Errore revocatorio è solo l’errore che consiste in una mera svista di carattere materiale, obiettivamente ed immediatamente rilevabile, la quale abbia portato a supporre l’esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso dagli atti o documenti, ovvero l’inesistenza di un fatto decisivo che dagli atti e documenti risulti positivamente accertato; errore meramente percettivo che in nessun modo coinvolge l’attività valutativa del giudice di situazioni esattamente percepite nella loro oggettività e, pertanto, che non può mai cadere sul contenuto concettuale delle tesi difensive della parti.
Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, 26 marzo 2014, n. 160
Revocazione
N. 00160/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00373/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
in sede giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 373 del 2011, proposto da:
Aguglia [#OMISSIS#], rappresentato e difeso dall’avv. [#OMISSIS#] Pistone Nascone, con domicilio eletto presso [#OMISSIS#] Allotta in Palermo, via Trentacoste, 89;
contro
Università degli studi di Catania, Azienda universitaria Policlinico di Catania, Ministero della Salute, in persona dei rispettivi legali rappresentanti, non costituitisi;
nei confronti di
Calandra [#OMISSIS#], rappresentata e difesa dall’avv. [#OMISSIS#] Libertini, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. [#OMISSIS#] Giudice in Palermo, V. M. D'[#OMISSIS#], 27/C;
Rampello [#OMISSIS#], rappresentato e difeso dall’avv. Donato De [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso [#OMISSIS#] Allotta in Palermo, via Trentacoste, 89;
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Sortino [#OMISSIS#], rappresentati e difesi dagli avv. Giovanni [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giovanni [#OMISSIS#] in Palermo, via Libertà, 171;
Garozzo [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], non costituitisi;
per la revocazione
della sentenza del CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIA n. 00934/2010, resa tra le parti, concernente affidamento incarico di responsabile strutture del policlinico.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Calandra [#OMISSIS#], Rampello [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Sortino [#OMISSIS#];
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 ottobre 2013 il Cons. [#OMISSIS#] La Guardia e uditi per le parti l’avv. S. Mazza su delega dell’avv. E. Pistone Nascone, l’avv. G.nni [#OMISSIS#] e l’avv. F. Basile su delega dell’avv. Libertini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I. – Con sentenza n. 1078 del 2006 il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, sezione di Catania, ha accolto il ricorso proposto da alcuni professori associati presso l’Università di Catania per l’annullamento, limitatamente all’apposizione del termine, dei provvedimenti con i quali l’Ateneo catanese e l’Azienda universitaria Policlinico di Catania, in carenza dei professori ordinari nelle relative discipline, aveva affidato loro l’incarico di responsabili di diverse strutture complesse del Policlinico fino alla fine dell’anno accademico in corso (2005-2006) e comunque fino alla copertura del posto di docente di prima fascia.
Con ricorso in appello, che ha assunto il n. 224 R.G. del 2007, l’Università di Catania ed il Ministero della Salute hanno chiesto la riforma della sentenza.
Con nota del 7 maggio 2007, a firma del Rettore, l’Università ha rappresentato di non avere più interesse a coltivare l’appello.
Successivo atto di intervento è stato proposto dal prof. [#OMISSIS#] Aguglia dopo che egli, chiamato, a far data dal 1° marzo 2008, a ricoprire la cattedra di clinica psichiatrica presso la facoltà di medicina e chirurgia dell’Ateneo catanese, aveva visto disattesa dal Policlinico la sua richiesta di ricoprire l’incarico di responsabile della struttura complessa di clinica psichiatrica, in quanto il posto era in atto ricoperto dalla prof.ssa [#OMISSIS#] Calandra, cui la sentenza n.1078/06 aveva riconosciuto il corrispondete diritto, e aveva già proposto, avverso detta sentenza,opposizione di terzo avanti il Tar catanese (ricorso n. 2920/2008).
Con sentenza 23 giugno 2010, n. 934 questo CGA, in considerazione della dichiarazione di desistenza dell’Università, ha dichiarato improcedibile l’appello.
II. – Con il presente ricorso, il prof. Aguglia agisce per la revocazione della predetta sentenza in relazione all’ipotesi di cui al n. 4) dell’art. 395 c.p.c., lamentando errore di fatto per omessa pronuncia sul proprio atto di intervento, sull’assunto della relativa natura sostanziale di atto di opposizione di terzo in appello e della conseguente necessità di esitarlo, senza poterlo considerare travolto dalla declaratoria di improcedibilità dell’appello dell’Università.
Sostiene la propria legittimazione, in quanto titolare di una posizione giuridica autonoma e incompatibile con quella accertata inter alios dalla sentenza n. 1078/06, a proporre opposizione di terzo e chiede, in via rescissoria l’accoglimento dell’opposizione affermando l’erroneità della sentenza di primo grado, che avrebbe erroneamente interpretato l’art. 1, comma 18, l. n. 230 del 2005 estendendone la portata oltre il caso, ivi previsto, di docenti di materie cliniche che, pur avendo già raggiunto i 65 anni di età, continuano a svolgere le funzioni assistenziali fino al collocamento in quiescenza quali docenti universitari.
Si sono costituiti in giudizio, contestando l’ammissibilità e comunque la fondatezza del ricorso, la prof.ssa Calandra, titolare dell’incarico di responsabile della struttura complessa di clinica psichiatrica, nonché i professori di altre discipline nominati in epigrafe, questi ultimi anche rilevando che la loro situazione non interferisce con i diritti rivendicati dal prof. Aguglia.
I profili di inammissibilità segnalati dai resistenti attengono, in sintesi, prioritariamente, all’insussistenza del presupposto dell’errore di fatto revocatorio, indi al difetto di legittimazione e alla tardività dell’atto di intervento, notificato il 4 febbraio 2009, con conseguente impossibilità di conversione dello stesso in atto di opposizione di terzo.
Dopo scambio di memorie, la causa è stata posta in decisione all’udienza del 17 ottobre 2013.
III. – Il Collegio reputa il ricorso inammissibile, per insussistenza dell’invocato presupposto di esperibilità del rimedio revocatorio azionato.
Il ricorrente lamenta che la decisione impugnata non faccia alcuna menzione dell’atto processuale e afferma che, qualora il giudice avesse percepito la reale natura del proposto atto di intervento, qualificabile quale di atto di opposizione di terzo, avente portata del tutto autonoma rispetto all’appello proposto dall’amministrazione, non lo avrebbe disatteso de plano e senza esaminarlo, quale mero effetto automatico e necessitato della declaratoria di improcedibilità dell’appello.
In sostanza, egli prospetta il ricorso di un caso in cui l’omessa pronuncia è riconducibile ad una svista percettiva riguardo al contenuto degli atti processuali, ascrivibile, come tale, al novero degli errori di fatto piuttosto che ad errori di diritto, ma la stessa argomentazione del ricorrente secondo cui l’atto doveva essere “qualificato”, ovvero “convertito” (pag. 5 del ricorso) in considerazione della sua “natura sostanziale” contraddice l’affermazione dell’esistenza di un errore di carattere revocatorio. Tale, infatti, per concorde giurisprudenza, è solo l’errore che consiste in una mera svista di carattere materiale, obiettivamente ed immediatamente rilevabile, la quale abbia portato a supporre l’esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso dagli atti o documenti, ovvero l’inesistenza di un fatto decisivo che dagli atti e documenti risulti positivamente accertato; errore meramente percettivo che in nessun modo coinvolge l’attività valutativa ed interpretativa del giudice di situazioni esattamente percepite nella loro oggettività e, pertanto, non può mai cadere sul contenuto concettuale delle tesi difensive delle parti (cfr., esemplificativamente, Cons. giust. amm. sic. 19 ottobre 2010, n. 1267). La qualificazione dell’atto rientra, appunto, tra le attività interpretative e la eventuale conversione richiede una specifico esame della sussistenza dei presupposti, formali e sostanziali, relativi; viene, quindi, impegnata l’attività valutativa, non quella meramente percettiva del giudice.
Nella sentenza, pure estremamente sintetica, l’atto processuale in questione è specificamente menzionato (“Visto l’atto di intervento dell’avv. E. Pistone Nascone per Aguglia [#OMISSIS#]”) e la sua mancata autonoma valutazione rispetto all’appello dichiarato improcedibile è coerente con tale qualificazione data all’atto, frutto, semmai, di un errore di diritto revocatoriamente indifferente.
Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale,
definitivamente pronunciando sul ricorso per revocazione n. 373 del 2011, lo dichiara inammissibile.
Condanna il ricorrente a rifondere alle controparti costituite le spese del giudizio che liquida in complessivi € 4.000,00 (quattromila) di cui € 1.000,00 (mille) per ciascuna parte, oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 17 ottobre 2013 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] De Lipsis, Presidente
[#OMISSIS#] de [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] La Guardia, Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] Mineo, Consigliere
[#OMISSIS#] Barone, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/03/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)