N. 03968/2019 REG.PROV.COLL.
N. 13310/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 13310 del 2017, proposto da
[#OMISSIS#] Bertolotti, rappresentato e difeso dall’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, corso Trieste, n. 87;
contro
Università degli Studi “Roma Tre”, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Guido Corso, con domicilio telematico in atti e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Bisagno, n. 14;
nei confronti
[#OMISSIS#] Valensise, rappresentato e difeso dagli avvocati Giovanni Pesce, [#OMISSIS#] Scanzano e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio telematico in atti e domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma, via XXIV Maggio, n. 43;
per l’annullamento
del provvedimento del 20 novembre 2017 del Rettore dell’Università degli studi “Roma Tre” prot. n. 96627, di approvazione degli esiti del concorso ad un posto di professore ordinario di I^ fascia per il settore disciplinare “12/B1 – diritto commerciale”, bandito il 7 luglio 2017 dal Dipartimento di Studi Aziendali dell’Ateneo, dei relativi verbali di valutazione nonché di ogni altro atto comunque pregresso, connesso e consequenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi “Roma Tre” e di [#OMISSIS#] Valensise;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 marzo 2019 la dott.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il presente gravame, il ricorrente impugna gli atti relativi alla procedura di valutazione comparativa indetta dall’Università degli studi “Roma Tre” per la copertura di un posto di professore di professore ordinario, presso il Dipartimento di Studi Aziendali dell’Ateneo, per il settore disciplinare “12/B1 – diritto commerciale”, nella parte in cui il candidato [#OMISSIS#] Valensise è stato all’unanimità dichiarato vincitore, sostenendo come tale esito si fonderebbe su “giudizi apodittici del tutto privi di motivazione, notevoli incongruenze logiche, affermazioni oggettivamente erronee e … l’omissione nei confronti del prof. Bertolotti, della valutazione dei titoli, delle attività e di altri fatti presentati e/o notori”, con la conseguenza che “palesemente un corretto esame di tutte le circostanze avrebbe condotto ad una valutazione migliore del ricorrente in assoluto ed anche sul piano della comparazione rispetto all’altro candidato”.
Il ricorrente chiede, dunque, l’annullamento di tali atti, assumendone l’illegittimità, sostanzialmente, per aver la commissione giudicatrice sistematicamente svilito molteplici aspetti della sua carriera accademica a vantaggio del controinteressato, proponendo, per ciascuno dei criteri considerati, un raffronto comparativo dell’attività didattica, delle pubblicazioni e degli altri titoli del candidato vincitore con quelli (in tesi superiori) da lui posseduti.
Lamenta, inoltre, il ricorrente come, nonostante il bando allegato indicasse in massimo dieci le pubblicazioni da presentare “ai fini della valutazione comparativa”, la Commissione abbia invece proceduto ad una “valutazione complessiva dell’intera produzione scientifica” dei candidati.
Si costituiva in giudizio l’amministrazione resistente, sostenendo la legittimità dell’operato dell’Ateneo e, dunque, la manifesta infondatezza delle doglianze proposte, tutte incentrate sull’analisi delle valutazioni di merito effettuate dalla Commissione esaminatrice, espressione di quella discrezionalità tecnica che, secondo il prevalente e consolidato orientamento giurisprudenziale, non può essere oggetto di sindacato giurisdizionale.
Anche la controinteressata si costituiva in giudizio evidenziando la palese infondatezza delle censure formulate.
La Sezione con ordinanza cautelare n. 1027/2018 fissava, ai sensi dell’art. 55, comma 10, c.p.a., l’udienza di trattazione nel merito del ricorso.
Seguivano ulteriori memorie difensive di tutte le parti, in cui ciascuna sostanzialmente riproponeva le argomentazioni già svolte.
All’udienza pubblica del 20 marzo 2019 la causa veniva trattata e, quindi, trattenuta in decisione.
In via preliminare, il Collegio ritiene opportuno, innanzi tutto, rammentare come, sul tema dell’ambito e dei limiti del sindacato spettante al giudice amministrativo sui giudizi sottesi alla nomina a professore ordinario, la giurisprudenza amministrativa, anche di questa Sezione (ex multis, la sentenza n. 392/2018), sia in generale consolidata nel ritenere che:
– il legislatore abbia rimesso al giudizio dei commissari ogni più opportuno accertamento delle specifiche qualità scientifiche del partecipante alla valutazione comparativa;
– tale apprezzamento, espressione della discrezionalità tecnica della Commissione a cui è riservato, sia sindacabile dal giudice amministrativo solo ove risulti manifestamente incoerente o irragionevole, non potendo egli sostituire il proprio giudizio a quello dell’organo valutativo a ciò deputato;
– ai fini dell’indagine sul vizio di eccesso di potere la violazione della regola dell’uniformità del criterio di giudizio debba emergere dalla documentazione con assoluta immediatezza, sicché le valutazioni concrete risultano viziate solo quando appaiono inspiegabili e ingiustificabili, così da far dubitare che esse siano frutto di elementari errori ovvero il risultato di criteri volti al raggiungimento di finalità estranee a quella della obiettività della valutazione (per tutte, Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 255/2009 nonché, più di recente, Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 838/2014).
Ne consegue, dunque, come – pur volendo accedere ad un orientamento favorevole ad ampliare i margini valutativi rimessi all’organo giudicante e i relativi poteri di vaglio in sede giudiziale – rientrando la valutazione della qualità scientifica del candidato nella discrezionalità tecnica della Commissione, la relativa contestazione comunque sfugga al sindacato giurisdizionale e non sia, dunque, sindacabile nel merito ove, come nel caso di specie, attendibile e non erronea in fatto.
Infatti, anche aderendo a quell’orientamento giurisprudenziale che ritiene superata l’equazione che assimilava la discrezionalità tecnica al merito insindacabile (con la conseguenza che il sindacato giurisdizionale sugli apprezzamenti tecnici della amministrazione può ora svolgersi non in base al mero controllo formale ed estrinseco dell’iter logico seguito dall’autorità amministrativa, bensì alla verifica diretta dell’attendibilità delle operazioni tecniche sotto il profilo della loro coerenza e correttezza, quanto a criterio tecnico ed a procedimento applicativo – al riguardo, ex multis, Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 2295/2014), non può giungersi ad ammettere che l’autorità giudiziaria, sotto l’asserita egida del vaglio sull’esercizio della discrezionalità tecnica, possa spingersi sino a sostituire le proprie valutazioni di merito rispetto a quelle espresse dagli organi amministrativi a ciò deputati, finendosi, altrimenti, per demandare al giudice la stessa valutazione dei candidati (in tal senso, Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 4219/2015).
Così ricostruito il quadro giurisprudenziale di riferimento, il ricorso è infondato, non essendo nel caso di specie ravvisabile un’effettiva manifesta irragionevolezza e arbitrarietà delle determinazioni assunte dall’amministrazione resistente nell’ambito della contestata procedura concorsuale, ritenendo il Collegio che le censure formulate in ricorso e la documentazione prodotta in atti non consentano di individuare con assoluta immediatezza alcun elemento a sostegno del lamentato eccesso di potere per presunto difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, sviamento dell’azione amministrativa e contraddittorietà della motivazione.
Rileva, infatti, a tal proposito come il giudizio comparativo finale sinteticamente formulato dalla Commissione e riportato nella scheda riassuntiva riportante le valutazioni dell’attività didattica, dell’attività di ricerca scientifica, delle pubblicazioni scientifiche e degli incarichi di responsabilità organizzativa e gestionale dei due candidati, sia coerentemente supportato dai giudizi individuali espressi dai singoli commissari dalla cui lettura emergono elementi di valutazione a favore del controinteressato (in tal senso, gli allegati al verbale n. 2 del 31 ottobre 2017).
La consolidata giurisprudenza ha, infatti, chiarito come “la valutazione comparativa … consiste in un raffronto globale delle capacità e dei titoli dei vari candidati, né dall’art. 4 del d.P.R. 23 marzo 2000, n. 117 si ricava che essa debba in ogni caso esternare, con una apposita motivazione, le ragioni per le quali ritiene di dover attribuire la vittoria ad un candidato piuttosto che ad altro, in quanto una motivazione siffatta non è certamente necessaria, potendosi la valutazione comparativa richiesta riassumersi nel semplice raffronto dei giudizi significativamente differenziati già espressi sui singoli candidati”, con la conseguenza che “in definitiva ciò che importa è che tra le varie fasi del concorso via sia un rapporto di coerente sviluppo, nel senso che la scelta finale della commissione non appaia in illogica contraddizione con gli elementi globalmente emergenti dalle varie fasi in cui è articolato il procedimento selettivo” (in tal senso, ex multis, T.A.R. Piemonte, Sezione I, n. 1623/2015).
Orbene, nel caso di specie, la prevalenza del controinteressato rispetto al ricorrente emerge in tutti i giudizi formulati dai commissari in tutte le fasi in cui la procedura si è articolata (giudizi individuali, giudizio complessivo comparativo e votazione finale), sulla scorta di un’attenta e compiuta valutazione dei “titoli scientifici” del “curriculum e titoli” e dei “titoli didattici” di entrambi i candidati, riportando il candidato vincitore, per ciascuno dei parametri considerati, un giudizio superiore rispetto a quel ricorrente (“ottimo” contro il “più che buono” di quest’ultimo), poi tradotto – in stretta applicazione dei criteri stabiliti all’art. 4 del d.P.R. n. 117/2000, come ulteriormente specificati dalla Commissione nella riunione del 20 ottobre 2017 – in una corrispondente “valutazione complessiva”.
L’esito della procedura comparativa e la preferenza accordata dalla Commissione al controinteressato appare, dunque, già di per sé manifesta alla luce dell’intero sviluppo, logico e coerente, della procedura medesima a prescindere da una più specifica motivazione che ne esprima analiticamente le ragioni sottese.
D’altra parte, il fatto che anche il ricorrente abbia ottenuto nel complesso valutazioni positive non può che significare che vi sia stata una partecipazione alla valutazione comparativa di candidati di alto livello, rispetto ai quali la commissione ha dovuto necessariamente fare una scelta per l’individuazione del vincitore, secondo un’opinione che appare al Collegio non irragionevole alla luce degli univoci giudizi individuali in tal senso espressi dai tutti e tre i componenti della Commissione.
Del tutto infondata appare, poi, la doglianza relativa all’omessa valutazione della circostanza che l’attività di docenza sia stata dal ricorrente svolta in corsi istituiti presso la facoltà di Giurisprudenza (ipotizzando una gerarchia tra facoltà universitarie) ed in regime di tempo pieno, emergendo dagli atti di causa come la Commissione, coerentemente con quanto al riguardo stabilito all’art. 4 del bando di concorso, abbia inteso condurre la valutazione dell’impegno didattico dei candidati avendo riguardo al “numero degli insegnamenti/moduli svolti ed alla continuità della tenuta degli stessi”, alla “partecipazione alle commissioni istituite per gli esami di profitto” ed alla “quantità e qualità dell’attività di tipo seminariale, di quella mirata alle esercitazioni e al tutoraggio degli studenti, ivi inclusa l’assistenza alla predisposizione delle tesi di laurea magistrale e delle tesi di dottorato” (in tal senso, i “criteri di massima” specificati nell’allegato al verbale n. 1 del 20 ottobre 2017), senza in alcun modo valorizzare – invece – il regime (a tempo pieno o parziale) con cui tale attività didattica è stata svolta dai candidati esaminati né tantomeno il contesto universitario di svolgimento della stessa, pena l’introduzione di una gerarchia tra facoltà, priva – prima ancora di qualsiasi fondamento normativo – di una qualsiasi ragionevolezza e logica.
Appare, parimenti, del tutto destituita di fondamento la lagnanza con cui si contesta l’individuazione delle opere scientifiche da valutare, in violazione del criterio “di massima” secondo cui, in caso di trasmissione di un numero di opere superiore a dieci (limite quest’ultimo prescritto dal bando), si sarebbe provveduto “ad escludere i più vecchi”, ritenendo il Collegio che nessun rilievo possa ragionevolmente muoversi al riguardo alla Commissione, in ragione della coerenza del suo operato con i dettami procedurali ai quali si era in precedenza autovincolata.
Si evince, infatti, con chiarezza dall’esame dei verbali descrittivi delle attività svolte dalla Commissione, come essa abbia proceduto, per entrambi i candidati, a considerare dettagliatamente i dieci lavori scientifici che essi avevano selezionato ai fini di un siffatto scrutinio (allegandone copia alla domanda di partecipazione), formulando i rispettivi giudizi singoli e collegiale (anche) sulla base di una valutazione analitica di lavori.
A ciò si aggiunga come – diversamente da quanto sostenuto in ricorso – alla Commissione non fosse comunque preclusa una stima d’insieme di tutte le opere scientifiche dei candidati come indicate nella domanda di partecipazione (ivi comprese quelle ulteriori e diverse rispetto alle dieci da sottoporre ad un esame puntuale), essendo tale organo chiamato a valutare, in modo pieno ed oggettivo, il complessivo valore scientifico e didattico espresso da ciascun candidato, coerentemente con l’obiettivo ultimo della procedura di selezione oggetto del presente giudizio, infatti finalizzata all’attribuzione di una funzione (quella di professore universitario) che non può non implicare un accertamento del grado di maturità scientifica dei candidati attraverso un apprezzamento globale dei loro titoli e della loro attività scientifica.
La giurisprudenza amministrativa è, infatti, consolidata nell’affermare come “la valutazione specifica dei titoli di cui all’art. 4 co. 4 d.P.R. 23 marzo 2000 n. 117 (…) deve essere rapportata alla finalità assegnata dalla normativa alla valutazione comparativa consistente in un raffronto … della personalità scientifica dei vari candidati, dei quali va riconosciuto il profilo complessivo risultante dalla confluenza di tutti gli elementi che lo compongono, da apprezzare in tale quadro non isolatamente, ma in quanto correlati nell’insieme secondo il peso che assumono in una interazione di sintesi oggetto di un motivato giudizio unitario” (Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 1004/2015), con la conseguenza che “nei concorsi universitari, il giudizio della commissione sull’attività scientifica del candidato, pur dovendosi svolgere secondo i criteri di cui all’art. 4 del D.P.R. n. 117/2000, ha natura globale e complessiva” (ex multis, T.A.R. Molise, Sezione I, n. 370/2015).
In conclusione, per le ragioni sin qui esposte, il ricorso deve essere rigettato, ritenendo il Collegio che, nel caso di specie, non sia dato ravvisare alcun evidente elemento di irragionevolezza o illogicità, risultando i giudizi espressi nell’ambito dei relativi verbali esercizio di quella discrezionalità tecnica, che la legge demanda alla Commissione esaminatrice sul presupposto che questa, in ragione delle competenze tecniche specifiche di cui dispone mediante i suoi componenti, sia l’organo che si trova nelle congrue condizioni per poterla compiere.
Le spese di giudizio – come liquidate in dispositivo – seguono, come di regola, la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore dell’amministrazione resistente e del controinteressato, delle spese di lite, liquidate in euro 2.000,00 (duemila/00) ciascuno, oltre accessori di legge, se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 marzo 2019 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] De [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Primo Referendario, Estensore
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#]
[#OMISSIS#] De [#OMISSIS#]
Pubblicato il 25/03/2019