Secondo consolidata giurisprudenza, in tema di procedimento amministrativo, anche se l’art. 2-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241 rafforzerebbe la tutela risarcitoria del privato nei confronti dei ritardi delle Pubbliche Amministrazioni, stabilendo che esse sono tenute al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento, la domanda dovrebbe essere comunque ricondotta nell’alveo dell’art. 2043 c.c., per l’identificazione degli elementi costitutivi della responsabilità. Di conseguenza, l’ingiustizia e la sussistenza stessa del danno non potrebbero, in linea di principio, presumersi “iuris tantum”, in meccanica ed esclusiva relazione al ritardo o al silenzio nell’adozione del provvedimento amministrativo, ma il danneggiato deve, ex art. 2697 c.c., provare la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della relativa domanda e, in particolare, sia dei presupposti di carattere oggettivo, ossia il danno e il suo ammontare, l’ingiustizia dello stesso ed il nesso causale, sia di quello di carattere soggettivo, vale a dire il dolo o la colpa del danneggiante.
Consiglio di Stato, Sez. VI, 27 maggio 2019, n. 3450
Studenti-Accesso università-Equipollenza diplomi e attestati al diploma universitario di fisioterapia-Risarcimento del danno
N. 03450/2019REG.PROV.COLL.
N. 01918/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1918 del 2017, proposto da
Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, in persona del Ministro pro tempore, ed Università degli Studi Pavia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via di Ripetta, 142;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), n. 1441/2016, resa tra le parti, concernente l’impugnativa:
– del provvedimento prot. n. 53611 V/4 del 6 novembre 2015, pervenuto al ricorrente in data 14 novembre 2015, con cui il Dirigente dell’Area Didattica, Servizio Segreterie Studenti Facoltà Scientifiche, ha respinto la richiesta del predetto ricorrente di ottenere la riconversione creditizia del titolo di massiofioterapista, la valutazione e la conversione dei crediti formativi conseguiti e la consequenziale iscrizione al terzo anno di Corso di Laurea in Fisioterapia;
– [#OMISSIS#] parte in cui assume portata lesiva, l’atto regolamentare dell’Università degli Studi di Pavia che disciplina gli accessi ad anni di corso successivi al primo per i corsi di laurea delle professioni sanitarie, di estremi ignoti, rintracciabili all’indirizzo web: http.//www.unipv.eu/site/home/naviga-per/studenti/segretreria-studenti-e-ufficio-tasse/segreteria-studenti-di-facoltà/medicina-e-chiururgia/articolo 1172.html;
– degli eventuali atti endoprocedimentali, di estremi e data ignoti, adottati nell’ambito del procedimento prodromico all’assunzione del provvedimento prot. n. 53611/V/4 del 6 novembre 2015;
– di ogni altro atto pregresso, consequenziale e connesso in quanto lesivo degli interessi del ricorrente.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 [#OMISSIS#] 2019 il Consigliere [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi, per le parti, gli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], su delega dell’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] dell’avvocatura dello Stato
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con istanza depositata in data 7 agosto 2015 (protocollata al n. 35472), l’odierno appellato, dott. -OMISSIS- ha richiesto l’iscrizione al terzo anno del corso di laurea in fisioterapia presso l’Università di Pavia, nonché la riconversione creditizia di tutti i titoli accademici, di studio e professionali conseguiti ed allegati all’istanza medesima.
In particolare, l’appellato è in possesso dei seguenti titoli: diploma in educazione fisica (ISEF) conseguito in data 18.04.1996, laurea in scienze motorie conseguita presso l’Università di Genova il 26.02.2002, diploma triennale di massaggiatore massofisioterapista conseguito in data 8.07.2010, master universitario di l° livello in “ricerca e riabilitazione avanzata” conseguito presso l’Università degli Studi di Roma di Tor Vergata, laurea magistrale in fisioterapia conseguita presso il Politecnico di Opole (Polonia) in esito al relativo corso di laurea di secondo livello che conferisce il titolo di Magister Fizjoterapia.
Con provvedimento prot. n. 53611 V/4 del 06.11.2015, l’Università di Pavia ha negato l’iscrizione al terzo anno del corso di laurea in fisioterapia ed ha del tutto omesso di valutare i titoli allegati dall’istante ai fini della riconversione creditizia.
Avverso tal provvedimento ha proposto ricorso il dott. -OMISSIS- dinanzi al T.A.R. per la Lombardia, il quale, con sentenza n. 1441 del 19.07.2016, ha accolto il ricorso, condannando l’Università ad esprimersi nuovamente, entro il [#OMISSIS#] di trenta giorni dal ricevimento della sentenza, sull’istanza del dott. -OMISSIS- ed a risarcire il danno ai sensi dell’art. 2-bis della L. n. 241/1990.
Avverso tale sentenza hanno interposto gravame il MIUR e l’Università di Pavia, articolando due motivi di appello.
Si è costituito in giudizio il dott. -OMISSIS-, per resistere al gravame.
All’udienza del 21.05.2019, la causa è passata in decisione.
DIRITTO
1. Con il primo motivo di gravame, gli appellanti ribadiscono il contenuto della memoria depositata nel corso del I grado:
“Nel mese di luglio sono pervenute all’Università di Pavia richieste di ammissione al corso di laurea in Fisioterapia da parte di soggetti in possesso del titolo di Massofisioterapista. Alle richieste di ammissione gli istanti hanno allegato una recente sentenza del Consiglio di Stato in base alla quale coloro che hanno conseguito il titolo di studio in Massofisioterapia possono essere iscritti senza test al corso di laurea in Fisioterapia.
Dalla lettura della sentenza, l’Università rilevava che effettivamente il test era stato ritenuto non necessario, anche se [#OMISSIS#] il Consiglio di Stato diceva circa la programmazione dei posti.
L’Area didattica ha quindi considerato che:
1. in primo luogo, posto che l’estensione del giudicato formatosi sulla sentenza del Consiglio di Stato ai non ricorrenti avviene solo quando è stato impugnato un regolamento o quando la sentenza lo prevede espressamente, tale [#OMISSIS#] non si era verificato [#OMISSIS#] specie, quindi tale estensione di giudicato sicuramente non era atto dovuto.
2. Visto che [#OMISSIS#] sentenza non si faceva riferimento al numero programmato, non tenendo in considerazione questo aspetto, si sarebbe finito per ledere le politiche di programmazione nazionale ed il rispetto del principio comunque affermato anche nel D.M. 463/2015, artt. 12 e 13.
3. Il dirigente dell’Area Didattica ha dunque ritenuto, anche considerando non necessario il test, di dover sempre far riferimento al contingente deliberato per ciascuna coorte.
Si aggiunga che il docente referente del corso di laurea in fisioterapia ha per le vie brevi stabilito che non si sarebbero potuti ammettere gli studenti richiedenti al terzo anno, in quanto essi non avevano svolto il tirocinio di tre ann4 ritenuto requisito imprescindibile.
Sulla base di tali considerazioni, pertanto, l’Area Didattica ha predisposto il documento pubblicato al seguente link: http://www.unipv.eu/site/home/matricole2015/articolo11772.html e previsto che tali studenti, non rientrando [#OMISSIS#] categoria di soggetti non tenuti all’espletamento della prova di ammissione, dovessero sostenere il test e collocarsi in posizione utile rispetto al numero dei posti disponibili.
Sulla base dei motivi sopra [#OMISSIS#], si ritiene dunque che il provvedimento sia pienamente legittimo, in quanto richiede, per l’ammissione al corso di laurea, requisiti che non sono stati presi in considerazione [#OMISSIS#] sentenza del consiglio di Stato invocata come precedente (che comunque non ha effetto vincolante fra le parti del presente giudizio)”.
Secondo gli appellanti, la pronuncia del T.A.R. apparirebbe evidentemente erronea per tutte le ragioni di diritto di cui alla memoria depositata in I grado, che non sono sarebbero state minimamente prese in considerazione dal primo [#OMISSIS#] e, peraltro, apparirebbe in contrasto con l’orientamento del Consiglio di Stato (Sezione Sesta), che con ordinanza n. 1107/2016, ha accolto l’appello (R.G. 313/2016) proposto dall’Università La Sapienza, appellante, e dal MIUR avverso l’ordinanza cautelare TAR Lazio n. 5206/2015 ed ha rigettato l’istanza cautelare di parte ricorrente. A tal proposito, apparirebbe evidente che il Consiglio di Stato, ritenendo l’appello avanzato da “Sapienza” e MIUR “assistito da adeguato fumus [#OMISSIS#] iuris”, abbia esaminato l’ordinanza appellata nel suo contenuto, ritenendola infondata nel merito e rivedendo, perciò, l’orientamento precedentemente espresso e citato dal T.A.R. [#OMISSIS#] decisione impugnata.
Gioverebbe, secondo gli appellanti, anche segnalare, tra l’altro, la sentenza n. 4788/2015 in data 19 ottobre 2015 del Consiglio di Stato — Sez. III, la quale sancisce che “… il massofisioterapista, secondo quanto previsto dal D.M. del Ministero dell’istruzione del 7 settembre 1976 … non esercita la propria attività con autonomia professionale, in quanto svolge terapie che gli competono “in [#OMISSIS#] all’opera dei medici” e “secondo le istruzioni del sanitario”.
Sulla base di tale ricostruzione, il Consiglio di Stato concluderebbe, quindi, che “si deve desumere e concludere da tale complesso ed eterogeneo quadro normativo, stratificatosi nel tempo e indubbiamente non perspicuo, che la figura del massofisioterapista, il quale abbia conseguito un titolo di formazione regionale, ben può rientrare nel novero degli operatori di interesse sanitario, con funzioni ausiliarie, ma non può in alcun modo essere ricompreso nell’ambito delle professioni sanitarie”.
E ancora gli appellanti citano testualmente “Il titolo di massofisioterapista … è conseguito all’esito di corsi di formazione, di durata biennale ovvero triennale, organizzati dalle Regioni, a cui si può accedere con il possesso del solo diploma di licenza media inferiore”.
Tale evidente diversità di percorso formativo avrebbe portato il Consiglio di Stato, con la citata sentenza n. 4788 del 19 ottobre 2015, ad affermare che “la figura del massofisioterapista, seppur non soppressa, trova collocazione nell’ambito della categoria degli “operatori di interesse sanitario”, di cui all’art. 1, comma 2, della legge n. 43 del 2004, e si connota per la mancanza di autonomia professionale a cui “corrisponde […] una formazione di livello inferiore”.
Gli appellanti ricordano che la riconversione creditizia potrebbe essere riconosciuta esclusivamente in favore di chi abbia maturato pregresse esperienze e conoscenze nell’ambito di insegnamenti universitari o – questi assimilabili. Tale situazione non ricorrerebbe nel [#OMISSIS#] di specie.
Una scuola cui si può accedere con un titolo di studi di scuola media inferiore non potrebbe a sua volta permettere di entrare in università al terzo anno di studi: significherebbe riconoscere a tale scuola sia il valore di scuola media superiore, sia il valore di due anni universitari.
Il corso universitario comporterebbe l’obbligo per lo studente di acquisire un determinato numero di crediti formativi per ciascun anno, previo il superamento dei relativi esami. Il corso fornirebbe allo studente quelle conoscenze e competenze tecniche, relazionali e gestionali affinché possa svolgere la [#OMISSIS#] attività con autonomia professionale.
Il corso di formazione per massofisioterapisti prevedrebbe, invece, lo svolgimento del solo esame finale per il rilascio del relativo diploma e non può che fornire allo studente quelle conoscenze di base per lo svolgimento dell’attività di operatore di interesse sanitario, ossia di attività meramente ausiliarie, priva di alcuna autonomia professionale.
Il conseguimento dei due diversi titoli avverrebbe, pertanto, all’esito di due diversi canali formativi tra loro non comparabili, che garantiscono [#OMISSIS#] studenti livelli di preparazione tra loro differenti.
E se per l’accesso al corso universitario il legislatore avrebbe previsto la necessità di superare il test preliminare, non si vede come un soggetto, finanche privo dei requisiti per potersi iscrivere a tale test, possa eludere tale [#OMISSIS#] soltanto perché ha frequentato un corso di studi regionale.
L’appellato, pertanto, non avrebbe alcun titolo che possa consentirgli un percorso accelerato per la laurea: esso si trova nelle medesime situazioni di chi si iscrive all’Università e per questa ragione legittimo è il diniego dell’Ateneo che ha rilevato come esso non abbia effettuato il prescritto test di ingresso.
Gli appellanti evidenziano, inoltre che, nel ricorso (R.G. 2166/2015) il TAR Sicilia – Sez. staccata di Catania – avrebbe emesso la sentenza n. 2999/2015, che ha rigettato, il ricorso, respingendo le istanze del ricorrente, del tutto sovrapponibili a quelle avanzate dall’odierno appellato.
[#OMISSIS#] predetta sentenza il TAR Sicilia avrebbe evidenziato che: “Il ricorso è infondato, rilevando il Collegio come il “diploma di massaggiatore massofisioterapista triennale” conseguito, ai sensi della L. n. 403/1971, dal ricorrente nel 2011 non possa considerarsi automaticamente equivalente (come, invece, costui vorrebbe) al diploma universitario di laurea in fisioterapia, atteso il disposto dell’art. 4, comma 1, della L. n 42/ 1999 che – nel dettare una specifica disciplina transitoria sulla validità dei titoli formativi acquisti (al di fuori di strutture universitarie) in base alla normativa precedente alla riforma attuativa dell’art. 6, comma 3, del d.lgs. n. 502/1992 di riordino della disciplina in materia sanitaria (c.d. “seconda riforma sanitaria) – espressamente stabilisce come soltanto i diplomi ed attestati conseguiti anteriormente a detta riforma debbano essere riconosciuti dall’Università ai fini della “riconversione creditizia”, con conseguimento, per l’effetto, del relativo diploma triennale universitario (c.d. laurea breve)”.
Ne conseguirebbe, dunque, il rigetto di ambedue i motivi di impugnazione proposti, presupponendo entrambi la formale equipollenza del titolo conseguito dall’appellato al diploma universitario di fisioterapista e risultando tale equipollenza smentita dalla lettura sistematica delle norme richiamate.
Gli appellanti segnalano, altresì, che, su analogo ricorso proposto contro l’Università resistente (-OMISSIS- c/Sapienza e MIUR), l’ordinanza cautelare TAR Lazio n. 5206/2015, favorevole al ricorrente, sarebbe stata riformata dal Consiglio di Stato, il quale, con ordinanza n. 1107/2016 in data 01.04.2016, ha accolto l’appello (R.G. 00313/2016) proposto dall’Università e del MIUR ed ha rigettato l’istanza cautelare di parte ricorrente.
Gli appellanti sottolineano, poi, il preminente interesse pubblico, rispetto a quello dell’appellato, a garantire che:
a) all’esercizio delle Professioni Sanitarie sì acceda soltanto in seguito ad una formazione universitaria completa
b) l’accesso ai succitati Corsi di Laurea avvenga esclusivamente previo superamento del test preselettivo, come stabilito da normativa cogente ed inderogabile (L. 264/99).
L’eventuale accoglimento delle domande della parte ricorrente in primo grado – stanti, tra l’altro, le numerose istanze presentate all’Università da soggetti titolari di diploma di massofisioterapista, richiedenti l’ammissione diretta, con abbreviazione di corso e riconoscimento del percorso formativo pregresso, al corso di laurea in fisioterapia in deroga alle disposizioni della Legge n. 264/99 – non solo avrebbe effetti travolgenti sul sistema di accesso al corso di laurea in Fisioterapia, ma, ciò che risulterebbe ancor più inquietante, rischierebbe di abilitare all’esercizio delle professioni sanitarie soggetti sprovvisti della necessaria ed adeguata preparazione culturale e professionale. Potrebbero, pertanto, manifestarsi notevoli carenze formativo/professionali, che andrebbero inevitabilmente a riflettersi, con conseguenze nefaste, sul funzionamento dell’intero sistema sanitario.
Da quanto sopra dettagliatamente esposto, risulterebbe palese che l’appellato è privo dei requisiti normativamente previsti, avendo conseguito il titolo di massofisioterapista in epoca successiva al 17.03.1999.
Inoltre, l’appellato non avrebbe sostenuto e superato il test d’ingresso previsto per l’accesso al corso di laurea in fisioterapia.
2. Il primo motivo d’appello è inammissibile, in quanto non sono state dedotte specifiche censure al capo di sentenza che ha stabilito che il test d’ingresso non vale per chi è titolare di un diploma di laurea di fisioterapia conseguito all’[#OMISSIS#], essendosi gli appellanti limitati a contestare l’equipollenza del titolo di massofisioterapista rispetto a quello di fisioterapista. Il T.A.R., invero, ha espresso un principio di ordine generale, in base al quale il test d’ingresso non deve essere sostenuto dagli studenti che, come il dott. -OMISSIS-, hanno svolto un percorso universitario di formazione all’[#OMISSIS#] e si iscrivono ad anni successivi al primo: “anche per i corsi di accesso programmato diversi da medicina, l’esame di ammissione riguarda esclusivamente l’accesso al primo anno di corso”. L’appello, invero, riguarda soltanto l’astratta idoneità del titolo di massofisioterapista a consentire l’iscrizione al corso di laurea in fisioterapia, ma omette di considerare che il dott. -OMISSIS- è titolare di una laurea estera in fisioterapia. Vi è, poi, un’ulteriore capo della sentenza non specificatamente censurato dall’appello, ovvero quello riguardante l’obbligo imposto all’Università di pronunciarsi sulla richiesta di riconversione creditizia. In tal modo, sulle dirimenti questioni risolte dal T.A.R. in favore del ricorrente in primo grado si è quindi formato il giudicato.
3. Con il secondo motivo di gravame, gli appellanti affermano che sarebbe infondata la condanna al risarcimento danno da ritardo per inosservanza dei termini del procedimento.
Secondo consolidata giurisprudenza, in tema di procedimento amministrativo, anche se l’art. 2-bis della L. 7 agosto 1990, n. 241 rafforzerebbe la tutela risarcitoria del privato nei confronti dei ritardi delle Pubbliche Amministrazioni, stabilendo che esse sono tenute al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del [#OMISSIS#] di conclusione del procedimento, la domanda dovrebbe essere comunque ricondotta nell’alveo dell’art. 2043 c.c., per l’identificazione degli elementi costitutivi della responsabilità. Di conseguenza, l’ingiustizia e la sussistenza stessa del danno non potrebbero, in linea di principio, presumersi “iuris tantum”, in meccanica ed esclusiva relazione al ritardo o al silenzio nell’adozione del provvedimento amministrativo, ma il danneggiato deve, ex art. 2697 c.c., provare la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della relativa domanda e, in particolare, sia dei presupposti di carattere oggettivo, ossia il danno e il suo ammontare, l’ingiustizia dello stesso ed il nesso causale, sia di quello di carattere soggettivo, vale a dire il dolo o la colpa del danneggiante.
Nessuno di tali elementi sarebbe stato provato né allegato, né vi si farebbe menzione [#OMISSIS#] sentenza di primo grado a sostegno del capo di condanna risarcitoria.
4. Il motivo d’appello è fondato e va accolto.
Quanto alla domanda risarcitoria, va rimarcato che il principio generale dell’onere della prova, previsto nell’art. 2697 c.c., si applica anche all’azione di risarcimento per danni proposta dinanzi al [#OMISSIS#] amministrativo, con la conseguenza che spetta al danneggiato dare in giudizio la prova di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie risarcitoria e, quindi, del danno di cui si invoca il ristoro per equivalente monetario.
Ritiene il Collegio che, [#OMISSIS#] fattispecie, difetti la prova del danno subito.
Assume l’appellato che la risposta dell’Università sarebbe pervenuta quando ormai il primo semestre era già in corso, ciò che avrebbe inevitabilmente pregiudicato la possibilità di frequentare i corsi calendarizzati tra l’ottobre ed il dicembre 2015, per cui il pregiudizio sarebbe da quantificare [#OMISSIS#] misura del [#OMISSIS#] semestrale di un fisioterapista.
Ebbene, [#OMISSIS#] specie, non può ritenersi che l’iscrizione conseguita prima dell’inizio del primo semestre avrebbe anche comportato il conseguimento del titolo in anticipo rispetto ad un’iscrizione dopo l’inizio del semestre, essendo l’anticipato conseguito legato ad una serie di variabili incerte, come il superamento con profitto dei relativi esami.
In altre parole, [#OMISSIS#] specie, non è provato che, se il provvedimento positivo fosse intervenuto entro i termini di legge, ciò avrebbe comportato che l’interessato avrebbe conseguito prima il titolo di fisioterapista.
Anche l’allegazione dell’appellato per cui, qualora l’Ateneo avesse riscontato per tempo la richiesta, il dott. -OMISSIS- avrebbe potuto decidere di intraprendere strade alternative al ricorso, al fine di richiedere l’iscrizione e la riconversione creditizia presso altro Università italiane, ottenendo un risparmio apprezzabile in termini sia economici sia temporali, non prova alcunché in merito all’effettiva sussistenza del danno, in quanto non può darsi per [#OMISSIS#] che tali iniziative alternative sarebbero anche state coronate da successo.
5. Conclusivamente, il primo motivo d’appello va dichiarato inammissibile ed il secondo motivo d’appello va accolto e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, va respinta la domanda di risarcimento formulata dal ricorrente in primo grado.
6. Sussistono giusti motivi per compensare integralmente le spese del doppio grado di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile in ordine al primo motivo di gravame e lo accoglie in ordine al secondo motivo di gravame e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, respinge la domanda di risarcimento danni proposta dal ricorrente in primo grado.
Sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Vista la richiesta dell’interessato e ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1, d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte appellata.
Così deciso in Roma [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di consiglio del giorno 21 [#OMISSIS#] 2019 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] FF
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
Pubblicato il 27/05/2019
In [#OMISSIS#] di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.