TAR Toscana, Firenze, Sez. I, 6 dicembre 2019, n. 1672

Professori universitari-Blocchi stipendiali

Data Documento: 2019-12-06
Area: Giurisprudenza
Massima

L’art. 9, comma 21, del d.l.  31 maggio 2010, n. 78, statuisce che i meccanismi di adeguamento retributivo bloccati negli anni 2011, 2012 e 2013 (e, per effetto di proroghe ex lege, 2014 e 2015) non danno luogo a successivi recuperi, atteso che l’intento del legislatore è stato quello di evitare che il risparmio della spesa pubblica derivante dal blocco temporaneo potesse essere vanificato in futuro computando gli elementi retributivi, che sarebbero spettati nel quinquennio, nel trattamento economico successivo.
D’altronde, occorre considerare che le politiche di bilancio hanno una programmazione pluriennale (si veda la direttiva 8.11.2011, n. 2011/85/UE) e che l’esclusione, da parte del citato art. 9, di successivi recuperi si pone nell’ottica di realizzare un’economia di spesa piena, che non deve essere vanificata, nemmeno in parte, da successivi recuperi.

La Corte Costituzionale, con la sentenza  24 giugno-23 luglio 2015, n. 178, dopo avere richiamato i propri precedenti per escludere profili di diseguaglianza rispetto ad altre categorie di pubblici impiegati (sentenza n. 304 del 2013 per i diplomatici, ecc.), ha ribadito che il d. l. n. 78/2010 persegue l’obiettivo di un risparmio di spesa, che “opera riguardo a tutto il comparto del pubblico impiego, in una dimensione solidaristica – sia pure con le differenziazioni rese necessarie dai diversi statuti professionali delle categorie che vi appartengono” (sentenza n. 310 del 2013, punto 13.5. del considerato in diritto), e sul piano dell’asserita disparità di trattamento ha ripetuto la necessità di tener conto della diversità degli statuti professionali delle categorie appartenenti al lavoro pubblico, con la conseguenza di non poter comparare fattispecie dissimili, che non possono fungere da utile termine di raffronto. Così come lavoro pubblico e lavoro privato non possono essere in tutto e per tutto assimilati (Corte Cost., n. 120 del 2012 e n. 146 del 2008), analoga eterogeneità dei termini posti a raffronto connota l’area del lavoro pubblico contrattualizzato e l’area del lavoro pubblico estraneo alla regolamentazione contrattuale; eterogeneità che preclude ogni plausibile valutazione comparativa sul versante dell’art. 3, primo comma, della Costituzione e risalta ancor più netta in ragione dell’irriducibile specificità di taluni settori (forze armate, personale della magistratura), non governati dalla logica del contratto. Si valorizza in tal modo una funzione solidaristica delle misure adottate, strettamente collegata all’eccezionalità della situazione economica generale, in armonia con il dettato dell’art. 2 della Costituzione (TAR Lombardia, Milano, Sez. I, 14 dicembre.2015, n. 1711).

Contenuto sentenza

N. 01672/2019 REG.PROV.COLL.
N. 01350/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1350 del 2017, proposto da
Sara Poli, [#OMISSIS#] Martorella, [#OMISSIS#] De [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Nali, [#OMISSIS#] Pinto, [#OMISSIS#] Carpi, Belinda Blanche Crawford, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Pinchera, [#OMISSIS#] Lenci, [#OMISSIS#] La Mendola, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Salvatore, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Romito, Massimo D'[#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Lanini, [#OMISSIS#] Pandolfi, [#OMISSIS#] Bruni, [#OMISSIS#] Bonaccorsi, rappresentati e difesi dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso lo studio [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] in Firenze, via Maggio 7;
contro
Università di Pisa, non costituita in giudizio;
Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale Firenze, domiciliataria ex lege in Firenze, via degli Arazzieri, 4;
per l’annullamento
e/o la disapplicazione, del D.R. 21 luglio 2017, n. 952, del Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Pisa, recante “l’annullamento della procedura di valutazione, per l’anno 2016, al fine dell’attribuzione degli scatti triennali, attivata con D.R. prot. n. 35734 del 13.07.2016 e i cui atti finali sono stati approvati con D.R. prot. n. 56989 del 18.11.2016” e “la restituzione della differenza stipendiale di quanto percepito a seguito dell’attribuzione dello scatto triennale annullato”; delle note dell’Università di Pisa – Direzione del Personale recanti gli importi da restituire comunicate in data 13 ottobre 2017, prot. n. 51836 (c.a. S. Poli), n. 51828 (c.a. M. Martorella), n. 51817 (c.a. L. De [#OMISSIS#]), n. 51832 (c.a. C. Nali), n. 51835 (c.a. V. Pinto), n. 51814 (c.a. E. Carpi), n. 51816 (c.a. B. Blanche Crawford), n. 51829 (c.a. G. [#OMISSIS#]), n. 51834 (c.a. V. Pichera), n. 51824 (c.a. A. Lenci), n. 51820 (c.a. D. La Mendola), n. 51856 (c.a. M.C. Salvatore), n. 51826 (c.a. A. [#OMISSIS#]), n. 51853 (c.a. M. Romito), n. 51818 (c.a. M. D'[#OMISSIS#]), n. 51825 (c.a. A. [#OMISSIS#]), n. 51822 (c.a. L. Lanini), n. 51833 (c.a. L. Pandolfi), n. 51811 (c.a. R. Bruni), n. 51812 (c.a. L. Bonaccorsi), tutte di analogo tenore per la “restituzione della somma a seguito dell’annullamento dello scatto triennale (D.R. prot. n. 37182 del 21.07.2017) – quantificazione e modalità di restituzione”; nonché di ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale, ancorché non conosciuto e, ove occorrer possa, della nota dell’Università di Pisa del 18 luglio 2017, n. 36520, della nota del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca del 29 maggio 2017, prot. n. 6565 (recante “inquadramento giuridico e trattamento economico dei docenti universitari”) nella parte in cui interpretando le previsioni del d.P.R. 15 dicembre 2011, n. 232 intende precludere ai docenti nominati ai sensi della l. 30 dicembre 2010, n. 240 la revisione del trattamento economico conseguente al procedimento per la progressione triennale sino al 31 dicembre 2015 e, se del caso, dello stesso d.P.R. 15 dicembre 2011, n. 232, anche previa eventuale remissione di atti e parti dinanzi alla Corte Costituzionale per contrasto con gli artt. 2, 3, 33, 35, 36, 37, 38, 53, 77 e 97 Cost., dell’art. 9, co. 21, d.l. 31 maggio 2010, n. 78 (conv. l. 30 luglio 2010, n. 122) s.m.i. e successive proroghe (ex art. 1 d.P.R. 4 settembre 2013 e dell’art. 1, co. 256, l. 23 dicembre 2014, n. 190);
e, in ogni caso, per l’accertamento del diritto al riconoscimento della classe e dello scatto stipendiale conseguito all’esito del positivo esperimento della procedura prevista ai sensi dall’art. 8, co. 3, della l. 30 dicembre n. 240 e dell’art. 3, co. 3, del D.P.R. 15 dicembre 2011, n. 232.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca e di Ministero dell’Economia e delle Finanze;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 dicembre 2019 il consigliere [#OMISSIS#] Viola e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I ricorrenti sono tutti Professori associati dell’Università degli Studi di Pisa assunti in ruolo ai sensi dell’art. 18 della l. 30 dicembre 2010, n. 240; avendo maturato il requisito del triennio dall’inquadramento in ruolo, partecipavano alla procedura indetta con d. R. 13 luglio 2016, n. 35734 e relativa all’attribuzione dello scatto triennale di stipendio relativamente all’anno 2016 e conseguivano la relativa progressione economica con il successivo d. R. 18 novembre 2016, n. 56989.
Con il successivo d. R. 21 luglio 2017, n. 952, il Rettore dell’Università degli Studi di Pisa recepiva però il contenuto della nota 29 maggio 2017, prot. n. 6565 del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca-Dipartimento per la Formazione Superiore e per la Ricerca-Direzione generale per la programmazione, il coordinamento e il finanziamento delle istituzioni della formazione superiore (assunta di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze) ed annullava il decreto di attribuzione dello scatto triennale maturato nel 2016, disponendo altresì la restituzione di quanto percepito in esecuzione della deliberazione annullato; a base del provvedimento di autotutela era sostanzialmente posto il “blocco degli scatti stipendiali” previsto dall’art. 9, 21° comma del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, conv. in l. 30 luglio 2012, n. 122 e successivamente prorogato.
Gli atti sopra richiamati erano impugnati dai ricorrenti, unitamente alla note dell’Università degli Studi di Pisa aventi ad oggetto il recupero degli emolumenti corrisposti in esecuzione della deliberazione annullata in sede di autotutela, con il presente ricorso, che risulta affidato a censure di: 1) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 8 della l. n. 240/2010 e dell’art. 3 del d.P.R. n. 232/2011, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 9, co. 21, del d.l. n. 78/2010 s.m.i. (conv. l. n. 122/2010), eccesso di potere per sviamento, per difetto d’istruttoria, carenza e perplessità della motivazione avendo l’Università omesso di considerare il diverso regime previsto per i professori assunti ai sensi della legge n. 240/2010, accertamento del diritto al riconoscimento della revisione economica della retribuzione secondo le classi e gli scatti stipendiali conseguiti all’esito del positivo esperimento della procedura di valutazione ex art. 8, co. 3, l. n. 240/2010 e art. 3, co. 3, del d.P.R. n. 232/2011; 2) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 8, co. 3, l. n. 240/2010 e dell’art. 3, co. 3, d.P.R. n. 232/2011, nonché dell’art. 9, co. 21, del d.l. n. 78/2010 (conv. l. n. 122/2010), eccesso di potere per sviamento, nonché per carenza e perplessità della motivazione, accertamento del diritto al riconoscimento delle classi stipendiali conseguite all’esito del positivo esperimento della procedura di valutazione ex art. 3, co. 3, del d.P.R. n. 232/2011, illegittimità costituzionale dell’art. 9, co. 21, del d.l. n. 78/2010 (conv. l. n. 122/2010) per contrasto con gli 2, 3, 33, 35, 36, 37, 38, 53, 77 e 97 Cost.; con il ricorso era altresì richiesto l’accertamento del diritto dei ricorrenti al riconoscimento della revisione economica della retribuzione secondo le classi e gli scatti stipendiali conseguiti all’esito del positivo esperimento della procedura di valutazione ex art. 8, co. 3, l. n. 240/2010 e art. 3 d.P.R. n. 232/2011.
Si costituivano in giudizio solo i Ministeri dell’Istruzione, Università e Ricerca e dell’Economia e delle Finanze, controdeducendo sul merito del ricorso.
Il ricorso è infondato e deve pertanto essere respinto.
Le censure relative alla presunta incostituzionalità del meccanismo di blocco previsto dall’art. 9, 21° comma del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, conv. in l. 30 luglio 2012, n. 122 risultano essere state già affrontate dalla Sezione, con riferimento ai docenti assunti in ruolo in data antecedente all’entrata in vigore della l. 30 dicembre 2010, n. 240, con le due sentenze 12 aprile 2018 nn. 525 e 526 che possono essere richiamate anche ai fini motivazionali della presente decisione: < L’art. 9, comma 21, del d.l. n. 78/2010 statuisce che i meccanismi di adeguamento retributivo bloccati negli anni 2011, 2012 e 2013 (e, per effetto di proroghe ex lege, 2014 e 2015) non danno luogo a successivi recuperi; l’intento del legislatore è stato quello di evitare che il risparmio della spesa pubblica derivante dal blocco temporaneo potesse essere vanificato in futuro computando gli elementi retributivi, che sarebbero spettati nel quinquennio, nel trattamento economico successivo.
Sotto tale profilo rileva una proiezione legislativa strutturale di contenimento delle spese pubbliche, la quale è stata vagliata dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 310 del 17.12.2013, “con cui è stato comunque escluso ogni profilo di irragionevolezza, nonostante l’idoneità dell’intervento legislativo a determinare effetti permanenti sotto il profilo economico” (TAR Calabria, Catanzaro, I, 22.12.2017, n. 2138).
D’altronde, occorre considerare che le politiche di bilancio hanno una programmazione pluriennale (si veda la direttiva 8.11.2011, n. 2011/85/UE) e che l’esclusione, da parte del citato art. 9, di successivi recuperi si pone nell’ottica di realizzare un’economia di spesa piena, che non deve essere vanificata, nemmeno in parte, da successivi recuperi.
5. In tal senso si pone la pronuncia della Corte Costituzionale n. 178 del 23.7.2015, la quale ha specificato che (salvo che per il profilo inerente la libertà sindacale, riferibile come tale solo alle categorie di dipendenti pubblici privatizzati) risultava ragionevole il “sacrificio” di carattere economico imposto al pubblico impiego, anche se oggetto delle ulteriori proroghe, essendo diretto alla tutela delle finanze pubbliche, avente necessariamente un orizzonte pluriennale superiore ad un singolo esercizio finanziario, valorizzando in ottica di bilanciamento (e quindi nell’ambito del sindacato sulla ragionevolezza della scelta legislativa) il principio di “equilibrio di bilancio” ex art. 81 della Costituzione, inaugurato dalla nota sentenza della Corte Costituzionale n. 10/2015.
……. Sempre in relazione al primo motivo di ricorso, appare manifestamente infondato lo specifico aspetto di incostituzionalità incentrato sulla disparità di trattamento rispetto al pubblico impiego contrattualizzato e non contrattualizzato.
Non è stato individuato (né è individuabile d’ufficio) un idoneo termine di comparazione che supporti la censura relativa alla disparità di trattamento.
Nessuna violazione del principio di uguaglianza è ravvisabile rispetto ai dipendenti pubblici contrattualizzati, giacché, secondo il consolidato indirizzo della Corte Costituzionale, le profonde differenze di stato giuridico e di trattamento economico escludono ogni confronto utile allo scrutinio imposto dall’art. 3 della Costituzione (Corte Costituzionale n. 310/2013, n. 178/2015 e n. 154/2014; TAR Calabria, Catanzaro, I, 22.12.2017, n. 2138).
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 178/2015 (nota per avere dichiarato incostituzionale il blocco della contrattazione collettiva nel settore del pubblico impiego privatizzato), dopo avere richiamato i propri precedenti per escludere profili di diseguaglianza rispetto ad altre categorie di pubblici impiegati (sentenza n. 304 del 2013 per i diplomatici, ecc.), ha ribadito che il d. l. n. 78/2010 persegue l’obiettivo di un risparmio di spesa, che “opera riguardo a tutto il comparto del pubblico impiego, in una dimensione solidaristica – sia pure con le differenziazioni rese necessarie dai diversi statuti professionali delle categorie che vi appartengono” (sentenza n. 310 del 2013, punto 13.5. del considerato in diritto), e sul piano dell’asserita disparità di trattamento ha ripetuto la necessità di tener conto della diversità degli statuti professionali delle categorie appartenenti al lavoro pubblico, con la conseguenza di non poter comparare fattispecie dissimili, che non possono fungere da utile termine di raffronto. Così come lavoro pubblico e lavoro privato non possono essere in tutto e per tutto assimilati (Corte Cost., n. 120 del 2012 e n. 146 del 2008), analoga eterogeneità dei termini posti a raffronto connota l’area del lavoro pubblico contrattualizzato e l’area del lavoro pubblico estraneo alla regolamentazione contrattuale; eterogeneità che preclude ogni plausibile valutazione comparativa sul versante dell’art. 3, primo comma, della Costituzione e risalta ancor più netta in ragione dell’irriducibile specificità di taluni settori (forze armate, personale della magistratura), non governati dalla logica del contratto. Si valorizza in tal modo una funzione solidaristica delle misure adottate, strettamente collegata all’eccezionalità della situazione economica generale, in armonia con il dettato dell’art. 2 della Costituzione (TAR Lombardia, I, 14.12.2015, n. 1711).
Tali considerazioni valgono anche in relazione alla censura di disparità di trattamento avente ad oggetto gli effetti giuridici delle progressioni di carriera (estranee ai docenti universitari) disposte nel periodo 2011/2015, previsti dall’art. 9, comma 21, del d.l. n. 78/2010 e su cui i ricorrenti si soffermano alla pagina 9 della memoria di replica.
8. Invero, anche relativamente al comparto pubblicistico dei dipendenti della Pubblica Amministrazione, non è delineabile né sotto il profilo giuridico né sotto quello economico una “platea omogenea” nell’ambito della quale operare la comparazione; con riferimento, in particolare, ai magistrati, l’illegittimità dell’art. 9, comma 22, del D. L. 78/2010, riguardo agli artt. 3, 100, 101, 104, 108 della Costituzione, è stata fondata sulla specificità dell’ordinamento della magistratura, quale ordine autonomo ed indipendente, eccedendo il rapporto tra la magistratura e lo Stato un ordinario rapporto di lavoro tra datore di lavoro/pubblica amministrazione e dipendenti in regime pubblicistico e venendo invece in rilievo uno dei cardini dell’assetto costituzionale di ripartizione dei poteri statuali (cfr. Corte Cost. 223/2012; ma anche le sentenze Corte Cost. 236/2017; 192/2016; 178/2015).
Manifestamente infondato è anche il riferimento all’art. 36 della Costituzione, in quanto, secondo il consolidato orientamento del giudice delle leggi, rilevano ai fini del giudizio di conformità a tale norma non le singole componenti del trattamento economico ma la retribuzione nel suo complesso, mentre le contestate disposizioni legislative non incidono sulla struttura della retribuzione dei docenti universitari nel suo insieme, né emerge una situazione tale da ledere le tutele socio assistenziali degli interessati e dunque l’art. 2 della Costituzione (Corte Cost., 17.12.2013, n. 310; idem, 6.5.2016, n. 96)>> (T.A.R. Toscana, sez. I, 12 aprile 2018 nn. 525 e 526).
Del resto, le complesse argomentazioni articolate da parte ricorrente con riferimento alla necessità di differenziare i docenti assunti successivamente all’entrata in vigore della l. 30 dicembre 2010, n. 240 dai docenti precedentemente assunti trovano ineliminabile ostacolo nella formulazione letterale del già citato art. 9, 21° comma del d.l. 31 maggio 2010, n. 78 (conv. in l. 30 luglio 2012, n. 122) che, non solo reca una previsione di blocco dei <> (come riduttivamente prospettato dai ricorrenti), ma anche una successiva previsione dal contenuto molto più ampio e che incide su qualsiasi meccanismo di <> (e, quindi, anche sui meccanismi non automatici come quello che ci occupa), sterilizzandone gli effetti secondo un diverso meccanismo che prevede solo la salvaguardia degli effetti giuridici del periodo di servizio “bloccato” ai fini economici (in buona sostanza, un meccanismo che esclude che la progressione di carriera possa determinare effetti economici durante il periodo di blocco, ma non ne preclude il successivo “recupero”, una volta cessato il detto periodo).
Del tutto irrilevanti risultano poi le argomentazioni articolate dai ricorrenti con riferimento alla necessità di salvaguardare almeno ai fini giuridici il triennio di servizio “perso” per effetto del blocco; se riferite alla determina oggetto di impugnazione le dette argomentazioni risultano, infatti, certamente irrilevanti, apparendo del tutto indubbio come l’esclusione degli effetti economici prevista dal già citato art. 9, 21° comma del d.l. 31 maggio 2010, n. 78 (conv. in l. 30 luglio 2012, n. 122) legittimi l’annullamento della precedente deliberazione di riconoscimento della progressione economica; se, invece, riferite alla futura progressione di carriera, le dette censure (sicuramente fondate nel merito, in quanto la previsione dell’art. 9, 21° comma del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, conv. in l. 30 luglio 2012, n. 122 prevede la salvaguardia degli effetti giuridici del servizio prestato), appaiono del tutto premature, dovendo essere riferite alle successive deliberazioni che dovessero eventualmente non riconoscere il detto periodo, una volta cessato il regime di blocco.
Le stesse argomentazioni articolate da parte ricorrente in ordine alla non automaticità della progressione in carriera (ed alla conseguenziale mediazione di un atto che accerti la presenza dei requisiti per la progressione di carriera) escludono poi che in materia possa esserci spazio per un’azione di accertamento della necessità di considerare i detti periodi di servizio nelle successive valutazioni in ordine alla progressione in servizio dei ricorrenti.
In definitiva, il ricorso deve pertanto essere respinto; sussistono ragioni per procedere alla compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge, come da motivazione.
Compensa le spese di giudizio tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 4 dicembre 2019 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] Viola, Consigliere, Estensore
Raffaello [#OMISSIS#], Consigliere
Pubblicato il 06/12/2019

IL SEGRETARIO