“Le università libere, disciplinate dal T.U. 31 agosto 1933 n. 1592 e dalla l. 29 luglio 1991 n. 243, per i fini che perseguono, per i controlli cui sono assoggettate e per i finanziamenti pubblici, di cui sono destinatarie sono enti pubblici non economici, con la conseguenza che i rapporti di lavoro dei loro dipendenti devono essere conosciuti dal giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva. Tali principi sono stati applicati sia ad altre università libere, quale l’Università Cattolica del “Sacro Cuore” – (Cass. S.U. 2.3.1987 n. 2191) – sia in cause in cui era parte l’Istituto, attuale ricorrente (Cass. S.U. 3.2.1972 n. 261; Cass. 25.5.1979 n. 3021; Cass. S.U. 13.2.1980 n. 1019; Cass. S.U. 18.5.1983 n. 3419)”. Da ciò discende la natura di ente pubblico non economico dell’Università degli Studi “Suor Orsola Benincasa” di Napoli e la natura di procedimento amministrativo della selezione dei docenti, anche in virtù della l. 30 dicembre 2010, n. 240, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo a conoscere le controversie che attengono alle contestazioni in ordine a dette procedure selettive (come è quella qui oggetto di esame).
Le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno ribadito tale interpretazione anche in epoca successiva, con riferimento alle c.d. università libere (nella specie si trattava dell’Università Cattolica del Sacro Cuore), segnalando che per “le Università libere, regolate dall’ordinamento dell’istruzione superiore (r.d. 31 agosto 1933 n. 1592), appare non dubitabile il riconoscimento della natura pubblica, che riposa sulla ineludibile rilevanza di scopi, struttura organizzativa e poteri amministrativi del tutto analoghi a quelli delle Università statali” (cfr., in termini, Cass., Sez. un., 11 marzo 2004 n. 5054 e in argomento, più di recente, Corte conti, sez. giurisd., 3 marzo 2010 n. 477). In materia anche il giudice amministrativo si è orientato nel senso di ritenere la propria giurisdizione in ordine alle controversie relative ai rapporti di lavoro del personale delle c.d. università libere (addirittura anche con riferimento a controversie non attinenti alla procedura di arruolamento ma al rapporto di lavoro del personale dipendente, estendendo la giurisdizione, in taluni casi, anche al personale dipendente non docente; ma tale vicenda qui non rileva), ciò in quanto il costante orientamento della giurisprudenza amministrativa è incline ad affermare che la nozione di ente pubblico nell’attuale assetto ordinamentale non può ritenersi fissa ed immutevole ma funzionale e cangiante (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 26 maggio 2015 n. 2660, per cui “Non può ritenersi, in altri termini, che il riconoscimento ad un determinato soggetto della natura pubblicistica a certi fini, ne implichi automaticamente e in maniera immutevole la integrale sottoposizione alla disciplina valevole in generale per la pubblica amministrazione (…) Si ammette ormai senza difficoltà che uno stesso soggetto possa avere la natura di ente pubblico a certi fini e rispetto a certi istituti, e possa, invece, non averla ad altri fini, conservando rispetto ad altri istituti regimi normativi di natura privatistica (…) il criterio da utilizzare per tracciare il perimetro del concetto di ente pubblico non è sempre uguale a se stesso, ma muta a seconda dell’istituto o del regime normativo che deve essere applicato e della ratio ad esso sottesa. Occorre, in altri termini, di volta in volta domandarsi quale sia la funzione di un certo istituto, quale sia la ratio di un determinato regime “amministrativo” previsto dal legislatore, per poi verificare, tenendo conto delle caratteristiche sostanziali del soggetto della cui natura si controverte, se quella funzione o quella ratio richiedono l’inclusione di quell’ente nel campo di applicazione della disciplina pubblicistica. La conseguenza che ne deriva è, come si diceva, che è del tutto normale, per così dire “fisiologico”, che ciò che a certi fini costituisce un ente pubblico, possa non esserlo ad altri fini, rispetto all’applicazione di altri istituti che danno rilievo a diversi dati funzionali o sostanziali” e così anche Cons. Stato Sez. VI, 11 luglio 2016 n. 3041, per cui l’individuazione dell’ente pubblico deve avvenire in base a criteri non “statici” e “formali”, ma “dinamici” e “funzionali”).
Consiglio di Stato, Sez. VI, 15 novembre 2021, n. 7573
Natura delle Università
N. 07573/2021REG.PROV.COLL.
N. 04466/2016 REG.RIC.
N. 05866/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4466 del 2016, proposto dalla dottoressa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentata e difesa dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] d’[#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] Di [#OMISSIS#], domiciliata presso l’indirizzo PEC come da Registri di giustizia ed elettivamente domiciliata presso lo studio Regus Business Centres Italia in Roma, [#OMISSIS#] del Popolo, n. 18;
contro
– l’Università degli Studi “Suor [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]” di Napoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], domiciliata presso l’indirizzo PEC come da Registri di giustizia ed elettivamente domiciliata presso lo studio del suindicato difensore in Roma, via [#OMISSIS#] da Carpi, n. 6;
– il dottor [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentato e difeso dall’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], domiciliato presso l’indirizzo PEC come da Registri di giustizia ed elettivamente domiciliato presso lo studio del suindicato difensore in Roma, via degli Avignonesi, n. 5;
sul ricorso numero di registro generale 5866 del 2019, proposto dal dottor [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentato e difeso dall’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], domiciliato presso l’indirizzo PEC come da Registri di giustizia;
contro
– l’Università degli Studi “Suor [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]” di Napoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;
– il Ministero dell’università e della ricerca, in persona Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la cui sede domicilia per legge in Roma, via dei Portoghesi, n.12;
– la dottoressa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentata e difesa dall’avvocato [#OMISSIS#] Di [#OMISSIS#], domiciliata presso l’indirizzo PEC come da Registri di giustizia ed elettivamente domiciliata presso lo studio Regus Business Centres Italia in Roma, [#OMISSIS#] del Popolo, n. 18;
nei confronti
del dottor [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], non costituito in giudizio;
per la riforma
quanto al ricorso n. 4466 del 2016:
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sez. II, 8 marzo 2016 n. 1268, resa tra le parti;
quanto al ricorso n. 5866 del 2019:
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sez. II, 17 dicembre 2018 n. 7191, resa tra le parti.
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Viste le costituzioni in giudizio dei dottori [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], dell’Istituto universitario “Suor [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]” di Napoli e del Ministero dell’università e della ricerca nonché i documenti prodotti in entrambi i giudizi;
Visto l’appello incidentale spiegato dalla dottoressa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] nel giudizio di appello n. R.g. 5866/2019;
Esaminate le ulteriori memorie, anche di replica, con nuove produzioni documentali e le note d’udienza depositate in entrambi i giudizi;
Viste, per il ricorso n. R.g. 4466/2016, le ordinanze 5 agosto 2016 n. 3374 e 8 settembre 2020 n. 5407 con le quali la Sezione ha, rispettivamente, respinto l’istanza cautelare proposta dalla dottoressa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e disposto la fissazione della nuova data per la celebrazione dell’udienza di merito al fine di consentire la decisione in un unico contesto di entrambi i processi;
Visti tutti gli atti delle cause;
Relatore nell’udienza dell’8 luglio 2021 (svolta nel rispetto del Protocollo d’intesa sottoscritto in data 15 settembre 2020 tra il [#OMISSIS#] del Consiglio di Stato e le rappresentanze delle Avvocature avvalendosi di collegamento da remoto, ai sensi dell’art. 4, comma 1, d.l. 30 aprile 2020, n. 28 e dell’art. 25, comma 2, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137 convertito, con modificazioni, dalla l. 18 dicembre 2020, n. 176 attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto della circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario generale della Giustizia amministrativa) il Cons. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi gli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], in sostituzione dell’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] Di [#OMISSIS#], in collegamento da remoto. Si registra il deposito di note d’udienza per il passaggio in decisione delle cause da parte dell’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#];
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. – Con ricorso in appello (n. R.g. 4466/2016) la dottoressa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] ha chiesto a questo Consiglio la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sez. II, 8 marzo 2016 n. 1268, con la quale è stato accolto, in parte, il ricorso (R.g. n. 2446/2012) a suo tempo proposto dal dottor [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] ai fini dell’annullamento del decreto del Rettore dell’Istituto universitario “Suor [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]” di Napoli n. 101 del 6 marzo 2012, recante l’approvazione degli atti della commissione giudicatrice relativa alla valutazione comparativa per il reclutamento di n. 1 ricercatore universitario, settore scientifico disciplinare M-EDF/02 “Metodi e didattiche delle attività sportive”, presso il Dipartimento di Scienze delle Formazione della medesima Università ed è stata dichiarata vincitrice la dottoressa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] (ivi compresi tutti gli atti ed i verbali della commissione giudicatrice) nonché del decreto rettorale n. 535 del 19 dicembre 2011 di riconvocazione della commissione.
2. – Era accaduto che (come già la Sezione ha rammentato [#OMISSIS#] fase cautelare del presente giudizio):
– il Rettore dell’Università [#OMISSIS#] degli Studi “Suor [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]” di Napoli, con decreto 28 marzo 2007 n. 210, aveva indetto una procedura comparativa per il reclutamento di un ricercatore universitario, settore scientifico disciplinare M-EDF/02 “Metodi e Didattiche delle Attività Sportive” presso la Facoltà di Scienze della formazione della medesima università;
– oltre alla dottoressa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], odierna appellante nel presente giudizio, presentavano domanda di partecipazione alla selezione altri tre candidati, tra i quali il dottor [#OMISSIS#] [#OMISSIS#];
– all’esito della procedura selettiva, con decreto rettorale 31 marzo 2008 n. 217, erano approvati gli atti della Commissione giudicatrice in virtù dei quali veniva dichiarata vincitrice la odierna appellante;
– l’esito della selezione era gravato in sede giurisdizionale dal dottor [#OMISSIS#], il cui ricorso era accolto, con conseguente annullamento degli atti impugnati, in virtù della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sez. II, 30 settembre 2009 n. 5111, che veniva poi confermata dal Consiglio di Stato con sentenza della Sezione 14 novembre 2011 n. 6001;
– in esecuzione della sentenza del [#OMISSIS#] amministrativo l’università, nel febbraio/marzo 2012, riconvocava la (medesima) Commissione giudicatrice al fine di rinnovare la procedura selettiva, sia con riferimento alle due prove scritte che con riguardo alla prova orale, a conclusione della quale nuovamente prevaleva la dottoressa [#OMISSIS#];
– anche gli atti della rinnovata procedura selettiva venivano gravati in sede giurisdizionale di ottemperanza dal dottor [#OMISSIS#] ed il TAR per la Campania, accogliendo il ricorso per l’esecuzione di giudicato con la sentenza qui oggetto di appello (n. 1268/2016), dichiarava nulli per violazione del giudicato gli atti impugnati, in quanto la Commissione avrebbe dovuto ripetere la valutazione tenendo conto anche dei titoli e del curriculum prodotto da ciascuno dei candidati, sicché nominava commissario ad acta il Direttore generale della Direzione per l’università del Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca;
– nel frattempo, in pendenza del presente giudizio di appello, con decreto n. 3/2017 il commissario ad acta nominava una nuova Commissione giudicatrice che, dopo avere valutato i titoli, il curriculum di ciascun candidato, l’esito delle due prove scritte e della prova orale, ha dichiarato nuovamente vincitrice la dottoressa [#OMISSIS#], conclusione che veniva approvata dal commissario ad acta con decreto n. 2891/2017;
3. – Anche gli atti di quest’[#OMISSIS#] procedura erano gravati in sede giurisdizionale dal dottor [#OMISSIS#] ed il ricorso era respinto dal TAR per la Campania con sentenza n. 7191/2018, nei cui confronti il dottor [#OMISSIS#] ha proposto appello (n. R.g. 5866/2019).
La Sezione, nell’ambito del giudizio n. R.g. 4466/2016, dopo avere respinto l’istanza cautelare proposta dalla dottoressa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] con ordinanza 5 agosto 2016 n. 3374, in ragione della pendenza dei due giudizi (di cui sopra si è detto) che, all’esito della compiuta disamina degli atti processuali, manifestano tra di loro evidenti elementi di connessione soggettiva e oggettiva, anche al fine di evitare il rischio che siano pronunciate decisioni, anche solo apparentemente, contrastanti ovvero non coordinate tra di loro in ordine alla medesima procedura qui oggetto di controversia, con ordinanza 8 settembre 2020 n. 5407 ha disposto il rinvio della discussione del processo n. R.g. 4466/2016, trasmettendo gli atti al [#OMISSIS#] della Sezione Sesta del Consiglio di Stato al fine di individuare una data per la celebrazione congiunta dei due processi da riunire.
Il processo n. R.g. 4466/2016 e il processo n. R.g. 5866/2019 vengono dunque chiamati alla odierna udienza per disporsi la loro riunione e per consentirne la definizione in unico contesto.
4. – Va a tal proposito rammentato, in via generale e per completezza espositiva, che nel processo amministrativo, con riferimento al grado di appello, sussiste l’obbligo per il [#OMISSIS#] di disporre la riunione degli appelli allorquando questi siano proposti avverso la stessa sentenza (art. 96, comma 1, c.p.c.), mentre in tutte le altre ipotesi la riunione dei ricorsi connessi attiene ad una scelta facoltativa e discrezionale del [#OMISSIS#], come si desume dalla formulazione testuale dell’art. 70 c.p.a., con la conseguenza che i provvedimenti adottati al riguardo hanno carattere meramente ordinatorio, sono privi di [#OMISSIS#] decisoria e restano conseguentemente insindacabili in sede di gravame con l’unica eccezione del [#OMISSIS#] in cui la medesima domanda sia proposta con due distinti ricorsi dinanzi al medesimo [#OMISSIS#] (cfr., tra le ultime, Cons. Stato, Sez. V, 24 [#OMISSIS#] 2018 n. 3109).
Con riferimento ai due ricorsi in appello qui in esame emerge, in tutta evidenza, la integrale connessione soggettiva ed oggettiva tra gli stessi, recando quali parti processuali le stesse già costituite nel giudizio di primo grado ed avendo ad oggetto la medesima procedura selettiva nonché gli sviluppi della stessa provocati dagli interventi giurisdizionali sollecitati dalle parti di entrambi i giudizi, nel secondo dei quali peraltro, il n. R.g. 5899/2019, ha assunto veste di parte appellante incidentale la dottoressa [#OMISSIS#] che è parte appellante nel primo dei due giudizi (n. R.g. 4466/2016) chiamati oggi in decisione.
Deriva da quanto sopra che va disposta la riunione del ricorso in grado di appello n. R.g. 5899/2019 al ricorso in grado di appello n. 4466/2015, in quanto quest’[#OMISSIS#] ricorso (in appello) è stato proposto in epoca antecedente rispetto a quello precedentemente indicato, perché siano entrambi decisi in un unico contesto processuale e ciò sia per evidenti ragioni di economicità e speditezza dei giudizi sia al fine di prevenire la possibilità (eventuale) di un contrasto tra giudicati (cfr., ancora, Cons. Stato, Sez. IV, 7 gennaio 2013 n. 22 e 23 luglio 2012 n. 4201).
5. – Sintetizzata, come sopra, la vicenda che fa da sfondo al presente doppio contenzioso, pervenuto in grado di appello, il Collegio deve ora dare conto dei motivi di appello dedotti nei due giudizi dalle parti appellanti (e appellante incidentale), riassumendoli e scrutinandoli separatamente al fine di poter valutare la fondatezza o meno delle tesi che si fronteggiano nei giudizi qui riuniti.
Va ricordato, per comune utilità, ancora una volta, che l’appellato Istituto universitario aveva indetto, con decreto n. 210 del 28 marzo 2007, una procedura comparativa per il reclutamento di n. 1 ricercatore universitario, settore scientifico disciplinare M-EDF/02 “Metodi e Didattiche delle Attività Sportive” presso la Facoltà di Scienze della Formazione della medesima Università. Dichiarata vincitrice della selezione la dottoressa [#OMISSIS#], il dottor [#OMISSIS#], che pure aveva partecipato alla selezione senza vincerla, impugnava gli atti della procedura dinanzi al TAR per la Campania che accoglieva il ricorso con sentenza (n. 5111 del 30 novembre 2009) confermata in sede di appello (con sentenza n. 6001 del 14 novembre 2011), annullando tutti gli atti della procedura svolti dalla Commissione valutatrice.
In esecuzione delle due decisioni surrichiamate l’Ateneo, con decreto rettorale n. 535 del 19 dicembre 2011, procedeva alla riconvocazione della Commissione giudicatrice, [#OMISSIS#] medesima composizione, che rinnovava la prima e la seconda prova scritta nonché la prova orale annullate dalle statuizioni del [#OMISSIS#] amministrativo.
All’esito della ripetizione delle prove l’Istituto universitario, in data 1 marzo 2012 (verbale n. 5), tornava a dichiarare vincitrice la dottoressa [#OMISSIS#] specificando che: “La candidata ha dimostrato piena maturità scientifica nell’espletamento delle sue ricerche, denotando anche le possibili linee di sviluppo nel prosieguo della sua carriera. [#OMISSIS#] esposizione dei titoli, nel commento delle prove scritte e [#OMISSIS#] esposizione della prova orale ha dimostrato di avere un'[#OMISSIS#] conoscenza della letteratura specifica e notevoli capacità di correlazione tra i dati sperimentali e applicabilità degli stessi. La conoscenza approfondita delle problematiche trattate le consentirà anche in futuro di seguire linee di ricerca mai avulse dal riscontro pratico”.
Con riferimento al candidato dottor [#OMISSIS#], la Commissione esprimeva il seguente giudizio di inidoneità: “L’attività di ricerca del candidato, anche se di buon livello, non denota delle tematiche scelte”.
Con successivo decreto n. 101 del 6 marzo 2012, il Rettore dell’Università degli Studi “Suor [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]” di Napoli approvava gli atti della Commissione giudicatrice e nominava ricercatore universitario, settore scientifico disciplinare M-EDF/02 Metodi e Didattiche delle Attività Sportive presso la Facoltà di Scienze della Formazione della medesima università, la dottoressa [#OMISSIS#].
Ricorreva nuovamente, innanzi al TAR per la Campania, il dottor [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] impugnando il decreto n. 101 del 6 marzo 2012 nonché i nuovi atti e verbali redatti dalla Commissione giudicatrice chiedendone l’annullamento per illegittimità. Il Tribunale amministrativo regionale, con la sentenza n. 1268/2016, oggetto di appello nel primo dei due ricorsi qui in scrutinio (n. R.g. 4466/2016) dichiarava nulli, per violazione del giudicato, gli atti rinnovati dalla Commissione.
6. – La dottoressa [#OMISSIS#] chiede ora la riforma della sentenza del TAR per la Campania n. 1268/2016 formulando i seguenti motivi di appello:
– in via pregiudiziale, difetto di giurisdizione dell’autorità giudiziaria amministrativa in materia di rapporti di impiego tra università libere e personale dipendente. Non potendosi riconoscere la natura giuridica di diritto pubblico o comunque di ente pubblico all’Istituto Universitario “Suor [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]” di Napoli, il presente contenzioso, attenendo alla procedura di reclutamento del personale di una istituzione universitaria privata, deve assegnarsi alla competenza giurisdizionale del [#OMISSIS#] del lavoro;
– error in judicando e in procedendo; violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 113, 114 c.p.a., in relazione anche all’art. 32 e all’art. 87 c.p.a.; violazione e falsa applicazione d.P.R. 117/2000; violazione e falsa applicazione l. 240/2010; erroneità dei presupposti in fatto e in diritto; travisamento dei fatti; contraddittorietà, illogicità, irragionevolezza, ingiustizia manifesta; inidoneità della motivazione; eccesso di potere; ultrapetizione. La dottoressa [#OMISSIS#] preliminarmente puntualizza che il ricorso di primo grado è stato introdotto con rito ordinario, contenendo esclusivamente un’azione di annullamento. Tuttavia il ricorso presentava un duplice ordine di domande: un’azione di ottemperanza, diretta a contestare la nullità degli atti impugnati per violazione di giudicato e un’azione di annullamento, diretta ad ottenere l’annullamento dei medesimi atti, in sede di giurisdizione di legittimità, alla luce delle censure dedotte. Il TAR ha deciso il giudizio senza procedere ad alcuna conversione del rito, definendolo con il rito dell’ottemperanza, dichiarando nulli gli atti posti in essere in rinnovazione dalla commissione per violazione di giudicato e nominando il commissario ad acta. L’avere definito un giudizio di ottemperanza secondo il rito ordinario, come è avvenuto [#OMISSIS#] specie, omettendo di verificare l’ammissibilità dello stesso in relazione ai termini e alla regole del giudizio di ottemperanza determina una evidente erroneità della sentenza. In disparte ciò, l’appellante lamenta la circostanza che il [#OMISSIS#] di primo grado abbia accolto la censura dedotta dal dottor [#OMISSIS#] con la quale si contestava la violazione di giudicato per non avere la Commissione, “a fronte dell’annullamento della selezione”, proceduto a “rieditare anche la valutazione dei titoli e dei curricula”. Il primo [#OMISSIS#] infatti, procedendo alla disamina della sentenza del TAR per la Campania n. 5111 del 2009, oggetto della richiesta giudiziale di esatta esecuzione, ha ritenuto che emergesse “inequivocabilmente che l’annullamento ha avuto ad oggetto non solo il decreto rettorale n. 217 del 31 marzo 2008 ma anche “gli atti presupposti relativi allo svolgimento del concorso”, con esclusione del bando, con riferimento al quale non è stata ravvisata alcuna illegittimità”. Derivava perciò da detta interpretazione della sentenza (ottemperanda) che l’annullamento avesse travolto anche la fase di valutazione dei titoli e del curriculum presentato da ciascun candidato, di talché la rivalutazione effettuata dalla (medesima) Commissione, che si era concentrata [#OMISSIS#] sola riedizione dello svolgimento delle prove scritte e della prova orale, tralasciando il riesame dei titoli e del curriculum, doveva dichiararsi [#OMISSIS#] per violazione del giudicato. Tale valutazione del primo [#OMISSIS#], ad avviso della dottoressa [#OMISSIS#], è errata in quanto “con sentenza n. 5111/2009, il Tar Campania accoglieva infatti i soli motivi relativi alle prove scritte e alle prove orali, ossia il primo, il secondo ed il terzo motivo del ricorso proposto dal [#OMISSIS#], censurando, quindi, esclusivamente la riduzione del tempo assegnato per l’espletamento delle prove scritte, il mancato sorteggio della traccia della prova pratica e la mancata verbalizzazione delle domande formulate ai candidati [#OMISSIS#] prova orale e dichiarando assorbiti gli altri motivi” (così, testualmente, a pag. 10 del ricorso in appello). Peraltro l’assorbimento dei motivi di censura aventi ad oggetto le altre fasi della selezione e dedotti dal dottor [#OMISSIS#], operato dal TAR per la Campania [#OMISSIS#] sentenza n. 5111/2009, escludendo pertanto le ridette altre fasi della selezione dal raggio di efficacia della pronuncia di annullamento, è stato confermato dal Consiglio di Stato che disponeva la “reiezione dell’appello, con assorbimento di ogni altra questione”. Correttamente dunque l’Ateneo aveva disposto che la Commissione limitasse la riedizione dell’attività al rinnovato svolgimento delle prove scritte e della prova orale e il primo [#OMISSIS#] non doveva dichiarare nulli, per violazione di giudicato, gli atti con i quali è stata conclusa l’operazione di rinnovazione delle prove. D’altronde, conclude l’appellante, anche qualora la Commissione avesse voluto tornare a valutare titoli e curriculum dei candidati, il risultato non sarebbe stato diverso, in quanto la dottoressa [#OMISSIS#] è in possesso di titoli che descrivono un percorso scientifico di assoluto rilievo anche con riferimento al corrispondente percorso vantato dal dottor [#OMISSIS#].
Da qui la richiesta di annullamento della sentenza n. 1268/2016.
7. – Si sono costituiti nel giudizio n. R.g. 4466/2016 l’Università degli Studi “Suor [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]” di Napoli e il dottor [#OMISSIS#] [#OMISSIS#].
L’Istituto universitario ha confermato che “la Commissione esaminatrice ha correttamente rinnovato le sole prove scritte e orali senza intervenire sulla valutazione dei titoli e dei curricula dei candidati, sulla quale (…) non vi è alcuna statuizione [#OMISSIS#] citata sentenza 5111/2009. Pertanto, l’operato della Commissione non integra alcuna violazione del giudicato sotto nessun profilo” (così, testualmente, a pag. 3 della memoria dell’università). L’Istituto chiedeva dunque che fosse accolto l’appello proposto dalla dottoressa [#OMISSIS#].
All’opposto il dottor [#OMISSIS#] chiedeva la reiezione dell’appello. Anzitutto ne eccepiva la tardività per essere stato notificato l’atto di appello oltre il [#OMISSIS#] di trenta giorni, dimidiato, rispetto all’ordinario [#OMISSIS#] di sessanta giorni, per effetto dell’applicazione del rito dell’ottemperanza anche in sede di appello, avendo il primo [#OMISSIS#] deciso un ricorso per l’esecuzione di giudicato. Nel [#OMISSIS#] di specie la sentenza di primo grado è stata notificata, nel domicilio eletto dalla dottoressa [#OMISSIS#] presso lo studio del proprio patrocinatore in primo grado, in data 23 marzo 2016 e l’atto di appello è stato notificato (piuttosto che entro il 23 aprile 2016) in data 25 [#OMISSIS#] 2016 e quindi tardivamente. Escluso poi che possa essere fondata l’eccezione pregiudiziale di difetto di giurisdizione del [#OMISSIS#] amministrativo, non solo perché trattasi di un giudizio di ottemperanza ma perché l’oggetto del giudizio è costituito da una selezione pubblica per l’accesso ad una università, nel merito la sentenza di primo grado deve ritenersi puntuale e corretta, non avendo proceduto l’Ateneo ad eseguire correttamente la sentenza n. 5111/2009, per effetto della quale la Commissione avrebbe dovuto reiterare l’intera procedura selettiva, a cominciare dalla valutazione dei titoli e del curriculum di ciascun candidato.
8. – Con ordinanza 5 agosto 2016 n. 3374 la Sezione ha respinto la domanda cautelare avanzata dalla appellante e con ordinanza 8 settembre 2020 n. 5407, sul presupposto della pendenza di altro processo avente ad oggetto la selezione concorsuale in esame, è stata prevista la fissazione di una nuova data per l’udienza di merito al fine di consentire la decisione in un unico contesto dei processi pendenti.
Le parti hanno presentato memorie, anche di replica, con ulteriore documentazione e note d’udienza, attraverso le quali hanno confermato le conclusioni già espresse nei precedenti atti processuali depositati.
9. – In via preliminare va decisa l’eccezione pregiudiziale di difetto di giurisdizione.
In sede di regolamento di giurisdizione, le Sezioni unite della Corte di cassazione (cfr., per tutte, Cass, Sez. un., 5 marzo 1996 n.1733) hanno precisato che “le università libere, disciplinate dal T.U. 31 agosto 1933 n. 1592 e dalla l. 29 luglio 1991 n. 243, per i fini che perseguono, per i controlli cui sono assoggettate e per i finanziamenti pubblici, di cui sono destinatarie sono enti pubblici non economici, con la conseguenza che i rapporti di lavoro dei loro dipendenti devono essere conosciuti dal [#OMISSIS#] amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva. Tali principi sono stati applicati sia ad altre università libere, quale l’Università Cattolica del “Sacro Cuore” – (Cass. S.U. 2.3.1987 n. 2191) – sia in cause in cui era parte l’Istituto, attuale ricorrente (Cass. S.U. 3.2.1972 n. 261; Cass. 25.5.1979 n. 3021; Cass. S.U. 13.2.1980 n. 1019; Cass. S.U. 18.5.1983 n. 3419)”.
Da ciò discende la natura di ente pubblico non economico dell’Università degli Studi “Suor [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]” di Napoli e la natura di procedimento amministrativo della selezione dei docenti, anche in virtù della l. 30 dicembre 2010, n. 240, con conseguente giurisdizione del [#OMISSIS#] amministrativo a conoscere le controversie che attengono alle contestazioni in ordine a dette procedure selettive (come è quella qui oggetto di esame).
Le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno ribadito tale interpretazione anche in epoca successiva, con riferimento alle c.d. università libere ([#OMISSIS#] specie si trattava dell’Università Cattolica del Sacro Cuore), segnalando che per “le Università libere, regolate dall’ordinamento dell’istruzione superiore (r.d. 31 agosto 1933 n. 1592), appare non dubitabile il riconoscimento della natura pubblica, che riposa sulla ineludibile rilevanza di scopi, struttura organizzativa e poteri amministrativi del tutto analoghi a quelli delle Università statali” (cfr., in termini, Cass., Sez. un., 11 marzo 2004 n. 5054 e in argomento, più di recente, Corte conti, sez. giurisd., 3 marzo 2010 n. 477).
In materia anche il [#OMISSIS#] amministrativo si è orientato nel senso di ritenere la propria giurisdizione in ordine alle controversie relative ai rapporti di lavoro del personale delle c.d. università libere (addirittura anche con riferimento a controversie non attinenti alla procedura di arruolamento ma al rapporto di lavoro del personale dipendente, estendendo la giurisdizione, in taluni casi, anche al personale dipendente non docente; ma tale vicenda qui non rileva), ciò in quanto il [#OMISSIS#] orientamento della giurisprudenza amministrativa è incline ad affermare che la nozione di ente pubblico nell’attuale assetto ordinamentale non può ritenersi fissa ed immutevole ma funzionale e cangiante (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 26 [#OMISSIS#] 2015 n. 2660, per cui “Non può ritenersi, in altri termini, che il riconoscimento ad un determinato soggetto della natura pubblicistica a certi fini, ne implichi automaticamente e in maniera immutevole la integrale sottoposizione alla disciplina valevole in generale per la pubblica amministrazione (…) Si ammette ormai senza difficoltà che uno stesso soggetto possa avere la natura di ente pubblico a certi fini e rispetto a certi istituti, e possa, invece, non averla ad altri fini, conservando rispetto ad altri istituti regimi normativi di natura privatistica (…) il criterio da utilizzare per tracciare il perimetro del concetto di ente pubblico non è sempre uguale a se stesso, ma muta a seconda dell’istituto o del regime normativo che deve essere applicato e della ratio ad esso sottesa. Occorre, in altri termini, di volta in volta domandarsi quale sia la funzione di un [#OMISSIS#] istituto, quale sia la ratio di un determinato regime “amministrativo” previsto dal legislatore, per poi verificare, tenendo conto delle caratteristiche sostanziali del soggetto della cui natura si controverte, se quella funzione o quella ratio richiedono l’inclusione di quell’ente nel campo di applicazione della disciplina pubblicistica. La conseguenza che ne deriva è, come si diceva, che è del tutto normale, per così dire “fisiologico”, che ciò che a certi fini costituisce un ente pubblico, possa non esserlo ad altri fini, rispetto all’applicazione di altri istituti che danno rilievo a diversi dati funzionali o sostanziali” e così anche Cons. Stato Sez. VI, 11 luglio 2016 n. 3041, per cui l’individuazione dell’ente pubblico deve avvenire in base a criteri non “statici” e “formali”, ma “dinamici” e “funzionali”).
In conclusione, sotto un primo profilo rileva la sostanziale equiparazione che le Università libere ricevono dalla legge alle Università statali sotto plurimi [#OMISSIS#] (fra cui quelli: del fine pubblico perseguito, del controllo statale, dei poteri certificativi e disciplinari ad esse spettanti e del valore legale dei titoli di studio da esse rilasciati) e, sotto altro versante, milita nel senso della loro considerazione alla stregua di enti pubblici non economici l’elemento finalistico, che può apprezzarsi [#OMISSIS#] loro attività, in quanto l’art. 1 del R.D. 31 agosto 1933, n. 1592, dopo aver enunciato, nel comma primo, il principio che “l’istruzione superiore ha per fine di promuovere il progresso della scienza e di fornire la cultura scientifica necessaria per l’esercizio degli uffici e delle professioni”, dispone, nel comma secondo, che essa è impartita nelle Università statali e in quelle “libere” (categoria, quest'[#OMISSIS#], alla quale appartiene, ai sensi del successivo art. 198, “ogni Università (…) il cui ordinamento sia conforme alle norme del presente testo unico”), alle une e alle altre affidando, a pari titolo, il perseguimento di quel fine. D’altronde la stessa [#OMISSIS#], al comma terzo, con riguardo ad entrambe le categorie di università, statuisce che esse “hanno personalità giuridica e autonomia amministrativa, didattica e disciplinare, nei limiti stabiliti dal presente T.U. e sotto la vigilanza dello Stato”.
In ragione di quanto sopra va respinta l’eccezione pregiudiziale di difetto di giurisdizione del [#OMISSIS#] amministrativo.
10. – Sempre in via preliminare occorre scrutinare l’eccezione di tardività sollevata dal dottor [#OMISSIS#] con riferimento alla notifica del ricorso in appello, per non essere stato rispettato il [#OMISSIS#] di impugnazione della sentenza di primo grado, dimidiato dalla applicazione del rito di ottemperanza.
Il Collegio non può esentarsi dal rilevare che lo stesso dottor [#OMISSIS#], alle pagg. 10 e 11 della memoria prodotta in giudizio, nel contestare il profilo di censura formulata in sede di appello dall’appellante con la quale quest’[#OMISSIS#] stigmatizzava il comportamento del primo [#OMISSIS#] che aveva deciso con rito ordinario senza alcun ordine di conversione del rito speciale con il quale era stata introdotta (sempre in primo grado) la domanda di corretta esecuzione del giudicato, segnala che:
– il TAR ha deciso la causa con il rito ordinario, ossia decidendo la stessa in pubblica udienza e non in [#OMISSIS#] di consiglio, come previsto per i giudizi di ottemperanza;
– l’applicazione del rito ordinario non ha compromesso, in nessun modo, il diritto di difesa dell’appellante.
Pare evidente che il dottor [#OMISSIS#], seppur consapevole della circostanza che il [#OMISSIS#] di primo grado abbia deciso la controversia seguendo il rito ordinario, tanto da segnalarlo allo scopo di escludere la fondatezza del corrispondente motivo di appello dedotto dall’appellante, [#OMISSIS#] stesso tempo vorrebbe sostenere la tardività della notifica dell’atto introduttivo del giudizio di appello per non avere rispettato il [#OMISSIS#] dimidiato applicabile ai riti speciali, come è il giudizio di ottemperanza.
Sul punto il Collegio osserva che dinanzi al [#OMISSIS#] di primo grado, per come si legge puntualmente [#OMISSIS#] sentenza qui oggetto di appello, sono state proposte due distinte domande, una di annullamento ed una di ottemperanza, con la conseguenza che entrambe non potevano essere decise con il medesimo rito, seguendo quello ordinario la prima e quello speciale la seconda. Non vi sarebbe stato dunque alcun ostacolo alla riqualificazione dell’azione, in base al suo [#OMISSIS#] contenuto, da parte del [#OMISSIS#] investito della duplice domanda, in azione di ottemperanza con conversione del rito da ordinario in camerale per l’esame delle censure di violazione del giudicato.
Tuttavia il primo [#OMISSIS#] ha ritenuto di non procedere alla conversione del rito (da ordinario a speciale) sicché, in base al principio di cumulo delle domande di cui all’art. 32 c.p.a., secondo il quale ben possono proporsi congiuntamente domande soggette a diversi riti, trovando applicazione in tal [#OMISSIS#] il rito ordinario, deve considerarsi definito il giudizio di primo grado con il rito ordinario e ciò indipendentemente dalla natura e dalla qualificazione delle statuizione espresse [#OMISSIS#] sentenza.
Pertanto, ad avviso del Collegio e con riferimento alla eccezione di tardività sollevata dal dottor [#OMISSIS#], l’atto di appello risulta essere stato notificato tempestivamente, con conseguente infondatezza della surriferita eccezione.
11. – Passando al merito della controversia di cui all’appello n. R.g. 4466/2016, il Collegio ritiene centrale, ai fini della decisione del giudizio, esaminare puntualmente il contenuto della sentenza n. 5111/2009 del TAR per la Campania, la cui mancata corretta esecuzione è stata protestata dal dottor [#OMISSIS#] nel giudizio che si è concluso con la sentenza qui oggetto di appello.
[#OMISSIS#] surrichiamata sentenza n. 5111/2009, per quanto è qui di interesse, si legge che:
– (a pag. 5, punto 3) “può essere esaminato preliminarmente il terzo motivo di ricorso con il quale il dr. [#OMISSIS#] ha contestato la regolarità del procedimento concorsuale, per la violazione dell’art. 9 del bando di concorso e sotto diversi altri [#OMISSIS#], sostenendo che illegittimamente sono state assegnate 4 ore per lo svolgimento della prova scritta e solo 2 ore per lo svolgimento della prova pratica sostitutiva della seconda prova scritta, quando il bando di concorso prevedeva 8 ore per lo svolgimento di ciascuna delle due prove”;
– (a pag. 7, punto 5) “Sulla base delle considerazioni esposte si deve ritenere quindi non legittima l’assegnazione ai candidati del concorso in questione di sole 4 ore per lo svolgimento della prima prova scritta e addirittura di sole 2 ore per lo svolgimento della prova pratica sostitutiva della seconda prova scritta (in termini, TAR Campania, Napoli, Sez. II n. 7303 del 2005 cit.)”;
– (ancora a pag. 7, punto 7) “Con il primo motivo di ricorso il dr. [#OMISSIS#] ha lamentato un’ulteriore illegittimità della procedura di concorso (per la violazione degli articoli 3, 51, e 97 della Costituzione e dell’art. 11 del D.P.R. n. 487 del 1994) per il fatto che la prova pratica non è stata sorteggiata da una terna, come avrebbe dovuto essere (anche perché doveva considerarsi una [#OMISSIS#] e propria prova scritta), ma è stata letta dal [#OMISSIS#] della Commissione da un foglietto uscito dalla sua tasca”;
– (alle pagg. 9 e 10, punto 11) “Considerato che la seconda prova del concorso non è stata estratta a sorte e che per lo svolgimento della stessa è stato assegnato dalla Commissione un tempo irragionevolmente ridotto (due ore) rispetto alle previsioni contenute nel bando, risulta quindi palese l’illegittimità della procedura concorsuale impugnata che deve essere, in conseguenza, annullata”;
– (a pag. 10, punto 12) “Ciò rende superfluo l’esame delle ulteriori numerose censure sollevate nel ricorso e nei successivi motivi aggiunti. Questo TAR non può tuttavia non rilevare che sicuramente illegittima risulta anche la mancata verbalizzazione delle domande formulate ai candidati [#OMISSIS#] prova orale e la conseguente mancanza di una valutazione sulle risposte a tali domande che non risultano peraltro nemmeno sorteggiate, come sostenuto con il secondo motivo”;
– (ancora a pag. 10, punto 13) “Alla luce di tutte le esposte considerazioni ed assorbiti gli ulteriori motivi, il ricorso risulta fondato e deve essere accolto”;
– (a pag. 11, ancora punto 13) “Deve essere conseguentemente annullato l’impugnato Decreto rettorale n. 217 del 31.3.2008 con il quale sono stati approvati gli atti della Commissione Giudicatrice relativa al reclutamento in questione nonché gli atti presupposti relativi allo svolgimento del concorso. Non vi sono motivi invece per annullare anche il bando di concorso pure impugnato dal ricorrente, sebbene in via eventuale”.
12. – [#OMISSIS#] sentenza di appello della Sesta Sezione del Consiglio di Stato n. 6001/2011, che ha confermato la sentenza del TAR per la Campania n. 5111/2009, per quanto è di stretto interesse ai fini della decisione della presente controversia, si legge che:
– (a pag. 2) “Si costituiva il ricorrente in primo grado, contestando la fondatezza dell’appello e chiedendone il rigetto, peraltro riproponendo espressamente i motivi di primo grado dichiarati assorbiti”, senza che, dunque, la sentenza di primo grado sia stata appellata (anche con appello incidentale) da parte del dottor [#OMISSIS#], con riferimento ai motivi di censura dedotti in primo grado e non esaminati dal primo [#OMISSIS#] in quanto dichiarati assorbiti;
– (alle pagg 3 e 4) “Il motivo d’appello sub 3.a) è destituito di fondamento, in quanto: – l’art. 9 del decreto di indizione delle procedure di valutazione comparativa prevedeva, per lo svolgimento di ciascuna delle due prove scritte (di cui una sostituibile con una prova pratica), un tempo [#OMISSIS#] di otto ore; – deve escludersi che con la citata prescrizione alla commissione sia stata attribuita la facoltà di stabilire, in modo del tutto discrezionale, il tempo da concedere ai candidati per ciascuna prova, entro il limite [#OMISSIS#] di durata di otto ore, dovendo la stessa, al contrario, essere intesa quale disposizione volta a definire, in modo vincolante, il [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] entro il quale ciascun candidato deve attendere alla conclusione di ciascuna prova”;
– (alle pagg. 4 e 5) “Destituito di fondamento è, altresì, il motivo d’appello sub 3.b.). La mancata estrazione a sorte della traccia della la seconda prova, definita dalla commissione come prova pratica in sostituzione della seconda prova scritta, ma consistente nell’elaborazione per iscritto di un “progetto di ricerca didattica in ambito sportivo-motorio” e dunque sostanzialmente risolventesi in una seconda prova scritta, correttamente è stata ritenuta lesiva della prescrizione normativa contenuta nell’art. 11 d.P.R. 9 [#OMISSIS#] 1994, n. 487, che impone la preparazione di tre tracce (chiuse in pieghi suggellati e firmati esteriormente sui lembi di chiusura dai componenti della commissione e dal segretario) per ciascuna prova scritta e la relativa estrazione a sorte prima dell’inizio della prova”;
– (a pag 7) “Né a [#OMISSIS#] sorte sono destinati i motivi d’appello sub 3.c) e 3.d) (…)”;
– (a pag. 8) “Per le esposte considerazioni s’impone la reiezione dell’appello, con assorbimento di ogni altra questione”.
13. – Orbene, appare più che evidente, dalla lettura delle motivazioni recate da entrambe le sentenze, come sia il TAR per la Campania sia il Consiglio di Stato abbiano accolto il gravame proposto dal dottor [#OMISSIS#] scrutinando esclusivamente le censure che egli ha sollevato con riferimento allo svolgimento delle prove scritte e orali della procedura selettiva, stigmatizzando il comportamento assunto dalla Commissione nel corso di dette fasi della procedura, senza [#OMISSIS#] dire con riferimento alle precedenti fasi, con riguardo alla legittimità del bando e degli altri adempimenti posti in essere dalla Commissione prima dello svolgimento delle prove scritte e orali e quindi neppure con riferimento alla fase di valutazione dei titoli e del curriculum presentati da ciascun candidato.
Né, come si è sopra accennato, il dottor [#OMISSIS#] ha proposto uno specifico e rituale mezzo di gravame nei confronti della parte della decisione di primo grado in cui erano stati assorbiti gli ulteriori motivi di censura dell’operato della Commissione nel corso della procedura selettiva.
D’altronde non può condurre ad opposte conclusioni la mera circostanza secondo la quale il TAR per la Campania, al momento di completare la motivazione della sentenza e in corrispondenza della dichiarazione di annullamento dell’impugnato “Decreto rettorale n. 217 del 31.3.2008 con il quale sono stati approvati gli atti della Commissione Giudicatrice”, ha aggiunto l’inciso “nonché gli atti presupposti relativi allo svolgimento del concorso”, essendo evidente, in quest’[#OMISSIS#] periodo, il riferimento ai verbali della Commissione e [#OMISSIS#] altri atti da questa redatti, differenziandosi detti “atti” dal provvedimento “di approvazione degli atti della Commissione” (che veniva espressamente annullato dal TAR), senza potersi estendere l’annullamento alle operazioni di valutazione di titoli e del curriculum presentati dai candidati, non essendo stata scrutinata dal TAR (prima, e quindi dal Consiglio di Stato) nessuna censura rivolta alla valutazione della eventuale illegittimità dell’operato della Commissione nel corso dello svolgimento di tale fase, prodromica all’espletamento delle prove scritte e orali, che dunque restavano le uniche fasi travolte dalla sentenza del TAR e dalla successiva conferma del Consiglio di Stato.
Appare ovvio rilevare in proposito, ancora e in conclusione, che il giudizio dinanzi al [#OMISSIS#] amministrativo ha caratterizzazione soggettiva e risponde al principio del “chiesto e pronunciato” di cui all’art. 112 c.p.c..
Come è noto, infatti, il motivo di ricorso delimita e identifica la domanda spiegata nei confronti del [#OMISSIS#], e in relazione al motivo si [#OMISSIS#] l’obbligo di corrispondere, in positivo o in negativo, tra chiesto e pronunciato, nel senso che il [#OMISSIS#] deve pronunciarsi su ciascuno dei motivi e non soltanto su alcuni di essi. A sostegno del motivo – che identifica la domanda prospettata di fronte al [#OMISSIS#] – la parte può addurre, poi, un complesso di argomentazioni, volta a illustrare le diverse censure, ma che non sono idonee, di per se stesse, ad ampliare o restringere la censura, e con essa la domanda (cfr. Cons. Stato, Ad. pl., 27 luglio 2016 n. 21).
Va dunque ribadita la natura soggettiva della giurisdizione amministrativa, che non risulta preordinata ad assicurare la generale legittimità dell’operato amministrativo, bensì tende a tutelare la posizione giuridica del ricorrente, correlata ad un [#OMISSIS#] della [#OMISSIS#] coinvolto nell’esercizio dell’azione autoritativa oggetto di censura. Adendo la sede giurisdizionale, la parte ricorrente, in particolare, fa valere una pretesa sostanziale, avente ad oggetto la conservazione di un [#OMISSIS#] della [#OMISSIS#] già compreso nel proprio patrimonio individuale, pregiudicato dall’esercizio del potere amministrativo ovvero l’acquisizione (o comunque la chance di acquisizione) di un [#OMISSIS#] della [#OMISSIS#] soggetto a pubblica intermediazione.
Come è stato ulteriormente precisato dall’Adunanza Plenaria di questo Consiglio, “nel [#OMISSIS#] sistema di giurisdizione soggettiva, la verifica della legittimità dei provvedimenti amministrativi impugnati non va compiuta nell’astratto interesse generale, ma è finalizzata all’accertamento della fondatezza della pretesa sostanziale fatta valere, ritualmente, dalla parte attrice. Poiché il ricorso non è mera “occasione” del sindacato giurisdizionale sull’azione amministrativa, il controllo della legittimazione al ricorso assume sempre carattere pregiudiziale rispetto all’esame del merito della domanda, in coerenza con i principi della giurisdizione soggettiva e dell’impulso di parte” (così, in termini, Cons. Stato, Ad. pl., 7 aprile 2011 n. 4).
Ne deriva, in conclusione, che:
A) i motivi dedotti dal dottor [#OMISSIS#] nei confronti delle attività svolte dalla Commissione nel corso della procedura selettiva in questione, ulteriori rispetto a quelle relative alle fasi di svolgimento delle prove scritte e orali, non sono stati scrutinati dal TAR per la Campania [#OMISSIS#] sentenza n. 5111/2009, in quanto espressamente dichiarati “assorbiti”;
B) il dottor [#OMISSIS#] non ha espressamente impugnato in sede di appello tale capo della sentenza di primo grado, limitandosi solo a riproporre i motivi dichiarati assorbiti;
C) il [#OMISSIS#] di appello, con la sentenza n. 6001/2011, non ha fatto cenno ai motivi di primo grado dichiarati “assorbiti” dal TAR per la Campania, disponendo a propria volta l’assorbimento degli ulteriori motivi dedotti nel processo.
Da tutto ciò deriva che la Commissione, nell’eseguire la sentenza del TAR Campania n. 5111/2009, correttamente si è limitata a riproporre lo svolgimento delle prove scritte e orali, non intervenendo sull’esito della fase di valutazione dei titoli e del curriculum presentati da ciascun candidato, in quanto non ricompreso nel perimetro della portata caducatoria degli atti della selezione provocata dalla sentenza del [#OMISSIS#] amministrativo.
Da ciò consegue, ancora, che il secondo motivo di appello, con riferimento ai [#OMISSIS#] di censura espressamente indirizzati a contestare il capo della sentenza del TAR per la Campania n. 1268/2016 nel quale si dichiarano nulli gli atti della Commissione e i provvedimenti successivi di approvazione per mancata riedizione della fase di valutazione dei titoli e del curriculum presentati da ciascun candidato, si presenta fondato, in corrispondenza della erroneità del decisum specifico fatto proprio dal [#OMISSIS#] di primo grado [#OMISSIS#] sentenza sopra richiamata.
14. – A questo punto può passarsi ad esaminare il secondo giudizio di appello, n. R.g. 5866/2019, proposto dal dottor [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], avente ad oggetto la riforma della sentenza del TAR per la Campania, Sez. II, 17 dicembre 2018 n. 7191 con la quale è stato respinto il ricorso (n. R.g. 9/2018) proposto dal suddetto per l’annullamento dei seguenti atti e provvedimenti: a) del decreto direttoriale del Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca n. 2891 del 25 ottobre 2017 con il quale sono stati approvati gli atti della Commissione giudicatrice relativa alla valutazione comparativa per il reclutamento di 1 Ricercatore universitario, settore scientifico disciplinare M-EDF/02 Metodi e Didattiche delle Attività Sportive presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università Suor [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di Napoli ed è stata dichiarata vincitrice la dottoressa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]; b) di tutti gli atti e dei verbali della Commissione giudicatrice della valutazione comparativa e in particolare dei verbali della Commissione dal n. 1 del 3 febbraio 2017 al n. 12 del 18 ottobre 2017 e della relazione riassuntiva; c) se ed in quanto possa occorrere, del bando di concorso approvato con decreto del Rettore dell’Università degli Studi “Suor [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]” di Napoli n. 210 del 28 marzo 2007, recante l’indizione della procedura comparativa di cui sopra, del decreto n. 3 del 7 gennaio 2017 del Commissario ad acta nominato per l’esecuzione della sentenza TAR Campania Napoli n. 1268/2016 recante la nomina della Commissione per il rinnovo della procedura di valutazione comparativa di un posto di ricercatore universitario per il SSD MEDF/02 bandita dalla predetta università.
Era accaduto, infatti, che nelle more della definizione del ricorso in appello appena scrutinato (con esito favorevole) dal Collegio (n. R.g. 4466/2016), l’Università degli Studi “Suor [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]” di Napoli eseguiva la sentenza del TAR per la Campania n. 5111/2009 (confermata dalla sentenza della Sezione n. 6001/2011), rinnovando la procedura selettiva (già rinnovata) in questione nel corso del periodo da febbraio ad ottobre del 2017, determinando la seguente sequenza precedimentale e provvedimentale:
– con decreto n. 3 del 7 gennaio 2017 del Commissario ad acta nominato per l’esecuzione della sentenza TAR Campania Napoli n. 1268/2016 disponeva la nomina della Commissione per il rinnovo della procedura di valutazione comparativa di un posto di ricercatore universitario per il SSD MEDF/02 bandita dalla predetta università;
– la procedura di rivalutazione si sviluppava nell’arco temporale da febbraio ad ottobre 2017, per come testimoniano i verbali della Commissione dal n. 1 del 3 febbraio 2017 al n. 12 del 18 ottobre 2017 e la relazione riassuntiva;
– con decreto direttoriale del Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca n. 2891 del 25 ottobre 2017 erano approvati gli atti della Commissione giudicatrice relativa alla valutazione comparativa per il reclutamento di 1 Ricercatore universitario, settore scientifico disciplinare M-EDF/02 Metodi e Didattiche delle Attività Sportive presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università Suor [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di Napoli e veniva dichiarata vincitrice (ancora una volta) la dottoressa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#].
15. – Avverso il suddetto decreto rettorale e nei confronti degli atti e dei verbali redatti dalla Commissione nel corso della procedura rinnovata (per la terza volta, ma stavolta in diversa composizione) proponeva ricorso innanzi al TAR per Campania il dottor [#OMISSIS#], ribadendo quanto già sostenuto nel corso del giudizio (di primo grado e di) appello n. R.g. 4466/2016 e qui appena esaminato dal Collegio, vale a dire che il precedente giudicato, formatosi sulla sentenza del TAR per la Campania n. 5111/2009 (confermata dal Consiglio di Stato, Sez. VI, con sentenza 6001/2011) aveva travolto tutta la procedura di valutazione e non solo il segmento procedimentale relativo all’effettuazione delle due prove scritte e della prova orale e, conseguentemente, la riconvocata Commissione (stavolta dal Commissario ad acta, con decreto n. 3 del 7 gennaio 2017 e in diversa composizione) avrebbe dovuto procedere ad una nuova valutazione dei titoli e del curriculum prodotti dai candidati (attività che già non aveva svolto la Commissione [#OMISSIS#] composizione originaria sia nel corso dell’originaria procedura selettiva sia in occasione della – prima – riedizione della stessa). A ciò aggiungeva numerose altre contestazioni aventi ad oggetto lo svolgimento della nuova procedura e la nomina della Commissione, formata (peraltro non correttamente) da componenti diversi rispetto a coloro che avevano composto la Commissione nel corso della procedura originaria e nel corso della prima rinnovazione della procedura selettiva.
Il TAR per la Campania con la sentenza n. 7191/2018 respingeva il ricorso. Da qui la proposizione dell’appello con richiesta di riforma della sentenza di primo grado, sul presupposto che i motivi di censura dedotti in primo grado fossero fondati, sicché il dottor [#OMISSIS#] li riproponeva in sede di appello.
Si costituiva in giudizio la dottoressa [#OMISSIS#] che eccepiva la irricevibilità dell’appello per essere stato notificato il relativo ricorso oltre i termini decadenziali dimidiati, che avrebbero dovuto essere rispettati nel [#OMISSIS#] di specie in quanto oggetto dell’appello è una sentenza pronunciata in sede di ottemperanza. Formulava inoltre ulteriori eccezioni “in rito”.
Nel merito, la dottoressa [#OMISSIS#] contestava la fondatezza delle prospettazioni espresse dalla parte appellante e ribadiva la propria posizione [#OMISSIS#] in primo grado, spiegando altresì appello incidentale con riferimento alle censure dedotte in primo grado e “disattese” dal TAR per la Campania con la tecnica dell’assorbimento dei motivi.
16. – Si è costituito, in tale secondo giudizio di appello, il Ministero dell’università e della ricerca scientifica.
Non si sono costituiti in giudizio l’Università degli Studi “Suor [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]” di Napoli e il controinteressato dottor [#OMISSIS#] [#OMISSIS#].
I dottori [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] hanno depositato ulteriori memorie, anche di replica e note d’udienza nonché nuovi documenti, confermando le conclusioni già rassegnate nei precedenti atti processuali depositati.
17. – Il Collegio deve tenere conto, ai fini della decisione sull’appello n. R.g. 5866/2019, dell’esito dello scrutinio effettuato sul primo dei due appelli qui riuniti, n. 4466/2016, il cui motivo centrale di appello va accolto (per le ragioni più sopra illustrate), determinandosi in tal modo la riforma della sentenza del TAR per la Campania n. 1268/2016 e dichiarandosi quindi la legittimità degli atti adottati a suo tempo dall’Università degli Studi “Suor [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]” di Napoli (in occasione della prima riedizione della procedura selettiva) a partire dal decreto rettorale n. 535 del 19 dicembre 2011, con il quale è stata riconvocata la Commissione di valutazione della selezione bandita nel 2007, per proseguire con i verbali predisposti e le operazioni svolte dalla predetta Commissione e per concludersi con il decreto del Rettore del predetto Istituto universitario n. 101 del 6 marzo 2012, che aveva (per la seconda volta) dichiarato vincitrice la dottoressa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#].
Tale decisione, che fa “tornare le lancette” della procedura selettiva in questione all’epoca antecedente rispetto alla proposizione dell’appello qui in decisione, n. Rg. 5866/2019, venendo meno la sentenza del TAR per la Campania n. 1268/2016, determina inevitabilmente (l’inutilità dello scrutinio, sia con riferimento alle eccezioni preliminari che ai motivi di appello, nel merito del presente giudizio di appello e quindi il venir meno dell’interesse alla decisione dello stesso, con la conseguente) dichiarazione di improcedibilità dell’appello proposto dal dottor [#OMISSIS#] nonché provocando, parallelamente e conseguentemente, la inammissibilità dell’appello incidentale spiegato dalla dottoressa [#OMISSIS#].
18. – In conclusione dunque e riepilogando, i due appelli siccome riuniti e qui in decisione [#OMISSIS#] definiti come segue: A) l’appello n. R.g. 4466/2014 va accolto e, per l’effetto, va riformata la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sez. II, 8 marzo 2016 n. 1268 e respinto il ricorso di primo grado (R.g. n. 2446/2012) proposto dal dottor [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], emergendo in tal modo la legittimità del decreto del Rettore dell’Università degli Studi “Suor [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]” di Napoli n. 101 del 6 marzo 2012; B) l’appello n. R.g. 5866/2019 va dichiarato improcedibile e, di conseguenza, va dichiarato inammissibile l’appello incidentale spiegato in detto giudizio dalla dottoressa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#].
Va precisato che la presente decisione è stata [#OMISSIS#] tenendo conto dell’ormai consolidato “principio della ragione più liquida”, corollario del principio di economia processuale (cfr. Cons. Stato, Ad. pl., 5 gennaio 2015 n. 5 nonché Cass., Sez. un., 12 dicembre 2014 n. 26242), che ha consentito di derogare all’ordine logico di esame delle questioni e tenuto conto che le questioni sopra vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a [#OMISSIS#] dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza [#OMISSIS#], ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., Sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cass. civ., Sez. V, 16 [#OMISSIS#] 2012 n. 7663 e per il Consiglio di Stato, Sez. VI, 18 luglio 2016 n. 3176), con la conseguenza che gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
Stante la evidente complessità in punto di fatto e in punto di diritto che caratterizza le vicende sottese ad entrambi i giudizi riuniti nel presente grado di appello, sussistono i presupposti indicati nell’art. 92 c.p.c., per come richiamato espressamente dall’art. 26, comma 1, c.p.a., per compensare integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio con riferimento ad entrambi i processi.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sui ricorsi in appello, come indicati in epigrafe:
1) dispone la riunione dell’appello n. R.g. 5866/2019 all’appello n. R.g. 4466/2016;
2) accoglie l’appello n. R.g. 4466/2014 e, per l’effetto, in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sez. II, 8 marzo 2016 n. 1268, respinge il ricorso di primo grado (R.g. n. 2446/2012);
3) dichiara improcedibile l’appello n. R.g. 5866/2019 e inammissibile l’appello incidentale con riferimento ad esso spiegato;
4) compensa le spese del doppio grado di giudizio con riferimento ad entrambi i processi riuniti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di consiglio del giorno 8 luglio 2021 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#]
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore