Consiglio di Stato, Sez. VI, 5 marzo 2020, n. 1624

Procedura concorsuale per copertura posto Ricercatore-Espressione post dottorato

Data Documento: 2020-03-05
Area: Giurisprudenza
Massima

L’ espressione “post-dottorato”, utilizzata nel bando in relazione alle borse di cui all’art. 4 della L. 398/1989  non viene ripetuta a proposito degli ulteriori e alternativi titoli (contratti, assegni, borse ecc.), richiesti, congiuntamente al dottorato di ricerca, ai fini dell’ammissione, sicché, in base al principio “ubi voluit dixit”, non può ritenersi che il bando abbia subordinato la rilevanza degli ulteriori titoli necessari ai fini dell’ammissione, alla circostanza che i medesimi siano stati acquisiti successivamente al dottorato di ricerca.

Contenuto sentenza

N. 01624/2020 REG.PROV.COLL.
N. 08323/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8323 del 2019, proposto da 
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentata e difesa dall’avvocato Massimo [#OMISSIS#], con domicilio digitale di pec come da registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio [#OMISSIS#] Di Candilo, in Roma, via Ulpiano, n. 47; 
contro
Università per Stranieri di Perugia, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, è domiciliata ex lege
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentata e difesa dall’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio digitale di pec come da registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio Giovanni [#OMISSIS#], in Roma, via [#OMISSIS#], n. 44; 
per la riforma
della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria (Sezione Prima) n. 00188/2019, resa tra le parti, concernente un concorso a un posto di ricercatore con contratto a tempo determinato.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Università per Stranieri di Perugia e della dott.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#];
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 febbraio 2020 il Cons. [#OMISSIS#] Maggio e uditi per le parti gli avvocati Massimo [#OMISSIS#] e Giovanni [#OMISSIS#] in sostituzione di [#OMISSIS#] [#OMISSIS#];
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
L’Università per Stranieri di Perugia, ha bandito un concorso per la copertura di un posto di ricercatore ai sensi dell’art. 24, comma 3, lett. b), della legge 30/12/2010, n. 240 (settore concorsuale 10/G1 – settore scientifico-disciplinare L-LIN/02).
All’esito della procedura la dott.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] è risultata seconda dietro la dott.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], dichiarata vincitrice.
Ritenendo gli atti della selezione illegittimi la dott.sa [#OMISSIS#] li ha impugnati con ricorso al T.A.R. Umbria, il quale, con sentenza 3/4/2019, n. 188, lo ha respinto.
Avverso la sentenza ha proposto appello la dott.ssa [#OMISSIS#].
Per resistere al ricorso si sono costituite in giudizio l’Università per Stranieri di Perugia e la dott.ssa [#OMISSIS#].
Con successive memorie le parti private hanno meglio illustrato le rispettive tesi difensive.
Alla pubblica udienza del 27/2/2020 la causa è passata in decisione.
Col primo motivo l’appellante denuncia i seguenti vizi della sentenza. 
a) Il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto che il bando di concorso consentisse di valutare, ai fini dell’ammissione alla procedura concorsuale, anche borse di studio acquisite in epoca precedente al conseguimento del dottorato di ricerca.
Una corretta interpretazione del bando consentirebbe, infatti, di attribuire rilievo solo ai titoli maturati successivamente all’acquisizione del dottorato di ricerca.
b) Le borse indicate dall’appellata non potrebbero in ogni caso essere assimilate né alle borse post-dottorato, né a gli assegni di ricerca.
c) La controinteressata non avrebbe specificato la durata, in mesi, della borsa di studio attribuitale dall’Università di Manchester, per cui il titolo non sarebbe valutabile, non essendo noto se, come richiesto dal bando, la stessa abbia avuto una durata di almeno 36 mesi.
Col secondo motivo l’appellante deduce che la controinteressata non avrebbe potuto essere ammessa al concorso in quanto priva delle 12 pubblicazioni richieste dall’art. 5 del bando.
I due motivi così sinteticamente riassunti, si prestano ad una trattazione congiunta. 
La doglianza sub a) del primo motivo, che, diversamente da quanto eccepito dalla dott.ssa [#OMISSIS#], è ammissibile in quanto rivolta nei confronti della sentenza e non contro gli atti amministrativi impugnati in primo grado, non merita accoglimento.
L’art. 2 del bando di concorso, nel fissare i requisiti di ammissione alla selezione, stabiliva, per quanto qui rileva: 
<<Sono ammessi a partecipare alla selezione i candidati, anche cittadini di Paesi non appartenenti all’Unione Europea, in possesso, alla data di scadenza del Bando, del titolo di dottore di ricerca o titolo equivalente conseguito in Itala o all’estero. 

I candidati, a pena di esclusione, devono inoltre aver usufruito:
– di contratti di cui all’art. 24 comma 3 lettera a) della legge 240/2010 per almeno tre anni anche non consecutivi;
– ovvero aver conseguito l’abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore di prima o seconda fascia ai sensi dell’art. 16 della legge 240/2010;
– ovvero che, per almeno tre anni, anche non consecutivi, hanno usufruito di assegni di ricerca ai sensi dell’art. 51, comma 6, della Legge 449/1997, o di assegni di ricerca ai sensi dell’art. 22 della Legge 240/2010, o di borse post-dottorato ai sensi dell’art. 4 della legge 398/1989 ovvero di analoghi contratti, assegni o borse in atenei stranieri;
– ovvero di contratti stipulati ai sensi dell’art. 1, comma 14, della legge 230/2005 per almeno tre anni non consecutivi.
….>>. 
Come emerge chiaramente dal tenore letterale del trascritto articolo 2, in relazione ai “contratti, assegni o borse (assegnati da) atenei stranieri”, non è richiesto che l’attribuzione sia successiva all’acquisizione del dottorato di ricerca. Siffatta condizione riguarda, invero, solo le borse di cui all’art. 4 della L. 30/11/1989, n. 398. 
Depone in tal senso non soltanto la congiunzione disgiuntiva “ovvero” utilizzata dal bando nel descrivere l’ulteriore requisito di ammissione di cui al terzo alinea dell’art. 2 (“di borse post dottorato ai sensi dell’art. 4 della legge 398/1989 ovvero di analoghi contratti, assegni o borse in atenei stranieri”), ma anche la lettura sistematica e coordinata degli stessi titoli di ammissione, nessuno dei quali presuppone il preventivo possesso del dottorato di ricerca, <<non a caso richiesto quale requisito autonomo ed indipendente, rispetto a tutti gli altri titoli previsti in via alternativa>>.
Peraltro, come correttamente rilevato dal giudice di prime cure, l’espressione “post-dottorato”, utilizzata nell’ambito del terzo alinea dell’art. 2 in relazione alle borse di cui all’art. 4 della L. 398/1989 (che sembrerebbe avallare l’interpretazione dell’appellante per cui la borsa possa essere presa in considerazione quale requisito solo se conseguita dopo e non prima del dottorato), non viene ripetuta a proposito degli ulteriori e alternativi titoli (contratti, assegni, borse ecc.), richiesti, congiuntamente al dottorato di ricerca, ai fini dell’ammissione, sicché, in base al principio “ubi voluit dixit”, non può ritenersi che il bando abbia subordinato la rilevanza degli ulteriori titoli necessari ai fini dell’ammissione, alla circostanza che i medesimi siano stati acquisiti successivamente al dottorato di ricerca.
Tutte le restanti censure sono inammissibili in quanto dedotte per la prima volta in questo grado di giudizio, in violazione del precetto di cui all’art. 104, coma 1, c.p.a. che vieta di proporre nuove domande in appello.
Il ricorso va, in definitiva, respinto.
Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi od eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
Sussistono eccezionali ragioni per disporre l’integrale compensazione di spese e onorari di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 febbraio 2020 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Tarantino, Consigliere
[#OMISSIS#] Maggio, Consigliere, Estensore
Pubblicato il 05/03/2020

L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
[#OMISSIS#] Maggio
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#]

IL SEGRETARIO