Al fine di affermare la sussistenza di una “inimicizia” tra candidato e commissario assumono rilevanza le sole condotte tenute da quest’ultimo che disvelino un atteggiamento di sfavore nei confronti del candidato, mentre un tale coefficiente soggettivo non può ritenersi provato sulla base di condotte unilaterali tenute dal candidato, ciò che consentirebbe strumentalizzazioni volte alla “scelta” del valutatore più gradito da parte del soggetto valutato.
TAR Piemonte, Sez. III, 18 gennaio 2025, n. 131
Soltanto in presenza di atteggiamenti di sfavore nei confronti del candidato può ritenersi sussistente un'inimicizia tra quest'ultimo e un commissario
00131/2025 REG.PROV.COLL.
00218/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 218 del 2024, proposto da
OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avvocati OMISSIS e OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Università degli Studi di Torino, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati OMISSIS e OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
OMISSIS, rappresentata e difesa dagli avvocati OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS e OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l’annullamento
Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:
a) del decreto del Rettore dell’Università degli Studi di Torino 19.12.2023 n. 6943 di approvazione degli atti di rinnovazione per la selezione pubblica di n. 1 professore universitario di prima fascia da coprire mediante chiamata per il settore concorsuale 10/F2, settore scientifico disciplinare L-FIL-LETT/11 “Letteratura italiana contemporanea”;
b) della deliberazione del Consiglio di Dipartimento degli Studi Umanistici del 10.11.2023 che designa il prof. OMISSIS in sostituzione del prof. OMISSIS;
c) del decreto del Rettore dell’Università degli Studi di Torino 20.11.2023 di integrazione della Commissione giudicatrice;
d) del verbale della prima riunione della Commissione giudicatrice del 5.12.2023;
e) del verbale della seconda riunione della Commissione giudicatrice del 13.12.2022;
f) della relazione finale della Commissione giudicatrice del 14.12.2023;
g) della deliberazione (non nota) del Consiglio di Dipartimento di Studi umanistici del 19.12.2023 contenente la proposta di chiamata della professoressa OMISSIS;
h) della deliberazione (non nota) del Consiglio di Amministrazione dell’Università degli Studi di Torino di approvazione della proposta del Consiglio di Dipartimento di Studi umanistici della chiamata della professoressa OMISSIS;
di tutti gli atti antecedenti, preordinati, preparatori, presupposti e comunque connessi.
Per quanto riguarda il ricorso incidentale presentato da OMISSIS il 3/5/2024:
– del Decreto Rettorale n. 6943 del 19/12/2023, con cui sono stati approvati gli atti della procedura, nella parte in cui non è stata disposta l’esclusione del Prof. OMISSIS OMISSIS;
– del verbale di gara n. 2 del 13/12/2023 afferente all’analisi dei titoli e delle pubblicazioni, nella parte in cui non è stata disposta l’esclusione del Prof. OMISSIS OMISSIS nonché nella parte in cui la commissione esaminatrice ha errato nell’attribuire al Prof. OMISSIS OMISSIS i punteggi relativi all’attività didattica;
– della scheda valutativa allegata al verbale di gara n. 2 del 13/12/2023, nella parte in cui la Commissione ha annoverato tra i titoli ritenuti significativi ai fini della valutazione del Prof. OMISSIS OMISSIS l’insegnamento “2018-2019/oggi corso di Metodi e strumenti per la didattica della letteratura italiana (6 CFU) per il corso di laurea di laurea magistrale in Letteratura, Filologia e Linguistica italiana dell’Università di Torino”;
– del verbale di gara n. 1 del 05/12/2023, della relazione finale della Commissione del 14/12/2023, del verbale n. 37/2023 in data 20/12/2023 del Consiglio di Dipartimento di UNITO, della Deliberazione del C.d.A. di UNITO in data 21/12/2023 e del Decreto Rettorale n. 7040/2023 in data 22/12/2023, nella parte in cui non hanno disposto l’esclusione del Prof. OMISSIS OMISSIS;
– di ogni altro atto presupposto, antecedente e conseguente ove interpretato in senso difforme da quanto in questa sede argomentato;
e per la conseguente condanna dell’Università degli Studi di Torino: in via principale, a disporre l’estromissione/esclusione del Prof. OMISSIS OMISSIS dalla procedura selettiva, in accoglimento del motivo I di ricorso incidentale, in via di subordine, nella denegata e non creduta ipotesi in cui non venisse accolto il motivo I di ricorso incidentale e ove fosse accolto il ricorso principale, rinnovare il procedimento di valutazione del curriculum vitae del Prof. OMISSIS OMISSIS, tenendo in considerazione quanto esposto nel secondo motivo del presente ricorso incidentale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Torino e di OMISSIS;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 gennaio 2025 il dott. OMISSIS e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso ritualmente notificato e regolarmente depositato presso la Segreteria del T.A.R. Piemonte il prof. OMISSIS OMISSIS impugnava gli atti indicati in epigrafe, relativi ad una selezione pubblica attivata dall’Università degli Studi di Torino per la nomina di un professore universitario di prima fascia per il settore concorsuale 10/F2, settore scientifico disciplinare L-FIL-LETT/11 “Letteratura italiana contemporanea”. All’esito della procedura veniva dichiarata vincitrice la prof. OMISSIS.
Gli atti oggetto di impugnazione costituiscono esito della rinnovazione della procedura selettiva a seguito della pronuncia del T.A.R. Piemonte n. 830 del 2023, la quale ha annullato l’atto di nomina della commissione giudicatrice “con riferimento alla posizione del prof. OMISSIS”, determinando la caducazione di tutti gli atti successivi della selezione.
Gli atti venivano impugnati sulla base dei seguenti motivi, così formulati nel ricorso:
1. Illegittimità della decisione dell’università degli studi di Torino di sostituire il solo membro della precedente commissione giudicatrice illegittimamente nominato, anziché di procedere alla nomina di una nuova commissione: violazione di legge in relazione all’art. 97 Cost. e dei principi di imparzialità e di buona amministrazione.
2. Illegittimità dei lavori della commissione giudicatrice perché essa ha iniziato e concluso le operazioni prima della scadenza del termine per la presentazione delle istanze di ricusazione dei componenti della commissione stessa da parte di candidati e del decreto del rettore di approvazione degli atti della procedura concorsuale: violazione di legge in relazione agli artt. 9 d. l. 21.4.1995 n. 120, convertito, con modificazioni, in l. 21.6.1995 n. 236 e 3 DPR 23.3.2000 n. 117.
3. Illegittimità della deliberazione della commissione giudicatrice del 5.12.2023 di determinazione dei criteri di giudizio perché nella relativa seduta non era presente un componente della commissione stessa: violazione di legge in relazione all’art. 6 del «regolamento per la disciplina delle chiamate di professori di prima e seconda fascia e di ricercatori a tempo determinato ai sensi della legge 30 dicembre 2010, n. 240» dell’università degli studi di Torino nonché dei principi che conformano l’agire dei collegi perfetti.
4. Illegittimità del giudizio della commissione giudicatrice perché palesemente parziale e orientato a confermare le valutazioni della commissione precedente: violazione di legge in relazione all’art. 97 Cost. violazione dei principi di imparzialità e di buona amministrazione.
5. Illegittimità del giudizio della commissione giudicatrice perché irragionevole e illogico: violazione di legge in relazione all’art. 97 Cost. violazione dei principi di ragionevolezza e logicità.
Si costituivano in giudizio parte resistente Università degli Studi di Torino e parte controinteressata prof. OMISSIS con comparsa di stile per resistere al ricorso.
Con successiva memoria parte resistente eccepiva, in rito, l’inammissibilità del ricorso per mancata impugnazione di atti autonomamente lesivi, successivi a quelli impugnati (in particolare, l’atto mediante il quale veniva rigettata l’istanza di ricusazione dei commissari presentata dal ricorrente e l’atto di nomina della controinteressata). Nel merito, la resistente contestava la fondatezza dei motivi di ricorso formulati dal ricorrente.
Analogamente, parte controinteressata, con successiva memoria, eccepiva l’inammissibilità del ricorso per omessa impugnazione dei summenzionati atti, contestandone anche la fondatezza nel merito.
Con ricorso incidentale, ritualmente notificato e regolarmente depositato presso la Segreteria del T.A.R. Piemonte, la controinteressata prof. OMISSIS impugnava gli atti della procedura selettiva, nella parte in cui non veniva disposta l’esclusione del ricorrente.
In particolare gli atti, meglio indicati in epigrafe, venivano impugnati per i seguenti motivi, così formulati nel ricorso:
1. Violazione dell’art. 18 L. 240/2010, degli artt. 46, 47, 75 e 76 D.P.R. n. 445/2000, degli artt. 1 e 3 L. 241/1990 e dell’art. 4 Bando di concorso. Eccesso di potere per travisamento dei fatti e difetto dei presupposti, difetto di istruttoria e carenza di motivazione.
2. Violazione degli artt. 3 e 97 Cost., dell’art. 18 L. 240/2010, dell’art. 8 del Bando. Contrasto con i criteri individuati nel Verbale n. 1 del 05/12/2023. Violazione dei principi di autovincolo, par condicio competitorum, non discriminazione. Eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di istruttoria e difetto e/o insufficienza di motivazione.
Con successiva memoria parte ricorrente eccepiva l’inammissibilità del ricorso incidentale in quanto rivolto avverso atti divenuti inoppugnabili poiché non coinvolti nella declaratoria di annullamento contenuta nella sentenza n. 830 del 2023.
All’odierna udienza le parti insistevano nelle rispettive conclusioni ed il Collegio tratteneva la causa in decisione.
DIRITTO
È necessario muovere dallo scrutinio circa l’ammissibilità e fondatezza del primo motivo di ricorso incidentale, dotato di connotazione “escludente” in quanto volto a censurare la mancata esclusione del prof. OMISSIS OMISSIS dalla procedura selettiva. L’accoglimento di tale motivo di ricorso incidentale, infatti, determinerebbe la doverosa esclusione del ricorrente dalla procedura selettiva, con la logica conseguenza della declaratoria di inammissibilità del ricorso principale per carenza di interesse. Diversamente, con riferimento al secondo motivo, poiché mediante lo stesso viene censurata, nel merito, la valutazione dei titoli del ricorrente operata dalla commissione, in assenza di connotazione “escludente” l’esame può essere svolto unitamente allo scrutinio di fondatezza delle censure, svolte nel ricorso principale, con le quali viene lamentata l’illegittimità dell’assegnazione dei punteggi da parte della commissione.
In rito, in relazione al primo motivo del ricorso incidentale, va presa in esame l’eccezione di inammissibilità sollevata dal ricorrente. In particolare, il prof. OMISSIS OMISSIS evidenzia come il ricorso incidentale abbia ad oggetto un profilo (la non esclusione del ricorrente), ormai divenuto inoppugnabile, in quanto non censurato entro il termine di decadenza decorrente dall’adozione degli atti dell’originaria procedura selettiva, poi caducati in via conseguenziale rispetto alla pronuncia di annullamento dell’atto di nomina della commissione. Poiché tale pronuncia non ha avuto ad oggetto la legittimità della partecipazione del ricorrente alla selezione (non censurata in quella sede dalla controinteressata), secondo l’argomentazione del prof. OMISSIS OMISSIS tale profilo non potrebbe essere più posto in discussione in sede di riedizione della procedura.
L’eccezione è fondata.
Infatti, seppure gli atti relativi alla valutazione dei candidati siano stati travolti in via derivata rispetto all’annullamento dell’atto di nomina della commissione, così non può dirsi in relazione al mancato esercizio del potere di esclusione dei partecipanti, atteso che tale potere va allocato non in capo alla commissione valutatrice (ciò che consentirebbe l’operatività dell’effetto caducante derivante dal giudicato), bensì agli organi che hanno indetto e che gestiscono dal punto di vista amministrativo la procedura selettiva.
In questo senso depone, peraltro, la stessa disciplina delineata dalla lex specialis laddove, all’art. 6, è previsto che “I/Le candidati/e sono ammessi/e con riserva alla procedura selettiva: l’Amministrazione può disporre in ogni momento l’esclusione con motivato provvedimento”. Il chiaro riferimento letterale alla “Amministrazione” come soggetto titolare del potere di esclusione consente di escludere che lo stesso possa essere esercitato dalla commissione, anche tenuto conto (sulla base del criterio sistematico di interpretazione) che laddove l’amministrazione (in sede di adozione del bando) ha voluto far riferimento a quest’ultima lo ha fatto in modo espresso, come nel successivo art. 7 (la cui collocazione topografica, subito successiva all’art. 6, rafforza la conclusione già imposta dai criteri esegetici letterale e sistematico).
Dunque, poiché la sentenza del T.A.R. n. 830 del 2023 non ha in alcun modo riguardato la valutazione amministrativa relativa alla sussistenza di cause di esclusione dei candidati (esulando essa dalle competenze della commissione valutatrice), deve ritenersi che tale profilo del complessivo rapporto di diritto pubblico si sia consolidato e non sia più deducibile all’interno di censure caducatorie.
Il primo motivo di ricorso incidentale va pertanto ritenuto inammissibile in quanto volto a censurare determinazioni amministrative ormai definitive, atteso che nella presente sede processuale non può essere posta in discussione (mentre potrà, se del caso, essere valutata in sede amministrativa) l’ammissione del prof. OMISSIS OMISSIS alla procedura selettiva.
Ciò posto, può procedersi all’esame del ricorso principale.
Sempre in via preliminare, vanno prese in esame le eccezioni di inammissibilità sollevate dalla resistente e dalla controinteressata.
In particolare, l’inammissibilità del ricorso viene fondata sulla mancata impugnazione dei seguenti atti, di cui la resistente e la controinteressata prospettano l’autonoma lesività:
– l’atto con il quale, successivamente al decreto rettorale di approvazione degli atti della selezione (vedi doc. 21 di parte controinteressata), l’università rigettava l’istanza di ricusazione dei membri della commissione formulata da parte ricorrente (vedi doc. 23 di parte controinteressata);
– l’atto mediante il quale la controinteressata prof. OMISSIS veniva nominata professoressa di prima fascia all’esito della selezione (vedi doc. 26 di parte controinteressata).
Quanto alla mancata impugnazione dell’atto mediante il quale veniva rigettata l’istanza di ricusazione, l’eccezione non è fondata atteso che, nonostante l’atto si collochi cronologicamente in un momento successivo rispetto al decreto rettorale di approvazione degli atti della selezione, ne va riconosciuta, sotto il profilo logico, la natura di atto presupposto rispetto alle valutazioni ed ai provvedimenti adottati dalla commissione valutatrice, in quanto attributivo delle funzioni e dei poteri collegati alla qualifica di commissario.
Deve, pertanto, escludersi la qualificazione dello stesso come atto conseguenziale e autonomamente lesivo, ciò che ne avrebbe imposto l’autonoma impugnazione ai fini del radicamento, in capo al ricorrente, di un interesse concreto e attuale alla decisione di merito.
Quanto alla mancata impugnazione dell’atto di nomina, ritiene il Tribunale che l’eccezione non sia fondata.
In prospettiva generale, l’onere di impugnazione dell’atto conseguenziale rispetto ad un provvedimento già impugnato non sussiste nei soli casi in cui l’invalidità dell’atto (presupposto) impugnato sia idonea a propagarsi automaticamente all’atto conseguenziale (effetto c.d. caducante).
Nei casi in cui tale effetto caducante non operi, la parte è onerata di impugnare, per invalidità derivata, anche l’atto conseguenziale (effetto c.d. viziante). In difetto di tale impugnazione il ricorso va dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, in quanto il rapporto di diritto pubblico, come delineato dall’atto conseguenziale, si consolida in virtù della definitività di tale ultimo provvedimento, impedendo al ricorrente di trarre qualsivoglia utilità dall’eventuale caducazione dell’atto presupposto.
Quanto ai presupposti per l’operatività dell’effetto c.d. caducante, la condivisibile giurisprudenza amministrativa afferma che “in presenza di vizi accertati dell’atto presupposto, deve distinguersi tra invalidità a effetto caducante e invalidità a effetto viziante, nel senso che nel primo caso l’annullamento dell’atto presupposto si estende automaticamente all’atto consequenziale, anche quando questo non sia stato impugnato, mentre nel secondo caso l’atto conseguenziale è affetto solo da illegittimità derivata, e pertanto resta efficace ove non impugnato nel termine di rito. La prima ipotesi, quella appunto dell’effetto caducante, ricorre nella sola evenienza in cui l’atto successivo venga a porsi nell’ambito della medesima sequenza procedimentale a guisa di inevitabile conseguenza dell’atto anteriore, il che comporta, dunque, la necessità di verificare l’intensità del rapporto di conseguenzialità tra l’atto presupposto e l’atto successivo, con riconoscimento dell’effetto caducante solo qualora tale rapporto sia immediato, diretto e necessario, nel senso che l’atto successivo si ponga, nell’ambito dello stesso contesto procedimentale, come conseguenza ineluttabile rispetto all’atto precedente, senza necessità di nuove valutazioni di interessi” (Cons. Stato, Sez. V, 07.02.2024, n. 1263).
Facendo applicazione di tali principi al caso di specie, deve osservarsi quanto segue.
La lex specialis della selezione di cui è causa delinea analiticamente le scansioni procedimentali nella fase successiva all’ultimazione dei lavori della commissione di valutazione.
In particolare, a norma dell’art. 8 del bando, “Al termine della valutazione e dell’attribuzione dei relativi punteggi, la Commissione formula una graduatoria di merito individuando il/la candidato/a, o in caso di più posti, i candidati maggiormente qualificati a ricoprire il ruolo per il quale è stato bandito il posto”. La disposizione prevede, inoltre, che “Gli atti della commissione sono trasmessi, al momento della conclusione dei lavori, al responsabile del procedimento”.
Successivamente, secondo quanto previsto dall’art. 9 del bando, “Il Rettore accerta, con proprio decreto, entro trenta giorni dalla consegna, la regolarità degli atti”.
A questo punto, “Il decreto viene inoltre trasmesso al Dipartimento interessato, che formula, entro sessanta giorni dall’approvazione degli atti, la proposta di chiamata”. La disposizione contempla anche il caso in cui il consiglio di dipartimento deliberi di non procedere ad alcuna chiamata, nel qual caso “dovrà essere specificata la motivazione”.
Lo stesso art. 9 prevede inoltre che “Tale proposta viene successivamente approvata con delibera del Consiglio di Amministrazione. La nomina in ruolo è disposta con decreto rettorale”.
In ultimo, a norma dell’art. 10 del bando, “La nomina in ruolo è condizionata alla verifica della copertura finanziaria nel bilancio di Ateneo e da vigenti o ulteriori disposizioni normative di limitazione all’assunzione in servizio”.
Così ricostruite le fasi procedimentali successive all’ultimazione dei lavori della commissione valutatrice, va chiarito che nel caso di specie parte ricorrente ha impugnato, oltre ai verbali relativi ai lavori della commissione, il decreto rettorale di approvazione degli atti della procedura, la deliberazione del consiglio di ateneo contenente la proposta di chiamata e la deliberazione del consiglio di amministrazione dell’università di approvazione della proposta di chiamata, mentre non ha impugnato l’atto di nomina a professore di prima fascia della controinteressata OMISSIS.
Ciò posto, ritiene il Collegio che tra gli atti mediante i quali viene proposta e approvata la chiamata e l’atto di nomina della vincitrice sussista un rapporto di connessione tale da consentire l’operatività di un effetto caducante come conseguenza dell’eventuale annullamento dell’atto presupposto.
Ciò in quanto, successivamente all’approvazione della chiamata da parte del consiglio di amministrazione dell’università non residuano apprezzabili margini di discrezionalità in capo all’ateneo (ed in particolare al rettore) in relazione alla nomina del soggetto vincitore della selezione, atteso che, da un lato, il consiglio di ateneo ha deliberato la proposta di chiamata (non ritenendo sussistenti motivi per negare la chiamata sotto il profilo della sua “opportunità accademica”) e, dall’altro, il consiglio di amministrazione dell’università, nell’esercizio delle proprie prerogative gestionali e di controllo, ha approvato la proposta non rinvenendo cause ostative all’assunzione della controinteressata sotto il profilo finanziario-amministrativo.
In conclusione sul punto, il decreto rettorale di nomina si pone come atto logicamente necessitato rispetto agli atti presupposti già impugnati con il ricorso incidentale e, alla luce dell’operatività dell’effetto c.d. caducante, deve ritenersi sussistente l’interesse del ricorrente allo scrutinio, nel merito, dell’impugnazione in quanto dall’accoglimento della stessa deriverebbe anche la caducazione dell’atto di nomina della controinteressata.
Nel merito, con un primo motivo di ricorso il prof. OMISSIS OMISSIS censura gli atti indicati in epigrafe in quanto l’amministrazione, a seguito dell’annullamento giurisdizionale dell’atto di nomina della commissione, si è limitata a sostituire il prof. OMISSIS (la cui nomina era stata ritenuta illegittima dal Tribunale) e non ha provveduto, come avrebbe dovuto, alla sostituzione di tutti i membri della commissione.
Il motivo non è fondato.
Preliminarmente, va chiarito che, sotto il profilo funzionale, l’atto di nomina ha portata costitutiva di un “fascio” di rapporti (concettualmente autonomi e separati) aventi ad oggetto l’attribuzione, da parte dell’amministrazione, della qualifica e delle funzioni di commissario ai singoli soggetti nominati.
Ciò posto, nel caso in cui intervenga in via giurisdizionale la caducazione di alcune delle situazioni soggettive costituite mediante l’atto di nomina, i rapporti non incisi dalla pronuncia di annullamento conservano la definitività e stabilità che tipicamente derivano dalla mancata impugnazione del provvedimento e possono essere modificati dall’amministrazione solo nell’esercizio di un potere di secondo grado, al sussistere dei relativi presupposti.
In concreto, la corretta perimetrazione degli effetti (eliminatori, ripristinatori e conformativi) della sentenza di annullamento va operata, in via ermeneutica, secondo i canoni dell’interpretazione letterale e sistematica, sulla base dei quali può delinearsi l’ambito operativo (esplicito) del giudicato.
Inoltre, l’efficacia oggettiva del giudicato è influenzata dal principio secondo cui sono coperte dal giudicato (c.d. implicito) tutte le questioni che, in relazione all’impugnazione dei singoli atti, sono state dedotte in giudizio e quelle che avrebbero potuto esserlo secondo la disciplina delle preclusioni propria di ciascun rito processuale (con l’esclusione di quelle fondate su fatti sopravvenuti rispetto allo spirare delle preclusioni, ovvero conosciuti successivamente, la cui mancata deduzione nel giudizio non è imputabile alla parte). L’operatività di tale principio nel processo amministrativo è stata affermata dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, secondo cui “Come afferma l’Adunanza Plenaria (n. 2/2013 cit.), il giudicato si compone non solo del «dedotto» (ossia di ciò che espressamente è stato oggetto di contestazione ed esame), ma anche del «deducibile» (id est: ciò che, pur non espressamente trattato, si pone come presupposto/corollario indefettibile del thema decidendum). L’ambito del «deducibile» è definito, dunque, non solo in negativo, cioè come il «non dedotto» (e quindi non più deducibile, operando il giudicato in senso preclusivo), ma anche in positivo, ricomprendendo nell’ambito del coperto da giudicato, tutto ciò che – ancorché non espressamente dedotto o non espressamente affermato in sentenza – costituisce un oggettivo, logico ed ineliminabile presupposto o corollario della decisione assunta, venendo così a produrre l’effetto conformativo del successivo esercizio del potere” (Cons. Stato, Sez. II, 19.01.2024, n. 628).
Facendo applicazione di tali principi al caso di specie, va rilevato in primo luogo che la sentenza del T.A.R. Piemonte n. 830 del 2023 ha affermato, in motivazione, che “Dall’accoglimento del motivo di ricorso discendono l’invalidità dell’atto di nomina della commissione con riferimento alla posizione del prof. OMISSIS e la necessità, per l’ateneo, di integrare la commissione mediante la nomina di un nuovo commissario e di procedere alla riedizione della selezione”.
Dunque, la pronuncia ha costituito un vincolo in termini di giudicato “esplicito” per l’amministrazione (in virtù dell’effetto c.d. conformativo della sentenza sulla futura attività amministrativa), la quale non avrebbe potuto procedere alla sostituzione integrale dei candidati senza incorrere in una violazione del precetto giudiziale.
La condotta dell’ateneo, pertanto, consistita nella mera sostituzione del solo commissario la cui nomina era stata annullata, è conforme al dictum giudiziale che espressamente aveva limitato la pronuncia di invalidità alla nomina del prof. OMISSIS e aveva disposto l’integrazione della commissione in parte qua.
Ciò posto, pur dovendosi affermare, in linea teorica, la possibilità per l’amministrazione di intervenire in autotutela, secondo le regole generali delineate dalla L. n. 241 del 1990, anche in relazione alla posizione dei commissari la cui nomina si era consolidata in assenza di annullamento giurisdizionale, nel caso di specie le argomentazioni svolte da parte ricorrente non sono idonee a far ritenere illegittima la decisione dell’università di non intervenire mediante l’esercizio del potere di secondo grado.
In particolare, deve osservarsi che:
– non è idonea a pregiudicare l’imparzialità del commissario la circostanza per cui il ricorrente, nel precedente giudizio, ha affermato l’inidoneità del prof. OMISSIS a comporre l’organo valutativo, atteso che al fine di affermare la sussistenza di una “inimicizia” tra candidato e commissario assumono rilevanza le sole condotte tenute da quest’ultimo che disvelino un atteggiamento di sfavore nei confronti del candidato, mentre un tale coefficiente soggettivo non può ritenersi provato sulla base di condotte unilaterali tenute dal candidato, ciò che consentirebbe strumentalizzazioni volte alla “scelta” del valutatore più gradito da parte del soggetto valutato (vedi, in relazione alla fattispecie di cui all’art. 51 c.p.c., che costituisce standard di riferimento in punto di terzietà e imparzialità, T.A.R. Lazio Roma, Sez. I, 24.08.2023, n. 13417);
– neanche decisiva può dirsi la circostanza per cui il membro commissario da sostituire fosse quello a designazione del consiglio di dipartimento degli studi umanistici, atteso che il prof. OMISSIS, nominato in sostituzione del prof. OMISSIS, è stato individuato tra soggetti esterni all’ateneo, cautela che deve ritenersi sufficiente (in uno con la composizione collegiale della commissione) a costituire un adeguato “diaframma” tra le vicende interne all’ateneo e l’operato dell’organo valutativo;
– non è condivisibile l’affermazione di parte ricorrente secondo cui la conferma di due commissari su tre “esclude che la rinnovazione delle operazioni di concorso si atteggi come un vero e proprio nuovo concorso: i due componenti hanno già espresso i loro giudizi e li confermeranno anche nel nuovo procedimento”, atteso che a fronte della nomina di un nuovo presidente della commissione valutatrice deve ritenersi sufficientemente garantita la possibilità di un confronto dialettico tra i commissari tale da assicurare che vi sia stata una nuova ponderazione dei titoli dei candidati, anche tenuto conto che dai verbali dei lavori della commissione non emergono discrasie tra le posizioni espresse dai membri dell’organo collegiale.
Deve, pertanto, ritenersi non irragionevole la scelta dell’amministrazione di non sostituire in via di autotutela i due membri della commissione non coinvolti nella declaratoria di annullamento.
Le argomentazioni sin qui svolte non si pongono in contrasto con la giurisprudenza del Consiglio di Stato richiamata da parte ricorrente (Cons. Stato, Sez. VI, 10.1.2022, n. 163) la quale ha affermato che “qualora il giudicato di annullamento relativo agli atti di una procedura selettiva non riguardi vizi afferenti alla composizione dell’organo valutativo (nel qual caso si assisterebbe all’annullamento, altresì, dello stesso atto di nomina della Commissione, con conseguente necessità di adottare, nella fase di riedizione del potere, un nuovo provvedimento di nomina, idoneo a costituire un organo valutativo in diversa composizione) e non rechi un espresso comando – in funzione conformativa dell’attività di riedizione del potere – volto ad imporre la sostituzione della Commissione precedentemente nominata, l’Amministrazione deve ritenersi titolare del potere discrezionale di riesaminare l’atto di nomina della Commissione ai fini della sua sostituzione, valutate le circostanze del caso concreto”.
Le affermazioni svolte nella summenzionata pronuncia, infatti, fanno riferimento al caso in cui l’atto di nomina della commissione sia stato integralmente annullato, facendone derivare come logica conseguenza la possibilità per l’amministrazione di nominare una commissione diversa in tutti i suoi componenti. Tale esito, peraltro, nella (condivisibile) prospettiva della pronuncia in esame, ben può essere raggiunto mediante l’esercizio di un potere discrezionale di primo grado in quanto, rimosso integralmente il provvedimento di nomina, l’esercizio del potere non deve confrontarsi con alcun atto preesistente.
Diversamente è a dirsi quando la caducazione giudiziale della nomina dei commissari riguarda solo alcuni dei soggetti nei cui confronti il potere viene esercitato, atteso che in simili casi non vi sono ostacoli ad affermare che l’amministrazione possa limitarsi a sostituire il commissario la cui nomina è stata annullata, salvo l’esercizio del potere discrezionale di autotutela in relazione alla posizione degli altri membri dell’organo collegiale.
Alla luce delle considerazioni sopra svolte si impone il rigetto del primo motivo di ricorso in quanto la decisione di sostituire esclusivamente il prof. OMISSIS risulta conforme al giudicato di cui alla sentenza del T.A.R. Piemonte n. 830 del 2023 e va esente dalle censure di illegittimità prospettate da parte ricorrente sotto il profilo del mancato esercizio del potere discrezionale di sostituzione in toto dell’organo collegiale.
Con un secondo motivo viene lamentata l’illegittimità della procedura di gara in quanto, in violazione della disciplina positiva, la commissione ha ultimato e concluso i lavori prima della scadenza del termine previsto dalla legge per la proposizione di istanze di ricusazione dei commissari.
In particolare, evidenzia il ricorrente che una simile condotta della commissione si pone in contrasto con l’art. 9, comma 1, del D.L. n. 120 del 1995, convertito, con modificazioni, in L. n. 236 del 1995 (a tenore del quale “l’eventuale istanza di ricusazione di uno o più componenti della commissione esaminatrice da parte dei candidati a concorsi universitari deve essere proposta nel termine perentorio di trenta giorni dalla pubblicazione della composizione della commissione. Se la causa di ricusazione è sopravvenuta, purché anteriore alla data di insediamento della commissione, il termine decorre dalla sua insorgenza”) e con l’art. 3, comma 16, del D.P.R. n. 114 del 2000 (il quale prevede che “dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto rettorale di nomina della commissione giudicatrice decorre il termine previsto dall’articolo 9 del decreto-legge 21 aprile 1995, n. 120, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 1995, n. 236, per la presentazione al rettore, da parte dei candidati, di eventuali istanze di ricusazione dei commissari. Decorso tale termine e, comunque, dopo l’insediamento della commissione non sono ammesse istanze di ricusazione dei commissari”).
Il motivo di ricorso non è fondato.
Infatti, la circostanza che la commissione valutatrice abbia concluso i lavori prima della scadenza del termine previsto dalla legge per la ricusazione dei commissari, seppure in astratto sia idonea a determinare una violazione della disciplina richiamata da parte ricorrente, nel caso concreto deve ritenersi ininfluente rispetto alla tutela della genuinità dei lavori della commissione e, di riflesso, dell’interesse del ricorrente ad una valutazione imparziale.
Ciò sulla base delle seguenti considerazioni:
– al ricorrente è stata consentita la presentazione dell’istanza di ricusazione, entro i termini di legge, pur se la commissione si era già insediata, dunque non risulta in alcun modo compresso l’interesse della parte a far valere eventuali cause di incompatibilità dei commissari;
– l’istanza di ricusazione è stata presentata successivamente alla chiusura dei lavori della commissione, circostanza che garantisce che l’organo tecnico abbia svolto la propria funzione valutativa senza alcun condizionamento derivante dalla conoscenza dell’istanza stessa;
– l’approvazione degli atti della selezione da parte del rettore, seppur anteriore alla scadenza del termine per proporre istanze di ricusazione, veniva espressamente condizionata (secondo il meccanismo della condizione sospensiva) all’assenza di istanze di ricusazione ovvero all’infondatezza delle stesse.
In relazione a tale ultimo profilo, non possono essere condivise le argomentazioni svolte da parte ricorrente nel senso di affermare la nullità di una simile clausola condizionale, in quanto contrastante con il divieto di apposizione di condizioni sospensive meramente potestative di cui all’art. 1355 c.c., secondo cui “È nulla l’alienazione di un diritto o l’assunzione di un obbligo subordinata a una condizione sospensiva che la faccia dipendere dalla mera volontà dell’alienante o, rispettivamente, da quella del debitore”.
In prospettiva generale, la giurisprudenza amministrativa ammette che l’efficacia del provvedimento possa essere sospensivamente condizionata al verificarsi di un evento futuro e incerto (vedi Cons. Stato, Sez. IV, 19.04.2018, n. 2366; Cons. giust. amm. Sicilia, 22.11.2012, n. 1038).
L’apposizione di una simile clausola al provvedimento ricalca il modello della condizione sospensiva di cui agli articoli 1353 e seguenti c.c., onde occorre chiedersi se il regime del provvedimento condizionato sia delineato dal medesimo corpus normativo o se invece si imponga all’interprete la ricostruzione di un regime differenziato.
L’analisi deve muovere dal riconoscimento della naturale vocazione espansiva della figura concettuale del negozio giuridico e della relativa disciplina. Infatti, prima ancora che istituto di diritto positivo, la figura del negozio (nelle differenti configurazioni teoriche che essa ha acquisito nel tempo) è una costruzione dogmatica che si pone come obiettivo quello di fornire la spiegazione logica del meccanismo di produzione degli effetti giuridici nell’ordinamento.
Tale vocazione espansiva si manifesta, a titolo esemplificativo, in relazione alla figura del contratto (principale punto di emersione positivo della categoria generale del negozio giuridico), la cui disciplina è suscettibile di applicazione, salvo il limite della compatibilità, a tutti gli atti unilaterali tra vivi aventi contenuto patrimoniale, a norma dell’art. 1324 c.c.
Tuttavia, anche in assenza di una specifica disposizione che ne consenta l’estensione, va ammesso che gli schemi concettuali che governano la produzione degli effetti del negozio come espressione dell’autonomia privata (proprio perché trattasi di schemi di tipo logico e pertanto generalizzabili) siano trasponibili all’esercizio di un potere, non di autonomia, ma funzionalizzato al perseguimento di uno specifico interesse, come il potere amministrativo.
In tale prospettiva, l’estensione al provvedimento degli istituti afferenti alla categoria del negozio deve confrontarsi con le peculiarità del potere amministrativo ed essere sottoposto ad un vaglio di compatibilità con la connotazione dello stesso come potere funzionalizzato al perseguimento dell’interesse pubblico (la quale trova fondamento nel principio di legalità a cui l’azione amministrativa è sottoposta).
Con specifico riferimento al provvedimento amministrativo sospensivamente condizionato, la legittimità della clausola condizionale va scrutinata confrontando il risultato che l’amministrazione ottiene mediante l’apposizione della stessa e le regole che disciplinano l’esercizio della discrezionalità nel procedimento che viene di volta in volta in rilievo. In altre parole, la sospensione condizionale dell’efficacia del provvedimento deve essere coerente con i limiti della discrezionalità riservata all’amministrazione nello specifico ambito di azione e non deve consentire “aggiramenti” della disciplina del potere tali da consentirne lo sviamento rispetto al perseguimento dell’interesse pubblico.
In particolare, quanto all’applicabilità al provvedimento amministrativo condizionato della disposizione di cui all’art. 1355 c.c., va rilevato che la previsione trova la propria ratio nella necessità di assicurare la serietà dell’accordo e di non svilire la portata precettiva del principio pacta sunt servanda, in un contesto (quello del diritto contrattuale) in cui il potere di autonomia di cui le parti godono non deve confrontarsi con una funzionalizzazione in termini di perseguimento di uno specifico interesse.
Diversamente, nel diritto amministrativo, laddove l’esercizio del potere deve essere orientato al perseguimento dell’interesse pubblico ed è sottoposto al principio di legalità (con la conseguente possibilità di sindacato per incompetenza, violazione di legge o eccesso di potere), lo scrutinio circa la legittimità della clausola condizionale va condotto secondo le regole generali che disciplinano il sindacato sulla discrezionalità amministrativa, non sussistendo la specifica ratio che giustifica, nel diritto contrattuale, la previsione del divieto di cui all’art. 1355 c.c.
Facendo applicazione di tali principi al caso di specie, ritiene il Collegio che la condizione apposta al provvedimento di approvazione degli atti della selezione da parte del rettore vada esente da censure di legittimità in quanto essa non opera in modo distonico rispetto alla funzione dell’atto a cui accede (l’efficacia dell’approvazione è, infatti, subordinata ad un fatto che attiene proprio alla serie procedimentale la cui regolarità va accertata) e non determina alcuno sviamento rispetto agli interessi perseguiti dall’amministrazione nel caso di specie, atteso che la sospensione dell’efficacia dell’atto di approvazione trova la propria ratio, da un lato, nell’esigenza di speditezza della procedura e, dall’altro, nella necessità imposta dalla legge di consentire ai candidati di ricusare i commissari e di ottenere una decisione, sul punto, da parte dell’organo competente.
In ogni caso, anche a voler ritenere applicabile, seguendo le argomentazioni svolte da parte ricorrente, il divieto di cui all’art. 1355 c.c., la norma non potrebbe operare nel caso di specie in quanto la clausola condizionale in esame non può essere qualificata come “meramente potestativa”.
Infatti, la decisione sull’istanza di ricusazione non è rimessa al mero arbitrio dell’università né, tecnicamente, costituisce espressione di discrezionalità (in quanto manca propriamente una ponderazione di interessi). L’accertamento circa la sussistenza di cause di incompatibilità, infatti, è guidato da parametri giuridici che l’università è chiamata ad applicare nel rispetto di rigorosi oneri di motivazione, la cui congruità e ragionevolezza possono essere sottoposte a vaglio giudiziale. Non può, pertanto, affermarsi che l’avveramento della condizione dipenda dalla “mera volontà” dell’amministrazione.
Per le ragioni sopra esposte si impone il rigetto del secondo motivo di impugnazione formulato nel ricorso principale.
Con un terzo motivo viene censurata la determinazione di criteri di valutazione dei candidati da parte della commissione in quanto alla relativa seduta non aveva partecipato un componente dell’organo collegiale di valutazione.
In particolare, al verbale della seduta non risultava allegata la dichiarazione del prof. OMISSIS relativa alla partecipazione, in videoconferenza, alla riunione, in luogo della quale era allegata analoga dichiarazione resa da un commissario nominato nell’ambito di altra procedura selettiva.
Il motivo non è fondato.
Ai fini dello scrutinio del motivo di ricorso va chiarito che, successivamente alla proposizione dell’impugnazione, l’università ha emendato (mediante provvedimento espresso, vedi doc. 18 di parte resistente) il verbale relativo alla seduta nella quale la commissione ha fissato i criteri di valutazione, allegando la dichiarazione del prof. OMISSIS di aver partecipato, in videoconferenza, alla riunione.
Ritiene il Collegio che la mancanza della dichiarazione del prof. OMISSIS tra gli allegati originari del verbale costituisca una mera irregolarità, alla luce di quanto dichiarato dal commissario interessato, anche tenuto conto che la dichiarazione di presenza risulta digitalmente sottoscritta lo stesso giorno in cui si è tenuta la seduta della commissione (5.12.2023, vedi doc. 18 di parte resistente), circostanza che depone nel senso della veridicità della stessa e, conseguentemente, della correttezza dell’operato della commissione.
Il motivo in esame va, pertanto rigettato.
Con il quarto motivo di ricorso viene censurata la valutazione operata dalla commissione in quanto, nella prospettazione del ricorrente, l’organo collegiale si sarebbe “appiattito” sulle valutazioni già operate (pur in diversa composizione) nell’ambito della procedura poi caducata, disvelando una “pervicace volontà di «far vincere» la controinteressata”.
Il motivo non è fondato, in quanto:
– la scelta dell’università di non sostituire integralmente la commissione è già stata presa in esame nell’ambito del primo motivo di ricorso e non può ritenersi illegittima, per le ragioni già esposte;
– la sostanziale conferma, da parte della commissione “integrata”, delle valutazioni espresse nei confronti del ricorrente e della controinteressata nell’ambito dell’originaria procedura selettiva non costituisce elemento indiziario grave e preciso da cui trarre la conclusione circa la volontà dell’organo collegiale di favorire pervicacemente la candidata OMISSIS;
– non rileva, nella prospettiva dell’accertamento (anche indiziario) circa la complessiva parzialità della procedura valutativa, la circostanza che il ricorrente, nell’ambito di altra procedura, abbia ottenuto un punteggio più alto, in quanto trattasi di evenienza fisiologica, spiegabile (con alto grado di verosimiglianza sulla base di massime di esperienza) in ragione della diversità dei componenti dei due organi valutativi e dei criteri di valutazione adottati.
Con un quinto ed ultimo motivo di ricorso viene censurata, nel merito, l’attribuzione dei punteggi al ricorrente ed alla controinteressata da parte della commissione.
Il motivo di ricorso non è ammissibile per mancato superamento della c.d. prova di resistenza (potendosi prescindere a norma dell’art. 49, comma 2, c.p.a. da qualsiasi considerazione circa l’integrità del contraddittorio nei confronti degli altri partecipanti alla procedura selettiva).
Infatti, anche se al ricorrente fosse attribuito il massimo punteggio in relazione alle voci di valutazione oggetto di contestazione (“attività didattica”, “attività didattica integrativa” e “consistenza della produzione scientifica”), vale a dire n. 20 punti in più rispetto a quelli ottenuti, egli non potrebbe in ogni caso ottenere il bene della vita perseguito in quanto la controinteressata ha ottenuto un punteggio di n. 93 punti a fronte di un punteggio conseguito dal ricorrente di n. 71 punti.
In ogni caso, anche a voler entrare nel merito delle prospettate incongruenze nei punteggi attribuiti al ricorrente ed alla controinteressata, le argomentazioni svolte dal prof. OMISSIS OMISSIS non sono meritevoli di condivisione.
In particolare:
– quanto alla voce “attività didattica”, la motivazione per cui la commissione ha ritenuto, nell’esercizio della propria discrezionalità tecnica, non congruente rispetto alla procedura di selezione il corso di “letteratura italiana” tenuto dal ricorrente non può dirsi affetta da vizi di legittimità in quanto risultano essere stati analiticamente vagliati, in modo non irragionevole, i contenuti specifici del corso (vedi doc. 19-bis di parte controinteressata);
– quanto alla voce “attività didattica integrativa”, la differenza di punteggio, in favore della controinteressata (20 punti conseguiti in luogo dei 10 ottenuti dal ricorrente) non può dirsi affetta da vizi di manifesta irragionevolezza, alla luce della complessiva attività svolta dalla prof. OMISSIS, la quale giustifica la valutazione operata dalla commissione (vedi doc. 19-bis citato, pagine da 52 a 56 per la controinteressata e da 8 a 11 per il ricorrente);
– quanto alla voce “consistenza della produzione scientifica”, le argomentazioni svolte dal ricorrente non sono meritevoli di condivisione in quanto muovono dall’erroneo presupposto per cui la commissione avrebbe considerato il testo “Poesie” di Cesare Pavese come una monografia (ritenendola non congruente) mentre è verosimile ritenere che tale opera non sia stata considerata tra le monografie, sia in ragione del fatto che lo stesso ricorrente, nella domanda presentata ai fini dell’abilitazione scientifica nazionale, ha qualificato il testo come “commento scientifico” e non come “monografia” (vedi doc. 28 di parte controinteressata), sia perché la commissione ha espressamente preso in esame, in quanto congruente, l’attenzione scientifica dedicata dal ricorrente all’opera di Pavese (vedi valutazione espressa al paragrafo 1c) a pag. 5 del doc. 19-bis citato);
– sempre in relazione a tale ultima voce di valutazione, l’attribuzione di un punteggio superiore alla prof. OMISSIS (n. 5 punti a fronte di n. 3 punti conseguiti dal ricorrente) non può ritenersi irragionevole, come emerge dal confronto tra i titoli riconosciuti dalla commissione ai due candidati (vedi doc. 19-bis di parte controinteressata, pagine 49-50 per la prof. OMISSIS e pag. 5 per il prof. OMISSIS OMISSIS).
All’inammissibilità, o comunque infondatezza, del quinto motivo del ricorso principale consegue l’assorbimento del secondo motivo del ricorso incidentale, in quanto alla luce del mancato accoglimento delle censure del prof. OMISSIS OMISSIS relative all’attribuzione dei punteggi non vi è alcun interesse, in capo alla controinteressata, a veder attribuito un minor punteggio al ricorrente poiché da ciò non le deriverebbe alcun vantaggio.
In conclusione, sia il ricorso principale che il ricorso incidentale devono essere respinti.
Le spese di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza e vanno poste a carico di parte ricorrente nei rapporti con l’amministrazione resistente, totalmente vittoriosa. Nei rapporti con la controinteressata, soccombente in relazione al primo motivo del ricorso incidentale, le spese di lite, liquidate come da dispositivo, vanno compensate per metà e poste, per la restante metà, a carico di parte ricorrente.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso principale e sul ricorso incidentale, come in epigrafe proposti, li respinge.
Condanna parte ricorrente al pagamento, in favore di parte resistente, delle spese di lite, determinate in euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge.
Compensa per metà le spese di lite, complessivamente determinate in euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge, nei rapporti tra parte ricorrente e parte controinteressata e condanna parte ricorrente al pagamento della restante metà in favore di parte controinteressata.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 8 gennaio 2025 con l’intervento dei magistrati:
OMISSIS, Presidente
OMISSIS, Referendario
OMISSIS, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE OMISSIS
IL PRESIDENTE OMISSIS
Pubblicato il 18 gennaio 2025