Consiglio di Stato, Sez. VI, 23 ottobre 2019, n. 7206

Abilitazione scientifica nazionale-Obbligo di motivazione del diniego-Valutazione giudice

Data Documento: 2019-10-23
Area: Giurisprudenza
Massima

Compete infatti al giudice, non soltanto il pieno accertamento dei fatti ma anche la verifica del processo logico-valutativo seguito dall’Amministrazione nell’applicare le pertinenti regole tecniche, ove ritenga quelle valutazioni ragionevoli, proporzionate e, in definitiva, attendibili, per quanto opinabili, anche se ovviamente quest’ultima non può spingersi fino a sostituirle con proprie autonome scelte, del resto altrettanto opinabili, e ciò nel rispetto del principio della separazione dei poteri (fra le molte, cfr. Cons. Stato, sez. IV, 4 febbraio 2014, n. 505; id., 8 ottobre 2012, n. 5209; Cons. Stato, sez. V, 23 giugno 2011, n. 3807; id., sez. VI, 20 aprile 2009, n. 2384).

Contenuto sentenza

N. 07206/2019 REG.PROV.COLL.
N. 01731/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1731 del 2018, proposto da 
[#OMISSIS#] Vittoria [#OMISSIS#], rappresentato e difeso dall’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza Capo di Ferro 13; 
contro
Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, Presidenza del Consiglio dei Ministri, ANVUR – Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
Consorzio Universitario CINECA, Università degli Studi di Siena, Università degli Studi di Bologna, Commissione per l’Abilitazione Scientifica Nazionale non costituiti in giudizio; 
nei confronti
[#OMISSIS#] Cerbo, [#OMISSIS#] Tropea non costituiti in giudizio; 
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 08388/2017, resa tra le parti, concernente impugnazione giudizio di non abilitazione alla chiamata di professore universitario di prima fascia nel settore concorsuale 12/D1 – diritto amministrativo, formulato dalla Commissione ASN in data 24 dicembre 2013.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 settembre 2019 il Cons. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti gli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] Fico dell’Avvocatura Generale dello Stato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.Con l’appello n.1731 del 2018 è stata impugnata la sentenza n. 8388/2017 del TAR Lazio, pronunciata sul ricorso N.R.G. 9889/2014 dell’avv. [#OMISSIS#] avverso il giudizio in data 24 dicembre 2013 di mancata abilitazione scientifica nazionale a professore universitario di prima fascia nel settore concorsuale 12/D1 – diritto amministrativo. Questo primo provvedimento era annullato con la sentenza n. 5338/2015, che ne ordinava la rinnovazione, avendo rilevato che la Commissione non poteva limitarsi a valutare le pubblicazioni presentate, ma avrebbe dovuto procedere ad un esame degli altri titoli allegati dalla ricorrente, in quanto l’art. 4, comma 4, del D.M. 76/2012 non prevede alcuna facoltà per l’organo di valutazione di derogare ai criteri ivi previsti.
Con atto in data 5 novembre 2015, la Commissione tuttavia, in sede di rinnovazione, decideva che l’appellante non avesse raggiunto la maturità scientifica richiesta per l’abilitazione a professore di prima fascia.
Anche questo secondo giudizio era impugnato dall’interessata per violazione ed elusione del giudicato, con ricorso per l’esecuzione della prima sentenza, rubricato con il N.R.G. 7719/2016, che però, con l’ordinanza del Tar Lazio n. 10083/2016, era assegnato al ruolo ordinario.
La ricorrente, a seguito di una relazione depositata dall’amministrazione, proponeva motivi aggiunti.
Seguiva la sentenza dello stesso Tar n. 8388/2017, che rigettava il ricorso principale e dichiarava inammissibili i motivi aggiunti.
2. Con l’appello in esame, l’interessata, con riferimento al capo 8.1 della sentenza, denuncia l’illogicità della motivazione del giudizio impugnato, come espressa dal Prof. Astone, secondo cui nel complesso, i titoli rilevano una naturale attitudine allo studio finalizzato all’accesso a carriere ed uffici di prestigio dell’amministrazione pubblica e della giustizia, ed una buona predisposizione per l’attività didattica, nonostante la candidata sia diversamente impegnata, essendo infatti avvocato dello Stato, in servizio nell’Avvocatura Generale dello Stato.
Come esattamente denunciato nel ricorso e ribadito nell’appello, per l’interessata essere diversamente impegnata nella prestigiosissima professione pubblica di Avvocato dello Stato non poteva rivelarsi come una notazione negativa, ai fini del conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale, trattandosi all’evidenza, secondo canoni di comune conoscenza, di un’esperienza complementare all’insegnamento ma, al contempo, e certamente non meno che in ogni altra professione legale di pari livello, richiedente un’ineguagliabile cultura giuridica, con [#OMISSIS#] non soltanto pratica ma anche accademica, soprattutto nel diritto amministrativo, nelle cui applicazioni processuali è coessenziale la difesa delle Amministrazioni, che è poi l’attività istituzionale dell’Avvocato dello Stato.
Pertanto, nella valutazione dei titoli, e senz’alcuna plausibile logica, è stato invocato, in senso negativo, un rilevante “assorbimento” della candidata, così incorrendo però in palese contraddizione con l’innegabile constatazione secondo cui numerosi docenti universitari di ruolo di materie giuridiche sono spesso anche brillanti avvocati a tempo pieno, senza con ciò venire meno ai rispettivi impegni accademici.
3. Né può condividersi quanto ritenuto dal primo giudice, secondo cui il rilievo circa le funzioni svolte dalla candidata presso l’Avvocatura dello Stato, sarebbe assorbito dal giudizio non favorevole sugli scritti, da parte dei commissari.
Deve viceversa ritenersi che l’illogicità del rilievo circa le funzioni di Avvocato dello Stato svolte principalmente dalla candidata, insieme alla carriera ed all’attività accademiche, abbia determinato inevitabilmente un significativo travisamento nei giudizi sulle opere da questa presentate, dovendosi oltretutto operare una netta, ineludibile distinzione nella valutazione di titoli, da un lato, ed opere, dall’altro, e ciò in base all’art. 3 del D.M. 7 giugno 2012, n. 76.
È anche fondata la censura riferita alle incongrue dichiarazioni del prof. Font Llovet Tomas in ordine ai titoli della ricorrente, dei quali si sosteneva che fossero caratterizzati in negativo dalla parallela attività pubblico-professionale.
Questo giudizio, unitamente a quello del Prof. Astone, ha indubbiamente inciso negativamente sulle determinazioni assunte dalla commissione in ordine alla valutazione della ricorrente, concretando il denunciato vizio di legittimità, come sopra chiarito.
4. Quanto al secondo provvedimento, assunto in sede di rinnovazione del procedimento a seguito della prima sentenza, ne va anche in questo caso riconosciuta la denunciata illegittimità, essendosi formulata un’ulteriore valutazione delle opere della candidata, anche di quelle non oggetto della prima sentenza di annullamento n. 5338/2015 del T.A.R. Lazio.
Oltretutto, la valutazione effettuata dalla commissione si è incentrata sul numero più elevato di pubblicazioni, cioè sulle 18 relative alla prima fascia, e ciò nonostante i criteri di valutazione da adottare per la prima e per la seconda fascia d’abilitazione siano differenti e non ammettano una simile condivisione, tant’è vero che il D.M. n. 76/2012 cit. affida alla commissione la verifica della “piena maturità scientifica” per la prima fascia e soltanto della “maturità scientifica” per la seconda fascia.
La Commissione, invece, ha illegittimamente valutato alla stessa stregua le opere presentate dalla candidata sia per la prima, che per la seconda fascia, incorrendo in un’inammissibile commistione di criteri e valutazioni, tanto da incorrere nell’insanabile illegittimità dei propri rispettivi giudizi, almeno sotto tale profilo.
5. È viceversa solo in parte fondato il quarto motivo di appello concernente la ivi sostenuta sindacabilità della discrezionalità tecnica, con riferimento ai motivi n.3,5, 7,8 del ricorso di primo grado, che la sentenza appellata ha immotivatamente ed ingiustificatamente negato.
È noto infatti che le valutazioni tecniche possono anch’esse essere soggette al sindacato giurisdizionale, essendo ormai del tutto superata l’equivalenza fra la c.d. discrezionalità tecnica e il merito insindacabile dell’azione amministrativa. Nel nuovo codice del processo amministrativo è del resto garantita la pienezza del sindacato sulle valutazioni tecniche dell’amministrazione, almeno sotto il profilo dell’attendibilità, intesa come corretta scelta delle regole tecniche da impiegare in sede di verifica dell’esattezza del procedimento applicativo seguito.
Compete infatti al giudice, non soltanto il pieno accertamento dei fatti ma anche la verifica del processo logico-valutativo seguito dall’Amministrazione nell’applicare le pertinenti regole tecniche, ove ritenga quelle valutazioni ragionevoli, proporzionate e, in definitiva, attendibili, per quanto opinabili, anche se ovviamente quest’ultima non può spingersi fino a sostituirle con proprie autonome scelte, del resto altrettanto opinabili, e ciò nel rispetto del principio della separazione dei poteri (fra le molte, cfr. Cons. Stato, sez. IV, 4 febbraio 2014, n. 505; id., 8 ottobre 2012, n. 5209; Cons. Stato, sez. V, 23 giugno 2011, n. 3807; id., sez. VI, 20 aprile 2009, n. 2384).
7. Va inoltre condiviso che la commissione abbia illegittimamente introdotto criteri e parametri ulteriori rispetto a quelli previsti ed ammessi dall’art. 3 terzo comma del D.M. n. 76/2012.
Al riguardo questa Sezione ha ritenuto (sentenze 29/12/2016 n.5534, 9/11/2018 n.6332) che le commissioni giudicatrici hanno la possibilità di introdurre criteri e parametri ulteriori rispetto a quelli generali indicati nello stesso decreto, ai fini della valutazione delle pubblicazioni e dei titoli, purché diano ragione della scelta effettuata, che può essere giustificata dalla natura del settore scientifico interessato, con atto motivato al quale deve essere data adeguata pubblicità con le modalità suindicate.
Ed è appena il caso di rilevare che queste modalità non sono state rispettate nella fattispecie.
Oltretutto, in relazione a questa doglianza, il T.A.R. si è limitato a invocare impropriamente la teoria dei cd. poteri impliciti, che avrebbe comunque richiesto la partecipazione del destinatario dell’atto.
8. Infine, può comunque disporsi l’assorbimento sia del settimo motivo di gravame, in cui è dedotta violazione dell’art. 35 c.p.a., per aver il TAR dichiarato improcedibile il ricorso per motivi aggiunti senza l’avvertimento ex art. 73 c.p.a., sia dell’ottavo motivo, in cui si lamenta la mancata pronuncia sui motivi di primo grado nn. 9, 10, 11, 12, 15 e 16, poiché quanto sinora ritenuto conduce inevitabilmente all’accoglimento dell’appello ed all’annullamento dei provvedimenti impugnati, ovviamente in parte quae nei limiti dell’interesse della ricorrente.
Dalla pronuncia consegue che l’Amministrazione dovrà predisporre un nuovo giudizio di idoneità nei confronti dell’appellante, nominando per l’incombente una diversa commissione giudicatrice.
Quanto alle spese, in considerazione dei particolari elementi che hanno caratterizzato la controversia, il Collegio ritiene che vi siano motivi per compensare integralmente fra le parti spese e competenze del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, in integrale riforma della appellata sentenza, accoglie il ricorso di primo grado, nei limiti indicati in motivazione, ordinando all’Amministrazione di rinnovare il giudizio valutativo tramite una nuova commissione che tenga conto delle valutazioni e dei criteri enunciati in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 settembre 2019 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente, Estensore
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] Maggio, Consigliere
[#OMISSIS#] Mele, Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
 Pubblicato il 23/10/2019