La giurisprudenza amministrativa è unanime nel riconoscere come, pur a fronte dell’autonomia universitaria, non sia possibile prefigurare un potere degli Atenei di istituire corsi di laurea a numero programmato, se non in presenza di uno dei casi stabiliti al citato art. 2, anche alla luce di quanto espressamente affermato dalla Corte Costituzionale, 23-27 Novembre 1998, n. 383 (all’origine dell’introduzione di detta norma), secondo cui – atteso che “l’organizzazione dell’università, come servizio pubblico, da una parte, coinvolge diritti costituzionali della persona umana come il diritto alla propria formazione culturale (art. 2 della Costituzione) e quello alle proprie scelte professionali (art. 4 della Costituzione), a sua volta mezzo essenziale di sviluppo della personalità (sentenza n. 61 del 1965) e, dall’altra parte, implica decisioni pubbliche d’insieme, inerenti alla determinazione delle risorse necessarie per il funzionamento delle istituzioni scolastiche in genere e universitarie in specie, che influisce sulle prestazioni da esse erogabili” – “l’accesso ai corsi universitari è materia di legge”, con la conseguenza “che i(relativi) criteri … e dunque anche la previsione del numerus clausus non possono legittimamente risalire ad altre fonti, diverse da quella legislativa”. E’ l’organizzazione universitaria a doversi strutturare – con la profusione di tutto l’impegno necessario da parte degli organi che l’amministrano – in funzione del soddisfacimento pieno e generalizzato dei diritti della comunità studentesca e non questi ultimi ad essere sacrificati attraverso il “facile” strumento del contingentamento dell’accesso ad un servizio pubblico fondamentale e di centrale rilievo costituzionale, quale è quello universitario, in quanto strettamente connesso ai diritti fondamentali della persona, tra i quali il diritto all’istruzione universitaria (nel caso di specie, il perseguimento dell’interesse dell’Ateneo al regolare svolgimento dell’attività didattica avrebbe dovuto essere condotto mediante la valutazione di strumenti alternativi alla fissazione di un numero programmato, tali da non risultare lesivi della normativa ispirata alla tutela del diritto alla studio).
TAR Lazio, Roma, Sez. III, 13 maggio 2019, n. 5932
Accesso a corsi universitari-Numero chiuso-Limitazioni
N. 05932/2019 REG.PROV.COLL.
N. 11587/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 11587 del 2018, proposto da
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], tutti rappresentati e difesi dall’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio digitale in atti e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via di San [#OMISSIS#] D’Aquino, n. 47;
contro
Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca e Università degli Studi Milano, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, entrambi rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
nei confronti
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], tutti non costituiti in giudizio;
per l’annullamento
del bando per l’ammissione al corso di Laurea in Mediazione Linguistica e Culturale (classe L-12), relativo all’anno accademico 2018/2019, emesso dall’Università degli studi di Milano;
– del verbale del Senato Accademico del 13 marzo 2018 che determina il numero di posti disponibili per l’iscrizione al primo anno del corso di laurea in Mediazione linguistica e culturale (classe L-12).
– del Decreto Ministeriale n. 270/2004 e del Decreto Ministeriale n. 509/1999, anche [#OMISSIS#] parte in cui vengono assunti i criteri per l’istituzione del numero chiuso, e del successivo Decreto Ministeriale 31 luglio 2007 con particolare riferimento all’art. 7, comma 2, [#OMISSIS#] parte in cui consente la programmazione degli accessi per il corso di laurea di cui in causa.
– della [#OMISSIS#] dello Studente 2018/2019 per il Corso di laurea triennale in Mediazione linguistica e culturale, datata 25 luglio 2018.
– del manifesto degli studi a.a. 2018/2019 del corso di Laurea in Mediazione Linguistica e Culturale (classe L-12).
– del Regolamento didattico del corso di laurea in Mediazione Linguistica e Culturale, approvato con d.r. n. 0294206 del 3 marzo 2015, [#OMISSIS#] parte in cui limita il diritto allo studio dei ricorrenti e comunque permette l’istituzione dell’accesso programmato per il corso di laurea di cui trattasi.
– dello Statuto dell’Università degli Studi di Milano, [#OMISSIS#] parte in cui limita il diritto allo studio dei ricorrenti e comunque permette l’istituzione dell’accesso programmato per il corso di laurea di cui trattasi;
– del Regolamento Didattico dell’Ateneo di Milano, [#OMISSIS#] parte in cui limita il diritto allo studio dei ricorrenti e comunque permette l’istituzione dell’accesso programmato per i corsi di laurea in parola;
– del Regolamento generale dell’Università degli Studi di Milano, [#OMISSIS#] parte in cui limita il diritto allo studio dei ricorrenti e comunque permette l’istituzione dell’accesso programmato per i corsi di laurea in parola;
– del Regolamento di funzionamento del Senato accademico dell’Università degli Studi di Milano [#OMISSIS#] parte in cui limita il diritto allo studio dei ricorrenti e comunque permette l’istituzione dell’accesso programmato per il corso di laurea in parola;
– della graduatoria pubblicata in data 10 settembre 2018 sul [#OMISSIS#] dell’Ateneo di Milano;
– di ogni altro atto presupposto o successivo, prodromico, consequenziale o comunque connesso a quelli impugnati, anche se non conosciuto ed anche [#OMISSIS#] parte in cui permette l’istituzione dell’accesso programmato ai corsi di laurea di cui in parola e che verrà immancabilmente travolto dalla caducazione di atti precedenti e connessi;
nonché per il riconoscimento ed accertamento del diritto di parte ricorrente a veder riconoscere come [#OMISSIS#] ed a numero aperto l’accesso al primo anno del corso di laurea in Mediazione linguistica e culturale dell’Università degli Studi di Milano.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca e dell’Università degli Studi Milano;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 aprile 2019 la dott.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il presente gravame, i ricorrenti – collocatisi tutti in posizione non utile [#OMISSIS#] graduatoria formata all’esito della procedura indetta dall’Università degli Studi di Milano per l’ammissione alla facoltà di “Mediazione Linguistica e Culturale (Classe L-12)” nell’anno accademico 2018 – 2019 – impugnano il relativo bando e la graduatoria nonché tutti i presupposti atti ministeriali di istituzione dell’accesso programmato a detta facoltà non scientifica, in relazione all’“ampio utilizzo di laboratori scientifici” attese le “numerosi esercitazioni dedicate per le quali è altamente consigliata la frequenza”, con la conseguenza che “le peculiari esigenze didattiche degli insegnamenti linguistici impartiti richiedono pertanto l’uso [#OMISSIS#] di strumenti scientifici dedicati quali le aule informatizzate e il laboratorio linguistico”, sostanzialmente assumendone l’illegittimità per violazione e falsa applicazione della legge n. 264/1999, recante le “norme in materia di accessi ai corsi universitari”, ai sensi della quale il numero chiuso costituisce un’eccezione rispetto alle ordinarie modalità di accesso alle università e non può, dunque, essere istituito al di fuori delle ipotesi ivi espressamente previste.
In particolare, parte ricorrente chiede l’annullamento di tali atti, assumendone l’illegittimità per i seguenti motivi:
1. Violazione e falsa applicazione dell’art. 4 della l. n. 264/1999 – Violazione degli art. 2, 3 e 33 della Costituzione – Violazione del principio di uguaglianza, declinato secondo il canone della ragionevolezza, di cui all’art. 3, comma 1, della Costituzione – Violazione del principio del merito, in relazione all’aver l’Ateneo proceduto alla selezione degli studenti in maniera del tutto illegittima, formulando la graduatoria sulla base del solo voto di maturità e, in [#OMISSIS#] di parità, dando la precedenza al candidato più giovane di età, come stabilito all’art. 6 del relativo bando di ammissione, attesa l’inidoneità di tali criteri ad accertare “la predisposizione (di un candidato) per le discipline oggetto dei corsi” universitari “sulla base dei programmi della scuola secondaria superiore”, come, invece, prescritto al richiamato art. 4;
2. Violazione e falsa applicazione della l. n. 264/1999 e dell’art. 7, comma 2, del d.m. n. 544/2007 – Sviamento dalla causa tipica – Eccesso di potere per deviante considerazione dei presupposti di fatto e normativi anche alla luce della nota del MIUR del 16 marzo 2007 – Eccesso di potere per travisamento e difetto di istruttoria – Contraddittorietà – Ingiustizia manifesta – Disparità di trattamento – Violazione del principio di trasparenza ed imparzialità dell’attività della pubblica amministrazione – Manifesta irragionevolezza ed illogicità dell’azione amministrativa – Violazione delle disposizioni del regolamento didattico dell’ateneo – Carenza di motivazione – Violazione degli artt. 33, 34 e 97 della Costituzione – Violazione del principio della capienza strutturale, del fabbisogno – Violazione dei criteri sulla programmazione anche a livello nazionale – Esorbitanza normativa – Violazione della sequenza procedimentale prevista dalla normativa, evidenziando come:
– sarebbe stata disattesa la specifica procedura prevista dall’art. 7, comma 2, del d.m. del 31 ottobre 2007, n. 544 per la limitazione dell’accesso ai corsi di laurea, attesa la mancanza di determinazioni in merito da parte degli organi universitari competenti (il vaglio del Nucleo di Valutazione dell’Ateneo e l’approvazione del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca), nonché omessa un’adeguata istruttoria per la verifica dei presupposti tecnici al riguardo stabiliti dall’art. 2, lett. a) e b), della l. n. 264/1999;
– il corso di laurea in “Mediazione Linguistica e Culturale”non rientrerebbe tra le ipotesi – tassativamente previste al citato art. 2, lett. a) e b) – in cui è ammesso l’accesso programmato, con la conseguenza che, quindi, l’ingresso alla facoltà in questione dovrebbe essere [#OMISSIS#], non richiedendo, di per sé, la sola presenza degli insegnamenti linguistici il necessario utilizzo “di laboratori ad alta specializzazione di sistemi informatici e tecnologici o comunque di posti-studio personalizzati” e come l’unico periodo di tirocinio previsto (comunque sostituibile con qualsiasi attività alternativa che lo studente proponga all’Ateneo, quali esperienze di lavoro o volontariato all’[#OMISSIS#], servizio civile nazionale o internazionale, corsi di lingua all’[#OMISSIS#] e certificazioni linguistiche) sia il periodo di formazione presso un’azienda o un ente o associazione che permetta di creare momenti di alternanza tra studio e lavoro, rimesso alla discrezionalità delle singole aziende ed in alcun modo gravante sull’Ateneo;
3. Assenza e difetto di motivazione – Violazione della l. n. 241/90 – Violazione del principio di trasparenza e di buon andamento della pubblica amministrazione, in ragione della mancata indicazione dei presupposti di fatto e del percorso logico seguito dall’amministrazione nell’introduzione del sistema di accesso limitato, in particolare non specificandosi che tipo di laboratorio sia previsto.
L’amministrazione resistente si costituivano in giudizio, depositando relativa nota dell’Ateneo in cui si controdeduceva, tra l’altro:
– la ricorrenza dei presupposti stabiliti all’art. 2, lett. a), della l. n. 264/1999 “in ragione delle peculiarità del corso stesso, nel quale il 50% (90 su 180) dei CFU sono forniti da discipline linguistiche (54 CFU) e culturali (relative alle lingue di studio, 36 CFU)”, che richiederebbero “un tipo di insegnamento in gran parte di natura laboratoriale, che prevede che, oltre ai corsi impartiti dai docenti, gli studenti frequentino assiduamente le esercitazioni linguistiche, condotte in gruppi ristretti e sovente con l'[#OMISSIS#] di strumenti tecnologici (laboratori linguistici e informatici)”, con la conseguenza che “la possibilità di accesso ai laboratori e alle esercitazioni pratiche vincola il numero [#OMISSIS#] di studenti che il corso può sostenere. Le esercitazioni pratiche, da condursi necessariamente in gruppi ristretti affinché gli studenti ne possano proficuamente beneficiare, sono infatti una componente fondamentale della didattica, alla quale sono dedicate molte delle risorse dipartimentali (circa il 75% dei fondi disponibili)”;
– l’adeguata esplicitazione delle ragioni poste a fondamento dell’istituzione del numero chiuso [#OMISSIS#] determina del Senato Accademico del 13 marzo 2018, recando essa “l’indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che ne hanno determinato l’adozione in relazione alle risultanze dell’istruttoria, rendendo evidente il percorso logico-giuridico seguito dal Senato Accademico e comprensibili le ragioni sottese alla determinazione [#OMISSIS#]”, con la conseguenza che “parte ricorrente è, dunque, messa a pieno titolo [#OMISSIS#] condizione di prendere atto dell’iter logico-giuridico che ha determinato la volontà dell’Amministrazione consacrata [#OMISSIS#] determinazione a suo carico adottata, dato che la motivazione del provvedimento impugnato con il presente ricorso enuncia chiaramente le ragioni di fatto e individua le norme di diritto che ne hanno giustificato il contenuto”;
– la legittima previsione del voto di maturità quale indicatore utile per la valutazione del merito dei candidati, atteso che “il corso offre infatti le lingue cinese, giapponese, araba e hindi, oltre alle maggiori lingue europee”, con la conseguenza che “non è possibile né sensato prevedere un test delle competenze SPECIFICHE pregresse laddove si prevede sin da principio che tali competenze possano essere inesistenti, senza che ciò costituisca pregiudizio all’ammissione”.
Parte ricorrente con successiva memoria insisteva per l’accoglimento del ricorso, evidenziando come:
– la delibera del Senato Accademico del 13 [#OMISSIS#] 2018, richiamato dall’Amministrazione, non specificherebbe “quali sono i laboratori “ad alta specializzazione”, (e)in cosa consistono, le modalità di svolgimento degli stessi”;
– tutti i corsi universitari, in primisil corso di laurea in “Medicina e Chirurgia”, prevedono conoscenze non acquisibili [#OMISSIS#] le scuole secondarie di secondo grado, eppure, così come previsto dall’art. 4 della l. n. 264/1999, in tutti i corsi ad accesso programmato vengono predisposte delle prove volte alla verifica delle competenze dei candidati ed alla selezione degli stessi in base [#OMISSIS#] esiti di tali procedure.
La Sezione con ordinanza cautelare n. 6931/2018 fissava l’udienza ai sensi dell’art. 55, comma 10, cod. proc. amm., “tenuto conto che trattasi di questione di carattere generale, da definire nel merito”.
L’amministrazione, con successiva memoria del 14 dicembre 2018, eccepiva in rito l’inammissibilità del ricorso, in relazione all’immediata lesività della previsione, nel relativo bando di accesso alla facoltà, del voto di maturità quale criterio di selezione, alla mancata notifica ad almeno un controinteressato e all’asserita mancanza di interesse al ricorso, attesa la collocazione dei candidati in una posizione “in graduatoria che, comunque, anche fatti salvi gli scorrimenti ancora in corso, non consente loro di poter ottenere l’accesso al Corso di Laurea”.
Seguiva replica di parte ricorrente, in cui si argomentava sull’ammissibilità e la fondatezza del ricorso.
La Sezione con ordinanza n. 1188/2019 disponeva l’acquisizione di una relazione circostanziata dell’Università degli Studi di Milano in merito alle “motivazioni poste alla base della decisione di istituire il numero chiuso per la facoltà di Mediazione Linguistica e Culturale (Classe L-12), chiarendo, in particolare:
a) quali siano i caratteri di “alta specializzazione” che contrassegnerebbero i laboratori linguistici ed informatici utilizzati e quali siano i tempi e le modalità di fruizione, evidenziando al riguardo l’eventuale presenza di strumentazioni specifiche;
b) quali siano gli insegnamenti del piano didattico relativo ai curricula “Attività internazionali e multiculturali” (AIM) e “Attività linguistiche interculturali” ([#OMISSIS#]), per i quali tali laboratori siano utilizzati, evidenziando se si tratti soltanto delle “tre annualità (I, II, III) delle due lingue straniere” ovvero anche delle “due annualità delle culture relative” o di altre discipline;
c) se il necessario impiego di tali laboratori riguardi anche i relativi corsi di base ovvero sia riferibile soltanto ad eventuali seminari ed esercitazioni e se la frequenza degli uni e degli altri sia obbligatoria ovvero soltanto facoltativa o consigliata”.
L’incombente istruttorio veniva assolto dall’Università resistente mediante deposito di una relazione in data 4 marzo 2019.
Seguiva un ulteriore memoria di replica di parte ricorrente.
All’udienza pubblica del 3 aprile 2019, la causa veniva trattata e, dunque, trattenuta per la decisione.
Devono essere, innanzi tutto, disattese le eccezioni in rito, formalmente sollevate dall’Università [#OMISSIS#] memoria depositata il 14 dicembre 2018, perché pretestuose e manifestamente infondate.
E’, infatti, priva di pregio l’eccezione di pretesa irricevibilità del ricorso per mancata tempestiva impugnazione della clausola contenuta all’art. 6 del relativo bando per l’ammissione alla facoltà in questione nell’anno accademico 2018 – 2019, che stabiliva quale criterio di selezione dei candidati il mero voto di maturità, essendo sufficiente al riguardo osservare come – anche a voler ritenere che tale previsione fosse realmente immediatamente lesiva della posizione dei ricorrenti – il ricorso sia stato ritualmente notificato all’amministrazione resistente a mezzo lettera raccomandata a/r spedita il 10 ottobre 2018 (in tal senso, la relativa ricevuta rinvenibile in atti), con conseguente tempestività del ricorso per rispetto (tenuto conto del periodo di sospensione feriale dei termini) del relativo [#OMISSIS#] di sessanta giorni dalla pubblicazione del bando in questione, sicuramente avvenuta non prima della sua emanazione in data 11 luglio 2018.
Parimenti infondata è la questione di inammissibilità del ricorso, sollevata in relazione alla pretesa mancata notifica ad almeno un controinteressato, evidenziando il Collegio come risulti per tabulasche il ricorso sia stato notificato a quattro studenti collocati in posizione utile [#OMISSIS#] graduatoria impugnata.
A ciò si aggiunga come [#OMISSIS#] controversia in esame, quanto meno con riferimento alle censure volte a contestare l’insussistenza in radice dei presupposti normativi per l’introduzione dell’accesso programmato, non siano rinvenibili dei reali controinteressati, considerato che all’accoglimento di tali doglianze conseguirebbe l’apertura del corso di laurea in questione senza alcuna compromissione della già avvenuta immatricolazione di costoro.
Destituita di ogni fondamento è, infine, l’eccezione di pretesa carenza di interesse di parte ricorrente per mancato superamento della c.d. “prova di resistenza”, attesa la genericità delle relative argomentazioni, prive di qualsiasi riferimento alla posizione in graduatoria dei ricorrenti così come [#OMISSIS#] scorrimenti eventualmente disposti, nonché la circostanza che, come già rilevato, il ricorso sia volto a lamentare non solo l’assoluta illegittimità delle modalità di selezione stabilite nel bando, bensì anche la stessa istituzione dell’accesso programmato, al cui accoglimento conseguirebbe l’ammissione (anche) dei ricorrenti, a prescindere dal punteggio conseguito.
Passando, quindi, ad esaminare il merito della controversia, il ricorso è fondato, ritenendo il Collegio – anche alla luce dei chiarimenti resi dall’Ateneo nell’ambito dell’istruttoria disposta – che la contestata istituzione dell’accesso programmato al corso di laurea in “Mediazione Linguistica e Culturale” in relazione al preteso “ampio utilizzo di laboratori scientifici” (in tal senso, la determina del Senato Accademico del 13 marzo 2018 invocata dall’Ateneo resistente a supporto del numero chiuso) non trovi, in realtà, un individuato fondamento legislativo sul quale possa radicarsi, nonostante il testuale (e formale) riferimento nei provvedimenti impugnati al citato art. 2, comma 1, della l. n 264/1999, che ammette l’istituzione del numero programmato “locale” per l’accesso ai corsi di laurea solo ed esclusivamente al ricorrere di una delle ipotesi ivi tassativamente stabilite, quali – per quel che qui interessa – la necessità, invocata in atti dall’amministrazione resistente, dell’utilizzazione, sulla base degli ordinamenti didattici, “di laboratori ad alta specializzazione, di sistemi informatici e tecnologici o comunque di posti studio personalizzati” (in tal senso, la relativa lett. “a”).
La giurisprudenza amministrativa, anche di questa Sezione (ex multis, n. 6323/2018) è, infatti, consolidata nel riconoscere come, pur a fronte dell’autonomia universitaria, non sia possibile prefigurare un potere degli Atenei di istituire corsi di laurea a numero programmato, se non in presenza di uno dei casi stabiliti al citato art. 2, anche alla luce di quanto espressamente affermato dalla Corte Costituzionale [#OMISSIS#] sentenza n. 383/1998 (all’origine dell’introduzione di detta [#OMISSIS#]), secondo cui – atteso che “l’organizzazione dell’università, come servizio pubblico, da una parte, coinvolge diritti costituzionali della persona umana come il diritto alla propria formazione culturale (art. 2 della Costituzione) e quello alle proprie scelte professionali (art. 4 della Costituzione), a sua volta mezzo essenziale di sviluppo della personalità (sentenza n. 61 del 1965) e, dall’altra parte, implica decisioni pubbliche d’insieme, inerenti alla determinazione delle risorse necessarie per il funzionamento delle istituzioni scolastiche in genere e universitarie in specie, che influisce sulle prestazioni da esse erogabili” – “l’accesso ai corsi universitari è materia di legge”, con la conseguenza “che i(relativi) criteri … e dunque anche la previsione del numerus clausus non possono legittimamente risalire ad altre fonti, diverse da quella legislativa”.
Attesa, pertanto, la necessità di una fonte legislativa che legittimi il potere dell’Ateneo resistente di limitare l’accesso alle proprie facoltà, rileva nel [#OMISSIS#] di specie come, [#OMISSIS#] documentazione prodotta in giudizio dall’Università resistente nonché nelle successive precisazioni da quest’[#OMISSIS#] rese con la relazione da [#OMISSIS#] depositata, non si rinvengano elementi tali da consentire alle determinazioni impugnate di rientrare – diversamente da quanto asserito dall’Ateneo – nel necessario alveo applicativo dell’art. 2, comma 1, lett. a), l. n. 264/1999, condividendo il Collegio quell’orientamento che riconosce come l’espressione “laboratori di alta specializzazione” debba essere interpretata “in modo rigoroso”, atteso che “altrimenti, l’impiego pervasivo dell’informatica in tutti i settori e le attività di studio e ricerca, finirebbe per indurre a ritenere integrato il requisito, in modo illogico e indifferenziato, con riferimento a tutti i corsi di laurea” ( in termini, questa Sezione, n. 9253/2018).
Rileva, infatti, a tal proposito come l’Università degli Studi di Milano, seppur espressamente chiamata a chiarire “quali siano i caratteri di “alta specializzazione” che contrassegnerebbero i laboratori linguistici ed informatici utilizzati e quali siano i tempi e le modalità di fruizione, evidenziando al riguardo l’eventuale presenza di strumentazioni specifiche”, dopo aver ribadito come “l’apprendimento linguistico” richieda “studio e pratica intensivi, condotti sia in lezioni frontali e interattive”, abbia genericamente invocato a fondamento dell’istituzione del numero chiuso la presenza “in appositi laboratori linguistici … di strumentazione atta alla registrazione e alla verifica della performance linguistica” e “di strumentazione informatica gestibile e controllabile dalla consolle del docente, con possibilità di accesso a materiali linguistici e software specifici, oltre che a video e ad altri materiali didattici multimodali”.
Ne deriva, pertanto, come le caratteristiche prospettate dall’Ateneo non siano idonee a conferire ai laboratori in questione quel carattere di “alta specializzazione” invece richiesto dal legislatore, non differendo essi in alcun modo da una comune dotazione informatica, rientrante – se non in una qualsiasi – quanto meno in una media dotazione universitaria, tra l’altro, nel [#OMISSIS#] di specie, (almeno in parte) finalizzata alla fruizione di materiali digitali per la cui acquisizione sarebbe, invece, sufficiente finanche l’utilizzo di un semplice proiettore, affermandone l’Università essenzialità “anche per l’accesso a materiali reali (video, telegiornali, giornali stranieri) e a database linguistici e raccolte di testi non altrimenti disponibili [#OMISSIS#] studenti, o non disponibili in modi altrettanto efficaci”.
Il Consiglio di Stato ha, infatti, al riguardo chiarito come, affinché il potere di dimensionamento quantitativo dell’accesso possa ritenersi legittimamente esercitato da un Ateneo a livello locale, sia necessario ai sensi della citata lett. a) del comma 1 dell’art. 2 che “si tratti di tecnologie dalle caratteristiche peculiari ed elevate e, ragionevolmente, tali da caratterizzare l’offerta della singola università”, non essendo a tal fine “sufficiente che il corso di laurea comporti in concreto l’utilizzazione di laboratori”, vieppiù rilevando come “il mero utilizzo di laboratori informatici per alcune prove d’esame, o anche per alcune lezioni, non giunge di suo ad integrare il presupposto dell’uso di “laboratori ad alta specializzazione” previsto dalla disposizione, in quanto, in assenza di ulteriori elementi (che spetta all’Università dimostrare), non si può ritenere che vi sia corrispondenza tra ogni tipo di laboratorio e quelli cui si riferisce la legge, i quali costituiscono cosa diversa dal semplice utilizzo di strumenti informatici” (in tal senso, Sezione VI, sentenza n. 1284/2011, che a sua volta rinvia alla sentenza della stessa Sezione n. 1374/2002).
Orbene, nell’apparato motivazionale della delibera del Senato Accademico del 13 [#OMISSIS#] 2018 (invocata dall’amministrazione universitaria a fondamento dell’istituzione, per l’anno in corso, dell’accesso programmato) così come degli altri atti dell’Ateneo versati in giudizio non vi è, invece, traccia o riferimento alla necessità – fondata su disposizioni del regolamento didattico – di impiegare peculiari sistemi o programmi informatici né tanto meno ci si esprime in termini di “laboratori ad alta specializzazione”, di regola estranei al settore scientifico in esame.
Quanto sopra, trova, inoltre, conferma in quanto affermato nell’“Ordinamento Didattico” del corso di laurea in “Mediazione Linguistica e Culturale”, dove, tra gli “obiettivi formativi specifici” che tale corso persegue, si rinviene l’“abilità [#OMISSIS#] comunicazione con gli strumenti messi a disposizione dall’informatica”, senza alcun riferimento alla pretesa peculiarità degli stessi (in tal senso, il relativo art. 1).
A ciò si aggiunga, inoltre, l’impiego limitato di tali laboratori rispetto alla totalità delle discipline in cui si articola tale corso di laurea, avendo l’Università degli Studi di Milano riconosciuto come essi siano “utilizzati regolarmente nell’ambito dei corsi di lingua e soltanto occasionalmente nell’ambito di corsi di cultura e altre discipline” e risultando dal “Piano didattico”, contenuto nel relativo “Regolamento Didattico” che sia il curriculum “Attività internazionali e multiculturali (AIM)”che il curriculum “Attività linguistiche interculturali ([#OMISSIS#])”prevedano l’insegnamento di soltanto due lingue straniere su tre annualità, seppur scelte dallo studente tra un elevato numero di opzioni.
Si consideri, inoltre, come dalla documentazione versata in giudizio emerga come “il corso di laurea in Mediazione Linguistica e Culturale non prevede la frequenza obbligatoria” (in tal senso la relazione dell’Ateneo depositata il 4 marzo 2019) ed anche la frequenza delle “esercitazioni dedicate”, per le quali l’utilizzo dei laboratori linguistici ed informatici è invocato, sarebbe anch’essa soltanto “altamente consigliata” (in tal senso, quanto si legge, [#OMISSIS#] delibera del senato accademico depositata in giudizio) e la loro istituzione persino incerta, esprimendosi il citato “Ordinamento Didattico”in termini di solo “eventuali esercitazioni e seminari” (in tal senso, il relativo art. 3, lett. c).
Ne discende, pertanto, che, come evidenziato da parte ricorrente, alla base della contestata decisione sul numero programmato ci sia – di fatto – la constatazione relativa alla numerosità delle domande di immatricolazione, ritenute tali da rendere più difficoltoso per i docenti e meno proficuo per gli studenti lo svolgimento dell’attività didattica, ipotesi – però – che, come visto, non abilita l’Università degli Studi di Milano a limitare l’ingresso alla facoltà in questione, che, pertanto, dovrebbe essere [#OMISSIS#], pena un’inevitabile impedimento o, comunque, un ostacolo grave all’esercizio del diritto allo studio tutelato dagli artt. 33 e 34 della Costituzione, la cui limitazione non può, dunque, prescindere da una previsione autorizzativa di rango [#OMISSIS#].
Dalle coordinate che precedono emerge, dunque, come, ove non si verifichino le situazioni riconducibili alle eccezioni specificamente ammesse a livello legislativo (le quali, per quanto precede, [#OMISSIS#] specie non ricorrono), le Università siano chiamate a massimizzare ogni sforzo organizzativo sul piano dell’offerta formativa, utilizzando tutti gli strumenti normativi e le risorse economiche a propria disposizione per adeguare le proprie strutture e dotazioni alla domanda di formazione proveniente dalla società (anche, eventualmente, avvalendosi, ad esempio di convenzioni con altre università), senza alcuna possibilità di introdurre limiti all’accesso all’istruzione universitaria in ragione dell’inadeguatezza delle proprie strutture.
Ove un tale potere fosse riconosciuto al di fuori di rigorosi limiti legislativi, una quota della domanda complessiva del servizio pubblico universitario, che si rivelasse a livello nazionale superiore alla disponibilità complessiva delle strutture universitarie, sarebbe, infatti, destinata ad essere strutturalmente frustrata, con lesione grave e sistematica del diritto all’istruzione universitaria.
E’, dunque, l’organizzazione universitaria a doversi strutturare – con la profusione di tutto l’impegno necessario da parte degli organi che l’amministrano – in funzione del soddisfacimento pieno e generalizzato dei diritti della comunità studentesca e non questi ultimi ad essere sacrificati attraverso il “facile” strumento del contingentamento dell’accesso ad un servizio pubblico fondamentale e di centrale rilievo costituzionale, quale è quello universitario, in quanto strettamente connesso ai diritti fondamentali della persona, tra i quali il diritto all’istruzione universitaria (in tal senso, questa Sezione, sentenza n. 9253/2018, già citata).
In definitiva, pertanto, il perseguimento dell’interesse dell’Università degli Studi di Milano al regolare svolgimento dell’attività didattica avrebbe dovuto essere condotto mediante la valutazione di strumenti alternativi alla fissazione di un numero programmato, tali da non risultare lesivi della normativa ispirata alla tutela del diritto alla studio.
In conclusione, per le ragioni fin qui esposte, il ricorso deve essere accolto, con assorbimento di ogni ulteriore doglianza che non sia stata oggetto di specifica disamina, e gli atti impugnati devono essere impugnati [#OMISSIS#] parte in cui, fissano un numero [#OMISSIS#] di accessi, non consentendo per l’effetto [#OMISSIS#] odierni ricorrenti di potersi comunque immatricolare al corso di laurea in “Mediazione Linguistica e Culturale (classe L-12)” presso l’Università degli studi di Milano.
Sussistono, comunque, giusti motivi, attesa la peculiarità della controversia, per compensare integralmente tra le parti le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, per l’effetto annullando gli atti impugnati [#OMISSIS#] parte in cui istituiscono per l’anno accademico 2018-2019 l’accesso programmato al corso di laurea in “Mediazione Linguistica e Culturale (classe L-12)” presso l’Università degli studi di Milano.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di consiglio del giorno 3 aprile 2019 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#]
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Primo Referendario, Estensore
L’ESTENSORE IL [#OMISSIS#]
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]