esente da effetti distorsivi del risultato finale della selezione.
In quel caso, infatti, in presenza di due risposte non errate, una di esse avrebbe comunque dovuto essere considerata tale in sede di correzione, con conseguente decurtazione di 0,4 punti anche a carico di coloro che non infondatamente – come l’attuale ricorrente – avessero ritenuta esatta la risposta “A”.
Per quanto detto sopra, infatti, la scelta di quale avrebbe dovuto essere considerata errata fra le due risposte “A” e “D”, sarebbe stata di per sé arbitraria, proprio perché né l’una né l’altra risposta erano errate.
Inoltre, tale soluzione avrebbe finito per nuocere a coloro che si sono avvalsi della facoltà (prevista dalle regole della selezione) di non indicare risposta alcuna, così da non conseguire punteggio per il quesito, evitando, tuttavia, la penalizzazione di 0,4 punti per la risposta errata; costoro, infatti, pur essendosi ispirati ad una consentita prudenza, avrebbero ricevuto un trattamento deteriore rispetto a chi avesse indicato quella, fra le due risposte “A” e “D”, poi ritenuta arbitrariamente dal MIUR come l’unica esatta (con conseguente attribuzione del tutto “casuale” di 1,5 punti).
Ma avrebbe ancora di più nuociuto a coloro che, pur avendo fornito una delle due risposte esatte (ma considerata errata in sede di correzione), si vedrebbero ora decurtare il punteggio sia di punti 1,5 (ora attribuito a tutti) che di punti 0,4 (per risposta errata), con una penalizzazione complessiva di 1,9 punti.
A fronte di tale alternativa, ed in presenza di due risposte da considerare non errate, ritiene il Collegio che l’attribuzione di 1,5 punti a tutti i candidati sia stata scelta più ragionevole di quella di non “sterilizzare” il quesito.
Quanto appena detto priva di fondatezza le doglianze contenute nel motivo che contestano nel merito la scelta ministeriale.
4. Sono altresì infondate le due doglianze di carattere formale, che invocano l’incompetenza e la violazione del principio del contrarius actus, in quanto, nella circostanza, la decisione ministeriale non costituisce autoannullamento (parziale) di un precedente provvedimento, bensì mera attribuzione d’ufficio di un dato punteggio a tutti i candidati per il medesimo quesito.
Peraltro, la doglianza ha carattere meramente esplorativo ed ipotetico, in quanto la stessa prospettazione contenuta in ricorso afferma di non sapere quale sia stato l’organo che ha approvato il test: ne segue che risulta (anche) inammissibile la censura di violazione del principio del contrarius actus.
Né si comprende come le singole Università avrebbero potuto avere competenza funzionale ad assumere distinte ed autonome decisioni circa la “sorte” del quesito n. 16, senza tenere conto del fatto che la procedura è stata bandita dal MIUR; della provenienza ministeriale del questionario; della sua validazione da parte di una commissione scientifica nominata dal MIUR (DM n. 3122016); e della necessaria confluenza di tutti i candidati in una unica graduatoria di merito nazionale di cui al primo comma dell’art. 2 del DM n. 5922016.
5. Quanto alla formulazione del quesito n. 49 del test, si osserva che la formulazione è riservata in via esclusiva all’apprezzamento dell’Amministrazione.
Non senza considerare come già affermato da questa Sezione (cfr. Sentenza TAR Lazio, n. 10925/2017) che “non compete a questo giudice la soluzione del quesito di cui trattasi, in quanto ogni opzione di scelta, non riconducibile alla volontà Amministrazione, si tradurrebbe in una inammissibi