La sentenza di non diversi procedere per intervenuta prescrizione è irrilevante nell’ambito del giudizio amministrativo, posto che, ai sensi dell’art. 654 c.p.p., le uniche decisioni che fanno stato, nel giudizio civile o amministrativo sono le sentenze penali irrevocabili di condanna o di assoluzione pronunciate in seguito a dibattimento, qualora si controverta di un diritto o un interesse legittimo il cui riconoscimento dipende dall’accertamento degli stessi fatti materiali che furono oggetto del giudizio penale, purché i fatti accertati siano stati ritenuti rilevanti ai fini della decisione penale.
Deve perciò sempre rilevarsi l’autonomia del processo amministrativo rispetto a quello penale, quando il procedimento penale a carico del ricorrente si sia chiuso con una sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione dei reati ascritti, che non comporta alcuna valutazione con effetto vincolante in ordine alla non commissione del fatto.
Sotto altro profilo, rispetto al potere sanzionatorio e al potere di autotutela azionato dall’ateneo, che ha annullato il diploma di laurea conseguito con registrazioni di esami sospetti di frode, non riverbera in termini di illegittimità il fatto che il destinatario del provvedimento dell’ateneo non rivesta più la qualità di studente, né tanto meno il fatto che, a distanza di 6 anni dal conseguimento della Laurea in Giurisprudenza, il ricorrente ha acquisito l’abilitazione alla professione forense, abilitazione peraltro sospesa dal Consiglio dell’Ordine territoriale in attesa del pronunciamento definitivo del giudice amministrativo sulla legittimità o meno del provvedimento di annullamento del diploma stesso, dal momento che quest’ultimo costituisce base fondante della successiva abilitazione all’esercizio della professione forense e non viceversa.
Cons. Stato, sez. VI, 10 gennaio 2022, n. 158
Autonomia del processo amministrativo rispetto a quello penale, potere disciplinare e autotutela
N. 00158/2022REG.PROV.COLL.
N. 01074/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1074 del 2017, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], domiciliato in via digitale come da pubblici registri e domicilio fisico eletto presso lo studio del dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] in Roma, via Cosseria, 2;
contro
Università degli Studi Napoli [#OMISSIS#] II, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato in via digitale come da pubblici registri e domicilio fisico in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Quarta) n. -OMISSIS-/2016, resa tra le parti, concernente verbali di esame ed annullamento conferimento titolo di dottore in giurisprudenza
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Università degli Studi Napoli [#OMISSIS#] II;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 dicembre 2021 il Cons. [#OMISSIS#] D'[#OMISSIS#] e uditi per le parti gli avvocati come da verbale; Viste le conclusioni delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Parte ricorrente impugna la sentenza del T.A.R. Campania Napoli, Sez. IV, n. 4902 del 25 ottobre 2016, resa all’esito del giudizio di primo grado R.G. n. 4275/2011
In particolare, l’odierno appellante ha impugnato in primo grado gli atti inerenti alla conclusione del procedimento amministrativo, ai sensi dell’art. 4 del Regolamento di Ateneo, e il contestuale avvio procedimento disciplinare ex art. 32 regolamento di Ateneo nonché il Decreto Rettorale n. 556 del 18.03.2011, recante l’annullamento dei verbali di sedute relative [#OMISSIS#] esami di profitto in Diritto Penale, Diritto Commerciale, Diritto Processuale Civile ed Economia Politica, di tutte le registrazioni conseguenti tra cui il diploma di laurea ed il verbale relativo alla seduta di conferimento del titolo di dottore in Giurisprudenza.
In quella sede processuale ha sollevato diversi [#OMISSIS#] di illegittimità chiedendo l’annullamento dei provvedimenti che, in sostanza, a fronte della riscontrata falsità dei verbali di alcuni esami della facoltà di Giurisprudenza, hanno annullato l’esito degli esami stessi e il conseguimento del titolo di dottore.
L’adito T.A.R. Campania, con la sentenza gravata in questa sede, ha rigettato il ricorso confutando tutti i formulati motivi di ricorso.
L’odierna appellante ha impugnato la sentenza, criticando l’iter motivazionale seguito dal [#OMISSIS#] di primo grado su cinque punti e, in particolare, deducendo l’erroneità della sentenza gravata sui seguenti rubricati [#OMISSIS#]:
“1- Non censurando la tempistica del procedimento di annullamento degli esami;
2- Non ravvisando la violazione dell’art 10 bis della L. 241/90;
3- Non ritenendo la decisione dell’Ateneo [#OMISSIS#] sulla base degli errati presupposti di fatto provenienti dall’indagine penale;
4- Legittimando il potere di annullamento e autotutela azionato dall’Ateneo;
5- Ritenendo l’assenza di qualsivoglia difetto di istruttoria”.
Si è costituito nel giudizio di appello l’Università degli Studi di Napoli [#OMISSIS#] II, resistendo al ricorso e depositando documentazione difensiva, cui l’appellante ha replicato con memorie ex art. 73 c.p.a.
L’appello è stato trattenuto in decisione all’udienza del 21.12.2021.
DIRITTO
1) L’appello si palesa infondato.
In primo luogo, la sentenza gravata ha correttamente rilevato l’autonomia del processo amministrativo rispetto a quello penale, atteso che il procedimento penale a carico del ricorrente si è chiuso con una sentenza del Tribunale di Napoli di non doversi procedere per intervenuta prescrizione dei reati ascritti, che non comporta alcuna valutazione con effetto vincolante in ordine alla non commissione del fatto, posto che, come osservato [#OMISSIS#] gravata pronuncia.
Come evidenziato [#OMISSIS#] gravata decisione “la sentenza di non diversi procedere per intervenuta prescrizione è assolutamente irrilevante nell’ambito del presente giudizio, posto che, ai sensi dell’art. 654 c.p.p., le uniche decisioni che fanno stato, nel giudizio civile o amministrativo, nei confronti dell’imputato sono le sentenze penali irrevocabili di condanna o di assoluzione pronunciate in seguito a dibattimento, quando in questo si controverte intorno a un diritto o a un interesse legittimo il cui riconoscimento dipende dall’accertamento degli stessi fatti materiali che furono oggetto del giudizio penale, purché i fatti accertati siano stati ritenuti rilevanti ai fini della decisione penale e purché la legge civile non ponga limitazioni alla prova della posizione soggettiva controversa”.
Inoltre, la sentenza del T.A.R. partenopeo ha giustamente osservato, sempre in via preliminare, che il provvedimento impugnato enuncia chiaramente che, sulla base dell’istruttoria condotta, quattro verbali, relativi a sedute di esame alle quali ha preso parte l’appellante, non risultano tra quelli utilizzati dalle rispettive commissioni e le firme dei docenti risultano disconosciute dai medesimi.
[#OMISSIS#] specifico di tratta del verbale n. 112931, che si riferisce alla seduta dell’1.3.2005 dell’esame di profitto di Diritto penale; del verbale n. 58691, che si riferisce alla seduta dell’ 8.6.2005 dell’esame di profitto di Diritto commerciale – I cattedra; del verbale n. 134681, che si riferisce alla seduta del 28.2.2005, dell’esame di profitto di Diritto processuale civile – I cattedra; del verbale n. 52929, che si riferisce alla seduta del 13.6.2005, dell’esame di profitto di Economia politica – Il cattedra.
Il Collegio condivide la conclusione secondo cui, proprio in quanto i verbali sopra indicati – ove è presente il nominativo dell’odierno appellante – non risultano redatti dai componenti della commissione giudicatrice, non risulta che l’odierno appellante abbia sostenuto e superato gli esami nelle sedute sopra indicate, né in altre sedute.
2) Quanto ai singoli motivi di ricorso in appello, il Collegio rileva quanto segue.
Parte appellante ha criticato il rigetto del ricorso di primo grado sul profilo inerente alla “tempistica del procedimento di annullamento degli esami”.
Secondo l’appellante, il T.A.R. non ha, inspiegabilmente, accolto la censura secondo cui il potere esercitato dall’Ateneo federiciano era completamente sprovvisto a monte della relativa [#OMISSIS#] attributiva. “Prova ne sia che nel D.R. n. 32510 del 21.03.2011 l’unico parametro normativo espressamente citato a cui viene ancorata, ai fini giustificativi, la potestà provvedimentale sanzionatoria come esercitata in sede di autotutela, sono gli artt. 32 e ss. del Regolamento Didattico di Ateneo e [#OMISSIS#] più”, che peraltro sarebbero inconferenti sul punto.
Seguono in sede di motivo di appello delle considerazioni sulla inconsistenza del supposto “teorema” formulato [#OMISSIS#] sentenza gravata secondo cui “poiché la sottoscrizione del titolare di cattedra come apposta sul relativo verbale di esame viene da questi disconosciuta, lo studente ivi indicato risulta non aver mai sostenuto l’esame”.
Non sarebbe sufficiente a ritenere non sostenuto l’esame il disconoscimento delle sottoscrizioni dei verbali di esame e ciò a maggior ragione alla luce della sentenza (n. 13206 del 22/10/2014) emessa dal Tribunale di Napoli, Sez. I penale di non luogo procedere per intervenuta estinzione dei reati ascritti.
Inoltre, le modalità di compilazione e gestione dei verbali di esame non riguardano lo studente, al quale compete il solo prepararsi in maniera decorosa e sufficiente per il superamento della prova di esame.
L’odierno appellante avrebbe effettivamente sostenuto le quattro prove di esame annullate e in tal senso varrebbero le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà rilasciate ad un pubblico ufficiale dalla sorella e da A.C., che accompagnarono l’odierno deducente all’effettuazione degli esami controversi.
L’appellante ha dedotto, altresì, che non avrebbe potuto ragionevolmente dare la prova dell’effettuazione dell’esame e che, in definitiva, non avrebbe alcuna responsabilità nelle irregolarità amministrative riscontrate.
Inoltre nessuna rilevanza sarebbe stata data dall’Amministrazione al verbale n. 85575 del 15.2.2005 relativo all’esame di Diritto del Lavoro sostenuto con un Professore che ha riconosciuto come propria la sottoscrizione apposta in calce al verbale recante il nominativo dell’appellante.
L’articolato motivo di appello si palesa infondato.
Quanto alla contestazione in fatto della circostanza della non veridicità dei verbali di esame e, conseguentemente, del fatto che i suddetti esami debbano considerarsi non sostenuti, il Collegio richiama quanto anzidetto, condividendo la correttezza sul punto della sentenza gravata.
Al riguardo, ben sufficiente al fine di ritenere non veridici i suddetti verbali è la circostanza che i quattro verbali non risultano tra quelli utilizzati dalle rispettive commissioni e il disconoscimento della firma da parte dei docenti. Di fronte a quest’[#OMISSIS#] elemento probatorio non possono avere rilievo decisivo le depositate dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà, ragionevolmente inidonee a provare il superamento degli esami, poichè, in generale, le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà non rivestono alcun effettivo valore probatorio decisivo, potendo costituire solo indizi che, in mancanza di altri elementi nuovi, precisi e concordanti, non risultano ex se idonei a scalfire l’attività istruttoria dell’amministrazione (Consiglio di Stato, Sez. VI, 15 novembre 2021, n. 7583; Cons. Stato,. Sez. VI, 3 giugno 2019, n. 3696); mentre risulta irrilevante il riconoscimento della sottoscrizione del docente di Diritto del Lavoro che non rientra tra quelli ritenuti come non sostenuti.
Priva di pregio è, inoltre, l’affermazione che non si possono far ricadere sullo studente le disfunzioni amministrative dell’Università, posto che dalle risultanze dell’istruttoria si evince non l’irregolarità dell’iter amministrativo degli esami, ma la circostanza che gli stessi non sono mai stati sostenuti.
Sulla circostanza dell’inesistenza di una specifica [#OMISSIS#] dell’ordinamento universitario che preveda l’annullamento degli esami e della carriera universitaria, il Collegio evidenzia che la censura si rivela infondata in quanto la possibilità di annullare d’ufficio l’esito degli esami nel [#OMISSIS#] di illegittimità degli stessi (nel [#OMISSIS#] di specie di falsità dei relativi verbali) è in sostanza riconducibile al generale potere di autotutela dell’Amministrazione, di cui all’art. 21 nonies, comma 1, della Legge n. 241/1990, senza necessità di un’ulteriore specifica [#OMISSIS#].
3) Parte appellante con la censura “sulla non violazione e non falsa applicazione dell’art. 10 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241 s.m.i.” critica il capo di sentenza secondo cui “il secondo motivo è parimenti infondato, in quanto l’università ha chiaramente riportato, nel provvedimento impugnato, di aver esaminato la memoria procedimentale del 5 marzo 2010, depositata (dall’appellante). Ciò, in relazione al [#OMISSIS#] concreto, è ampliamente sufficiente per ritenere che la censura proposta non abbia fondatezza. Va infatti chiarito che, se è vero che l’Amministrazione è tenuta a valutare la memoria depositata dalla parte ex art. 10 bis L.241/90, non è parimenti obbligata a riportare, nel corpo del provvedimento, specifiche osservazioni in ordine a singoli passaggi quando emerge, dal contenuto della memoria, che ciò è del tutto irrilevante ai fini della decisione”.
Secondo l’appellante vi sarebbe stata violazione dell’art. 10 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, in quanto nel contesto del D.R. n. 556 del 18.03.2011, pur dandosi atto della sua ricezione (prot. di arrivo n. 30137 del 09.03.2010), non si dà a termini di legge altrettanto conto del suo intercorso scrutinio e delle ragioni per le quali le argomentazioni ivi contenute non potevano essere accolte, dovendo l’Amministrazione indicare le ragioni che hanno indotto l’Amministrazione a non accogliere le osservazioni presentate.
La censura è infondata.
Il Collegio rileva come la presentazione di memorie ai sensi dell’art. 10 bis della L. n. 241 del 1990 non impone la puntuale e analitica confutazione delle osservazioni presentate dalla parte privata, essendo sufficiente la motivazione complessivamente resa a sostegno dell’atto stesso (Consiglio di Stato, sezione II, sentenza 20 febbraio 2020, n. 1306; Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 27 marzo 2019, n. 2026; Consiglio di Stato, sezione V, sentenza 25 luglio 2018, n. 4523).
Nel [#OMISSIS#] di specie il provvedimento impugnato è immune dai vizi di motivazione denunciati dall’appellante, in quanto dall’atto gravato si evince che l’Amministrazione procedente ha tenuto conto, oltre che della normativa di riferimento, delle risultanze dell’istruttoria, tra cui l’apporto collaborativo del privato coinvolto nel procedimento.
In ogni [#OMISSIS#], sempre secondo la giurisprudenza di questo Consiglio, nell’ambito di un procedimento amministrativo l’onere dell’amministrazione pubblica di illustrare le ragioni per le quali non abbia tenuto conto delle osservazioni dei privati, presentate ex art. 10-bis della Legge n. 241/1990 non deve essere inteso in senso formalistico, atteso che lo stesso viene meno nel [#OMISSIS#] in cui, come nel [#OMISSIS#] di specie, per quanto anzidetto le dette osservazioni non avrebbero potuto influenzare effettivamente la concreta portata del provvedimento finale in concreto adottato dall’amministrazione (Consiglio di Stato, sez. II, 10 [#OMISSIS#] 2021, n. 3683).
4) La parte appellante ha contestato la sentenza gravata “sull’erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto provenienti dall’indagine penale”;
L’appellante indica che alla fascicolazione di causa veniva allegato il copioso faldone contenente la totalità delle risultanze investigative poste in essere dagli organi giudiziari e di polizia giudiziaria (D.I.G.O.S.), funzionale all’emersione di un’associazione a delinquere finalizzata alla frode e al falso documentale per il superamento di esami universitari in realtà mai sostenuti.
Ebbene nessuna delle investigazioni eseguite e dei risultati acquisiti, attraverso l’[#OMISSIS#] di intercettazioni ambientali, acquisizioni tabulati telefonici, perizie calligrafiche, interrogatori, confronti e quant’altro, ritenuto utile ai fini indaginosi, avrebbe mai riguardato l’appellante.
Inoltre, non vi sarebbe alcuna [#OMISSIS#] di legge o anche solo regolamentare che legittima e/o autorizza con un semplice decreto di rinvio alla fase dibattimentale per l’accertamento o meno della responsabilità penale di un indagato l’esercizio di potestà disciplinari e/o sanzionatorie.
L’appellante critica l’affermazione contenuta in sentenza secondo cui “… come emerge dalla piena lettura dei provvedimenti impugnati, le motivazioni che li sorreggono non sono mai incentrate sul procedimento penale in atto, mai cioè, partono dal medesimo ma hanno riguardo, invece, esclusivamente alle risultanze dei lavori della Commissione rettorale ed il richiamo del procedimento penale in corso assolve chiaramente ad un mero scopo narrativo della vicenda da rappresentarsi [#OMISSIS#] sua interezza”.
In realtà, secondo l’appellante, il T.A.R. Campania ha preso “a piene mai dal giudizio penale, anche se si guarda [#OMISSIS#] dall’affermare in maniera lapalissiana l’esistenza di un vero e proprio nesso con il giudizio penale, quando rileva che in assenza di una condanna o di una assoluzione, il proprio giudizio resterebbe autonomo da quello condotto in sede penale. Ma ciò non è avvenuto. Ad onor del vero, il T.A.R. non avrebbe comunque potuto procedere ad alcun accertamento in via incidentale, posto che per la querela di falso, il legislatore ha contemplato la giurisdizione ordinaria e la competenza funzionale del Tribunale Ordinario in composizione collegiale ex art. 9 c.p.c. ed altresì alla presenza del Pubblico Ministero ex art. 221 c.p.c.”.
Il medesimo appellante rileva che a maggior ragione le argomentazioni che precedono devono con forza ribadirsi alla luce dell’intercorsa sentenza di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione dei reati ascritti.
La censura è infondata, in quanto sul punto si palesa corretta la motivazione della sentenza gravata secondo cui le motivazioni che sorreggono i provvedimenti impugnato non sono incentrate sul procedimento penale in atto, ma hanno riguardo alle risultanze dei lavori della Commissione.
Tale assunto è stato criticato da parte appellante con deduzioni assolutamente generiche senza indicare gli elementi motivazionali che deriverebbero dal procedimento penale, né in ogni [#OMISSIS#] la sentenza di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione può spiegare alcun effetto a favore dell’appellante su questo aspetto.
Per quanto riguarda la sussistenza degli elementi inerenti all’accertamento dei fatti e sull’inesistenza di un potere sanzionatorio riguardo l’annullamento degli esami si rinvia a quanto anzidetto ai precedenti punti, posto peraltro che, si ribadisce l’Università ha esercitato il potere generale di autotutela.
Né, in presenza del disconoscimento delle firme sui verbali da parte dei docenti, l’accertamento del presupposto necessario all’esercizio di tale potere di autotutela – costituito dal mancato effettivo superamento degli esami – era soggetta al preventivo esercizio della querela di falso, in quanto il disconoscimento è stato effettuato dallo stesso soggetto che risulta aver formato il verbale e la falsità è stata fatta valere dalla stessa Amministrazione che ha adottato l’atto e ha successivamente agito in autotutela.
5) La parte appellante ha criticato la sentenza gravata “sulla legittimazione del potere di annullamento e autotutela azionato dall’ateneo; carenza dei presupposti normativi atti a giustificare l’esercizio della potestà sanzionatoria – violazione e falsa applicazione dell’art. 23 regolamento didattico di ateneo”.
In sostanza, l’appellante ha dedotto che il destinatario del potere sanzionatorio non riveste più la qualità di studente e, quindi, non poteva (rectius non può) essere soggetto alle sanzioni disciplinari, né tanto meno risultare il destinatario di sanzione alcuna.
Inoltre, a distanza di 6 anni dal conseguimento della Laurea in Giurisprudenza, il ricorrente ha acquisito l’abilitazione alla professione forense: abilitazione sospesa dal Consiglio dell’Ordine territoriale in attesa del pronunciamento definitivo dell’adito Tribunale sulla legittimità o meno del provvedimento di annullamento del diploma di Laurea (in uno con le registrazioni degli esami “sospetti”), costituendo, quest’[#OMISSIS#], la base fondante della successiva abilitazione all’esercizio della professione forense.
L’appellante ha dedotto ancora che l’unico articolato all’interno del Regolamento didattico di Ateneo che contempla le ipotesi di annullamento degli esami sostenuti è l’art. 24, rubricato “Esami di profitto” ai sensi del quale “Gli esami sostenuti sono annullati, con decreto del Rettore, esclusivamente nei seguenti casi: a) se corrispondono ad insegnamenti non previsti dal piano di studio ovvero dal curriculum seguito dallo studente; b) se sono anticipati rispetto all’anno o al semestre di corso in cui sono previsti; c) se non rispettano i vincoli di propedeuticità; d) se sostenuti dopo che lo studente ha presentato domanda di trasferimento o di passaggio”, senza contemplare quella per la quale è stato disposto l’impugnato annullamento.
Il Collegio rileva che, come già indicato, l’Università ha esercitato un potere riconducibile all’autotutela rispetto al quale non ha alcun rilevo la circostanza che l’interessato non rivesta più la qualità di studente, essendo il procedimento in autotutela sostanzialmente volto all’annullamento dei titoli (esame e diploma di laurea) viziati da illegittimità.
Allo stesso modo l’esercizio di tale potere non è soggetto alla tassatività dei casi contenuti nel Regolamento didattico di Ateneo, tanto più che nel [#OMISSIS#] di specie non si tratta (come nei casi indicati dal citato art. 24) dell’annullamento di esame sostenuti per i quali esistano delle irregolarità amministrative, bensì di esami mai sostenuti e l’autotutela è idonea a rimuovere la documentazione che attesta l’esito del superamento di esami effettivamente inesistenti e le loro conseguenze.
6) [#OMISSIS#] censura “sulla statuita assenza di qualsivoglia difetto di istruttoria – violazione e falsa applicazione del regolamento didattico di ateneo – eccesso di potere per carenza dei presupposti normativi – erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto – manifesta irragionevolezza ed ingiustizia” l’appellante ha dedotto come non sussista alcuna [#OMISSIS#] legislativa o regolamentare che faccia preciso onere allo studente, che abbia sostenuto un esame universitario con profitto, di accertarsi della sua regolare registrazione e, più in generale, del positivo epilogo della procedura amministrativa di riscontro.
Inoltre, l’appellante rileva come secondo giurisprudenza non possa essere annullato un diploma di laurea per vizi formali e dopo molti anni, qualora la carriera universitaria del suddetto studente sia stata contrassegnata da atti di iscrizione, pagamento di tasse universitarie, sostenimento di esami di profitto, tutti autorizzati dall’Università e come sia incoerente procedere all’annullamento della carriera universitaria, per tali vizi, dopo aver ingenerato un affidamento dello studente sulla sua regolarità.
Ciò tanto più all’esito di un solo rinvio a giudizio senza che sia stata pronunciata una sentenza di condanna.
Le censure sono del tutto infondate, in quanto inconferenti al [#OMISSIS#] di specie.
Il provvedimento gravata ha come presupposto la non veridicità dei verbali di esame, ovverosia la circostanza che gli stessi non siano stati mai sostenuti.
A fonte di ciò del tutto irrilevante risulta la mancanza di un obbligo da parte dello studente di accertarsi della regolare registrazione degli esami, così come del tutto inconferente risulta il principio dell’affidamento a fronte di vizi formali, così come l’assenza di una sentenza penale di condanna, tanto più in quanto l’interessato si è avvalso della prescrizione in sede penale evitando l’accertamento nel merito della commissione del reato.
Nessun affidamento poteva legittimamente formarsi in capo all’appellante a fronte di esami falsamente sostenuti.
7) Per le suesposte ragioni l’appello deve essere rigettato.
Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta al Collegio, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a [#OMISSIS#] dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza [#OMISSIS#], ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 [#OMISSIS#] 2012 n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
Le spese seguono la competenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta e, per l’effetto, conferma la sentenza del
Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Quarta) n. 4902/2016.
Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di lite della fase di appello quantificate in euro 3.000,00, oltre accessori se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità. Così deciso in Roma [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di consiglio del giorno 21 dicembre 2021 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] De [#OMISSIS#], [#OMISSIS#]
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] D'[#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE [#OMISSIS#] D'[#OMISSIS#]
IL [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] De [#OMISSIS#]
In [#OMISSIS#] di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
IL SEGRETARIO
Pubblicato il 10/01/2022