L’indefettibilità del concorso pubblico come canale di accesso pressoché esclusivo nei ruoli delle pubbliche amministrazioni non è assoluta, ma ad esso può derogarsi in presenza di peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico. Sono state, quindi, ritenute legittime le sole deroghe giustificate dall’esigenza di garantire alla pubblica amministrazione specifiche competenze consolidatesi all’interno dell’amministrazione stessa, funzionali al buon andamento dell’Amministrazione (Corte cost., Sent., 13-09-2012, n. 217).
Si spiega così, esemplificando, la non derogabilità della regola della pubblicità della procedura di reclutamento, preordinata al rispetto dei principi di trasparenza, parità di trattamento e non discriminazione (cfr. sentenza n. 2440/2015 del T.A.R. Lombardia, Sezione III, confermata dal Cons. Stato con sentenza del 20 aprile 2017, n. 1856). Tale regola di pubblicità non è, dunque, derogabile neppure nell’ambito delle procedure ex art. 24, comma 6, dove pure s’impone il rispetto dei suesposti principi, specie laddove vi siano, come nella specie, più aspiranti alla chiamata nel ruolo di professore di prima fascia.
TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 1 agosto 2019, n. 1809
Procedura concorsuale per copertura posto Professore-Limiti
N. 01809/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00176/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 176 del 2018, integrato da motivi aggiunti, proposto da
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] ed [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] rappresentati e difesi dall’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Milano, via Larga, 6;
contro
Università degli Studi di Milano Bicocca, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura dello Stato, domiciliata ex lege in Milano, via Freguglia, 1;
Commissione Giudicatrice della procedura valutativa, non costituita in giudizio;
nei confronti
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] E.L. [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del primo in Milano, via G.B. Bazzoni, 2;
per l’annullamento
— per quanto riguarda il ricorso introduttivo:
– 1) del decreto rettorale del 10.11.2017, di riduzione da 5 a 3 membri della commissione giudicatrice della procedura valutativa per la copertura di 1 posto di professore di I fascia SPS/08 mediante chiamata, ex art. 24, co. 6 della legge n. 240/2010, unitamente [#OMISSIS#] atti presupposti e conseguenti, quali:
– a) la delibera del 6.11.2017 del Senato Accademico, in cui il Rettore chiede al Senato Accademico di confermare, riducendole pertanto a tre componenti, la restante composizione della Commissione come da D.R. n. 15852 del 13.7.2017, e il Senato approva all’unanimità;
– b) il decreto rettorale 13.7.2017 di costituzione della commissione giudicatrice a 5 membri;
– 2) i provvedimenti rettorali di rigetto, nn. 80505 e 80506 del 27/11/2017, delle istanze di ricusazione avanzate contro il membro interno;
– 3) il provvedimento del 20.11.2017, di rigetto dell’istanza di accesso [#OMISSIS#] atti del 17.11.2017;
– 4) il provvedimento del 18.12.2017, di parziale rigetto dell’accesso;
nonché, in parte qua:
– 5) del D.R. 06/06/2017, di indizione della Procedura valutativa per la copertura di due posti di prof. I fascia;
– 6) del verbale n. 7 del 17.5.2017 del Dipartimento di Sociologia con cui è stato definito il profilo di professore oggetto della procedura valutativa;
– 7) delle delibere 22.6.17 e 13.9.17 del Dipartimento di Sociologia relative all’individuazione dei candidati a membri della commissione giudicatrice;
– 8) della seduta del Senato accademico del 9.10.2017;
– 9) della mozione approvata dal Dipartimento di Sociologia, [#OMISSIS#] seduta dell’11.10.2017;
– 10) del D.R. del 3.11.2017 di accoglimento delle dimissioni della prof.ssa [#OMISSIS#];
– 11) del verbale n. 1 del 29/11/2017 di insediamento e di individuazione dei criteri di valutazione della C.G.;
– 12) del verbale n. 2 dell’8.1.2018 della C.G.;
con ciò intendendo contestare il complessivo agire dell’Amministrazione [#OMISSIS#] svolgimento della procedura valutativa;
e per l’accertamento che, per la nomina dei commissari, il Rettore si debba attenere ad un criterio oggettivo, quale quello del sorteggio, tra la [#OMISSIS#] dei candidati proposti dal Dipartimento, verificando di non inserire componenti non terzi ed equidistanti;
e con condanna dell’Università al risarcimento del danno;
— e, per quanto riguarda i motivi aggiunti, presentati da entrambi i ricorrenti il 1° febbraio 2018:
per l’annullamento, previa sospensiva:
– 13) del d.R. n. 16397 del 16.01.2018, di approvazione degli atti della procedura valutativa per la chiamata del prof. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] nel ruolo di professore di prima fascia, per il settore SPS/08, presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale;
– 14) del verbale n. 2, dell’8.01.2018 della Commissione giudicatrice;
– 15) della relazione riassuntiva del 10.01.2018 della procedura valutativa svolta dalla Commissione giudicatrice;
– 16) della delibera del Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale del 17.01.2018 che richiede la chiamata del prof. [#OMISSIS#];
– 17) del provvedimento del Consiglio di Amministrazione dell’Università Milano Bicocca del 23.01.2018 di chiamata del prof. [#OMISSIS#];
e, ove occorrer possa:
– 18) dell’art. 11, comma 6, D.R. n. 15258 del 30.11.2016, modificato con D.R. n. 15673 29.05.2017, recante Regolamento per la disciplina delle procedure di chiamata dei professori di prima e seconda fascia, [#OMISSIS#] parte in cui prescrive solamente l’espressione di una valutazione da parte della Commissione in merito ai candidati nelle procedure ex art. 24, c. 6, L. n. 240/2010;
– 19) dell’art. 9, comma 3, del D.R. n. 15671 del 5.06.2017, recante Procedura valutativa per la copertura di due posti di professore di prima fascia mediante chiamata ai sensi dell’art. 24, c. 6, L. n. 240/2010, [#OMISSIS#] parte in cui ricalca il Regolamento d’Ateneo sopra indicato,
nonché, di tutti gli atti presupposti, preordinati, collegati, conseguenti e connessi, assunti ai fini della procedura valutativa sopra indicata, e degli eventuali atti consequenziali di svolgimento del concorso, anche non conosciuti, compreso il contratto stipulato dall’Università Milano-Bicocca con il prof. [#OMISSIS#], nonchè, per la conseguente condanna dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, in quanto responsabile, al risarcimento o all’indennizzo del danno patrimoniale e non patrimoniale ai sensi dell’art. 30 d.lgs. n. 104/2010.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Milano Bicocca e di [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#];
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 marzo 2019 la dott.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1) I ricorrenti sono entrambi professori di seconda fascia in servizio presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca: il prof. [#OMISSIS#], associato dal 2002, in possesso dal 2013 di abilitazione scientifica nazionale (ASN) di prima fascia per il settore SPS/08; la prof.ssa [#OMISSIS#], associata dal 2005, con ASN di prima fascia conseguita nel 2017 sempre per il settore SPS/08.
2) Riferiscono, in punto di fatto, di avere entrambi partecipato alla procedura valutativa per un posto di professore di prima fascia, da assegnare al “Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale”, “Settore concorsuale 14/C2 – Sociologia dei Processi Culturali e Comunicativi”, “Profilo: settore scientifico-disciplinare SPS/08 – Sociologia dei Processi Culturali e Comunicativi”. Alla procedura hanno partecipato anche i professori [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#].
3) Sennonché, con ricorso notificato tra il 9 e il 16/1/18 e depositato il 22/1/18, gli esponenti hanno impugnato gli atti in epigrafe specificati, lamentandone l’illegittimità sulla base di plurimi motivi, volti ad ottenere la nomina di una diversa Commissione giudicatrice.
3.1) Ciò, in quanto, spiegano in dettaglio, l’Università avrebbe seguito un percorso tortuoso e poco trasparente [#OMISSIS#] nomina degli attuali commissari, ricavabile dagli elementi di seguito sintetizzati:
– [#OMISSIS#] seduta del 22 giugno 2017 il Consiglio di Dipartimento ha deciso d’insediare una Commissione composta di cinque membri, in conformità con quanto già effettuato nel precedente concorso, settore SPS/07, indetto in data 27.01.2015;
– nell’individuare la [#OMISSIS#] degli otto nomi dei candidati esterni da presentare al Senato Accademico per la scelta dei quattro membri esterni della Commissione giudicatrice, è stata sottoposta dalla prof.ssa De [#OMISSIS#], in qualità di membro interno, una lista in cui figurano, tra i primi quattro nomi, quelli di candidati posti in ordine alfabetico – segnatamente [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] – e, a seguire, gli altri quattro candidati, in particolare [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Di [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], indicati in ordine casuale;
– i ricorrenti hanno subito segnalato via email al Rettorato e al Dipartimento che, [#OMISSIS#] lista dei candidati predisposta dal Dipartimento, era presente il nome del prof. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], che si trovava, a loro avviso, in una situazione di conflitto d’interessi, per la stretta collaborazione scientifica con uno dei canditati alla procedura, il prof. [#OMISSIS#];
– in seguito a tali lettere, nei primi giorni di luglio 2017 la prof.ssa De [#OMISSIS#] ha, dapprima, cercato di contattare il prof. [#OMISSIS#]; indi, rimasti infruttuosi tali contatti, ha ricontattato il prof. [#OMISSIS#], primo nome della seconda parte (quella in ordine casuale) della lista di possibili commissari, a cui precedentemente la stessa aveva chiesto la disponibilità ad essere indicato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] dei nomi da portare all’approvazione del Dipartimento, per chiedergli una disponibilità effettiva in quanto “c’è una possibilità pur minima che il rettore mi chieda di cambiare le indicazioni sulla scelta dei Commissari effettivi“;
– con d.R. n. 15852, del 13.07.2017, il Rettore ha nominato la Commissione giudicatrice nelle persone dei professori [#OMISSIS#] De [#OMISSIS#] (membro interno), [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], ovvero, scegliendo proprio i nomi iniziali della lista, escludendo il prof. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] ed aggiungendo per scorrimento il primo dei professori indicato in posizione subordinata dal membro interno;
– solo successivamente alla nomina della Commissione, con email del 21 luglio 2017, il membro interno ha chiesto al prof. [#OMISSIS#] di attestare il possesso dei requisiti ANVUR; non disponendone, in data 10.08.2017 il prof. [#OMISSIS#] ha rinunciato all’incarico, rappresentando di avere “preso atto di non essere in possesso dei requisiti di prassi richiesti dal Vostro Ateneo per la partecipazione ai lavori della Commissione indicata in oggetto“, rinuncia formalizzata con d.R. n. 15957 del 5.09.2017 come dimissioni;
– in merito alla sostituzione di tale membro dimissionario, il Consiglio di Dipartimento [#OMISSIS#] seduta del 13.09.2017 ha deliberato una nuova lista di candidati, che ripropone nei primi quattro posti successivi al membro interno le persone di [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] (ovvero i membri in carica della Commissione) e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], e, a seguire, i tre professori già indicati [#OMISSIS#] prima lista non in ordine alfabetico – [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Di [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] – a cui si aggiunge il nome [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]; anche in questo [#OMISSIS#] la [#OMISSIS#] dei nomi sottoposta al Senato Accademico ha un ordine di preferenza per la collocazione dei nomi [#OMISSIS#] lista: è stata, cioè, evidenziata come preferita la nomina come commissario della prof.ssa [#OMISSIS#], in luogo della prof.ssa [#OMISSIS#] di [#OMISSIS#], che [#OMISSIS#] nuova lista è stata spostata al settimo posto;
– si è reso nuovamente necessario, da parte dei candidati ricorrenti, segnalare al Rettore e al Dipartimento dei motivi di incompatibilità, stavolta nei confronti della prof.ssa [#OMISSIS#], il cui profilo scientifico, biografico e di attuale collocazione professionale, sempre presso l’Università degli Studi di Milano, è strettamente legato a quello del prof. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e, di conseguenza, anche a quello di uno dei candidati alla procedura valutativa, sempre il prof. [#OMISSIS#] (lettera del 3.10.2017);
– in seguito a tale seconda segnalazione la prof.ssa De [#OMISSIS#], ancora prima di conoscere la valutazione del Senato Accademico in merito a chi scegliere della seconda lista di nomi trasmessi per sostituire il membro dimissionario, avrebbe manifestato la volontà di dimettersi, tanto da portare il Senato Accademico, [#OMISSIS#] seduta del 9.10.2017, al rinvio dell’integrazione della Commissione, formalmente per valutare i curricula dei professori proposti;
– [#OMISSIS#] seduta del Consiglio di Dipartimento dell’11.10.2017 la prof.ssa De [#OMISSIS#] – come riferito ai ricorrenti da alcuni colleghi – avrebbe rappresentato di aver rassegnato le dimissioni, tuttavia revocabili, ove fosse stata nominata una Commissione giudicatrice non più di cinque, ma di tre membri: [#OMISSIS#] medesima seduta, in effetti, il Dipartimento ha approvato una mozione [#OMISSIS#] quale (punto 4.1.2 del verbale n. 11 dell’11.10.2017) si esprime anticipatamente parere favorevole “anche, nel [#OMISSIS#] ricorrano le condizioni, per la eventuale rideterminazione della composizione della Commissione in tre membri (uno interno e due esterni [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] proposta lo scorso 13 settembre) anziché i cinque a suo tempo deliberati“;
– pochi giorni prima della riunione del Senato Accademico, prevista per deliberare sulla sostituzione del dimissionario prof. [#OMISSIS#], anche la prof.ssa [#OMISSIS#], con istanza del 3.11.2017, ha rassegnato le proprie dimissioni da commissario, che sono state accolte con d.R. n. 16171, dello stesso 3.11.2017; ciò che ha offerto un ulteriore spunto per la riduzione della Commissione da cinque a tre membri.
3.2) I ricorrenti apprenderanno successivamente che il Rettore dell’Università Bicocca, con d.R. n. 16177, del 10.11.2017, ha decretato la riduzione della composizione della Commissione giudicatrice da cinque a tre membri, segnatamente nelle persone dei professori [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] De [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], come deliberato [#OMISSIS#] seduta del Senato Accademico del 6.11.2017, in cui si conferma, riducendone il numero da cinque a tre membri, la parte non dimissionaria della Commissione nominata il 13.07.2017.
4) Con istanza del 17.11.2017 il prof. [#OMISSIS#] ha presentato istanza di accesso [#OMISSIS#] atti, per avere cognizione delle dimissioni dei due membri della Commissione, ma la stessa è stata rigettata, con comunicazione del 20.11.2017, in quanto “non sussiste nessun interesse giuridicamente collegato ai documenti di cui si chiede accesso“.
5) In data 23.11.2017 i ricorrenti hanno presentato istanze di ricusazione del membro interno, evidenziando sia quanto posto in essere dalla prof.ssa De [#OMISSIS#] al fine di ottenere una composizione della Commissione giudicatrice a lei gradita, sia l’inimicizia dalla stessa espressa nei confronti dei ricorrenti.
5.1) Con due distinti provvedimenti, entrambi del 27.11.2017, tali istanze di ricusazione sono state rigettate, con la medesima motivazione, avendo gli istanti omesso di “indicare fatti e circostanze concrete che rivelino l’esistenza di rancore o avversione in quanto la grave inimicizia del Commissario deve trovare ancoraggio in fatti concreti e precisi estranei alla realtà della procedura“, mentre sarebbero state addotte solo “valutazioni soggettive che non possono trovare accoglimento“.
5.2) Il membro interno, ancor prima della scadenza dei dieci giorni per la presentazione di eventuali istanze di ricusazione, ha provveduto a convocare la prima seduta di insediamento della Commissione e, pur avendo i ricorrenti saputo che la prof.ssa De [#OMISSIS#] era stata messa al corrente della pendenza di istanze di ricusazione nei suoi confronti, la stessa non ha ritenuto di procedere ad alcun rinvio di detta riunione telematica.
5.3) Anzi, [#OMISSIS#] seduta della Commissione giudicatrice del 29.11.2017, i Commissari, dopo avere dichiarato che non era stata avanzata alcuna istanza di ricusazione ed avere eletto il membro interno come [#OMISSIS#], hanno dichiarato di non versare in alcuna situazione di incompatibilità ed hanno quindi stabilito i criteri di valutazione, trasmettendo il verbale al Responsabile del Procedimento per assicurarne la pubblicizzazione.
6) L’Università Bicocca, proseguono gli istanti, oltre a quanto sin qui esposto, ha tenuto un atteggiamento di poca trasparenza, poiché, dopo il rigetto della prima istanza di accesso [#OMISSIS#] atti del prof. [#OMISSIS#], ha adottato parziali rigetti anche delle successive istanze d’accesso dei ricorrenti, datate rispettivamente 29.11.2017, 4.12.2017 e 5.12.2017.
In sostanza, l’Ateneo si è limitato a trasmettere, quanto alle richieste attinenti la composizione della Commissione, l’estratto del verbale della seduta del Senato Accademico del 6.11.2017, corredato dalla delibera [#OMISSIS#] stesso richiamata, il verbale n. 11 del Dipartimento dell’11.10.2017 (già conosciuto) e, al solo prof. [#OMISSIS#], i CV dei professori commissari [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], “non sussistendo alcun interesse giuridicamente rilevante ad accedere ai CV dei non eletti“.
6.1) Quanto all’accesso [#OMISSIS#] atti attinenti l’adozione dei provvedimenti di rigetto delle istanze di ricusazione del 27.11.2017, l’Ateneo ha ritrasmesso soltanto tali provvedimenti, in quanto “non ci sono altri atti a cui accedere se non quelli già in suo possesso“.
7) Il 24 gennaio 2018 si è costituita pro forma l’intimata Università.
8) Con motivi aggiunti depositati il 01/02/2018 l’impugnazione è stata estesa [#OMISSIS#] atti in epigrafe specificati, deducendo l’illegittimità per vizi propri, oltreché per invalidità derivata dagli atti impugnati col ricorso introduttivo.
9) In vista della [#OMISSIS#] di consiglio fissata per l’esame della domanda cautelare l’Università ha controdedotto con memoria alle censure avversarie e ha sollevato eccezioni di inammissibilità dell’impugnazione del decreto rettorale n. 15852, del 13.7.2017, in quanto sostituito dal decreto n. 76369, del 10.11.2017, con il quale è stata investita la Commissione che ha espletato la selezione.
Nessun interesse giuridicamente protetto può poi ravvisarsi in capo ai ricorrenti, ad avviso della medesima difesa, rispetto alle lettere di dimissioni dei proff.ri [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#], così come riguardo alla convocazione della Commissione (tanto meno dopo che il primo verbale dei lavori era stato reso disponibile sul [#OMISSIS#] dell’Università, sin dal 1°. 12.2017). Quanto poi al d.R.16171, del 10.11.2017, si tratta di provvedimento correttamente pubblicato sul [#OMISSIS#] dell’Ateneo e, perciò, facilmente reperibile.
10) Anche i ricorrenti insistono con memoria sulle proprie conclusioni, ivi incluse le domande sull’accesso, istruttorie e cautelari.
11) Il 08.02.2018 si è costituito il controinteressato, controdeducendo con separata memoria alle censure avversarie e sollevando plurime eccezioni, quali:
– quella di inammissibilità del ricorso introduttivo e dei motivi aggiunti, per violazione dei doveri di sinteticità e di chiarezza, enunciati nell’art. 3 c.p.a. e per la conseguente e correlata violazione del dovere di specificità dei motivi, di cui all’art. 40 c.p.a.: la sovrapposizione delle argomentazioni, la ripetizione sovrabbondante che caratterizza l’esposizione sia in fatto che in diritto impediscono la piana comprensione delle censure, delle questioni e degli istituti giuridici posti a fondamento delle contestazioni di controparte;
– quella di inammissibilità per difetto d’interesse dell’impugnativa [#OMISSIS#] parte rivolta al D.R. n. 15671, pubblicato il 6.06.2017, di indizione della procedura valutativa de qua, trattandosi, chiarisce il patrocinio medesimo, di domanda all’evidenza contraria all’interesse del ricorrente che senz’altro vuole partecipare alla procedura;
– quella d’inammissibilità per contraddittorietà intrinseca dell’impugnativa, laddove si chiede, contestualmente, l’annullamento del d.R. n. 16177, del 10.11.2017 – con cui il Rettore ha ridotto da cinque a tre i membri della Commissione giudicatrice della procedura valutativa per la copertura del posto di cui si discute – e l’annullamento del “richiamato” d.R. n. 15852, del 13.07.2017, di costituzione della Commissione giudicatrice in cinque membri: le due domande, chiarisce il patrocinio controinteressato, si elidono vicendevolmente, perché il loro contemporaneo accoglimento impedirebbe di costituire validamente una qualsiasi Commissione;
– si eccepisce, ancora, l’inammissibilità dell’impugnazione laddove rivolta avverso una “seduta”: quella del 9/10/2017, anziché avverso un provvedimento;
– si nega ogni interesse a contestare il d.R. n. 16171, del 3.11.2017, di accoglimento delle dimissioni della prof.ssa [#OMISSIS#], che, quale atto di mera accettazione di un atto personalissimo, non è atto che il ricorrente può contestare.
12) Con ordinanza n. 253, del 21 febbraio 2018, è stata respinta la formulata domanda cautelare, sul presupposto dell’insussistenza del periculum in mora.
13) Il 26 ottobre 2018 il patrocinio dei ricorrenti ha depositato “Istanza di rinuncia [#OMISSIS#] atti della ricorrente” prof.ssa [#OMISSIS#], motivata, tra l’altro, dalla considerazione che la stessa “ritiene di non avere, anche in [#OMISSIS#] di accoglimento dei gravami, buone chanches per collocarsi al primo posto [#OMISSIS#] procedura valutativa per la chiamata di un posto di professore ordinario impugnata”. La dichiarazione, sottoscritta personalmente dalla parte rinunciante, è stata accettata da parte resistente, con adesione alla compensazione delle spese di lite.
14) In vista dell’udienza di merito sono stati depositati documenti, memorie e repliche. È stato, tra l’altro, evidenziato che il prof. [#OMISSIS#] è stato autorizzato, con decreto rettorale n. 16597, del 21.03.2018, a dedicarsi esclusivamente ad attività di ricerca, per il periodo dal 01.10.2018 al 30.09.2019, mentre il prof. [#OMISSIS#], in seguito alla chiamata come vincitore della procedura valutativa impugnata, ha iniziato la propria attività di professore ordinario con decorrenza dal 1° marzo 2018.
15) In data 23 febbraio 2019 il patrocinio ricorrente ha depositato una memoria di 48 pagine e ulteriori documenti, con i numeri da 51 a 53, in violazione dei termini di cui all’art. 73, co. 1 c.p.a.
16) Il successivo 27 febbraio 2019 il medesimo patrocinio ha depositato un’istanza di autorizzazione al deposito tardivo della memoria con le produzioni documentali depositate in giudizio ai nn. 51-53, salva l’acquisizione di tali documenti, ai sensi dell’art. 63, c. 1 e 2 c.p.a., in special modo, del verbale della riunione del Senato Accademico del 9.10.2017, pure impugnato con il ricorso.
17) All’udienza pubblica del 26 marzo 2019, presenti gli avvocati V. [#OMISSIS#] per la parte ricorrente, R. [#OMISSIS#] per l’Università, P. [#OMISSIS#] e A. [#OMISSIS#] per il controinteressato, il Collegio, in relazione alla richiesta di accesso [#OMISSIS#] atti, ne eccepisce la tardività con riferimento al 1° rigetto, del 20/11/2017, e l’inammissibilità con riferimento al parziale diniego del 18/12/2017; i difensori del controinteressato si oppongono alla richiesta di accesso e di assunzione di prova testimoniale; indi, la causa è stata trattenuta in decisione.
18) Preliminarmente, il Collegio deve soffermarsi sulla dichiarazione di rinuncia proveniente dalla prof.ssa [#OMISSIS#].
La stessa, pur sottoscritta dalla ricorrente e dall’avvocato munito di mandato speciale e depositata in atti, non risulta notificata, ai sensi e nei termini di cui all’art. 84, co. 3 c.p.a., e non può, pertanto, condurre all’estinzione del processo, sia pure limitatamente alla posizione della rinunciante.
Nondimeno, anche in assenza delle formalità di cui al citato art. 84, co. 3, il Collegio può, in forza del successivo comma 4 del medesimo articolo, desumere da tale rinuncia un argomento di prova della sopravvenuta carenza d’interesse alla decisione della causa.
Orientandosi in tale senso, il Collegio dichiara improcedibili il ricorso e i motivi aggiunti proposti dalla ricorrente [#OMISSIS#], in ogni loro domanda.
19) Residua la posizione del prof. [#OMISSIS#], in merito alla quale il Collegio ritiene, in primo luogo, di soprassedere dall’esame delle plurime eccezioni preliminari, proposte dalle controparti o rilevabili anche d’ufficio, stante l’infondatezza nel merito del gravame.
19.1) Si accenna soltanto, tra le questioni rilevabili d’ufficio, alla possibile inammissibilità della proposizione in forma collettiva dell’impugnazione, stante che – rispetto al [#OMISSIS#] della [#OMISSIS#] anelato (l’unico posto di professore di prima fascia, oggetto della procedura valutativa per cui è causa) – le posizioni dei ricorrenti appaiono in insanabile conflitto d’interessi, denotando l’assenza di un requisito intrinseco della domanda che, come noto, deve sussistere al momento della proposizione del ricorso e permanere sino alla sua definizione.
20) Nel merito, principiando dal primo motivo di ricorso, va osservato come con esso si deducano vizi a carico dei decreti rettorali del 13.7.2017 e del 10.11.2017, afferenti la nomina della Commissione giudicatrice.
20.1) Il motivo è così rubricato:
Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3 e 97 Cost. – Violazione e falsa applicazione dell’art. 5 D.R. 30.11.2016 n. 15258 (modificato con D.R. del 29.05.2017 n. 15673) Regolamento per la disciplina delle procedure di chiamata dei professori ¬Illegittima composizione della Commissione giudicatrice – Violazione e falsa applicazione dell’art. 1, c. 7, Statuto di Ateneo, D.R. n. 10332 del 3.03.2015 —Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2 Delibera ANVUR 13.09.2016 n. 132 ¬ Violazione dei principi di par condicio, imparzialità e terzietà.
20.1.1) Ad avviso degli istanti, l’art. 5, comma 3 del Regolamento di Ateneo deve essere letto nel senso che, la scelta dei commissari esterni deve avvenire con un metodo tecnico (sorteggio, elezione, estrazione, ecc.) e deve essere fatta da un soggetto diverso da quello che ha richiesto l’indizione della procedura, a garanzia dell’imparzialità della Commissione.
Ciò, a maggior ragione ove se si tratti di procedure valutative, come quella in esame, riservate a professori in servizio presso lo stesso Ateneo, trattandosi di soggetti evidentemente conosciuti dal membro interno appartenente alla stessa Università.
Proprio [#OMISSIS#] stessa logica, proseguono gli istanti, la Legge [#OMISSIS#] prevede che, per la formazione delle Commissioni giudicatrici delle abilitazione scientifiche nazionali (ASN) sia utilizzato il criterio del sorteggio dei commissari tra tutti i candidati, con un meccanismo delineato nei decreti ministeriali attuativi improntato alla segretezza della scelta.
Se ne deve dedurre che, la scelta dei membri della Commissione non possa essere operata dal Dipartimento o dal membro interno designato, posto che, la prescrizione di rimettere ad un altro soggetto, il Rettore, la scelta su un ampio spettro di possibili commissari, sulla base dei loro curricula vitae, anche là dove lo stesso non decida di procedere con sorteggio, implica e presuppone che la scelta in questione sia svincolata dalle indicazioni di chi ha proposto la [#OMISSIS#] dei nomi, ciò che soltanto garantisce l’indipendenza e l’imparzialità dell’organo che si va a costituire.
Nel [#OMISSIS#] di specie, la prima “[#OMISSIS#]” predisposta dal Dipartimento contiene, come rivelato dal membro interno a un altro docente del Dipartimento [#OMISSIS#] la seduta del Consiglio del 22.06.2017, un ordine di gradimento. Tale ordine di preferenza emerge anche per le modalità con cui è stata confezionata la lista che, per i nomi dei commissari esterni indicati in posizione privilegiata segue l’ordine alfabetico, mentre, per i successivi quattro nomi, da non nominare, segue l’indicazione casuale.
Le vicende successive, evidenziate in fatto, lasciano intendere che la scelta dei nomi dei Commissari sia stata operata dal membro interno invece che dal Rettore: il tenore della email inviata dalla prof.ssa De [#OMISSIS#] al prof [#OMISSIS#] è inequivocabile nell’attestare che, unitamente alla trasmissione della [#OMISSIS#] di nomi, sono state fornite al Rettore indicazioni precise sui membri effettivi da nominare.
La semplice lettura del verbale della seduta del 22.06.2017 dimostra che, il Consiglio di Dipartimento non ha effettuato valutazione alcuna dei curricula o, comunque, del possesso dei requisiti da parte dei professori candidati alla nomina di commissario.
Similmente, anche il Senato Accademico ed il Rettore non hanno operato una tale verifica, come dimostrato dal fatto che al prof. [#OMISSIS#] è stato chiesto il possesso di tali requisiti, che pacificamente non aveva, solo in data 21.07.2017, dopo che era già stato nominato membro della Commissione, ciò che ha portato alle sue dimissioni dalla stessa.
La mancata valutazione dei curricula dei potenziali commissari della lista inviata dal Dipartimento anche da parte del Senato Accademico [#OMISSIS#] l’art. 5 del Regolamento di Ateneo che, nel prescrivere di corredare la trasmissione della [#OMISSIS#] con i CV, ritiene implicito e conseguenziale il loro esame prima di operare la scelta dei membri effettivi.
Il d.R. n. 15852, del 13.07.2017, di nomina della Commissione giudicatrice risulta quindi assunto in violazione dell’art. 5 del Regolamento e all’esito di un operato affetto da sviamento di potere, posto in essere dal membro interno e dal Dipartimento, per le ragioni sin qui illustrate.
20.1.2) La difesa del controinteressato, controdeducendo al motivo in esame, difende l’operato dell’Università, rivelando come la stessa si sia in toto attenuta al dettato dell’art. 7 del bando, a sua volta conforme all’art. 5 del regolamento che – nei passaggi qui rilevanti – così recita:
1. La Commissione è nominata dal Rettore, previa delibera del Senato Accademico, su proposta del Dipartimento che ha richiesto la copertura del posto.
…… omissis …
2. La Commissione è costituita da tre o cinque professori di prima fascia o dirigenti di ricerca, in prevalenza esterni ai ruoli dell’Ateneo comunque appartenenti al settore concorsuale o macrosettore oggetto della selezione o da stranieri appartenenti a ruoli equivalente in ambito corrispondente al settore concorsuale oggetto della selezione.
…. omissis ….
3. La scelta dei componenti esterni è effettuata dal Rettore sentito il senato accademico tra una [#OMISSIS#] proposta dal Dipartimento e composta da un numero di nomi almeno doppio rispetto al numero di commissari esterni. La lista deve essere corredata dai curricula vitae”.
Ciò posto, il controinteressato stigmatizza il tentativo di parte ricorrente di forzare il dato normativo, attribuendo all’art. 5, comma 3 del Regolamento di Ateneo dei significati che esulano totalmente dal suo significato letterale.
Dalla piana lettura della [#OMISSIS#], si afferma, è impossibile desumere che la scelta della commissione deve avvenire mediante sorteggio o elezione. Né può ammettersi il richiamo a normative palesemente inapplicabili, quali il d.P.R. n. 117/2000, che riguarda procedure precedenti la cd. Riforma [#OMISSIS#] oppure assolutamente estranee a quella in esame, come le procedure per la formazione delle Commissioni giudicatrici delle abilitazioni ASN.
20.1.3) Il motivo è infondato.
20.1.3.1) Per il corretto inquadramento della fattispecie è utile rammentare che, nell’attuale contesto normativo, la copertura dei posti da professore ordinario e associato può avvenire mediante due diverse modalità:
i) mediante la procedura selettiva di cui all’art. 18 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, aperta a tutti i soggetti in possesso dell’abilitazione scientifica nazionale e ai professori già in servizio;
ii) «fino alla metà delle risorse equivalenti a quelle necessarie per coprire i posti disponibili di professore di ruolo», attraverso le procedure di selezione mediante “upgrading”, di cui all’art. 24, commi 5 e 6, della legge 30 dicembre 2010, n. 240.
Le disposizioni dal [#OMISSIS#] citate consentono alla singola Università, «nell’ambito delle risorse disponibili per la programmazione» (comma 5), di valutare i docenti in servizio presso l’Ateneo medesimo ed in possesso di abilitazione scientifica, ai fini della loro chiamata nel ruolo dei professori associati (se ricercatori) ovvero in quello dei professore ordinari (se professori associati).
Per l’esattezza, il comma 5 ha ad oggetto la procedura di valutazione del ricercatore con contratto a [#OMISSIS#], ai fini della sua chiamata nel ruolo di professore associato, mentre il comma 6 prevede che, per il periodo transitorio dalla data di entrata in vigore della legge n. 240 del 2010 e fino al 31 dicembre dell’ottavo anno successivo, la medesima procedura di cui al comma 5 può essere utilizzata per la chiamata nel ruolo di professore di prima e seconda fascia di professori di seconda fascia e ricercatori a tempo indeterminato «in servizio nell’università medesima».
20.1.3.2) Il legislatore ha affidato all’autonomia regolamentare delle Università l’attuazione dell’art. 24, commi 5 e 6.
L’Università di Milano – Bicocca ha disciplinato, in attuazione degli articoli 18 e 24 della Legge 240/2010, le procedure di chiamata dei professori di prima e seconda fascia, con Regolamento emanato con d.R. n. 15258, del 30 novembre 2016.
Ivi, al Titolo V (art. 11), intitolato «Chiamata all’esito di procedura valutativa (art. 24, comma 6, della Legge 240/2010)», è previsto che:
«1. Sulla base delle risorse disponibili per la programmazione del fabbisogno di personale, … il Consiglio di Dipartimento può proporre al Consiglio di Amministrazione, procedure di valutazione individuale, sulla base degli standard qualitativi riconosciuti a livello internazionale e ai criteri generali stabiliti dal D.M. 4.8.2011, n.344, volte a chiamare nel ruolo di professore di prima fascia un professore di seconda fascia o un ricercatore a tempo indeterminato in servizio presso l’Ateneo, … che abbia conseguito l’abilitazione scientifica di cui all’art. 16 della Legge 240/2010.
…
2. Successivamente all’approvazione del Consiglio di Amministrazione, si procede con l’emanazione, da parte del Rettore, di un avviso pubblicato all’Albo on-line e sul [#OMISSIS#] dell’Ateneo. Il [#OMISSIS#] per la presentazione delle domande e della documentazione richiesta è di quindici giorni.
3. Non possono partecipare alla valutazione coloro che abbiano un grado di parentela o affinità, fino al quarto grado compreso, nonché il coniuge di un professore appartenente al Dipartimento che effettua la chiamata ovvero con il Rettore, il Direttore Generale o un componente del Consiglio di Amministrazione dell’Ateneo.
4. La valutazione è effettuata da apposita Commissione nominata dal Rettore, previa delibera del Senato Accademico, su indicazione del Dipartimento interessato, la cui composizione è disciplinatadall’art. 5.A parziale deroga di quanto disposto all’art. 7 del presente regolamento, la Commissione completa i suoi lavori entro due mesi dalla nomina.
5. La valutazione è effettuata sulla base degli standard qualitativi riconosciuti a livello internazionale tenendo conto dei criteri stabiliti con D.M. 4.8.2011, n. 344.
6. La Commissione, con deliberazione [#OMISSIS#] a maggioranza assoluta dei componenti, esprime la valutazione in merito ai candidati e individua il candidato maggiormente qualificato a svolgere le funzioni didattiche e di ricerca, ed eventualmente assistenziali, per le quali è stato bandito il posto…».
L’art. 5 del medesimo Regolamento, cui rinvia il sopracitato art. 11, a proposito della composizione della commissione, prevede che essa «è nominata dal Rettore, previa delibera del Senato Accademico, su proposta del Dipartimento che ha richiesto la copertura del posto» (art. 5, comma 1 d.R. n. 15258 del 30.11.2016).
A seguire (al comma 2) si precisa che «La Commissione è costituita da tre o cinque professori di prima fascia o dirigenti di ricerca, in prevalenza esterni ai ruoli dell’Ateneo…» e che «… La determinazione del numero effettivo dei commissari è rimessa al Dipartimento proponente anche in funzione della specificità dell’ambito disciplinare».
I successivi commi ribadiscono e chiariscono che:
– «La scelta dei componenti esterni è effettuata dal Rettore sentito il senato accademico tra una [#OMISSIS#] proposta dal Dipartimento e composta da un numero di nomi almeno doppio rispetto al numero di commissari esterni. La lista deve essere corredata dai curricula vitae» (comma 3);
– «Non possono far parte della Commissione i professori che hanno ottenuto una valutazione negativa ai sensi dell’art. 6, comma 7, della Legge 240/2010» (comma 7).
L’art. 5 del Regolamento è poi ripreso dall’art. 7 del Bando della procedura di che trattasi, che si occupa specificatamente della commissione, ivi prevedendosi che:
“la Commissione è costituita da tre o cinque professori di prima fascia o dirigenti di ricerca, in prevalenza esterni ai ruoli dell’Ateneo e comunque appartenenti al settore concorsuale o macrosettore oggetto della selezione, o da stranieri appartenenti a ruoli equivalenti e in ambito corrispondente al settore concorsuale oggetto della selezione” (comma 2), specificandosi, poi, che: “la scelta dei componenti esterni è effettuata del Rettore sentito il Senato accademico tra una [#OMISSIS#] proposta dal Dipartimento e composta da un numero di nomi almeno doppi rispetto al numero di commissari esterni. La lista deve essere corredata dai curricula vitae” (comma 3).
Tornando all’art. 24, commi 5 e 6 della legge n. 240/2010, va rimarcato come, la procedura ivi descritta, si presenti alternativa a quella di cui all’art. 18 della medesima legge, che, difatti, viene disciplinata dalla resistente Università in un apposito Titolo del Regolamento anzidetto (il Titolo II, artt. 3 e ss.), ivi prevedendosi che, la valutazione dei candidati sia effettuata dalle «Commissioni giudicatrici» (disciplinate dall’art. 5 del Regolamento stesso), che, al [#OMISSIS#] dei lavori, «con deliberazione [#OMISSIS#] a maggioranza assoluta dei componenti, individuano i candidati idonei a svolgere le funzioni didattiche e scientifiche per le quali è stato bandito il posto» (art. 6).
20.1.3.3) La procedura di chiamata ex art. 24, commi 5 e 6, si presenta, a ben vedere, rispetto al concorso nazionale di cui all’art. 18, più snella e veloce, in quanto ristretta a quegli studiosi che – oltre ad essere in possesso dell’abilitazione scientifica nazionale – sono già in servizio presso l’Università, sicché non è indispensabile la nomina di una commissione esaminatrice, né sono necessarie prove di concorso (cfr. Consiglio di Stato sez. VI, 19/12/2018, n.7155, per cui: «Il tratto differenziale tra i due dispositivi di accesso è costituito dal fatto che, mentre il primo ha natura concorsuale – quindi aperto a tutti i candidati interessati –, il secondo prevede un meccanismo di reclutamento eccezionale riservato ai soli “interni”, ovvero al ricercatore o al professore già incardinato presso l’Università»).
La [#OMISSIS#] fluidità della procedura di chiamata diretta, di cui all’art. 24, commi 5 e 6, può, dunque, comportare una contrazione delle garanzie proprie delle procedure a concorsualità piena, senza con ciò tradursi nell’affidamento della chiamata diretta a valutazioni «libere» dell’Università, secondo un criterio intuitu personae (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 19/12/2018, n.7155).
La giurisprudenza costituzionale ha più volte chiarito che, l’indefettibilità del concorso pubblico come canale di accesso pressoché esclusivo nei ruoli delle pubbliche amministrazioni non è assoluta, ma ad esso può derogarsi in presenza di peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico (sentenze n.7 del 2015; n. 134 del 2014; n. 217 del 2012).
Sono state, quindi, ritenute legittime le sole deroghe giustificate dall’esigenza di garantire alla pubblica amministrazione specifiche competenze consolidatesi all’interno dell’amministrazione stessa, funzionali al buon andamento dell’Amministrazione (Corte cost., Sent., 13-09-2012, n. 217).
Si spiega così, esemplificando, la non derogabilità della regola della pubblicità della procedura di reclutamento, preordinata al rispetto dei principi di trasparenza, parità di trattamento e non discriminazione (cfr. sentenza n. 2440/2015 del T.A.R. Lombardia, Sezione III, confermata dal Cons. Stato con sentenza del 20 aprile 2017, n. 1856). Tale regola di pubblicità non è, dunque, derogabile neppure nell’ambito delle procedure ex art. 24, comma 6, dove pure s’impone il rispetto dei suesposti principi, specie laddove vi siano, come [#OMISSIS#] specie, più aspiranti alla chiamata nel ruolo di professore di prima fascia.
20.1.3.4) Con specifico riguardo alla fattispecie in esame, tuttavia, mentre nessun problema affligge la pubblicità della procedura valutativa, evidentemente rispettata, le critiche si appuntano sul modus operandi seguito per la composizione della commissione di valutazione.
Al riguardo, giova rammentare che l’art. 24, co. 6 della L. n. 240/2010, nel ritenere applicabile, anche per la chiamata di professori di prima fascia, la procedura di cui al [#OMISSIS#] comma della stessa [#OMISSIS#], rimanda all’adozione di un decreto ministeriale (oltre che all’adozione di un regolamento da parte dei singoli Atenei) per la definizione dei criteri da utilizzare [#OMISSIS#] svolgimento della procedura.
Ebbene, mentre il decreto ministeriale non è mai stato adottato, risultano generalmente adottati da parte dei singoli Atenei, nell’esplicazione dell’autonomia ad essi riconosciuta dal legislatore nazionale, i regolamenti di propria competenza.
Anche l’Università Bicocca ha puntualmente disciplinato la procedura in esame, mediante il sopracitato regolamento di cui al d.R. n. 15258, del 30 novembre 2016.
Deve, pertanto, evidenziarsi innanzitutto l’infondatezza delle censure con cui l’esponente lamenta presunte illegittimità della procedura per cui è causa, richiamando la violazione di disposizioni, quali quelle del d.P.R. 23.03.2000 n. 117, non applicabili alla fattispecie in esame.
Il decreto da [#OMISSIS#] citato si occupa, infatti, dell’espletamento delle procedure per il reclutamento dei professori universitari precedenti rispetto a quelle individuate dalla L. n. 240/2010.
[#OMISSIS#] specie è, dunque, applicabile il Regolamento dell’Università Bicocca, di cui al d.R. n. 15258, del 30 novembre 2016, che, [#OMISSIS#] artt. 5 e 11, più sopra riportati, chiaramente disciplina la composizione della commissione di valutazione, senza imporre il sorteggio dei componenti da parte del Rettore.
Né si può ritenere che il Regolamento in parola vada integrato con indicazioni, chiaramente non vincolanti, come quelle contenute nell’aggiornamento del Piano Nazionale Anticorruzione, di cui alla delibera n. 1208, del 22.11.2017, come recepite nell’Atto d’Indirizzo del MIUR del 14.05.2018.
Si tratta, giova ribadire, di “raccomandazioni” indirizzate alle Università affinché predispongano misure volte a contrastare fenomeni di corruzione, di cattiva amministrazione e di conflitto d’interessi, in attuazione dell’art. 1, comma 2 bis della legge n. 190/2012 (a tenore del quale lo stesso Piano Nazionale Anticorruzione “costituisce atto di indirizzo per le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai fini dell’adozione dei propri [#OMISSIS#] triennali di prevenzione della corruzione”).
Escluso, quindi, il carattere immediatamente prescrittivo delle indicate raccomandazioni, non va poi sottaciuto come, [#OMISSIS#] parte d’interesse, a proposito del “reclutamento locale” operato dalle Università, le stesse evidenzino, non soltanto, quanto riportato da parte ricorrente a proposito della composizione delle commissioni giudicatrici, ma, soprattutto, l’esigenza di contenere lo stesso ricorso all’istituto della procedura di reclutamento valutativa previsto all’art. 24, comma 6, della legge n. 240 del 2010, allo scopo “di ridurre al minimo pressioni indebite sulle assunzioni”. Se ne ricava che, la stessa procedura a cui l’esponente ha partecipato non è vista con favore dall’Autorità Nazionale Anticorruzione, sollecitando così forti dubbi sull’interesse dell’istante ad appellarsi a tali raccomandazioni che, ove lette [#OMISSIS#] loro interezza, non sembrano affatto utili ai fini del soddisfacimento dell’interesse dell’esponente al conseguimento della chiamata come professore di prima fascia, ex art. 24, co. 6 L. n. 240/2010.
Ciò, senza considerare che, le ridette raccomandazioni sono state adottate successivamente al decreto di indizione della procedura valutativa di che trattasi, sicché non risultano comunque ratione temporis applicabili alla fattispecie per cui è causa (cfr. in tema, da [#OMISSIS#], T.A.R. Lazio, Sezione Terza, 16/04/2019, n. 4929).
Proseguendo [#OMISSIS#] disamina del suesposto motivo, non è condivisibile l’impostazione di parte ricorrente, laddove considera imprescindibile il sorteggio come garanzia d’imparzialità della Commissione.
Soccorrono, all’uopo, ben altri strumenti, quali quelli preordinati a contrastare le situazioni di conflitto d’interesse fra chi partecipa alle procedure selettive e il personale presente, a diverso titolo, nell’Ateneo (strumenti richiamati anche nelle Raccomandazioni ANAC e MIUR riportate da parte ricorrente).
Viene così in rilievo, in primo luogo, la previsione di cui all’art. 18, comma 1, lett. b), [#OMISSIS#] periodo, e c), della legge n. 240 del 2010, secondo cui, ai procedimenti per la chiamata dei professori e dei ricercatori universitari e per il conferimento degli assegni di ricerca, nonché di contratti a qualsiasi titolo erogati dall’Ateneo, non possono partecipare «coloro che abbiano un grado di parentela o di affinità, fino ai quarto grado compreso, con un professore appartenente al dipartimento o alla struttura che effettua la chiamata ovvero con il rettore, il direttore generale o un componente del consiglio di amministrazione dell’ateneo».
La giurisprudenza ha esteso tale ipotesi di incandidabilità anche al procedimento di reclutamento di cui all’art. 24, comma 6, della legge n. 240 del 2010, sulla base della considerazione che se la ratio dell’incompatibilità vale per le procedure concorsuali, a maggior ragione deve valere per le chiamate dirette (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, Sent., 24-12-2018, n. 7216).
Va d’altronde sottolineato che, [#OMISSIS#] specie, è stato lo stesso Regolamento d’Ateneo ad introdurre espressamente tale preclusione [#OMISSIS#] disciplina della procedura di chiamata in esame, all’art. 11, co. 3, in precedenza citato (secondo cui: “Non possono partecipare alla valutazione coloro che abbiano un grado di parentela o affinità, fino al quarto grado compreso, nonché il coniuge di un professore appartenente al Dipartimento che effettua la chiamata ovvero con il Rettore, il Direttore Generale o un componente del Consiglio di Amministrazione dell’Ateneo”).
Sempre ai fini del contrasto alle situazioni di conflitto d’interesse, e con specifico riguardo ai componenti delle commissioni giudicatrici, va richiamato l’obbligo di astensione, di cui all’art. 51 c.p.c.
La giurisprudenza ha più volte riconosciuto come tale obbligo trovi applicazione anche nei procedimenti amministrativi e, dunque, [#OMISSIS#] materia dei concorsi e delle procedure valutative in ambito universitario, sempre che ricorrano le fattispecie circostanziate e tipizzate di cui all’art. 51 c.p.c. (cfr. Cons. Stato, Sez. III, Sent., 24-01-2013, n. 477; id., IV, n. 1035/2006; Tar Lazio, Roma, I, n. 4454/2009).
A tal proposito, va rammentato come sussista, per evitare l’uso strumentale dell’obbligo d’astensione e della correlata ricusazione, la necessità d’una lettura assai stringente della suddetta [#OMISSIS#] (così, Cons. Stato, Sez. III, Sent., 02-04-2014, n. 1577). Stando all’orientamento prevalente, infatti, le cause di incompatibilità, di cui al ripetuto art. 51, rivestono carattere tassativo e si sottraggono ad ogni tentativo di manipolazione analogica (arg. ex Cons. St., VI, 3 marzo 2007, n. 1011; id., 26 gennaio 2009, n. 354; id., 19 marzo 2013 n. 1606) all’evidente scopo di tutelare l’esigenza di certezza dell’azione amministrativa e la stabilità della composizione delle commissioni giudicatrici: tanto, “soprattutto per evitare interferenze o interventi esterni, preordinati, con effetto parimenti abusivo a quello dell’omessa astensione di chi versi in patente conflitto d’interessi, a determinare, mediante usi forzati o infondati di detti obblighi, una composizione gradita o intimorita dell’organo giudicante” (così, Cons. Stato, Sez. III, Sent., 02-04-2014, n. 1577).
Sulla base di tali coordinate normative ed ermeneutiche deve escludersi che il rispetto del principio d’imparzialità imponga la necessità del sorteggio dei componenti della commissione come unica lettura possibile della [#OMISSIS#] del Regolamento dell’Università Bicocca che disciplina la commissione in parola.
Di contro, reputa il Collegio che, in base al combinato disposto degli artt. 24, co. 6 della legge n. 240/2010, 5 e 11 del Regolamento d’Ateneo, di cui al d.R. n. 15258, del 30 novembre 2016, la scelta dei componenti esterni della Commissione è legittimamente effettuata dal Rettore, sentito il Senato Accademico, tra una [#OMISSIS#] proposta dal Dipartimento.
Con specifico riguardo a quest’[#OMISSIS#], poi, risultano infondate anche le ulteriori censure, volte a contestare le modalità di confezionamento della “lista”, essendo indimostrata prima ancora che infondata la censura relativa all’illegittimità della predisposizione della lista secondo un “ordine di preferenza” espresso dal membro interno, atteso che, ciò non si riflette affatto, come afferma l’esponente, in un esautoramento del potere di scelta rettorale dei Commissari.
Detto altrimenti, la circostanza che il Dipartimento e, per esso, il membro interno, stando alla prospettazione ricorrente, abbia indicato i componenti della cd. [#OMISSIS#] secondo un [#OMISSIS#] ordine, non implica di per sé violazione di alcuna delle norme in precedenza citate e, neppure, depone per un illegittimo condizionamento dell’autonomia decisionale del Rettore.
Quanto alla dedotta violazione di legge per mancata valutazione dei curricula dei professori indicati [#OMISSIS#] “[#OMISSIS#]”, la stessa risulta chiaramente infondata, atteso che, l’art. 5, comma 7 del Regolamento d’Ateneo non impone affatto tale valutazione ai fini della formazione della “[#OMISSIS#]” o della “lista”, esigendola soltanto ai fini della nomina [#OMISSIS#] Commissione.
Il primo motivo risulta, quindi, infondato.
20.2) Passando ad esaminare il secondo motivo, con esso si deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3 e 97 Cost., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5 d.R. 30.11.2016 n. 15258 (Regolamento per la disciplina delle procedure di chiamata dei professori), la violazione e falsa applicazione dell’art. 1, c. 7, dello Statuto di Ateneo, d.R. n. 10332/15 del 3.03.2015, l’illegittima riduzione della Commissione giudicatrice a tre membri, il difetto di terzietà e irregolarità della composizione della Commissione giudicatrice.
20.2.1) Si contestano qui, con una inammissibile violazione del principio di specificità, sia la delibera del Consiglio di Dipartimento del 13.09.2017, relativa alla nuova “lista” determinata dalle dimissioni del prof. [#OMISSIS#], sia la delibera dello stesso Consiglio di Dipartimento del 10.11.2017, di approvazione della “mozione” favorevole alla riduzione dei componenti della commissione da cinque a tre, sia la deliberazione del Senato Accademico del 6.11.2012, di approvazione della riduzione della Commissione giudicatrice a tre componenti.
20.2.2) In disparte la inammissibilità, il motivo risulta comunque infondato.
20.2.2.1) Sono chiaramente infondate le censure d’invalidità derivata, dedotte facendo leva sulle illegittimità denunciate col primo motivo, stante l’infondatezza di quest’[#OMISSIS#], come sopra accertata.
20.2.2.2) Sono altresì infondate le censure genericamente riferite alla violazione dell’art. 5 del Regolamento, atteso che, le deliberazioni impugnate non evidenziano alcuna violazione della procedura ivi descritta per la nomina della commissione giudicatrice.
L’art. 5, comma 9 del regolamento, infatti, prevede che:
“La rinuncia alla nomina o le dimissioni di un Commissario per sopravvenuti impedimenti devono essere adeguatamente motivate e documentate e hanno effetto solo dopo il provvedimento di accettazione da parte del Rettore, che, su proposta del Consiglio di Dipartimento, provvede alla sostituzione secondo la procedura di cui sopra”.
Premesso che [#OMISSIS#] impediva, [#OMISSIS#] specie, al Consiglio di Dipartimento di riformulare la “lista” a seguito delle dimissioni del prof. [#OMISSIS#], nel rispetto delle prescrizioni già viste in precedenza, va osservato come, dalla piana lettura dei surrichiamati verbali, del Consiglio di Dipartimento e del Senato Accademico, non si ricavi affatto il lamentato “corto circuito” tra i due organi universitari.
Quanto al primo, dal verbale dell’11.10.2017 (cfr. punto 4.1.2: Commissione di valutazione — professore di prima fascia – SPS/08) si ricava, in sostanza, che, in seguito all’accoglimento delle dimissioni del prof. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] dalla Commissione giudicatrice, il Consiglio aveva già deliberato [#OMISSIS#] seduta del 13 settembre 2017 la nuova “[#OMISSIS#]” dei docenti per la nomina della Commissione; su tale premessa, [#OMISSIS#] seduta dell’11.10.17 lo stesso Consiglio, all’unanimità, pur confermando la lista deliberata il 13 settembre 2017, in quanto fondata su di un esame accurato dei candidati Commissari, ha chiaramente espresso “il proprio favore anche, nel [#OMISSIS#] ricorrano le condizioni, per la eventuale rideterminazione della composizione della Commissione in tre membri (un interno e due esterni [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] proposta lo scorso 13 settembre) anziché i cinque a suo tempo deliberati” (cfr. il verbale del CdD allegato da parte ricorrente sub n. 17).
Ne consegue che, la delibera in parola ha facoltizzato il Senato Accademico e, dunque, in [#OMISSIS#] analisi, il Rettore, ad esprimere, il primo, il proprio parere e, il secondo, la scelta dei componenti esterni di propria competenza, sia in numero di cinque, che in numero di tre, sempre attingendo alla medesima lista approvata il 13 settembre 2017, confermata [#OMISSIS#] seduta dell’11 ottobre 2017.
20.2.2.3) Nessuna contraddittorietà sintomo di eccesso di potere è ricavabile dalla lettura del predetto verbale ove, nelle premesse, si prende atto della mancata approvazione della lista da parte del Senato [#OMISSIS#] seduta del 9.10.2017, e, in seguito, riferendosi alla stessa seduta del Senato del 9.10.2017, si parla di un rinvio del parere sul punto.
Le due indicazioni non sono affatto incompatibili fra loro, essendo indubbio che [#OMISSIS#] seduta del 9.10.2017 il Senato Accademico, pur avendo a disposizione la lista confezionata dal Consiglio [#OMISSIS#] seduta del 13.9.2017, su cui esprimere il prescritto parere, non lo abbia espresso, adottando una decisione interlocutoria.
Non si comprende quali siano i restanti vizi addebitabili al verbale del Consiglio dell’11.10.2017 che, comunque, come già il verbale del 13.09.2017, scrutinato in relazione al primo motivo, non risulta attinto da specifiche censure, le uniche ammissibili ex art. 40 c.p.a., in relazione all’eventuale ordine seguito dal medesimo organo [#OMISSIS#] predisposizione della lista.
20.2.2.4) Risulta analogamente immune da censure il verbale della seduta del Senato Accademico del 6.11.2017 ove – dopo avere dato atto che “Con istanza prot. n. 67364 del 3.11.2017 la Prof.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], ordinario presso l’Università Alma Mater di [#OMISSIS#], ha rassegnato le dimissioni da componente della Commissione Giudicatrice” -, in modo del tutto conseguente, logico e coerente con le determinazioni in precedenza assunte dal Consiglio, si afferma che:
“Alla luce di quanto sopra e al fine di non procrastinare ulteriormente i tempi e permettere alla Commissione di svolgere le attività relative alla procedura in oggetto, si chiede al Senato Accademico di confermare, riducendole pertanto a tre componenti, la restante composizione della Commissione come da D.R. n. 15852 del 13.7.2017 come di seguito riportata: …”; e, dunque, “Al [#OMISSIS#] della discussione, alla luce di quanto sopra esposto, il Senato accademico, unanime, approva la riduzione della Commissione Giudicatrice a tre componenti, confermando la restante composizione come da D.R. n. 15852 del 13.7.2017 di seguito riportata;
Profissa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] De [#OMISSIS#] Prof. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Prof. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]”.
Certamente non si ravvisa alcuna violazione dell’ordine di competenze, di cui all’art. 5, comma 2 del Regolamento, atteso che, dal verbale del Consiglio di Dipartimento dell’11.10.2017, è chiaramente ricavabile l’imputazione al medesimo Consiglio della determinazione favorevole alla composizione della commissione in numero di tre componenti.
20.3) Passando ad esaminare il terzo motivo, con esso si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 L. 7.08.1990 n. 241, per carenza di motivazione, nonché, l’eccesso di potere per sviamento ed ingiustizia manifesta.
20.3.1) Ciò, poiché l’impugnato d.R. n. 16177, del 10.11.2017, non contiene nessuna motivazione in ordine alla scelta di ridurre a tre il numero dei componenti la Commissione, così esponendola a maggiori condizionamenti e alla formazione di facili maggioranze che non possono che alimentare perplessità sul modo in cui l’Amministrazione ha agito.
20.3.2) Il motivo è inammissibile e comunque infondato.
20.3.2.1) Non è in alcun modo esplicitato l’interesse sotteso all’impugnazione del decreto in parola, non essendo specificata la ragione per la quale la composizione della commissione valutativa decretata dal Rettore [#OMISSIS#] gli interessi dei ricorrenti.
20.3.2.2) Ad ogni modo, il motivo è anche infondato.
La motivazione della scelta di riduzione dei componenti della Commissione non va ricercata nel decreto rettorale ma [#OMISSIS#] delibera del Consiglio Dipartimentale dell’11.10.2017, sulla cui legittimità ci si è già soffermati.
Il decreto del Rettore, laddove esprime la scelta dei due componenti, ad esso rimessa ex art. 5, comma 3 del Regolamento, risulta adeguatamente supportato da idonea motivazione per relationem.
20.4) Si può così passare all’esame del quarto motivo, con cui si deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 97, 98 Cost. e dell’art. 1 L. n. 241/1990, la violazione degli artt. 51, 52 e 53 c.p.c. e dell’art. 5 del Codice Etico dell’Università Bicocca, l’eccesso di potere per infedele adempimento al mandato di Commissario, la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 7 e 9 del Codice Etico dell’Università Bicocca, adottato con D.R. deliberato il 17.03.2014.
20.4.1) Con tale motivo, anch’esso non rispettoso del principio di specificità, si censura il comportamento del membro interno, prof.ssa De [#OMISSIS#], ritenuto significativo della presenza di un concreto pericolo di compromissione della serenità di giudizio nei confronti del ricorrente, manifestato con i fatti indicati nel ricorso medesimo, da cui si trae ragione per chiedere, in ogni [#OMISSIS#], in subordine, di annullare, in parte qua, la sua nomina a commissario.
20.4.2) Il motivo è infondato.
20.4.2.1) Come già in precedenza accennato, per i componenti delle commissioni esaminatrici l’obbligo di astenersi sussiste solamente in presenza di una delle condizioni tassativamente previste dall’art. 51 del c.p.c., essendone vietata ogni estensione analogica.
Dall’orientamento consolidato della giurisprudenza in subiecta materia (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sentenza n. 1628, del 28.4.2016; id., Sez. III, 20 gennaio 2016, n. 192; id., Sez. V, n. 5618, del 17.11.2014; id., Sez. III, 2 aprile 2014, n. 1577; id., sez. VI, n. 4789, del 23 settembre 2014; id., Sez. VI, n. 4858, del 27.11.2012; id., 3 marzo 2007, n. 1011; id., 26 gennaio 2009, n. 354; id., 19 marzo 2013, n. 1606) è utile riportare gli approdi di seguito sintetizzati:
– l’appartenenza allo stesso ufficio del candidato e il legame di subordinazione o di collaborazione tra i componenti della commissione e il candidato non rientrano nelle ipotesi di astensione di cui all’art. 51 c.p.c.;
– i rapporti personali di colleganza o di collaborazione tra alcuni componenti della commissione e determinati candidati non sono sufficienti a configurare un vizio della composizione della commissione stessa, non potendo le cause di incompatibilità previste dall’art. 51 c.p.c. (tra le quali non rientra l’appartenenza allo stesso ufficio e il rapporto di colleganza) essere oggetto di estensione analogica, in assenza di ulteriori e specifici indicatori di una situazione di particolare intensità e sistematicità, tale da dar luogo ad un vero e proprio sodalizio professionale;
– la conoscenza che alcuno dei membri di una commissione di concorso abbia di un candidato, ove non ricada nelle suddette fattispecie tipiche, non implica di per sé la violazione delle regole dell’imparzialità e nemmeno il sospetto della violazione di tali regole;
– le ipotesi di ricusazione dei membri delle commissioni giudicatrici dei concorsi universitari sono tassative e di stretta interpretazione; pertanto, non costituisce causa di incompatibilità la circostanza che il membro di una commissione del concorso abbia espresso un giudizio negativo nei confronti di un candidato, in occasioni e per fini diversi dal concorso, non rientrando tale ipotesi in quella di cui all’art. 51, n. 4 c.p.c., che si riferisce ai pareri espressi in ordine a questioni oggetto della pronunzia del [#OMISSIS#] (Cons. Stato, sez. II, 23/02/1994, n. 1335/93; T.A.R. [#OMISSIS#]-Romagna [#OMISSIS#], Sez. I, Sent., 07-03-2018, n. 210);
– perché i rapporti personali assumano rilievo, deve trattarsi di rapporti diversi e più saldi di quelli che di regola intercorrono tra maestro e allievo o tra soggetti che lavorano [#OMISSIS#] stesso ufficio, essendo rilevante e decisiva la circostanza che il rapporto tra commissario e candidato, trascendendo la dinamica istituzionale delle relazioni docente/allievo, si sia concretato in un autentico sodalizio professionale, in quanto tale connotato dai caratteri della stabilità e della reciprocità di interessi di carattere economico (Cons. Stato, Sez. VI, n. 4015 del 2013), in un rapporto personale di tale intensità da fare sorgere il sospetto che il giudizio non sia stato improntato al rispetto del principio di imparzialità (Cons. Stato, Sez. VI, 27 aprile 2015, n. 2119).
20.4.2.2) Discende da quanto sin qui esposto che, in disparte i dubbi sull’effettiva sussistenza di situazioni di incompatibilità aventi i caratteri delineati dalla surriferita giurisprudenza in capo ai professori indicati [#OMISSIS#] prima “[#OMISSIS#]” di nomi proposta dal Consiglio ([#OMISSIS#] seduta del 22.06.2017), certamente nessuna situazione sussumibile [#OMISSIS#] previsione dell’art. 51 c.p.c. è ravvisabile fra il ricorrente e la prof.ssa De [#OMISSIS#].
Non si ritraggono elementi significativi di una presunta “grave inimicizia” o di altra ipotesi d’incompatibilità né dalle email del 2 e 3 marzo 2017 (allegate all’istanza di ricusazione e prodotte in atti da parte ricorrente, sub n. 22), trattandosi, a ben vedere, di suggerimenti espressi dalla prof.ssa De [#OMISSIS#] per agevolare il ricorrente [#OMISSIS#] compilazione del proprio CV, né dalle considerazioni svolte dall’istante a proposito della predisposizione della lista dei candidati commissari, specie alla luce di quanto evidenziato scrutinando i precedenti motivi.
Analogamente privi di elementi significativi di “inimicizia”, intesa nei surriferiti termini, sono sia lo “screenshoot”, pure allegato all’istanza di ricusazione, che consta di una schermata da cui risulta soltanto che la prof. De [#OMISSIS#] ha invitato il prof. [#OMISSIS#] a richiamarla, sia quanto dalla stessa prof. De [#OMISSIS#] scritto al prof. [#OMISSIS#] nell’e-mail del 5 luglio 2017, per conoscere se vi fosse una sua concreta disponibilità a fare effettivamente parte della Commissione.
Va ribadito, infatti, come, ai fini dell’esatto inquadramento del concetto di “grave inimicizia“, di cui all’art. 51, n. 2 c.p.c., lo stesso descriva, non già, un sentimento di mera antipatia o di acrimonia (di cui qui non c’è comunque evidenza), bensì, una situazione oggettiva ed articolata (originata da fatti e circostanze complete, significative ed estranee al processo ovvero, per analogia, al procedimento concorsuale) di ostilità talmente radicata e tenace da far presumere che il [#OMISSIS#] (o, per analogia, il commissario di concorso) decida, aprioristicamente, in senso contrario al suo avversario (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 2 aprile 2014, n. 1577).
Una situazione siffatta non è allegata e documentata negli atti di causa in relazione alla fattispecie in esame, e tanto è sufficiente a dare conto dell’infondatezza del suesposto motivo.
20.5) Con il successivo motivo (il [#OMISSIS#]) le critiche si appuntano sui provvedimenti del Rettore, prot. 80505/17 e 80506/17 del 27.11.2017, di rigetto delle istanze di ricusazione del membro interno.
Di essi si afferma l’illegittimità per violazione e/o falsa applicazione del principio di buon andamento e di imparzialità amministrativa, di cui all’art. 97 Cost., per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1 L. 7.08.1990 n. 241, per violazione dei criteri di economicità, efficacia e trasparenza, per difetto di istruttoria e contraddittorietà, per difetto di motivazione per violazione e falsa applicazione dell’art. 3 L. n. 241/1990, per eccesso di potere per ingiustizia ed illogicità manifesta.
20.5.1) Il motivo in esame riprende gli stessi episodi già segnalati nel motivo precedente, per argomentare stavolta che, sempre la presunta “grave inimicizia” del membro interno nei confronti del ricorrente, darebbe sostegno alla dedotta illegittimità del mancato accoglimento dell’istanza di ricusazione avanzata dal secondo nei confronti della prima.
20.5.2) Il motivo è infondato.
È sufficiente richiamare qui le considerazioni già esposte scrutinando il motivo precedente per evidenziare l’insussistenza, negli episodi indicati dall’istante, dei caratteri richiesti per delineare una situazione di “grave inimicizia” o, comunque, di incompatibilità della prof.ssa De [#OMISSIS#] a rivestire i panni di componente della Commissione de qua.
Da ciò, la legittimità dei provvedimenti del Rettore del 27.11.2017, di rigetto delle istanze di ricusazione.
20.6) Il successivo sesto motivo si appunta, poi, sulle determinazioni assunte dall’Università in ordine alle istanze di accesso del ricorrente, deducendone l’illegittimità per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 22 ss. L. n. 241/1990, violazione dell’art. 97 della Costituzione e degli art. 1 ss. della L. n. 241/1990, violazione dei principi di trasparenza dell’azione amministrativa, motivazione erronea e contraddittoria, violazione o falsa applicazione dell’art. 8 Codice Etico dell’Università Bicocca, violazione e falsa applicazione dell’art. 1, co. 7, Statuto di Ateneo, d.R. n. 10332, del 3.03.2015.
20.6.1) Riferisce al riguardo il ricorrente, prof. [#OMISSIS#], di avere avanzato una prima istanza di accesso [#OMISSIS#] atti, in data 17.11.2017, per conoscere le lettere di dimissioni dei professori [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#], a cui è stata fornita risposta negativa, in data 20.11.2017, perché “non sussiste nessun interesse giuridicamente collegato ai documenti di cui si chiede accesso” (cfr. documento versato in atti da parte ricorrente, sub n.21).
Lo stesso ricorrente ha, poi, reiterato ed ampliato l’istanza di accesso [#OMISSIS#] atti in data 5.12.2017, richiedendo “tutta l’istruttoria [#OMISSIS#] e gli eventuali atti acquisiti [#OMISSIS#] stessa ai fini dell’adozione” del decreto di riduzione della Commissione a tre membri, i CV di tutti i professori proposti dal Dipartimento come commissari, i documenti assunti e trasmessi al Senato in seguito alla seduta del Consiglio di Dipartimento dell’11.10.2017, i verbali delle sedute di gara già svolte così come le convocazioni della Commissione e l’istruttoria e i documenti per adottare il rigetto della ricusazione del 27.11.2017.
A riscontro della stessa, l’istante riferisce essergli stati trasmessi, con comunicazione del 18.12.2017, “pochi atti, sostanzialmente i CV di due commissari (ma, inspiegabilmente non quello della prof.ssa De [#OMISSIS#]) e un estratto del verbale e della delibera del Senato Accademico del 6.11.2017, oltre a provvedimenti già noti o inutili perché indirizzati al ricorrente, ribadendo con riferimento alle dimissioni dei commissari [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#], così come per la richiesta di comunicazione di convocazione della Commissione, che “non sussiste nessun interesse giuridicamente rilevante collegato ai documenti di cui si chiede accesso” (così, a pagina 32 del ricorso).
Da ciò, la ritenuta illegittimità sia del rigetto assunto con il provvedimento del 20.11.2017 che del parziale successivo rigetto del 18.12.2017 (versato in atti da parte ricorrente sub n.29), in quanto in contrasto con le norme sopra richiamate.
Si insiste, pertanto, ai sensi dell’art. 116, c. 4, c.p.a., affinché il TAR ordini all’Università Bicocca l’esibizione dei documenti richiesti o, in subordine, adotti una ordinanza istruttoria, volta ad acquisire la documentazione adottata con riferimento [#OMISSIS#] atti impugnati.
20.6.2) Il motivo è in parte irricevibile e, comunque, inammissibile per genericità oltreché per difetto d’interesse.
20.6.2.1.) Come già evidenziato nel corso della discussione in udienza pubblica, rispetto al diniego del 20.11.2017 il ricorso appare tardivo, essendo stato proposto (il 9.01.2018) ben oltre il [#OMISSIS#] di trenta giorni dalla comunicazione all’istante del diniego del 20.11.2017 (cfr. sul punto, da [#OMISSIS#], T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VI, Sent., 07-05-2019, n. 2452, per cui “la mancata impugnazione di precedenti provvedimenti negativi nel [#OMISSIS#] non consente né la reiterabilità dell’istanza né l’ammissibilità di un gravame costruito come impugnatorio di una situazione di inerzia in realtà non sussistente, [#OMISSIS#] che il cittadino non reiteri l’istanza di accesso in presenza, diversamente dal [#OMISSIS#] di specie, di fatti nuovi non rappresentati nell’istanza originaria o prospetti in modo diverso la posizione legittimante all’accesso ovvero l’Amministrazione proceda autonomamente ad una nuova valutazione della situazione (Adunanza plenaria, sentenze n. 6 e n. 7 del 2006)”).
20.6.2.2) In ogni [#OMISSIS#], il motivo stesso risulta inammissibile per genericità, non essendo stati specificati i documenti che, allo stato, ovvero alla data dell’udienza pubblica, non risultano ancora [#OMISSIS#] disponibilità dell’istante, pur essendo dallo stesso ritenuti necessari ai fini della decisione della causa.
20.6.2.3) Lo stesso motivo risulta, poi, inammissibile anche per difetto d’interesse, poiché tutta la documentazione rilevante ai fini della valutazione dei [#OMISSIS#] d’illegittimità, dedotti avverso la procedura valutativa in esame, risulta già prodotta in atti, sicché [#OMISSIS#] disattese le istanze istruttorie genericamente avanzate al riguardo da parte ricorrente.
20.7) Il settimo motivo si appunta, infine, sul verbale n. 1, del 29.11.2017, della Commissione giudicatrice, di cui si deduce l’illegittimità per eccesso di potere per sviamento ed ingiustizia manifesta, per erroneità, illogicità e perplessità, per incompetenza e carenza di motivazione, nonché, per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 51 e 52 c.p.c.
20.7.1) Il verbale di cui trattasi, relativo alla prima seduta della Commissione giudicatrice, è contestato [#OMISSIS#] parte in cui riporta che: “i componenti della Commissione, preso atto che la stessa è pienamente legittimata ad operare in quanto nessuna istanza di ricusazione dei commissari è pervenuta all’Ateneo, procedono alla nomina del [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] persona della Prof.ssa [#OMISSIS#] De [#OMISSIS#] e del Segretario [#OMISSIS#] persona del Prof. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]”.
Ciò, poiché i colleghi del Dipartimento avrebbero riferito al ricorrente che la prof.ssa De [#OMISSIS#] è stata messa al corrente delle istanze di ricusazione, sicché non poteva non sapere della loro esistenza alla data del 29.11.2017.
20.7.2) Quanto ai criteri stilati per la valutazione dei candidati, gli stessi appaiono standardizzati e poco specifici con riferimento al profilo indicato nel bando del 6.06.2017, sì da risultare complessivamente generici ed insufficienti, in contrasto con i principi di buon andamento, efficacia ed imparzialità della P.A.
20.7.3) Al riguardo, l’Università controdeduce, a difesa del surriferito verbale, che le istanze di ricusazione dei ricorrenti erano già state valutate e respinte dal Rettore (in data 27.11.2017) prima della seduta della Commissione giudicatrice (del 29.11.2017), sicché non vi era alcuna ragione per renderne conto [#OMISSIS#] predetta seduta, né tanto meno per discuterne da parte della Commissione stessa.
20.7.4) Ad analoghe controdeduzioni perviene la difesa controinteressata, ribadendo sul punto che, quando si è riunita per la prima volta la Commissione, il 29 novembre 2017, le istanze di ricusazione dei ricorrenti erano già state respinte dal Rettore, come conferma la nota di quest’[#OMISSIS#] rivolta al prof. [#OMISSIS#] il 27 novembre 2017 (di cui al doc. 24 della produzione ricorrente). Sicché, conclude il patrocinio medesimo, si può ragionevolmente presumere che la Commissione non ne sia neppure venuta a conoscenza, in quanto gli uffici hanno ritenuto di non trasmettere alla Commissione una notizia che risultava oramai ininfluente, [#OMISSIS#] la decisione del Rettore.
20.7.5) Il motivo è improcedibile e comunque infondato.
20.7.5.1) L’improcedibilità si lega al difetto d’interesse a contestare la mancata considerazione da parte della Commissione delle istanze di ricusazione, trattandosi di istanze rigettate con provvedimenti che, per quanto sin qui emerso, scrutinando il precedente [#OMISSIS#] motivo di ricorso, risultano immuni dalle dedotte censure d’illegittimità, non essendo state rappresentate situazioni idonee a rivelare la sussistenza di un obbligo di astensione in capo ai componenti della Commissione giudicatrice.
20.7.5.2) L’infondatezza deriva, in ogni [#OMISSIS#], dall’assenza di elementi di fatto idonei a scardinare la veridicità di quanto rappresentato nel suindicato verbale, il quale, come atto pubblico, fa prova fino a querela di falso di quanto in esso attestato (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. III, Sent., 28-02-2013, n. 1222, per cui: “il verbale della commissione di un concorso pubblico costituisce un atto pubblico che è assistito da fede privilegiata, facendo prova sino a querela di falso di quanto in esso attestato”. Id., sez. III, n. 1690, del 23 marzo 2012).
20.7.5.3) Per il resto, la contestazione dei criteri risulta inammissibile prima ancora che infondata.
I ricorrenti, infatti, si limitano a rilevare una presunta inadeguatezza dei criteri, così come individuati dalla Commissione, senza specificarne i vizi, anche in relazione a concrete e puntuali difformità rispetto al d.M. 344/2011, recante i criteri di valutazione de quibus.
D’altro canto, gli stessi ricorrenti neppure indicano in che termini i suddetti criteri avrebbero inciso negativamente sulla loro valutazione, pregiudicando le loro chanches di essere giudicati vincitori del concorso.
Da [#OMISSIS#], ad abundantiam, non va neppure sottaciuto come, per orientamento [#OMISSIS#] della giurisprudenza amministrativa, l’attività di predeterminazione dei criteri di valutazione sia espressione dell’ampia discrezionalità amministrativa, di cui sono fornite le commissioni esaminatrici per lo svolgimento della propria funzione, sicché, le relative scelte non sono assoggettabili al sindacato di legittimità del [#OMISSIS#] amministrativo, [#OMISSIS#] che non siano ictu oculi inficiate da irragionevolezza, irrazionalità, arbitrarietà o travisamento dei fatti (Consiglio di Stato, III, Sent. 29-03-2019, n. 2091; id., IV, 25 febbraio 2018, n. 705; id., 7 dicembre 2017, n. 5770; id., VI, 17 [#OMISSIS#] 2017, n. 2334; VI, 26 gennaio 2015, n. 330; VI, 17 giugno 2014, n. 3050 sez. IV, 3 aprile 2014, n. 1596; IV, 11 luglio 2013, n. 3747), vizi qui non specificatamente dedotti e, comunque, non sussistenti.
21) Per le suesposte considerazioni, quindi, il ricorso introduttivo deve essere in parte dichiarato improcedibile, quanto alla posizione della ricorrente [#OMISSIS#], e per il resto respinto, quanto alla posizione del ricorrente [#OMISSIS#].
21.1) Il rigetto della domanda annullatoria dà ragione dell’infondatezza della domanda risarcitoria, per difetto dei relativi elementi costitutivi.
21.2) Va poi dichiarata inammissibile la domanda di accesso [#OMISSIS#] atti, per le ragioni esposte al punto 20.6.
22) Sui motivi aggiunti, proposti essenzialmente avverso il decreto del 16.01.2018, con cui il Rettore ha approvato gli atti della procedura valutativa chiamando il prof. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] nel ruolo di professore di prima fascia, il Collegio osserva quanto segue.
22.1) Con il primo motivo si deduce il vizio di invalidità derivata, per i vizi di violazione di legge e di eccesso di potere che affliggono gli atti di costituzione della Commissione giudicatrice, sotto i plurimi [#OMISSIS#] articolati nei primi tre motivi del ricorso introduttivo, che si intendono integralmente richiamati.
L’infondatezza del ricorso introduttivo, come sopra accertata, dà ampiamente conto dell’infondatezza del motivo in esame.
22.2) Con il secondo motivo si deduce, poi, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 11 del Regolamento per la disciplina delle procedure di chiamata dei professori di prima e seconda fascia e dell’articolo 9, comma 3, D.R. n. 15671, del 5.06.2018, ovvero, l’illegittimità di tali norme, per mancata valutazione comparativa dei candidati, violazione e falsa applicazione degli artt. 3
e 97 Cost., carenza di motivazione, violazione del [#OMISSIS#] procedimento.
22.2.1) Le procedure di chiamata prefigurate nell’art. 24, c. 6, L. n. 240/2010 devono essere interpretate nel quadro complessivo della c.d. riforma [#OMISSIS#] e con riferimento ai principi di imparzialità e buon andamento che necessariamente presidiano qualsiasi chiamata a professore universitario, con ciò dovendosi ritenere che le stesse impongano lo svolgimento valutazioni comparative per i ruoli da ricoprire, pur rivolgendosi il concorso ai soli docenti dell’Ateneo dotati dei requisiti soggettivi previsti dalla [#OMISSIS#].
22.2.2) Controdeduce la difesa controinteressata rimarcando come l’avverso motivo sia infondato già in punto di fatto, atteso che il verbale di valutazione n. 2, dell’8.01.2018, attesta che la “Commissione, all’unanimità, sulla base delle valutazioni collegiali formulate e dopo aver effettuato la comparazione tra i candidati, individua in [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] il candidato maggiormente qualificato…” (cfr. documento n. 32 della produzione di parte ricorrente). Di tale valutazione comparativa, d’altro lato, ci sono tutti gli elementi essenziali e, precisamente, la valutazione delle singole candidature, comprovata dalle schede allegate ai verbali e alla relazione conclusiva, e il giudizio espresso dalla Commissione a [#OMISSIS#] della comparazione medesima. Non è quindi dubitabile o controvertibile che la valutazione comparativa vi sia stata, anche perché il verbale fa prova fino a querela di falso delle dichiarazioni ivi contenute.
22.2.3) La difesa dell’Università controdeduce sul punto che il regolamento d’ateneo del 2001 richiamato dai ricorrenti non è applicabile al procedimento per cui è causa, indetto ai sensi della L. 240/2010 e del successivo regolamento del 2016. Inoltre, il patrocinio medesimo ribadisce come la Commissione abbia proceduto alla valutazione comparativa (benché questa non fosse esplicitamente prescritta né dalla legge, né dal regolamento), come chiaramente ricavabile tanto dal verbale della seduta dell’8.1.2018, quanto dalla relazione riassuntiva. La pretesa di parte ricorrente acché la valutazione comparativa consista nel raffronto dei candidati sotto ciascuno specifico profilo preso in considerazione è priva di fondamento normativo, poiché [#OMISSIS#] esclude che il raffronto possa essere sintetico e scaturente dalla complessiva considerazione dei vari [#OMISSIS#] presi in considerazione, come appunto ha fatto la commissione [#OMISSIS#] fattispecie.
22.2.4) Il motivo è infondato.
Risulta in primo luogo infondata, in punto di fatto, la dedotta mancata valutazione comparativa, trattandosi di affermazione in contrasto con quanto risultante dal verbale n. 2, dell’8.01.2018, del quale non è stata né dedotta né provata la falsità, ai sensi e nei termini di cui all’art. 77 c.p.a.
Né può condividersi l’impostazione di parte ricorrente, laddove pretende, richiamandosi genericamente ai superiori principi di buon andamento e imparzialità, di dettare essa stessa le regole della procedura de qua, imponendo una valutazione comparativa in relazione ad ogni singolo titolo o attività dei concorrenti. Come già osservato scrutinando l’[#OMISSIS#] motivo del ricorso introduttivo, l’attività di predeterminazione dei criteri di valutazione è espressione dell’ampia discrezionalità amministrativa spettante alle commissioni esaminatrici, le cui scelte non sono assoggettabili al sindacato di legittimità del [#OMISSIS#] amministrativo, [#OMISSIS#] che non siano ictu oculi inficiate da irragionevolezza, irrazionalità, arbitrarietà o travisamento dei fatti.
[#OMISSIS#] specie, mentre non si riscontrano siffatte patologie, peraltro neppure dedotte, rispetto all’operato della Commissione, non può neppure condividersi l’impostazione dell’esponente, ove pretende di addivenire ad una inammissibile sostituzione del giudizio di spettanza della Commissione con altro opinabile giudizio, promanante dal ricorrente (cfr. ex multis, Cons. Stato, Sez. III, Sent., 29-03-2019, n. 2091).
D’altro canto, non va neppure sottaciuto come l’impostazione dell’esponente si [#OMISSIS#] a condurre ad una sostanziale ingestibilità delle procedure valutative, che si tradurrebbero nell’estenuante sviluppo di un numero indefinito di “confronti a coppie” in relazione a un numero amplissimo di criteri ed elementi di comparazione (Cons. Stato, VI, 21 giugno 2013, n. 3387; Cons. Stato, sez. VI, 23 dicembre 2013, n. 6188, Cons. Stato, sez. VI, 29 luglio 2009, n. 4708; T.A.R. Sicilia, Sezione Seconda, 06/10/2015, n. 2438).
[#OMISSIS#] specie, il citato verbale n. 2, con la relazione riassuntiva e i relativi allegati, in esso richiamati, danno adeguatamente conto sia dei giudizi analiticamente espressi sul curriculum, le pubblicazioni e l’attività didattica di ciascun candidato, parametrati ai criteri uniformi predeterminati da parte della commissione, che della valutazione comparativa fra i candidati, il tutto nel rispetto degli artt. 24, comma 6 della legge n. 240/2010, 11, commi 5 e 6 del Regolamento per la disciplina delle procedure di chiamata dei professori di prima e seconda fascia, letti alla luce del principio di imparzialità.
22.3) Con il terzo motivo si deduce, poi, la violazione del [#OMISSIS#] procedimento concorsuale, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 18 L. n. 240/2010, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 11 Regolamento per la disciplina delle procedure di chiamata dei professori di prima e seconda fascia, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 97 Cost., nonché, l’eccesso di potere (per travisamento dei presupposti, difetto di istruttoria, difetto di motivazione, illogicità e sviamento).
22.3.1) Rileva il patrocinio ricorrente che, mentre la Commissione giudicatrice afferma di avere proceduto alla valutazione individuale di ciascun candidato seguendo l’ordine alfabetico, gli allegati a cui essa rimanda, “allegati nn. 1-4 al verbale n. 2”, contenenti l’espressione di tale giudizio, non rispettano tale ordine, in quanto l’allegato n. 1 si riferisce al prof. [#OMISSIS#] mentre il n. 2 riguarda il prof. [#OMISSIS#] che, nonostante alfabeticamente successivo al prof. [#OMISSIS#], lo precede.
Ove tale collocazione dei candidati negli allegati dovesse riflettere una graduatoria tra gli stessi la stessa risulterebbe illegittima per contraddittorietà, per travisamento dei dati di fatto, per carenza ed erroneità dei giudizi, oltre che per ingiustizia manifesta.
22.3.2) Il motivo è inammissibile sotto un duplice profilo.
In primo luogo, non è rappresentato ne altrimenti ricavabile l’interesse sotteso alla formulazione di una censura di carattere meramente formale, qual è, a ben vedere, l’eventuale errore commesso [#OMISSIS#] numerazione seguita per gli allegati al verbale n. 2 della Commissione giudicatrice.
Per il resto, la stessa formulazione in termini dubitativi delle censure afferenti l’ipotetica graduatoria che potrebbe celarsi dietro la numerazione dei predetti allegati dà ampiamente conto dell’ulteriore profilo di inammissibilità del motivo in esame.
22.4) Con il quarto motivo si deduce, infine, la violazione e/o falsa applicazione del d.M. 4.08.2011 n. 344, la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 L. 7.08.1990 n. 241, per carenza ed insufficienza di motivazione, l’eccesso di potere nelle valutazioni operate per omessa, travisata ed erronea considerazione dei fatti, difetto di istruttoria, contraddittorietà, illogicità e irragionevolezza, ingiustizia manifesta, nonché, per violazione dei principio di imparzialità e di par condicio.
22.4.1) La valutazione collegiale dei candidati operata dalla Commissione giudicatrice, sebbene nel verbale n. 1 si fosse espressamente previsto che sarebbe stata svolta nel rispetto del d.M. 4.08.2011 n. 344, non tiene in alcun conto dei criteri ivi stabiliti.
La Commissione ha valutato l’attività didattica dei quattro candidati con un giudizio stereotipato senza tenere in alcun conto la didattica di servizio [#OMISSIS#] studenti.
La Commissione non ha applicato, per tutte le pubblicazioni in condivisione presentate dal candidato [#OMISSIS#], la prescrizione del d.M. n. 344/2011, ove si prevede, tra l’altro, che debba esservi “determinazione analitica, anche sulla base dei criteri riconosciuti [#OMISSIS#] comunità scientifica internazionale di riferimento, dell’apporto individuale del ricercatore nel [#OMISSIS#] di partecipazione del medesimo a lavori in collaborazione” (art. 4, lett. d)).
Si contesta, poi, la valutazione come di classe A della rivista “Sociological practice” con riferimento alla pubblicazione n. 11 offerta alla valutazione dal prof. [#OMISSIS#], in quanto la stessa non compare né nell’elenco stilato dall’ANVUR delle riviste di classe A per il settore concorsuale 14/C2, che si allega per estratto (sub documento n. 46), né più in generale nell’elenco delle riviste scientifiche secondo la valutazione sempre dell’ANVUR (come da tabella che si allega al doc. 47).
Con riferimento alla valutazione delle pubblicazioni del prof. [#OMISSIS#] si rileva l’errata valutazione, in senso sfavorevole al candidato, avendo considerato solo due dei quattro articoli dello stesso come pubblicati su riviste di classe A, mentre in verità sono tre quelli pubblicati su riviste così classificate dall’ANVUR, ovvero quelle ai numeri 3 e 9 che compaiono nelle riviste italiane “Quaderni di Teoria Sociale” e “Quaderni di Sociologia” e quello di cui al n. 8, della rivista “Politica & Società”.
Con riferimento al settore scientifico-disciplinare SPS/08, Sociologia dei processi culturali e comunicativi, corrispondente al settore concorsuale 14/C2, la Commissione ha valutato in termini di congruità come “Eccellente” (lettera A della legenda alle tabelle) le pubblicazioni nn. 1, 7 e 12 del prof. [#OMISSIS#] che trattano del mondo del vino, che non può essere considerato un tema rappresentativo del settore ma, al contrario, un argomento di nicchia, del tutto privo di scuole e di grandi maestri di riferimento e non paragonabile quindi alla ricchezza concettuale ed allo spessore di analisi delle grandi tradizioni di [#OMISSIS#] della sociologia della cultura, con ciò collocandosi in una posizione marginale o addirittura fuori dal settore. Ugualmente incomprensibile e contraddittoria risulta la valutazione di congruenza delle pubblicazioni nn. 7, 11 e 12 del prof. [#OMISSIS#], tutte relative all’opera di Ulrich Beck ed al tema dell’individualizzazione, che pur rientrando nel settore disciplinare de quo, non sono state valutate dalla Commissione con il [#OMISSIS#] punteggio di congruenza, ma con la lettera “B” per le nn. 11 e 12, e addirittura, contraddittoriamente, con la lettera “C” per la n. 7.
Sotto altro punto di vista, la celerità con cui si è celebrata la procedura valutativa impugnata e sono stati assunti dal parte del Rettore e del Dipartimento gli atti conseguenti, qui impugnati, consente di censurare gli stessi (oltre che per illegittimità derivata, anche) autonomamente per eccesso di potere, in quanto non si può [#OMISSIS#] ritenere che tale modo di procedere risponda all’interesse pubblico che l’Università Bicocca dovrebbe perseguire nelle procedure concorsuali.
Peraltro, il d.R. n. 16397, del 16.01.2018, con cui il Rettore dell’Università Bicocca ha approvato gli atti della procedura valutativa per la chiamata del prof. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] nel ruolo di professore di prima fascia, per il settore SPS/08 presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale, non sembra aver operato alcun vaglio, nonostante tutte le vicissitudini già intercorse [#OMISSIS#] formazione della Commissione, evidenziate con l’interposizione del ricorso in epigrafe, con riguardo all’attività valutativa posta in essere dalla Commissione.
Anche tali atti successivi all’esito dei lavori della Commissione risultano viziati da invalidità derivata e di per sé inquinati per sviamento e se ne chiede, pertanto, l’annullamento.
22.4.2) Al riguardo, la difesa controinteressata controdeduce richiamando, in primo luogo, il bando di concorso che, all’art. 9, prescrive come la Commissione debba predeterminare i criteri di valutazione “tenendo conto dei criteri stabiliti dal D.M. 4.8.2011 n.344”, con ciò evidentemente non escludendo la possibilità, per la Commissione di prevedere criteri anche non pedissequamente identici a quelli previsti in tale d.M. Con il che si giustifica il recepimento non letterale dei criteri stabiliti nel ricordato d.M., come anche la previsione di valorizzare “la congruità del profilo scientifico del candidato con le esigenze di ricerca dell’Ateneo” quale criterio di valutazione dei candidati stabilito dalla Commissione giudicatrice (cfr. verbale n. 1, del 29.11.2017, di prima seduta della Commissione, con la determinazione dei criteri, già più volte citato).
Per ciascun candidato, poi, è stata redatta una scheda di valutazione (allegate tutte al verbale n. 2, dell’8.01.2018) [#OMISSIS#] quale la Commissione ha proceduto ad esprimere i propri giudizi mediante lettere (dalla A alla E, secondo la legenda riportata puntualmente in ogni allegato), sulla base dei criteri di valutazione predeterminati [#OMISSIS#] seduta del 29.11.2017.
In relazione alla valutazione delle attività didattiche, la Commissione, come era stato espressamente previsto in sede di predeterminazione dei criteri di valutazione, ha valutato la continuità e l’intensità delle seguenti attività: a) moduli di insegnamento; b) partecipazione a collegi di dottorato di ricerca e supervisione tesi di dottorato (cfr. verbale n. 1 della Commissione, in atti).
L’attività di servizio, su cui si appunta la critica sviluppata nel ricorso, non era profilo di valutazione rilevante. In ogni [#OMISSIS#], la contestazione è pretestuosa: il ricorrente lamenta che la Commissione non avrebbe considerato le opinioni degli studenti, a tenore delle quali vi sarebbe stata una differenza in favore del ricorrente rispetto al Prof. [#OMISSIS#].
Sennonché, tale differenza, comunque estranea ai criteri di valutazione messi a verbale e adottati dalla Commissione, si sostanzia in un’entità di minima incidenza, del valore di 0,1-0,2 punti rispetto al valore preso come riferimento dal ricorrente, cioè la media delle valutazioni dei rispettivi corsi di laurea. D’altro canto, si tratta di subparamentro non utilizzabile e anche scarsamente significativo, sol che si consideri che la valutazione positiva degli studenti a cui si riferisce l’esponente fa riferimento al corso di “Teorie e metodi del consumo culturale”, impartito dallo stesso professore a soli 5 studenti. È per tale ragione che valutazioni di questo tipo sono ritenute non significative e sono quindi escluse dagli organi di Ateneo a presidio della qualità.
Tornando ai criteri adottati nel verbale n.1 della Commissione e, in particolare, alla valutazione dell’attività didattica, la difesa controinteressata ha osservato che, da quindici anni il prof. [#OMISSIS#] insegna con continuità in diversi Dottorati di Ricerca anche al di fuori dell’Ateneo. Con specifico riferimento ai Corsi di Dottorato nel Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale, il prof. [#OMISSIS#] insegna con continuità dal 2002, è membro di due Collegi di Dottorato ed è inoltre coordinatore del corso di Theorizing in Social Science (corso fondamentale o Core Course nel Dottorato Internazionale ASEP, costituito nel 2017). Il prof. [#OMISSIS#] è poi supervisor di cinque tesi di Dottorato e di due assegni di ricerca di tipo A (della durata di due anni più due). Un analogo impegno nell’attività e [#OMISSIS#] didattica del Dottorato, anche in termini di “intensità” e di “continuità”, non è invece pervenuto dai curricula vitae presentati dai ricorrenti.
Infine, un cenno al ruolo elettivo di [#OMISSIS#] del Corso di Laurea in Sociologia ricoperto dal 2012 dal prof. [#OMISSIS#] (il Corso di Laurea quantitativamente più importante del Dipartimento di Sociologia, con 430 matricole iscritte nell’a.a. 2016-17): esso implica un intenso, quotidiano e, quindi, continuativo lavoro di gestione della didattica e di attività al servizio degli studenti, oltreché di coordinamento della didattica dei corsi impartiti dai colleghi (28 docenti) e delle sedute, a cadenza mensile, del Consiglio di Corso di Laurea (i membri del Consiglio si contano in: 8 professori ordinari, 15 professori associati, 3 ricercatori, 2 professori a contratto, 5 rappresentanti degli studenti).
Per quanto riguarda, poi, la valutazione delle pubblicazioni, sono inammissibili le critiche riguardanti la corretta considerazione dei lavori sviluppati in collaborazione, appuntandosi le stesse sulle pubblicazioni del prof. [#OMISSIS#], che non è vincitore di concorso e non è collocato in alcuna posizione di graduatoria eventualmente più favorevole rispetto a quella del ricorrente, non essendo stata stilata qui alcuna graduatoria.
Con riferimento, poi, alle critiche [#OMISSIS#] classificazione delle riviste, il ricorrente prof. [#OMISSIS#] sostiene di essere stato sfavorito dalla Commissione nel computo delle sue pubblicazioni in riviste di Classe A sottoposte a valutazione, che a suo parere sarebbero tre e non due come invece risulta scritto nel verbale della Commissione. La rivista mancante nel computo delle classi A sarebbe “Politica e Società”. Tuttavia, a differenza di quanto lamenta il prof. [#OMISSIS#], “Politica e società” non risulta nell’elenco ANVUR delle riviste di Classe A per il settore 14/C2 (il settore del concorso in oggetto), secondo l’elenco fornito dagli stessi ricorrenti (cfr. documento n. 36, citato dai ricorrenti come Doc. 46). Pertanto, e sulla base degli stessi documenti presentati dai ricorrenti, la Commissione ha contato in modo esatto gli articoli di classe A pubblicati dal prof. [#OMISSIS#] (2 e non 3).
I ricorrenti contestano anche i giudizi afferenti il parametro “congruità” delle pubblicazioni rispetto al settore concorsuale SPS 08.
Nel verbale del 29.11.2017, la Commissione aveva stabilito di attenersi al seguente sub-criterio “c) rilevanza scientifica della collocazione editoriale di ciascuna pubblicazione e sua diffusione all’interno della comunità scientifica”.
I ricorrenti sostengono che i lavori sul mondo del vino del prof. [#OMISSIS#] trattino [#OMISSIS#] da collocare in un argomento di nicchia, fuori settore e non suscettibili di valutazione di congruità in termini di eccellenza.
La censura è di merito e, in quanto tale, inammissibile. In ogni [#OMISSIS#], e [#OMISSIS#] l’inammissibilità della censura, la stessa è anche infondata, poiché la monografia “I mondi del vino” del prof. [#OMISSIS#] è stata pubblicata dalla società Il Mulino, in Italia la più importante e prestigiosa casa editrice di Sociologia. Oltre a questa collocazione, la stessa monografia vanta diverse recensioni da parte della comunità scientifica nazionale. Due di queste recensioni si trovano addirittura in riviste scientifiche di classe A, secondo la classificazione Anvur, rispettivamente la rivista italiana più importante e prestigiosa di Sociologia (Rassegna Italiana di Sociologia, 2, 2016, pp. 388-389) e la rivista italiana di riferimento [#OMISSIS#] per gli studi scientifici nel settore di Sociologia Culturale, oggetto del concorso (Studi Culturali, 2, 2016, pp. 286-287).
Analogo impatto, diffusione e prestigio di collocazione non è pervenuto né rilevabile dai lavori dei ricorrenti.
Contrariamente a quanto pretendono i ricorrenti, dunque, gli atti della Commissione di concorso consentono in modo chiaro e puntuale di comprendere la motivazione del provvedimento di nomina del controinteressato e di ricostruirne il relativo iter logico. In particolare, l’esame sinottico e comparativo delle valutazioni analitiche condotte dalla Commissione in ragione dei criteri stabiliti nel verbale n. 1 del 29.11.2017, chiarisce perfettamente l’iter logico e valutativo in ragione del quale la Commissione ha concluso che “sulla base delle valutazioni collegiali formulate e dopo aver effettuato la comparazione fra candidati”, il controinteressato è il candidato “maggiormente qualificato a svolgere le funzioni …per le quali è stato bandito il posto di professore di prima fascia per il settore concorsuale 14/C2 – settore SPS/08.…”
22.4.3) Il motivo è in parte inammissibile e per il resto infondato.
Risultano, in primo luogo, inammissibili le censure volte a sostituire al giudizio della Commissione giudicatrice, quello espresso dai ricorrenti, per le ragioni già in precedenza espresse scrutinando il secondo motivo (sub n. 22.2), da intendersi qui integralmente richiamate (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 11.11.2016, n. 4677).
Si può solo aggiungere che, come rappresentato dalle condivisibili argomentazione della difesa controinteressata, l’ampia discrezionalità amministrativa spettante alla Commissione giudicatrice in ordine alla valutazione dell’attività didattica e dei singoli titoli vantati dai candidati risulta qui esercitata in assenza di quei macroscopici vizi di eccesso di potere per irragionevolezza, irrazionalità, illogicità o arbitrarietà, ovvero, in assenza di errori nell’apprezzamento di dati di fatto non opinabili (cfr. Consiglio di Stato sez. V, 28/02/2018, n.1218), gli unici vizi sindacabili in sede di legittimità da parte del [#OMISSIS#] adito.
Sono, altresì, inammissibili per difetto d’interesse le censure relative alla valutazione espressa nei confronti del prof. [#OMISSIS#], trattandosi di candidato non vincitore e non collocato in graduatoria in posizione migliore del ricorrente, stante l’assenza, qui, di alcuna graduatoria.
Quanto al dedotto mancato rispetto dei criteri di cui al d.M. 344/2011, la censura è infondata, poiché il bando richiedeva soltanto di tenere conto dei suddetti criteri, non escludendo la possibilità del dispiegarsi della discrezionalità dell’Amministrazione [#OMISSIS#] previsione di criteri ulteriori.
In ogni [#OMISSIS#], i criteri adottati dalla Commissione e riportati nel verbale n. 1, più volte citato, risultano del tutto ragionevoli e coerenti con le previsioni del citato d.M.
Così ad esempio, con riferimento alla valutazione dell’attività didattica, per la quale non può [#OMISSIS#] ritenersi irragionevole l’avere attribuito rilievo, a tal riguardo, alla continuità e intensità dei moduli di insegnamento impartiti e alla partecipazione a Collegi di dottorato di ricerca e supervisione tesi di dottorato, piuttosto che, come vorrebbe l’istante, al gradimento espresso da un ristretto numero di studenti.
Risulta infondata anche la censura di difetto di motivazione, atteso che la lettura dei documenti allegati al verbale n. 2, alla luce dei criteri di valutazione (di cui al verbale n. 1 della Commissione) dà ampiamente conto della motivazione sottostante al giudizio finale, unanime, della Commissione, d’individuazione del prof. [#OMISSIS#] quale candidato maggiormente qualificato per lo svolgimento delle funzioni relative al posto oggetto del bando.
Risultano conseguentemente infondate anche le censure invalidità derivata proposte contro gli atti successivi all’esito dei lavori della Commissione, non essendo risultata viziata l’attività di quest’[#OMISSIS#].
Risultano, infine, inammissibili e, comunque, infondate le censure di eccesso di potere, genericamente proposte sempre contro gli atti successivi all’esito dei lavori della Commissione, facendo leva sulla celerità con cui gli stessi sono stati assunti dal parte del Rettore e del Dipartimento.
Contrariamente all’assunto dell’esponente, infatti, tale modo di procedere risponde all’interesse pubblico dell’Amministrazione a concludere il procedimento senza inutili aggravamenti, in modo da addivenire ad una rapida copertura del posto oggetto del bando.
23) Conclusivamente, quindi, anche i motivi aggiunti risultano in parte improcedibili, quanto alla posizione della ricorrente [#OMISSIS#] e, per il resto, da respingere, quanto alla posizione del ricorrente [#OMISSIS#], sia quanto alla domanda annullatoria che, conseguentemente, quanto alla domanda risarcitoria, per difetto dei relativi elementi costitutivi.
24) Le spese seguono la soccombenza nei confronti del prof. [#OMISSIS#], e sono liquidate come da dispositivo, mentre sono compensate nei confronti della prof.ssa [#OMISSIS#].
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso e i motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li dichiara in parte improcedibili, quanto alla posizione della ricorrente [#OMISSIS#], e per il resto li respinge in ogni loro domanda, quanto alla posizione del ricorrente [#OMISSIS#].
Dichiara inammissibile la domanda di accesso [#OMISSIS#] atti del ricorrente [#OMISSIS#].
Condanna il ricorrente prof. [#OMISSIS#] al pagamento delle spese di lite nei confronti delle controparti, liquidandole in € 1.500,00 in favore della resistente e in € 1.500,00 in favore del controinteressato e, così, per complessivi € 3.000,00, oltre accessori di legge; spese compensate per il resto.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Milano [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di consiglio del giorno 26 marzo 2019 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Di [#OMISSIS#], [#OMISSIS#]
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore