TAR Lazio, sez. I, 22 novembre 2021, n. 11999

Università telematica - Soggezione al Codice del Consumo

Data Documento: 2021-11-22
Area: Giurisprudenza
Massima

Nel caso in esame, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha sanzionato l’Unicusano, Università telematica ricorrente, in relazione a due condotte poste in essere nell’ambito dell’offerta formativa attraverso il sito web www.unicusano.it, consistenti:
– nella frapposizione di ostacoli all’esercizio del diritto di recesso che risulta subordinato a due condizioni: da un lato, al rispetto di un termine particolarmente stringente; dall’altro, all’avvenuto pagamento, da parte dello studente moroso, dei debiti accumulati e delle quote di iscrizione agli anni successivi rinnovate automaticamente;
– nella previsione della competenza di un foro diverso da quello di residenza o domicilio del consumatore.

Con il primo motivo di ricorso l’Università “Niccolò Cusano” ha contestato l’applicabilità nella fattispecie del Codice del Consumo, deducendo che nella specie non era configurabile alcuna pratica commerciale diretta alla vendita di qualsivoglia prodotto e che alle università dovevano applicarsi discipline speciali che escludevano la sanzionabilità delle condotte sotto il profilo consumeristico.
Tale assunto deve essere disatteso. Non è, infatti, dubitabile che l’Unicusano, quale università privata che richiede il pagamento di una iscrizione annuale per accedere ai corsi di insegnamento, svolge una attività commerciale rilevante ai fini del Codice del Consumo, rientrando pienamente nella definizione di professionista contenuta nel Codice.
Infatti, l’art. 18, lett. b), del d.lgs. n. 206/2005 definisce il “professionista” come “qualsiasi persona fisica o giuridica che, nelle pratiche commerciali oggetto del presente titolo, agisce nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale e chiunque agisce in nome o per conto di un professionista”.
Come già osservato da questa Sezione, tale nozione deve essere intesa in senso ampio, essendo sufficiente che la condotta venga posta in essere nel quadro di una attività di impresa finalizzata alla promozione e/o alla commercializzazione di un prodotto o servizio. In tal senso, per “professionista” autore della pratica commerciale deve intendersi chiunque abbia un’oggettiva cointeressenza diretta ed immediata alla realizzazione della pratica commerciale medesima (T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 3.6.2019, n. 7122; Cons. Stato, VI, 22 luglio 2014, n. 3897). Ciò che conta, in definitiva, è che si tratti di una attività deputata allo scambio di beni o servizi, esercitata in maniera “ordinaria”, svolta con continuità, mediante una organizzazione tendenzialmente stabile, e nel rispetto, ove esistente, della normativa di settore, oltre che degli obblighi contabili e fiscali. La natura pubblica, o privata ma esercente un pubblico servizio, del soggetto che opera con strumenti privatistici nei confronti dei consumatori non osta alla sua qualifica in termini di “professionista”, posto che risulta dirimente la sostanza dell’attività esercitata. Pertanto l’attività svolta dalla ricorrente è senz’altro suscettibile di rientrare in tale ambito. Così come rientra senz’altro nella nozione di “consumatore”, ai sensi dell’art. 18, comma 1, lett. a), cod. cons., lo studente che si iscrive all’università telematica, corrisponde una somma di denaro a titolo di “tassa” per la fruizione dei servizi didattici e gode dei servizi medesimi.

Con il secondo motivo è stata contestata la sussistenza delle condotte oggetto del provvedimento sanzionatorio. A tal fine, il Collegio, riprendendo le considerazioni dell’AGCM nell’evidenziare sia l’ambiguità delle disposizioni negoziali che l’indubbio effetto ostativo rispetto all’esercizio del recesso, condivide la determinazione sanzionatoria, ravvisando nella fattispecie una pratica commerciale aggressiva proprio nell’ostacolo posto alla liberazione dal vincolo negoziale.

Infine, risulta correttamente contestata la violazione dell’articolo 66 bis del Codice del Consumo, secondo il quale “Per le controversie civili inerenti all’applicazione delle Sezioni da I a IV del presente capo la competenza territoriale inderogabile è del giudice del luogo di residenza o di domicilio del consumatore, se ubicati nel territorio dello Stato”. Nella fattispecie, infatti, è pacifico che i moduli contrattuali utilizzati con i consumatori riportavano dapprima l’indicazione dell’ufficio del Giudice di Pace di Sarno e del Tribunale di Nocera Inferiore e, in un’edizione successiva della modulistica, l’indicazione di Roma, quale foro competente in caso di controversie.
Né può rilevare, in senso contrario, il fatto che la clausola in questione potesse essere oggetto di specifica trattativa tra le parti, come dedotto dalla ricorrente, in quanto la disposizione individua un’ipotesi di competenza di natura inderogabile.

Contenuto sentenza

N. 11999/2021 REG.PROV.COLL.
N. 01957/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1957 del 2020, integrato da motivi aggiunti, proposto da 
Università degli Studi “[#OMISSIS#] [#OMISSIS#]” – Telematica Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] in Roma, [#OMISSIS#] San [#OMISSIS#] 101; 
contro
Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
nei confronti
Konsumer Italia, non costituita in giudizio; 
per l’annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
per quanto riguarda il ricorso introduttivo: 
del provvedimento sanzionatorio del 15 gennaio 2020, notificato all’Università ricorrente in pari data a mezzo pec, mediante cui l’Agcm, in applicazione dell’art. 27, comma 6, del d.lgs. n. 206/2005 (Codice del Consumo) ha irrogato all’Università la sanzione pecuniaria pari ad € 250.000,00 in ragione dell’asserita violazione degli artt. 24, 25 e 66 bis del d.lgs. n. 206/2005;
di tutti gli atti adottati dall’Autorità nel procedimento istruttorio, ivi inclusi: la comunicazione di avvio del procedimento istruttorio n. PS11516 del 30 luglio 2019; la comunicazione del [#OMISSIS#] di conclusione della fase istruttoria del 22 ottobre 2019; la richiesta di parere prot. n. 73703 del 11 novembre 2019 inviata all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni; il rigetto dell’istanza di proroga del procedimento istruttorio avanzata dall’Università, deliberato dall’Agcm nell’adunanza del 20 dicembre 2019, nonché il verbale di detta Adunanza ancorché sconosciuto; il parere dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni di cui alla delibera n. 487/19/CONS; 
di ogni atto presupposto, connesso e consequenziale, ancorché non conosciuto dalla ricorrente, con riserva di proporre motivi aggiunti;
per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati il 22 giugno 2020: 
della comunicazione dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, Direzione Generale per la Tutela del Consumatore, Direzione C, inviata all’Università ricorrente via pec in data 19 [#OMISSIS#] 2020, avente ad oggetto “relazione di ottemperanza pervenuta il 9 marzo 2020 (prot. n. 25911/2020)”.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 ottobre 2021 la dott.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso in epigrafe l’Università degli Studi “[#OMISSIS#] [#OMISSIS#]” ha impugnato il provvedimento sanzionatorio del 15 gennaio 2020, con il quale l’Agcm, in applicazione dell’art. 27, comma 6, del d.lgs. n. 206/2005 (Codice del Consumo) le ha irrogato una sanzione pecuniaria di complessivi euro 250.000,00, in ragione dell’asserita violazione degli artt. 24, 25 e 66 bis del d.lgs. n. 206/2005.
La ricorrente, Università istituita con decreto ministeriale del 10 [#OMISSIS#] 2006 con il compito [#OMISSIS#] di svolgere attività di formazione mediante l’utilizzo delle metodologie della formazione a distanza (e-learning), nonché di metodologie miste idonee a consentire la formazione, oltre che a distanza, anche in presenza, ha esposto di avere elaborato per l’accesso ai corsi di studi un contratto da stipulare con gli studenti, secondo il modello previsto dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca con il D.M. 17 aprile 2003, comprensivo delle modalità di risoluzione del rapporto contrattuale su richiesta dello studente, anche al fine di garantire il completamento del ciclo formativo.
Conformemente a detta prescrizione, la ricorrente aveva previsto nel proprio Regolamento didattico di Ateneo, all’art. 25, comma 8, che “Lo studente può rinunciare in qualsiasi momento al proseguimento della propria carriera, manifestando in modo esplicito la propria volontà con atto scritto”.
Al contenuto delle norme regolamentari sopra riportate corrispondevano il contratto con lo studente, il Regolamento di Ateneo per gli studenti universitari e la [#OMISSIS#] dello studente.
La [#OMISSIS#] dello studente, a pag. 10, descriveva dettagliatamente il contenuto della domanda di iscrizione, alla quale andavano allegati il contratto e il Regolamento debitamente sottoscritti; il contratto con lo studente disciplinava espressamente, all’art. 4, l’impegno dello studente al rispetto del Regolamento universitario, nonché, all’art. 5, la modalità di recesso, prevedendo che “Lo studente, in regola con il pagamento delle tasse universitarie, può recedere da questo contratto nel rispetto dei suoi diritti di scelta e del Regolamento Universitario”.
Il Regolamento stabiliva, all’art. 3, che “L’anno accademico inizia il 1° agosto e [#OMISSIS#] il 31 luglio, salva diversa decorrenza determinata dalle autorità accademiche”; all’art. 4, che “L’iscrizione all’università di [#OMISSIS#] avviene tra il 1° agosto e il 31 luglio di ciascun anno con validità per l’anno accademico che inizia il 1° agosto. Lo studente interessato potrà ottenere l’iscrizione in qualunque mese dell’anno e sarà riferita all’anno accademico cui appartiene l’iscrizione. Per i mesi di giugno e luglio lo studente può optare per l’iscrizione all’anno accademico in corso usufruendo della sessione di esami utili per tale anno oppure per l’iscrizione all’anno accademico successivo. L’iscrizione è valida per tutti gli anni in cui si articola il corso di studi prescelto (laurea triennale, laurea quinquennale a ciclo unico, laurea biennale specialistica) e si intende riferita all’intero corso di studi o meglio all’espletamento di tutti gli esami del corso di studi compresa la discussione finale della tesi. Lo studente si iscrive al corso di laurea prescelto e vedrà automaticamente rinnovata la propria iscrizione di anno in anno fino al completamento del ciclo di studi”, e che “La rinuncia [#OMISSIS#] studi, formalizzata con lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, ha effetto immediato ed è subordinata al pagamento delle rette universitarie e dei contributi dovuti. Per chi non volesse essere iscritto all’anno accademico successivo la rinuncia dovrà essere inviata con lettera raccomandata tra il 1° e il 31 luglio dell’anno accademico in corso. A far data dal 31 luglio lo studente che avrà rinunciato alla iscrizione all’anno successivo cesserà ogni attività didattica con impossibilità di accesso alla piattaforma e a qualsivoglia attività didattica” (art. 8).
La disciplina di riferimento, così come formulata, prevedeva, pertanto, che l’anno accademico iniziasse il 1° agosto e che sia l’iscrizione – valevole per l’intero ciclo e automaticamente rinnovata di anno in anno -, sia la rinuncia [#OMISSIS#] studi potessero essere presentate in qualunque momento, con riferimento all’anno accademico in corso; per poter rinunciare [#OMISSIS#] studi era necessario però che lo studente fosse in regola con il pagamento delle tasse universitarie dovute fino al momento della rinuncia; infine, affinché la rinuncia avesse effetto nell’anno accademico nel corso del quale lo studente decideva di interrompere la carriera universitaria, la stessa doveva essere presentata entro il 31 luglio. 
Il superamento di detto [#OMISSIS#] implicava il rinnovo dell’iscrizione e la riferibilità della rinuncia al nuovo anno accademico, per il quale lo studente sarebbe tenuto a versare la retta prevista.
Con comunicazione del 30 luglio 2019 l’Agcm aveva avviato, nei confronti dell’Università, un procedimento diretto all’accertamento di possibili violazioni del Codice del Consumo, con particolare riguardo:
a. [#OMISSIS#] artt. 24 e 25, in ragione del fatto che l’efficacia della rinuncia [#OMISSIS#] studi universitari comunicata dallo studente risultava subordinata a due condizioni, ossia al rispetto di un [#OMISSIS#] stringente (1-31 luglio) e all’avvenuto pagamento dei debiti accumulati e delle quote di iscrizione relative [#OMISSIS#] anni successivi, giacché rinnovate automaticamente;
b. all’art. 66 bis, in ragione del fatto che il foro di competenza indicato nel “Contratto con lo Studente” per l’ipotesi di controversie non era quello di residenza o domicilio del consumatore (lo studente), bensì quelli di Sarno e [#OMISSIS#] Inferiore (successivamente modificato in Roma).
Il procedimento veniva avviato a seguito di una segnalazione pervenuta da un’associazione di consumatori (Konsumer Italia) e da un consumatore singolo nei confronti dell’Università “in qualità di professionista, ai sensi dell’art. 18, lett. b), del Codice del Consumo”.
Alla comunicazione ricevuta la ricorrente aveva dato riscontro con nota del 16 settembre 2019 precisando che l’Università non poteva considerarsi “professionista” ai sensi del Codice del Consumo, che, quindi, non poteva trovare applicazione. 
In data 22 ottobre 2019 l’Agcm aveva comunicato alla ricorrente il [#OMISSIS#] di conclusione della fase istruttoria, fissato alla data del 10 novembre 2019, confermando la ravvisabilità di una presunta pratica commerciale scorretta in ragione della ambigua formulazione della disciplina di riferimento (artt. 4 e 8 del Regolamento di Ateneo; art. 5 del contratto con lo studente) e della scarsa informazione dei consumatori [#OMISSIS#] fase precontrattuale, nonché la violazione dell’art. 66 bis del Codice del Consumo, in ragione della inderogabilità delle previsioni circa il Foro competente.
Con apposite osservazioni inviate il giorno 11 novembre 2019 l’Università aveva replicato al contenuto della comunicazione chiedendo, altresì, la convocazione in audizione, fissata per il 18 novembre 2019.
L’Autorità, con nota del 15 novembre 2019 aveva inviato gli atti del procedimento all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ai fini del parere di cui all’art. 16, commi 3 e 4, del Regolamento AGCM, acquisibile prima della rimessione degli atti al Collegio per l’adozione del provvedimento finale.
L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni aveva reso il parere richiesto in data 17 dicembre 2019, ritenendo che “il mezzo internet sia uno strumento idoneo a influenzare significativamente la realizzazione della pratica commerciale rispetto alla quale è richiesto parere a questa Autorità”.
In data 15 gennaio 2020 l’Autorità aveva notificato all’Università il provvedimento impugnato, sanzionando la pratica commerciale scorretta “consistente [#OMISSIS#] frapposizione di ostacoli all’esercizio del diritto di recesso” con una sanzione di € 200.000,00 e la violazione dell’art. 66 bis del Codice del Consumo con una sanzione di € 50.000,00.
A sostegno del ricorso sono state proposte le seguenti censure:
I.Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 18, comma 1, lett. b), c) e d), nonché degli artt. 24 e 25 del d.lgs. n. 206/2005. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6 della legge n. 168/1989. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, comma 1, della legge n. 240/2010. Eccesso di potere. Erroneità dei presupposti giuridici e fattuali. Erroneità della motivazione. Manifesta illogicità e irragionevolezza. Sviamento di potere.
L’Autorità resistente aveva qualificato l’Università come “professionista ai sensi dell’art. 18, lett. b), del Codice del Consumo”, ritenendo che il rapporto tra l’Università e lo studente potesse soggiacere a tale disciplina; tale assunto doveva ritenersi erroneo, sia in considerazione del fatto che la disciplina universitaria aveva carattere speciale, con la conseguenza che non si applicavano alle Università norme che espressamente non vi si riferissero, sia in ragione del fatto che, in ogni [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] specie non era configurabile alcuna pratica commerciale diretta alla vendita di qualsivoglia prodotto.
II. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 24 e 25 del d.lgs. n. 206/2005. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6 della legge n. 168/1989. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, comma 1, della legge n. 240/2010. Eccesso di potere. Difetto di istruttoria. Erroneità dei presupposti giuridici e fattuali. Erroneità della motivazione. Manifesta illogicità e irragionevolezza. Sviamento di potere.
Anche ove fosse ritenuta applicabile la disciplina di cui al Codice del Consumo, non potevano ravvisarsi [#OMISSIS#] fattispecie gli estremi della pratica commerciale aggressiva ai sensi degli artt. 24 e 25 del d.lgs. n. 206/2005. 
L’Autorità, infatti, aveva contestato la disciplina di cui [#OMISSIS#] artt. 4 e 8 del Regolamento universitario, frutto dell’esercizio dell’autonomia riconosciuta all’Università dall’art. 6 della legge n. 168/1989, imputando all’Università di ostacolare il diritto di recesso degli studenti in ragione di un’ambiguità che in realtà non era dato rinvenire.
Quanto al primo profilo, il meccanismo di rinnovo automatico dell’iscrizione e il fatto che la rinuncia [#OMISSIS#] studi era subordinata al regolare pagamento delle tasse dovute erano disciplinati dagli artt. 4 e 8 del Regolamento di Ateneo, introdotto dall’Università nell’esercizio dell’autonomia regolamentare di cui all’art. 6 della legge n. 168/1989, che aveva già superato il vaglio di legittimità e di merito del Ministro; l’Autorità, nell’esercizio dei propri poteri di vigilanza, avrebbe quindi dovuto limitarsi a verificare la corretta applicazione del Regolamento di Ateneo e non contestarne il contenuto in sede di procedimento sanzionatorio.
In secondo luogo, quanto alla contestazione inerente la formulazione letterale della disciplina di riferimento, l’Autorità aveva omesso del tutto di considerare il Regolamento didattico di Ateneo, che sanciva espressamente all’art. 25, comma 8, che “Lo studente può rinunciare in qualsiasi momento al proseguimento della propria carriera, manifestando in modo esplicito la propria volontà con atto scritto”.
Il meccanismo della rinuncia trovava compiuta disciplina, altresì, nel Regolamento di Ateneo per gli studenti universitari, che prevedeva che “La rinuncia [#OMISSIS#] studi, formalizzata con lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, ha effetto immediato ed è subordinata al pagamento delle rette universitarie e dei contributi dovuti. Per chi non volesse essere iscritto all’anno accademico successivo la rinuncia dovrà essere inviata con lettera raccomandata tra il 1° e il 31 luglio dell’anno accademico in corso”.
Tale Regolamento costituiva un allegato della domanda di iscrizione, unitamente al contratto con lo studente.
Detto contratto disciplinava espressamente, all’art. 4, l’impegno dello studente al rispetto del Regolamento universitario, nonché, all’art. 5, la specifica modalità di recesso, prevedendo che “Lo studente, in regola con il pagamento delle tasse universitarie, può recedere da questo contratto nel rispetto dei suoi diritti di scelta e del Regolamento Universitario”.
Pertanto il provvedimento doveva ritenersi illegittimo [#OMISSIS#] parte in cui l’Autorità aveva rilevato, a supporto del presunto ostacolo all’esercizio del diritto di recesso, che il Regolamento di Ateneo “non appare agevolmente reperibile sul [#OMISSIS#] web www.unicusano.it, né figura alcun collegamento ipertestuale in homepage”, posto che, prima di presentare la domanda, lo studente doveva necessariamente leggere e sottoscrivere il Regolamento. 
Il provvedimento sarebbe illegittimo, altresì, [#OMISSIS#] parte in cui, a supporto della presunta confusione della disciplina, l’Autorità aveva ritenuto che il contenuto di cui all’art. 5 del contratto con lo studente (“Lo studente, in regola con il pagamento delle tasse universitarie, può recedere da questo contratto nel rispetto dei suoi diritti di scelta e del Regolamento Universitario”) contrastasse con la disciplina della rinuncia [#OMISSIS#] studi di cui alla [#OMISSIS#] dello Studente, secondo cui “Se si è in regola con i pagamenti, la rinuncia è presentabile in qualunque momento dell’anno”. 
Di contro, la [#OMISSIS#] dello Studente non disciplinava la rinuncia [#OMISSIS#] studi conseguente all’iscrizione già effettuata presso l’Università ricorrente, ma conteneva un paragrafo rubricato “Trasferimento e rinuncia”, recante indicazioni di [#OMISSIS#] per l’ipotesi di provenienza da altra Università. 
Il contrasto rilevato dall’Autorità, pertanto, non sussisteva, giacché ravvisato con riguardo ad una previsione non pertinente.
Il provvedimento sarebbe poi illegittimo [#OMISSIS#] parte in cui l’Autorità aveva affermato che “la complessiva strutturazione della regolamentazione negoziale (…) ha l’effetto di non consentire ai consumatori, ancorché inadempienti, di sciogliersi dal vincolo contrattuale, costringendoli a sostenere un onere economico ulteriore rispetto a quello dovuto per le prestazioni già fruite, rappresentato dalle somme relative ai rinnovi automatici per prestazioni di cui il consumatore non intende più fruire” e ha contestato all’Università di aver “indebitamente richiesto ai consumatori che avevano esercitato il diritto di recesso anche il pagamento di somme ulteriori imputabili a servizi non fruiti”.
L’Università, infatti, non aveva mai richiesto [#OMISSIS#] studenti pagamenti inerenti l’iscrizione ad anni accademici futuri; era evidente, tuttavia, che se la rinuncia non veniva correttamente esercitata l’iscrizione permaneva, così come permaneva la fruibilità di ogni servizio o attività che l’Università, adempiendo al contratto, garantiva allo studente iscritto.
È stata contestata, poi, la misura della sanzione pecuniaria irrogata, pari ad € 200.000,00, giacché incongrua in relazione all’effettivo quadro fattuale e regolamentare di riferimento.
III. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 66 bis del d.lgs. n. 206/2005. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6 della legge n. 168/1989. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, comma 1, della legge n. 240/2010. Eccesso di potere. Difetto di istruttoria. Erroneità dei presupposti giuridici e fattuali. Erroneità della motivazione. Manifesta illogicità e irragionevolezza. Sviamento di potere.
Il provvedimento sanzionatorio sarebbe illegittimo anche [#OMISSIS#] parte in cui ha imputato all’Università la violazione dell’art. 66 bis del Codice del Consumo, per aver previsto nel contratto con lo studente quale Foro competente alla risoluzione delle controversie, dapprima il [#OMISSIS#] di [#OMISSIS#] di Sarno e il Tribunale di [#OMISSIS#] Inferiore e poi il Tribunale di Roma.
Tale previsione non costituirebbe clausola vessatoria giacché condivisa dall’Università e dallo studente firmatario del contratto.
Nel [#OMISSIS#] di specie, infatti, tenuto conto che lo studente che presentava la domanda di iscrizione al corso di studi sottoscriveva contestualmente il contratto ove era riportata l’individuazione del Foro competente, era evidente che la determinazione del Foro era frutto dell’accordo tra le parti contrattuali.
Si è costituita l’Autorità garante della concorrenza e del mercato resistendo al ricorso.
Con memoria depositata il 2 aprile 2020 la ricorrente ha rinunciato all’istanza cautelare proposta con il ricorso.
Con motivi aggiunti depositati il 22 giugno 2020 la ricorrente ha impugnato altresì la comunicazione dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, inviata all’Università ricorrente via pec in data 19 [#OMISSIS#] 2020, avente ad oggetto “relazione di ottemperanza pervenuta il 9 marzo 2020 (prot. n. 25911/2020)”.
La ricorrente ha dedotto che con detta comunicazione l’Autorità le aveva richiesto “di trasmettere la documentazione attestante le misure introdotte ai fini dell’ottemperanza al provvedimento n. 12085 del 20 dicembre, notificato il 15 gennaio 2020. Si chiede, in particolare, la nuova versione del modulo di iscrizione ai corsi tenuti presso codesta Università al fine di verificare la formulazione della clausola sul foro competente in [#OMISSIS#] di controversie, nonché le iniziative adottate al fine di chiarire l’immediata produzione degli effetti della rinuncia [#OMISSIS#] studi anche nell’ipotesi in cui lo studente non sia in regola con il pagamento delle rette universitarie”.
In riscontro alla summenzionata comunicazione del 19 [#OMISSIS#] 2020, la ricorrente aveva prodotto una ulteriore relazione, inviata all’Autorità in data 8 giugno 2020, rappresentando le modifiche che, in un’ottica collaborativa diretta a tutelare lo studente, erano state apportate al modulo di iscrizione, allegato alla relazione.
Con i motivi aggiunti sono state formulate le seguenti censure:
I.Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 18, comma 1, lett. b), c) e d), nonché degli artt. 24, 25 e 27 del d.lgs. n. 206/2005. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6 della legge n. 168/1989. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, comma 1, della legge n. 240/2010. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6 del Regolamento sulle procedure istruttorie in materia di tutela del consumatore adottato con Delibera AGCM 1° aprile 2015, n. 25411. Eccesso di potere. Difetto di istruttoria. Violazione dell’iter tipico procedimentale. Erroneità dei presupposti giuridici e fattuali. Erroneità della motivazione. Manifesta illogicità e irragionevolezza. Sviamento di potere.
Le richieste avanzate dall’Autorità risultavano illegittime, non essendo dato comprendere perché l’Autorità volesse verificare “le iniziative adottate al fine di chiarire la immediata produzione degli effetti della rinuncia [#OMISSIS#] studi anche nell’ipotesi in cui lo studente non sia in regola con il pagamento delle rette universitarie”, posto che la disciplina universitaria non era stata contestata sotto detto profilo.
L’Università aveva precisato, in proposito, che le rinunce [#OMISSIS#] studi presentate nel corso dell’intero anno accademico da studenti in regola con i pagamenti risultavano immediatamente produttive di effetti, non avendo l’Università mai richiesto il pagamento di rette riferibili ad anni accademici cui lo studente non intendeva iscriversi.
Inoltre, la disciplina descritta non costituiva di [#OMISSIS#] un unicum, ma era assolutamente in linea con quanto previsto da moltissime altre Università, nell’esercizio della propria autonomia ordinamentale.
La comunicazione impugnata doveva ritenersi illegittima anche [#OMISSIS#] parte in cui l’Autorità aveva chiesto all’Università “un riscontro in ordine all’accoglimento dell’istanza di rinuncia [#OMISSIS#] studi presentata dai seguenti consumatori (le cui segnalazioni sono pervenute nell’arco temporale 8 gennaio – 16 marzo 2020) e alle loro posizioni: (…)”.
Detta richiesta non era in alcun modo riconducibile al provvedimento sanzionatorio adottato nei confronti dell’Università in data 20 dicembre 2020, ossia ben prima che l’Autorità ricevesse le n. 13 segnalazioni richiamate, delle quali l’Università non aveva mai avuto notizia.
Con ordinanza n. 4697 del 10 luglio 2020 questa Sezione ha respinto l’istanza cautelare proposta con i motivi aggiunti, rilevando che con l’atto impugnato con i motivi aggiunti l’Autorità resistente aveva richiesto riscontro in ordine alle misure introdotte al fine di ottemperare al precedente provvedimento sanzionatorio impugnato con il ricorso principale, senza assumere ulteriori determinazioni lesive per gli interessi della ricorrente.
All’udienza pubblica del 6 ottobre 2021 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Con il provvedimento impugnato l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha sanzionato la ricorrente in relazione a due condotte poste in essere nell’ambito dell’offerta formativa attraverso il [#OMISSIS#] web www.unicusano.it, consistenti:
– [#OMISSIS#] frapposizione di ostacoli all’esercizio del diritto di recesso che risulta subordinato a due condizioni: da un lato, al rispetto di un [#OMISSIS#] particolarmente stringente; dall’altro, all’avvenuto pagamento, da parte dello studente moroso, dei debiti accumulati e delle quote di iscrizione [#OMISSIS#] anni successivi rinnovate automaticamente;
– [#OMISSIS#] previsione della competenza di un foro diverso da quello di residenza o domicilio del consumatore.
Con il primo motivo di ricorso l’Università “[#OMISSIS#] [#OMISSIS#]” ha contestato l’applicabilità [#OMISSIS#] fattispecie del Codice del Consumo, deducendo che [#OMISSIS#] specie non era configurabile alcuna pratica commerciale diretta alla vendita di qualsivoglia prodotto e che alle università dovevano applicarsi discipline speciali che escludevano la sanzionabilità delle condotte sotto il profilo consumeristico.
Tale assunto deve essere disatteso.
Non è, infatti, dubitabile che l’Unicusano, quale università privata che richiede il pagamento di una iscrizione annuale per accedere ai corsi di insegnamento, svolge una attività commerciale rilevante ai fini del Codice del Consumo, rientrando pienamente [#OMISSIS#] definizione di professionista contenuta nel Codice.
L’art. 18, lett. b), del d.lgs. n. 206/2005 definisce il “professionista” come “qualsiasi persona fisica o giuridica che, nelle pratiche commerciali oggetto del presente titolo, agisce nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale e chiunque agisce in nome o per conto di un professionista”.
Come già osservato da questa Sezione, tale nozione deve essere intesa in senso ampio, essendo sufficiente che la condotta venga posta in essere nel quadro di una attività di impresa finalizzata alla promozione e/o alla commercializzazione di un prodotto o servizio. In tal senso, per “professionista” autore della pratica commerciale deve intendersi chiunque abbia un’oggettiva cointeressenza diretta ed immediata alla realizzazione della pratica commerciale medesima (T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 3.6.2019, n. 7122; Cons. Stato, VI, 22 luglio 2014, n. 3897). 
Ciò che la disposizione richiede ai fini dell’assunzione della qualificazione soggettiva di che trattasi è, dunque, che “la pratica commerciale sia posta in essere dal soggetto quale manifestazione della sua ordinaria attività di lavoro, a tale dato oggettivo soltanto essendo correlati gli accresciuti oneri di diligenza e di informazione a protezione di chi opera, al contrario (il consumatore), al di fuori dell’esercizio della sua attività professionale – ed è per tale ragione in posizione di tendenziale debolezza contrattuale (così Consiglio di Stato, VI, sent. 3897, cit.).” (T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 7.4.2015, n. 5039).
Ciò che conta, in definitiva, è che si tratti di una attività deputata allo scambio di beni o servizi, esercitata in maniera “ordinaria”, svolta con continuità, mediante una organizzazione tendenzialmente stabile, e nel rispetto, ove esistente, della normativa di settore, oltre che degli obblighi contabili e fiscali.
La natura pubblica, o privata ma esercente un pubblico servizio, del soggetto che opera con strumenti privatistici nei confronti dei consumatori non osta alla sua qualifica in termini di “professionista”, posto che risulta dirimente la sostanza dell’attività esercitata.
Pertanto l’attività svolta dalla ricorrente è senz’altro suscettibile di rientrare in tale ambito.
Così come rientra senz’altro [#OMISSIS#] nozione di “consumatore”, ai sensi dell’art. 18, comma 1, lett. a), cod. cons., lo studente che si iscrive all’università telematica, corrisponde una somma di denaro a titolo di “tassa” per la fruizione dei servizi didattici e gode dei servizi medesimi
 
Con il secondo motivo è stata contestata la sussistenza delle condotte oggetto del provvedimento sanzionatorio.
Al riguardo l’Autorità ha ritenuto che il professionista abbia ostacolato l’esercizio del recesso predisponendo un meccanismo di rinnovo automatico dell’iscrizione e subordinando gli effetti economici del recesso, tempestivamente manifestato, anche per il futuro, al pagamento delle somme dovute per prestazioni pregresse e fruite, con la conseguenza che l’inefficacia del recesso comunicato dai soggetti non in regola con i pagamenti avrebbe comportato la debenza delle somme maturate anche dopo la manifestazione del recesso. 
In tal modo il professionista ha indebitamente richiesto ai consumatori, anche a fronte del recesso tempestivo, il pagamento di somme ulteriori imputabili a servizi non fruiti, in forza del meccanismo di rinnovo automatico predisposto che, precludendo lo scioglimento immediato dal vincolo contrattuale in [#OMISSIS#] di morosità, esponeva i richiedenti ad oneri economici ulteriori ed ingiustificati per prestazioni di cui non si intendeva fruire, come manifestato con la rinuncia [#OMISSIS#] studi.
L’Agcm ha specificato, al par. 11 del provvedimento, che tale assetto emergeva dall’art. 8 del Regolamento di Ateneo, secondo cui: “la rinuncia [#OMISSIS#] studi, formalizzata con lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, ha effetto immediato ed è subordinata al regolare pagamento delle rette universitarie e dei contributi dovuti. Per chi non volesse essere iscritto all’anno accademico successivo la rinuncia dovrà essere inviata con lettera raccomandata tra il 10 e il 31 luglio dell’anno accademico in corso. A far data dal 31 luglio lo studente che avrà rinunciato alla iscrizione all’anno successivo cesserà ogni attività didattica con impossibilità di accesso alla piattaforma e a qualsivoglia attività didattica“.
Il provvedimento ha anche evidenziato che il Regolamento di Ateneo, in base alle rilevazioni web effettuate d’ufficio, non era agevolmente reperibile sul [#OMISSIS#] web www.unicusano.it, né figurava alcun collegamento ipertestuale sulla homepage dell’università.
L’Autorità ha rilevato che “Lo stesso professionista ha riferito di non aver accettato, [#OMISSIS#] maggior parte dei casi, le richieste di rinuncia pervenute invocando le sopra richiamate disposizioni regolamentari sicché mentre, da una parte, riconosce, sia pur in modo confusorio, che la rinuncia ha effetto immediato, dall’altra, invece, ha continuato a richiedere il pagamento delle rette, sia di quelle scadute e non saldate, sia di quelle che continuano a maturare dopo la comunicazione della rinuncia (in ragione dell’insolvenza dello studente). Secondo quanto riportato dall’Ateneo, poi, alcuni consumatori le cui richieste non sono state accettate hanno provveduto a soddisfare tutti gli oneri economici imposti dallo stesso al fine di rendere pienamente operativi gli effetti del recesso. Pertanto, come anche lamentato da un segnalante, il professionista ha sfruttato la posizione di potere rispetto ai consumatori per condizionarli indebitamente a proseguire il rapporto e a versare le rette annuali”.
L’Autorità ha ritenuto che “Gli ostacoli sopra descritti al diritto di recesso sono riconducibili all’ambigua disciplina contrattuale che non chiarisce le concrete modalità di esercizio del diritto e le sue conseguenze. (…) 23. Orbene, nel [#OMISSIS#] di specie, l’art. 4 del Regolamento di Ateneo non rende chiaro il momento dal quale decorrono gli effetti della rinuncia [#OMISSIS#] studi dal momento che quest'[#OMISSIS#], da un lato, ha “effetto immediato” e, dall’altro, “è subordinata al regolare pagamento delle rette universitarie e dei contributi dovuti”. Inoltre, benché l’art. 8 del Regolamento preveda che “lo studente che avrà rinunciato alla iscrizione all’anno successivo cesserà ogni attività didattica con impossibilità di accesso alla piattaforma e a qualsivoglia attività didattica”, lo studente non in regola con i pagamenti dovrà continuare a corrispondere anche le rette successive alla comunicazione del recesso in ragione della mancata accettazione della richiesta di recesso e in forza del meccanismo del rinnovo automatico”.
Ha quindi concluso, con deduzioni logicamente coerenti e ampiamente supportate dalle risultanze del procedimento, che “la complessiva strutturazione della regolamentazione negoziale – oltre ad essere ambigua riguardo al momento dal quale decorrono i relativi effetti (effetto immediato o a seguito della regolarizzazione dei pagamenti relativi a rette e contributi) e contraddittoria rispetto al momento in cui si può presentar