TAR Lazio, Roma, Sez. III bis, 14 febbraio 2020, n. 2058

Procedura concorsuale per copertura posto Professore associato-Ristoro chance

Data Documento: 2020-02-14
Area: Giurisprudenza
Massima

E’ legittima  la pretesa con cui si chiede il ristoro della chance di diventare professore associato, in quanto conseguenza diretta e immediata dell’adozione dell’originario giudizio negativo.

Contenuto sentenza

N. 02058/2020 REG.PROV.COLL.
N. 09128/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9128 del 2018 proposto dalla professoressa Rosa Rota rappresentata e difesa dall’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
il Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato presso la cui sede in Roma, Via dei Portoghesi n.12, è domiciliatario;
per ottenere:
la condanna dell’intimato Ministero al risarcimento del danno subito dalla ricorrente in conseguenza dell’illegittimo diniego, datato 14.12.2013, del rilascio dell’Abilitazione scientifica nazionale come professore di seconda fascia nella procedura indetta con D.D. n.222/2012 per il settore concorsuale 12/D1 – Diritto Amministrativo.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 gennaio 2020 il dott. [#OMISSIS#] Sapone e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
L’odierna ricorrente, ricercatrice di diritto amministrativo e professore di diritto dell’ambiente presso l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, ha partecipato, con esito negativo, alla procedura, indetta con D.D. 222/2012, per il rilascio dell’abilitazione scientifica nazionale come professore di seconda fascia per il settore concorsuale 12/D1 (Diritto Amministrativo). 
Ha impugnato presso questo Tribunale il giudizio negativo formulato dalla Commissione giudicatrice contestando la legittimità sia del giudizio finale sia dei giudizi individuali nonché la predeterminazione dei criteri per la valutazione dei titoli e delle pubblicazioni.
L’adito Tribunale con sentenza della Sezione Terza n.5973/2016 ha rigettato il proposto gravame.
La suddetta sentenza è stata impugnata e il Consiglio di Stato con sentenza della Sezione VI n.4242/2017 ha accolto l’appello e, per l’effetto, in integrale riforma della sentenza di prime cure, ha accolto il ricorso di primo grado.
Al riguardo la sentenza del CS ha ritenuto fondato “il motivo inerente l’illogicità del c.d. criterio con [#OMISSIS#] preponderante, aggiunto dalla Commissione, secondo cui, per ottenere l’abilitazione scientifica nazionale, è necessario “avere inserito nella domanda di partecipazione almeno tre pubblicazioni scientifiche di livello eccellente o buono secondo le definizioni del DM 76/2012 all. D par. 1 e 2, tra cui almeno una monografia” (avendo ritenuto irrilevanti i criteri della collocazione editoriale e dell’impatto delle pubblicazioni all’interno del settore concorsuale)” sul presupposto che “il livello di eccellenza, che può consentire l’accesso alla prima fascia (ed attesta la piena maturità scientifica del candidato), non occorre sia stato già necessariamente raggiunto per l’accesso alla seconda fascia per la quale è richiesta la maturità scientifica attestata dal raggiungimento di risultati di rilevante qualità e originalità”.
Sempre con la citata sentenza il CS ha, altresì, censurato l’omissione di una “compiuta valutazione dell’impatto delle pubblicazioni presentate dall’interessata all’interno del settore concorsuale di riferimento, con riferimento, ad esempio, al correlato dibattito scientifico; elemento questo rilevante e valutabile anche per il settore del Diritto Amministrativo, che a buon titolo appartiene al novero delle scienze giuridiche” sia la mancata considerazione “dell’intensa attività didattica e di partecipazione ai convegni svolta e documentata dalla ricorrente.”
In ottemperanza alla citata sentenza di secondo grado la nuova Commissione, nominata con D.D. n.2387/2017, ha rilasciato alla ricorrente in data 10 aprile 2018 l’Abilitazione Scientifica Nazionale come professore di seconda fascia per il settore concorsuale12/D1 – Diritto Amministrativo.
Alla luce di tali presupposti fattuali la professoressa Rota ha proposto il presente gravame chiedendo il risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell’illegittimo originario diniego. 
In particolare la ricorrente, sul presupposto che il suddetto diniego, avendole impedito di partecipare alle procedure concorsuali successivamente bandite ai sensi dell’art.18 della L. n.240/2010 e alle procedure valutative riservate bandite ex art.24, comma 6, le avrebbe precluso di diventare professore associato, e successivamente la chance di diventare professore di prima fascia, ha chiesto il risarcimento della chance, quantificando i danni subiti ipotizzando (pagg.22-23 del gravame) che ” la ricorrente potesse essere nominata, come avvenuto per i suoi colleghi “ amministrativisti” dell’Ateneo di Tor Vergata professore Associato nel 2014 o nel 2015 e sempre secondo l’id quod plerumque accidit Professore ordinario nel 2020, se ne trae le conseguenza che ha diritto ad un risarcimento pari al differenziale tra lo stipendio di Professore Associato e quello di ricercatore dal 2014 al 2020 e poi pari al differenziale tra lo stipendio di Professore ordinario e quello di ricercatore dal 2021 al 2033 ( anno di suo collocamento a riposo) ovvero, alternativamente, “ il differenziale stipendiale tra professore associato e ricercatore per tutto il periodo 2014-2033), con l’aggiunta del danno correlato al minor trattamento pensionistico e di TFR.
Sempre con il gravame in trattazione ha chiesto, infine, il danno non patrimoniale, da individuare in una sorta di danno all’immagine e curriculare, conseguente alla minore gratificazione ricavabile dallo svolgimento delle funzioni di ricercatore invece di quelle di professore.
Si è costituito l’intimato Ministero il quale ha contestato la fondatezza delle prospettazioni ricorsuali, sostenendo che nella vicenda in esame non sussistevano i presupposti per individuare una forma di responsabilità a proprio carico atteso che mancava una condotta colposa allo stesso imputabile, un nesso causale tra tale condotta e il danno lamentato dalla ricorrente nonché la prova del danno subito da quest’ultima.
Alla pubblica udienza del 21 gennaio 2020 il ricorso è stato assunto in decisione.
In primis il Collegio sottolinea che nella fattispecie in esame non può essere contestato che l’originario giudizio negativo abbia penalizzato la ricorrente in ordine alla possibilità di diventare professore associato, per cui è individuabile una perdita di chance intesa come probabilità di ottenere un bene della vita, pacificamente risarcibile.
Contrariamente a quanto prospettato dalla Difesa erariale, sono individuabili i presupposti per ottenere una condanna risarcitoria, dato che in ordine all’assenza di una condotta colposa imputabile al Ministero la sentenza del Consiglio di Stato ha chiaramente evidenziato la palese illegittimità in cui era incorsa la Commissione nel formulare il primo giudizio negativo, in quanto ha erroneamente applicato i criteri previsti per il conferimento dell’abilitazione scientifica di prima fascia alle procedure per il conferimento della seconda fascia e perché aveva reso un giudizio negativo omettendo di considerare altri elementi che nell’ottica del giudice di appello era vincolata a valutare.
Per quanto concerne l’omessa attivazione della tutela cautelare che avrebbe consentito di interrompere il nesso eziologico tra la condotta del MIUR e il danno subito dalla ricorrente il Collegio sottolinea che: 
a) in tutti i contenziosi aventi ad oggetto il diniego di abilitazione scientifica nazionale il MIUR, in linea con l’indirizzo giurisprudenziale, ha sempre negato che sussistono i presupposti per la concessione della tutela cautelare in quanto ha sempre affermato che “nessuna utilità potrebbe trarre il candidato dall’immediata sospensiva del giudizio di non abilitazione, posto che, anche sospendendo l’efficacia del provvedimento de quo, lo stesso rimarrebbe privo del titolo abilitativo alle funzioni di prima o seconda fascia e quindi della possibilità di prendere parte alle procedure di chiamata”; 
b) per quanto concerne la possibilità di ottenere una tutela cautelare sotto forma della discussa tecnica dell’ordinanza di riesame, a prescindere dalla circostanza che un eventuale provvedimento positivo adottato dall’amministrazione in esecuzione di una tale forma di ordinanza non verrebbe in alcun modo a determinare la cessazione della materia del contendere, è da rilevare che nella vicenda in esame, come ben sottolineato da parte ricorrente, una tale forma di tutela non avrebbe sortito alcun effetto positivo avuto presente che una nuova valutazione da parte di una diversa Commissione avrebbe dovuta essere condotta sempre sulla base dei criteri riconosciuti illegittimi dalla sentenza del Consiglio di Stato, la cui eliminazione postulava per forza una sentenza di merito.
Per quanto riguarda, infine, la mancata dimostrazione del danno subito dalla ricorrente è facile sottolineare che la perdita di chance risulta dimostrata in re ipsa dalla impossibilità della dottoressa Rota di partecipare alle procedure concorsuali successivamente bandite al contestato originario giudizio negativo dal Ministero resistente, ai sensi dell’art.18 della L. n.240/2010 ed ex art.24, comma 6, e pubblicate sul sito web dello stesso.
Venendo al merito delle pretese ricorsuali il Collegio sottolinea che risulta fondata la pretesa con cui si chiede il ristoro della chance di diventare professore associato, in quanto conseguenza diretta e immediata dell’adozione dell’originario giudizio negativo, mentre non può essere accolta la pretesa ricorsuale tesa ad ottenere anche il risarcimento del danno derivante dalla perdita della possibilità di diventare, una volta acquisita la qualifica di professore di II fascia, anche professore di prima fascia, dato che trattandosi di una sorta di chance di secondo grado in quanto presuppone il realizzarsi della chance di primo grado, non costituisce una conseguenza diretta ed immediata dell’operato illegittimo dell’amministrazione, tenuto conto, altresì, che il conseguimento della prima fascia è subordinato a criteri diversi da quelli previsti per il conseguimento della seconda fascia e che, in ogni caso, e tale elemento assume carattere dirimente, la ricorrente avrebbe potuto partecipare alla procedura per il conferimento dell’abilitazione scientifica di prima fascia anche come ricercatore.
Ciò considerato, per quanto concerne il quantum risarcibile deve essere evidenziato che occorre prendere in esame, come correttamente rilevato da parte ricorrente, le differenze stipendiali tra ricercatore ordinario e professore associato con l’aggiunta del danno correlato al minor trattamento pensionistico e di TFR.
Poiché la chance sia pure risarcibile non implica la sicura e futura realizzazione del bene della vita, trattandosi di una valutazione probabilistica, occorre riparametrare tali importi tenendo conto di criteri prettamente oggettivi.
A tal fine occorre prendere in considerazione la tabella citata da parte ricorrente a pag.5 della memoria versata agli atti il 7 dicembre 2019 in base alla quale nel periodo temporale 2014-2018 dei 179 Ricercatori a tempo indeterminato al 2013 nel settore concorsuale di Diritto amministrativo l’abilitazione è stata conseguita dal 56% di cui il 68% donne e la chiamata è stata ottenuta dal 56% di cui il 58% donne, con la conseguenza che nel calcolare le differenze retributive di cui sopra si dovrà tener conto, riducendole, di tale percentuale del 60%.
Deve essere sottolineato che, contrariamente a quanto richiesto dalla ricorrente secondo cui occorre far riferimento ai fini del calcolo degli importi de quibus al periodo temporale 2014-2033 (data di collocamento a riposo della stessa), occorre, invece, unicamente far riferimento al periodo 2014- 2018, in quanto con il conseguimento dell’abilitazione scientifica la professoressa Rota è stata messa in condizione di partecipare alle procedure concorsuali per professore di seconda fascia ed è stato quindi eliminato il vulnus derivante dall’originario giudizio negativo.
La tesi della ricorrente presuppone, in sostanza, che il suddetto giudizio negativo le abbia precluso definitivamente per tutta la sua residua vita professionale di diventare professore di seconda fascia.
Deve essere evidenziato, altresì, che nel calcolare le differenze retributive in questione occorre far riferimento a quanto percepiva la ricorrente e quanto alla stessa sarebbe stato spettato in caso di nomina come professore di seconda fascia.
Inoltre il Collegio rileva che nella fattispecie in esame deve trovare applicazione l’art.1227, comma 2, del codice civile secondo cui “Il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza”, ripreso dall’art.30. comma 3, del cpa, per cui l’omessa partecipazione della professoressa Rota alla successiva tornata concorsuale 2016-2018 costituisce un elemento, alla stessa imputabile, di cui il Collegio non può non tener conto al fine di calcolare al ribasso il risarcimento come sopra quantificato, in una percentuale che equitativamente può essere individuata nella misura del 5%.
Da ultimo deve essere accolta, stante l’immediata riferibilità all’illegittimo operato dell’amministrazione, la pretesa ricorsuale tesa ad ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale, da individuare in una sorta di danno all’immagine e curriculare, conseguente alla minore gratificazione ricavabile dallo svolgimento delle funzioni di ricercatore invece di quelle di professore di seconda fascia, che il Collegio individua equitativamente nella percentuale del 2% della somma che dovrà essere riconosciuta a titolo di danno patrimoniale.
Sulle somme di cui sopra dovranno essere altresì riconosciuti gli interessi legali dalla data di esigibilità fino al soddisfo.
Alla luce di quanto sopra considerato, il Collegio intende applicare ai fini della quantificazione delle somme da riconoscere alla ricorrente l’art.34, comma 4, del cpa, il quale stabilisce che “In caso di condanna pecuniaria, il giudice può, in mancanza di opposizione delle parti, stabilire i criteri in base ai quali il debitore deve proporre a favore del creditore il pagamento di una somma entro un congruo termine. Se le parti non giungono ad un accordo, ovvero non adempiono agli obblighi derivanti dall’accordo concluso, con il ricorso previsto dal Titolo I del Libro IV, possono essere chiesti la determinazione della somma dovuta ovvero l’adempimento degli obblighi ineseguiti”, per cui dispone che il resistente Ministero proponga alla ricorrente il pagamento delle somme dovute a titolo risarcitorio da calcolare secondo i criteri di cui sopra.
Le spese del presente giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione III bis, definitivamente pronunciando sul ricorso n.9128 del 2018, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per gli effetti, condanna il resistente Ministero al pagamento delle somme dovute a titolo risarcitorio, da calcolare secondo i criteri di cui in motivazione.
Condanna il predetto Ministero al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in complessivi Euro 2.000,00 (Euro duemila).
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 gennaio 2020 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Sapone, Presidente, Estensore
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Primo Referendario
Pubblicato il 14/02/2020

IL SEGRETARIO