L’impugnazione ad opera del ricorrente del decreto rettorale con il quale sono stati approvati gli atti della procedura concorsuale e, per l’effetto, dichiarato vincitore della procedura il controinteressato, rappresenta di per sé stessa condizione necessaria e sufficiente per ottenere una pronuncia sul merito della fondatezza delle censure dedotte, poiché l’atto di nomina e la presa di servizio, pur se provvedimenti distinti rispetto a quello di approvazione dell’esito della procedura, si fondano per l’appunto su di esso.
Cons. Stato, Sez. VII, 27 maggio 2024, n. 4675
L’interesse a ricorrere è connesso agli esiti della procedura selettiva indipendentemente dal successivo provvedimento di nomina
04675/2024 REG.PROV.COLL.
05211/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5211 del 2023, proposto dal prof. -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Piazza Barberini, 12;
contro
Università degli Studi di Salerno, in persona del Rettore pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
il prof. -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno, Sezione Prima, n. -OMISSIS-/2023
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Salerno;
Visto l’atto di costituzione in giudizio contenente altresì l’appello incidentale del controinteressato prof. -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 marzo 2024 il Cons. OMISSIS e uditi per le parti gli avvocati OMISSIS e OMISSIS;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. È impugnata la sentenza con cui il Tar per la Campania, sezione staccata di Salerno, nell’impugnativa trasposta a seguito di opposizione a ricorso straordinario, concernente la procedura di valutazione comparativa per la copertura di quattro posti di professore di I fascia mediante chiamata ai sensi dell’art. 18, legge n. 240/2010, ha dichiarato la inammissibilità del ricorso principale proposto dall’odierno appellante (secondo classificato) rilevando la mancata impugnazione degli atti finali della procedura selettiva, rappresentati dalla delibera del Consiglio di Dipartimento recante l’individuazione del destinatario della chiamata, la delibera del Consiglio di Amministrazione di approvazione nonché il decreto del Rettore di nomina del docente, e la improcedibilità per sopravvenuto difetto di interesse del ricorso incidentale proposto dall’odierno controinteressato (vincitore della procedura), tuttavia compensando fra le parti le spese di giudizio.
2. Più nello specifico, è accaduto che il Tar adito, nonostante abbia pronunciato un dispositivo di solo rito, ha però sviluppato articolate considerazioni nella direzione, per un verso, dell’accoglimento del primo motivo di ricorso teso a rivendicare la mancata esclusione del controinteressato sul rilievo della sua ritenuta posizione di incompatibilità personale in quanto professore appartenente al Dipartimento deliberante l’indizione della procedura, indipendentemente dal fatto che il medesimo non aveva preso parte alla deliberazione in questione; e, per un altro verso, in quella del rigetto del ricorso incidentale «in quanto i giudizi formulati, pur evidenziando le criticità riportate (idonee a giustificare la posizione deteriore in graduatoria) e nella consapevolezza delle stesse, esprimono comunque un giudizio complessivamente positivo, considerando il candidato “in condizione di partecipare pienamente la presente procedura di valutazione”; tale giudizio conclusivo non appare illogico in quanto, in una valutazione globale del candidato, eventuali punti deboli non possono di per sé essere ritenuti idonei a inficiare un giudizio di generale idoneità».
3. Secondo l’appellante principale, la sentenza in questione merita anzitutto di essere riformata con riferimento al capo concernente la declaratoria di inammissibilità del ricorso principale.
Ove tale motivo sia accolto, non potrà che derivare poi, a suo parere, l’immediato e automatico accoglimento del ricorso introduttivo del giudizio, avendo il primo giudice già positivamente scrutinato la prima delle censure ivi formulate e, al contempo, escluso la fondatezza del ricorso incidentale, con statuizioni contenute in capi autonomi della sentenza.
Ad ogni modo, l’appellante principale ripropone pure tutti i restanti motivi rimasti assorbiti, sebbene graduando diversamente l’ordine delle questioni, e così i motivi dal quinto all’ottavo (V. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 L. n. 241/1990 e del Regolamento per il reclutamento dei professori e dei ricercatori dell’Università di Salerno. Eccesso di potere per violazione del bando di cui al DR n. 8434/2018, per difetto di istruttoria, carenza di motivazione, disparità di trattamento, manifesta illogicità, contraddittorietà, ingiustizia grave e manifesta, arbitrarietà e travisamento dei fatti. VI. Violazione dell’art. 8 del Regolamento per il reclutamento dei professori e dei ricercatori, del bando e del verbale del 15/04/2019. Eccesso di potere. Difetto di motivazione. VII. Sotto altro profilo violazione dell’art. 8 del Regolamento per il reclutamento dei professori e dei ricercatori, del bando di cui al DR 8434/2018 e del verbale del 15/04/2019. Eccesso di potere per contraddittorietà, difetto dei presupposti, disparità di trattamento. Difetto di motivazione. VIII. Sotto altro profilo violazione dell’art. 8 del Regolamento per il reclutamento dei professori e dei ricercatori, del bando di cui al DR 8434/2018 e del verbale del 15/04/2019. Eccesso di potere per contraddittorietà, difetto dei presupposti, disparità di trattamento. Difetto di motivazione).
Poi i motivi dal secondo al quarto (II. Violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 3, l. 190/2012. Eccesso di potere per violazione delle precisazioni del Piano Nazionale Anticorruzione e dell’Atto di Indirizzo del MIUR prot. n. 39 del 14/05/2018. Sviamento. III. Violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 3, l. 190/2012. Eccesso di potere per violazione delle precisazioni del Piano Nazionale Anticorruzione e dell’Atto di Indirizzo del MIUR prot. n. 39 del 14/05/2018 sotto altro profilo. Sviamento. IV. Eccesso di potere per difetto di motivazione e per eccesso di potere per sviamento di potere e violazione del principio di proporzionalità. Difetto di istruttoria).
Inoltre, a fini tuzioristici, il primo motivo (I. Violazione dell’art. 18, primo comma, lett. B), ultimi periodo, della Legge n. 240 del 30.12.2010, degli artt. 3 e 97 Cost. e dei principi fondamentali di buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa ed in materia di incompatibilità e conflitto di interessi).
Infine, l’appellante ripropone anche la domanda di risarcimento dei danni subiti “corrispondenti a tutti gli stipendi non percepiti, e/o comunque alle differenze retributive rispetto a quelli percepiti, a partire dall’1 settembre 2019, ovverosia dalla data in cui il ricorrente avrebbe avuto diritto alla chiamata in servizio”.
4. Di contro, l’appellante incidentale, oltre ad insistere sulla infondatezza dell’appello, ripropone anch’esso la propria impugnativa incidentale volta ad ottenere l’esclusione del ricorrente dalla procedura, ribadendo la tesi secondo cui le sue pubblicazioni non sarebbero in linea con i criteri individuati dalla procedura (in particolare, le pubblicazioni non sarebbero né originali, né innovative; inoltre, non presenterebbero il rigore metodologico richiesto dalle metodologie comparativistiche, oltre a non avere particolare rilevanza e non essendo neppure pienamente congruenti con il settore scientifico disciplinare IUS/02 – Diritto privato comparato, di cui alla procedura valutativa, essendo più prossime al diritto privato europeo).
5. L’Università degli Studi di Salerno si è costituita in giudizio e ha insistito anch’essa per la reiezione del gravame principale.
6. Le parti hanno ulteriormente insistito sulle rispettive tesi difensive mediante il deposito di documenti, di memorie integrative e di memorie di replica.
7. Alla udienza pubblica del 26 marzo 2024, la causa è passata in decisione.
8. L’appello principale è fondato limitatamente alla prima censura con cui si contesta l’ingiusta declaratoria in rito della inammissibilità del ricorso principale in ragione della mancata impugnazione degli atti finali della procedura selettiva, mentre per la restante parte è infondato.
9. Quanto al primo profilo, il Collegio è consapevole dell’esistenza di un indirizzo esegetico seguito dalla giurisprudenza amministrativa e, in questo specifico caso, anche dal Tar adito, secondo cui la mancata impugnazione degli atti finali della procedura si presta ad essere letta nel senso di un disinteresse sostanziale manifestato dal ricorrente avverso l’altrui effettiva presa di servizio, con conseguente venir meno, sul piano processuale, dell’interesse a ricorrere avverso gli atti a monte della procedura, e cioè la nomina della Commissione esaminatrice, l’attività dalla stessa compiuta e i relativi esiti.
Senonché, il Collegio evidenzia che nella giurisprudenza amministrativa esiste anche un diverso indirizzo, che parrebbe anzi avere maggiore seguito, alla stregua del quale, nonostante il fatto che il provvedimento conclusivo della procedura debba essere certamente individuato nella delibera di approvazione del Consiglio di Amministrazione, ciò tuttavia non è in grado di incidere, sul versante processuale, nel senso di ritenere che la procedibilità del giudizio principale dipenda in senso logico-giuridico dall’impugnazione anche di tale atto (sul nesso di presupposizione v. fra le tante Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 28 maggio 2021, n. 4130).
Va difatti rilevato che l’impugnazione ad opera del ricorrente del decreto rettorale con il quale sono stati approvati gli atti della procedura concorsuale e, per l’effetto, dichiarato vincitore della procedura il controinteressato, rappresenta di per sé stessa condizione necessaria e sufficiente per ottenere una pronuncia sul merito della fondatezza delle censure dedotte, poiché l’atto di nomina e la presa di servizio, pur se provvedimenti distinti rispetto a quello di approvazione dell’esito della procedura, si fondano per l’appunto su di esso.
Deve quindi anche in questa sede ribadirsi il principio secondo cui “l’interesse è connesso agli esiti della procedura selettiva indipendentemente dal successivo provvedimento di nomina, atto autonomo rispetto al quale l’esito della procedura selettiva costituisce un presupposto che non viene messo in discussione (Cons. di Stato, sez. VII, n. 8800/2022). Si tratta di un nesso di presupposizione immediato, diretto e necessario, per cui l’annullamento del provvedimento di approvazione dell’esito della procedura esplica sugli atti successivi un’efficacia caducante in ossequio al principio simul stabunt simul cadent.” (ex multis, Consiglio di Stato, VII, n. 2175/2024 e n. 4068/2023).
10. Dall’accoglimento del primo motivo di appello deriva, come si è poc’anzi detto, la necessità di esaminare tutti gli altri motivi riproposti per l’effetto devolutivo dell’appello.
11. Sotto questo profilo, va anzitutto respinto il motivo con cui si deduce che non sarebbe necessario esaminare il primo motivo di ricorso originario, difatti riproposto solo per ultimo in questo grado – si afferma – a fini tuzioristici.
Sulla base della piana lettura della sentenza impugnata è infatti incontrovertibile e comunque acclarato per tabulas il fatto che il contenuto dispositivo della medesima si è attestato su una declaratoria in rito.
Ciò significa che qualsivoglia dissertazione del primo giudice in ordine alla verosimile fondatezza o meno, a suo giudizio, del primo motivo di ricorso principale, come anche dell’intero ricorso incidentale, non si è ‘calata’ in un capo autonomo di sentenza suscettibile di passare in cosa giudicata, con conseguente sua irrilevanza (se non incidenter tantum) e incapacità assoluta di rappresentare sia una regula iuris per definire o regolare anche in via conformativo il rapporto giuridico tra le parti, sia un vincolo o criterio di giudizio per orientare l’attività di qualificazione dei fatti e di interpretazione delle norme che spetta esclusivamente a questo giudice esercitare.
Né si opponga che siccome non vi è stato sul punto appello incidentale del controinteressato, allora le considerazioni espresse dal primo giudice vincolerebbero le parti e perfino questo giudice di appello: è difatti evidente come tale pretesa sia del tutto avulsa dalle regole che governano la formazione del giudicato, suscettibile di divenire tale, e quindi di essere opposto, alle parti così come ai loro aventi causa, in questo come in altri giudizi, solo ed esclusivamente se contenuto in una statuizione formale, non potendo mere considerazioni –peraltro espresse in assenza di totale assunzione di responsabilità derivante dal pronunciamento delle cd. ‘formule dispositive’ assurgere a fonte di obblighi giuridici vincolanti.
Da qui, l’infondatezza della pretesa del ricorrente ad ottenere che questo giudice accerti e dichiari che, per effetto delle considerazioni espresse dal primo giudice sulla prima censura del ricorso originario, il controinteressato sia, sia stato o dovrà essere escluso dalla partecipazione alla procedura per ragioni di incompatibilità personali.
12. In ordine logico, va dunque esaminato per primo l’ultimo motivo di appello concernente la pretesa incandidabilità del controinteressato alla procedura così indetta, ai sensi dell’art. 18, comma 1, lettera b), legge n. 240/2010.
Ritiene il Collegio che la censura sia infondata.
La disposizione prevede che “ai procedimenti per la chiamata, di cui al presente articolo, non possono partecipare coloro che abbiano un grado di parentela o di affinità, fino al quarto grado compreso, con un professore appartenente al dipartimento o alla struttura che effettua la chiamata ovvero con il rettore, il direttore generale o un componente del Consiglio di amministrazione dell’ateneo”.
La giurisprudenza è unanime nel ritenere che il “principio assiologico” su cui riposa detta norma è ravvisabile nell’esigenza di evitare condizionamenti dell’organo della struttura che effettua la selezione.
Tale assioma, ad avviso del Collegio, va certamente ribadito, non essendovi dubbio alcuno che occorra sempre evitare rispetto all’azione amministrativa in generale, e dunque non solo nella materia dei concorsi pubblici, l’indebito condizionamento dell’organo responsabile, proprio per attuare i principi, anche costituzionali, della imparzialità e del buon andamento. Occorre però comprendere in qual modo debba essere declinato, in concreto, il principio contenuto nella succitata norma, dal momento che la medesima non si riferisce, testualmente, all’incandidabilità dei professori appartenenti al medesimo Dipartimento che ha deliberato la chiamata, ma regola la posizione di coloro che, estranei, hanno rapporti di parentela o affinità con chi, a vario titolo, presta servizio presso l’Ateneo (professore appartenente al dipartimento o alla struttura che effettua la chiamata ovvero rettore, direttore generale o componente del Consiglio di amministrazione).
Secondo il Tar Salerno, dalla disposizione in commento deve necessariamente trarsi la conclusione che un professore associato non possa mai partecipare ai procedimenti per la chiamata a professore ordinario banditi dal Dipartimento al quale appartiene, indipendentemente dal fatto che egli abbia o non abbia partecipato alla deliberazione prodromica all’indizione del bando concorsuale, in quanto deve darsi peso esclusivamente al fatto dell’appartenenza in sé del professore al Dipartimento e, dunque, all’organo che ha manifestato la volontà di indire il concorso a chiamata. Nell’affermare ciò, il primo giudice cita a sostegno del proprio ragionamento la sentenza n. 447 del 18 gennaio 2019 della Sezione VI di questo Consiglio di Stato.
Senonché, tiene a precisare anzitutto il Collegio che tale pronunciamento non ha valore di precedente né specifico, né conforme, ai sensi degli artt. 74, comma 1 e 88, comma 2, lett. d) c.p.a., rispetto alla controversia che ci occupa, per l’evidente differenziazione in fatto: nel caso esaminato dalla Sezione VI, infatti, il candidato ritenuto incompatibile o incandidabile non era un professore del Dipartimento, ma era addirittura un membro del Consiglio di Amministrazione che aveva deliberato l’indizione della procedura di concorso; il caso che ci occupa, invece, si situa esattamente all’opposto, in quanto il controinteressato fa parte del Dipartimento, ma non è un membro del Consiglio di Amministrazione, né in alcun modo ha preso parte al deliberatum.
Ad avviso del Collegio, non sussistono dunque le condizioni per potere anche solo adombrare il dubbio che il controinteressato versi in ragione della propria qualità personale in condizione di incandidabilità, in quanto la lettera dell’art. 18 vieta solo a coloro che abbiano un grado di parentela o di affinità, fino al quarto compreso, con un professore appartenente al dipartimento o alla struttura che effettua la chiamata ovvero con il rettore, il direttore generale o un componente del consiglio di amministrazione dell’ateneo la partecipazione alla procedura.
Ma in questo caso, all’evidenza, il controinteressato non è parente o affine di alcuna delle figure soggettive menzionate (professore appartenente al Dipartimento che effettua la chiamata, rettore, direttore generale o componente del consiglio di amministrazione).
Né può essergli ascritta una posizione di incompatibilità personale, che opera cioè direttamente senza il tramite del rapporto personale di parentela o affinità previsto dalla norma in commento, in quanto occorre considerare il quadro normativo nel suo complesso.
Anzitutto, può condividersi la tesi dell’Ateneo secondo cui la successiva lett. e), del comma 1, del citato art. 18, nello stabilire che il regolamento di Ateneo debba prevedere che la proposta di chiamata sia approvata “con voto favorevole della maggioranza assoluta dei professori di prima fascia per la chiamata di professori di prima fascia, e dei professori di prima e di seconda fascia per la chiamata dei professori di seconda fascia”, contempla un meccanismo di sterilizzazione del conflitto di interessi (e cioè la preclusione del voto dei professori associati per la chiamata dei professori ordinari) che per l’appunto si spiega in quanto la norma presuppone l’ammissibilità della progressione di carriera.
Va poi menzionato il comma 4 dell’art. 18, della legge n. 240/2010, che prevede che ciascuna università statale, nell’ambito della programmazione triennale, vincola le risorse corrispondenti ad almeno un quinto dei posti disponibili di professore di ruolo alla chiamata di coloro che nell’ultimo triennio non hanno prestato servizio, o non sono stati titolari di assegni di ricerca ovvero iscritti a corsi universitari nell’università stessa.
Proprio la legge quindi, e proprio nella norma che disciplina le incandidabilità (l’art. 18), prevede procedure che sono riservate ai soli docenti esterni e che sono precluse a quelli interni: una simile previsione non avrebbe senso se questi ultimi versassero già in condizione di incandidabilità, per essere afferenti al Dipartimento che bandisce la procedura.
Inoltre, va considerato l’art. 24 sempre della stessa legge, che al comma 6 stabilisce che la procedura di cui al comma 5 (e cioè, la procedura valutativa) può essere utilizzata per la chiamata nel ruolo di professore di prima e seconda fascia di professori di seconda fascia e ricercatori a tempo indeterminato in servizio nell’università medesima, che abbiano conseguito l’abilitazione scientifica di cui all’articolo 16.
Le procedure valutative – cui pure si applicano le incandidabilità sancite con disposizione generale dall’art. 18, comma 1 lett. b) – sono riservate a professori interni. Da ciò può trarsi la considerazione secondo cui per questi ultimi non sussiste alcuna generale e generica incompatibilità, visto che, diversamente opinando, ad esse non potrebbe di fatto partecipare alcun docente.
Infine, in termini generali, va ricordato come la Corte costituzionale con la sentenza n. 78 del 2019 nel pronunciarsi sulla questione di legittimità dell’art. 18 della legge 240 del 2010, ha espressamente riconosciuto come legittime le prospettive future di carriera dei docenti interni e ha conseguentemente evidenziato come, in un’ottica di bilanciamento tra opposte esigenze, la finalità di garantire l’imparzialità, la trasparenza e la parità di trattamento nelle procedure selettive del personale docente richiede di rivolgersi a meccanismi meno gravosi rispetto a quello dell’incandidabilità ed è “nell’art. 51 cod. proc. civ. [che] è stata individuata l’espressione dell’obbligo costituzionale d’imparzialità nelle procedure di accesso all’impiego pubblico”.
In definitiva, ritiene il Collegio che la norma sulle incandidabilità sia funzionale a prevenire le situazioni reali o anche solo potenziali di conflitto di interessi, ma che la stessa non si possa comunque sottrarre al necessario coordinamento con il resto della normativa di settore, dal momento che se è la stessa legge a prevedere procedure di concorso riservate, rispettivamente, a professori esterni (art. 18, comma 4) e a professori interni (art. 24, comma 6), deve allora dedursi che alle altre procedure (cioè, quelle “non riservate”) siano ammessi a partecipare tanto i docenti esterni, tanto quelli interni, purché gli stessi non versino in oggettiva, personale, situazione di incompatibilità (tale sarebbe il caso, ad esempio, del docente interno che partecipi alla deliberazione della chiamata).
13. Pure infondate sono tutte le altre censure riproposte.
13.1. In particolare, non è fondata la censura che lamenta la violazione dell’art. 1, comma 3, della legge n. 190/2012 con riferimento alla composizione della Commissione, che deve dunque considerarsi legittimamente costituita con un membro interno e con due membri esterni estratti a sorte tra i professori ordinari sorteggiabili.
In particolare, nel prevedere il principio della collegialità (tre componenti), unitamente a quello della maggioranza dei componenti esterni rispetto al membro interno, il regolamento di Ateneo appare del tutto conforme alla legge, non essendo affatto travalicati i limiti sottostanti all’autonomia universitaria. Inoltre, il ricorrente non sembra considerare il valore giuridico dell’atto – il piano nazionale anticorruzione – rispetto al quale parametra l’esercizio della discrezionalità amministrativa, trattandosi di atto giuridico privo di natura normativa e quindi inidoneo a derogare o sostituire la legge o il regolamento di Ateneo. Se dunque va riconosciuto a tale atto e, più in generale, agli atti di indirizzo e di coordinamento del MUR, la funzione di fornire indirizzi operativi alle Università anche in un’ottica programmatica e di incentivazione all’adozione delle migliori prassi, è altrettanto indubbio però che la legittimità amministrativa va verificata alla luce del quadro normativo vigente, nel caso all’esame pienamente osservato.
13.2. Non è poi fondata la specifica censura mossa alla scelta dell’Amministrazione di nominare in Commissione un docente che avrebbe già preso parte a più di tre procedure concorsuali nello stesso anno in cui si è svolta la selezione per cui è causa. Ribadito quanto poc’anzi osservato circa il valore giuridico da riconoscersi al PNA, va comunque sia considerato che il principio della rotatività va declinato in concreto, nell’ordinario esercizio dell’attività amministrativa, tenendo conto che non sempre è possibile osservare la migliore delle pratiche possibili avuto riguardo al numero, spesso ridotto, dei professori di I fascia che si occupano del settore scientifico disciplinare specifico oggetto di bando. Ad ogni modo, non può non evidenziarsi che l’appellante non ha mai finora contestato né ricusato nei termini di legge i componenti della Commissione giudicatrice, con conseguente assenza di pregiudizio in concreto.
13.3. Possono invece esaminarsi congiuntamente le riproposte censure dalla quinta all’ottava del ricorso originario, concernenti le valutazioni della Commissione.
Si tratta, ad avviso del Collegio, di censure da respingersi in toto, sia perché in parte sollecitano un sindacato giurisdizionale sull’attività valutativa della Commissione che va ben oltre i casi della manifesta illogicità o della abnormità, sconfinando quindi in un inammissibile esame del merito dell’esercizio della discrezionalità amministrativa (in particolare, si tratta delle riserve espresse dai Commissari circa la completa attinenza del suo curriculum al settore concorsuale in questione); sia in quanto, in concreto, l’operato della Commissione è stato in effetti improntato all’assoluto rispetto dei criteri di valutazione e di giudizio previsti.
In particolare, la Commissione ha preso in esame le attività didattiche, i curricula e le pubblicazioni dei candidati, soffermandosi sull’esame integrale di ciascuno di essi e applicando ad entrambi il metodo, pacificamente riconosciuto come legittimo dall’indirizzo consolidato della giurisprudenza amministrativa, della valutazione globale.
La Commissione ha poi ampiamente dato conto delle motivazioni che hanno portato a preferire il controinteressato.
Né può essere apprezzato l’assunto del ricorrente secondo cui la Commissione avrebbe dovuto attribuire singoli valori numerici a ciascun criterio di giudizio. Di recente, la Sezione, con la sentenza n. 3658 del 27 febbraio 2024, ha escluso l’obbligo per le Commissioni di concorso di “specificazione di relativi pesi e sottopesi”, non potendosi escludere che il favorire, anzi, un tale sistema, potrebbe arrecare un serio vulnus alla par condicio dei candidati, consentendo alla discrezionalità amministrativa di espandersi fino al punto di approdare, attraverso la incontrollata moltiplicazione di pesi e sottopesi, a giudizi soggettivi, personalistici e opinabili per favorire un candidato a scapito di un altro.
Inoltre, non è condivisibile la considerazione del ricorrente che fa discendere l’illegittimità dell’attività della Commissione dal fatto che essa si sarebbe limitata ad esprimere un giudizio sui candidati singolarmente intesi e non abbia proceduto anche ad una valutazione comparativa su ognuno dei giudizi così espressi, essendo il raffronto il momento culminale del giudizio finale di idoneità, non quello prodromico della valutazione dei singoli profili.
L’indirizzo oramai consolidato della giurisprudenza amministrativa converge proprio in questa direzione, essendosi più volte riaffermato il principio della contestualità sintetica della valutazione globale (Cons. Stato, sez. VI, 10 dicembre 2012, n. 6298).
Né sono fondate le obiezioni con cui il ricorrente si duole che talune sue attività svolte non sarebbero state considerate dalla Commissione (ad esempio, quella di Direttore di una struttura presso l’Università di -OMISSIS-). Piuttosto, va rilevato come il ricorrente non consideri che l’attività è stata sottoposta a giudizio, semplicemente, è stata ritenuta dalla Commissione non pertinente o comunque ‘non centrata’ rispetto al settore scientifico disciplinare previsto dal bando, con la conseguenza che non è corretto affermare che la valutazione sia stata pretermessa.
A conferma di tale conclusione non va peraltro sottaciuto che, come emerge dalla delibera del CDA della Università di Roma La Sapienza del -OMISSIS-.2019, il ricorrente è stato chiamato presso detto Ateneo quale professore associato nel settore scientifico 12\E4 (settore disciplinare IUS 14 e cioè Diritto dell’Unione Europea), là dove il concorso di cui qui si discute è relativo al settore scientifico 12\E1 (diritto comparato) e il profilo richiesto attiene al settore disciplinare IUS\02 (diritto privato comparato).
14. L’appello incidentale, con cui sono state invece riproposte le censure avverso i giudizi individuali e collettivi espressi dalla Commissione relativamente alla produzione scientifica del ricorrente, va di conseguenza dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, non potendo il controinteressato, una volta che sia confermata la legittimità della sua nomina, ritrarre alcuna utilità meritevole di tutela dall’accertamento della eventuale inidoneità del ricorrente.
Valgono in ogni caso, anche in riferimento all’originario ricorso incidentale, per il quale pure sono state espresse in sentenza considerazioni di merito esulanti dal contenuto del dispositivo di solo rito, le medesime motivazioni già illustrate in relazione alla prima censura del ricorso originario, ossia la assoluta incapacità delle affermazioni sì manifestate di calarsi in un capo autonomo di sentenza suscettibile di passare in giudicato.
15. Le spese del doppio grado possono compensarsi attesa la complessità delle questioni all’esame.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto:
accoglie il primo motivo dell’appello principale e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiara ammissibile il ricorso principale;
respinge tutti i restanti motivi di appello principale ripropositivi delle corrispondenti censure di primo grado;
dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse l’appello incidentale;
compensa integralmente fra tutte le parti le spese del doppio grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Vista la richiesta dell’interessato e ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, comma 1, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti e della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità, nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare l’appellante principale e quello incidentale.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 marzo 2024 con l’intervento dei magistrati:
OMISSIS, Presidente
OMISSIS, Consigliere
OMISSIS, Consigliere, Estensore
OMISSIS, Consigliere
OMISSIS, Consigliere
L’Estensore OMISSIS
Il Presidente OMISSIS
Pubblicato il 27 maggio 2024