TAR Abruzzo, L’Aquila, Sez. I, 22 ottobre 2015, n. 714

Recupero somme indebidamente corrisposte al dipendente

Data Documento: 2015-10-22
Area: Giurisprudenza
Massima

La controversia promossa da un ricercatore universitario confermato, in servizio presso un’università statale, per lamentare l’erronea determinazione del trattamento economico è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, rientrando i ricercatori universitari di ruolo nella categoria del personale universitario.
La disciplina risultante dall’art. 3, comma 57, legge 24 dicembre 1993, n. 537 è riferita a tutti i casi di passaggio di carriera di cui all’art. 202 D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 ed altre analoghe disposizioni. Detto articolo va interpretato nel senso che la disciplina relativa all’assegno personale, utile a pensione, attribuibile agli impiegati con stipendio superiore a quello spettante nella nuova posizione lavorativa, concerne esclusivamente i casi di passaggio di carriera presso la stessa amministrazione statale o anche diversa amministrazione, purché statale, non anche i passaggi nell’ambito di un’amministrazione non statale, ovvero tra diverse amministrazioni non statali, o da una di esse allo Stato e viceversa.
L’art. 8, comma 4, legge 19 ottobre 1999, n. 370 deve essere riferito alla limitata ipotesi di rideterminazione, all’atto della conferma o del superamento del periodo di straordinariato, dell’importo dell’assegno personale attribuito in applicazione degli articoli 36, ultimo comma, e 38, ultimo comma, del D.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, ai docenti e ai ricercatori universitari.

Contenuto sentenza

N. 00714/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00571/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’ Abruzzo
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 571 del 2014, proposto da: 
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Gammone, rappresentata e difesa dall’avv. Angelisa Durastante, con domicilio eletto presso Angelisa Avv. Durastante in L’Aquila, Via [#OMISSIS#]’ [#OMISSIS#], 30; 
contro
Universita’ degli Studi De L’Aquila, Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale, domiciliata in L’Aquila, Complesso Monumentale S. [#OMISSIS#]; 
per l’annullamento della nota dell’Università degli studi di L’Aquila, amministrazione centrale, ufficio affari legali, a firma del direttore generale, prot. n. 16945 del 21.05-22.05.2014
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Universita’ degli Studi De L’Aquila e di Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 ottobre 2015 la dott.ssa [#OMISSIS#] Gizzi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso ritualmente notificato, Carmone [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] impugnava, chiedendone l’annullamento, la nota dell’Università degli Studi dell’Aquila n. 16945 del 22.5.2014, ricevuta il 9.6.2014.
Parte ricorrente deduceva di essere stata assunta con contratto a tempo indeterminato e la qualifica di collaboratore tecnico (inquadramento contrattuale VII livello retributivo-area tecnico scientifica e socio sanitaria) alle dipendenze dell’Università dell’Aquila sin dal 2000. Successivamente, veniva inquadrata nell’area D (area tecnica, tecnico-scientifica e elaborazione dati) e raggiungeva la posizione economica D3 nel 2007. A seguito di concorso, per effetto del DDA n. 2 del 2009, acquisiva il ruolo di ricercatore non confermato presso la facoltà di scienze della formazione (settore disciplinare SPS07-sociologia generale), con decorrenza dal 15.12.2008. Per effetto del DR n. 526 del 2012, veniva confermata e acquisiva la posizione di ricercatore a tempo pieno, con decorrenza dal 15.12.2011.
Poiché tuttavia la sua precedente retribuzione era superiore, ai sensi dell’art. 8, comma 4, della legge n. 370 del 1999 e dell’art. 3, comma 57, della legge n. 537 del 1993 che richiama l’art. 202 del Dpr n. 3 del 1957, l’Università dell’Aquila le attribuiva un assegno ad personam non riassorbibile (DR n. 88 del 2009).
Successivamente, con nota n. 31832 del 2012, l’Università resistente sospendeva cautelarmente l’erogazione di detto assegno e, con nota n. 43369 del 2012, comunicava il ricalcolo dello stipendio della ricorrente, con conseguente somma a suo debito pari a euro 13.219,49, per gli anni 2009-2012.
A seguito di ulteriori accertamenti, con la nota gravata, l’Amministrazione comunicava la correttezza delle procedure svolte e la spettanza della somma indicata nella nota del 2012.
A fondamento del proprio gravame, parte ricorrente deduceva: difetto assoluto di motivazione, non indicando il provvedimento gravato le ragioni della sua adozione; violazione dell’art. 5 della legge n. 241 del 1990 per omessa nomina del responsabile del procedimento; violazione degli artt. 7 e 8 della legge n. 241 del 1990 per omessa comunicazione dell’avvio del procedimento; violazione della legge n. 370 del 1999, in quanto nella fattispecie in esame non ricorrono i presupposti del quinto comma (nuova assunzione o rientro in ruolo), ma quelli del quarto comma, trattandosi di passaggio da una carriera all’altra nella medesima amministrazione.
Si costituiva l’Amministrazione resistente, eccependo la tardività del ricorso e, nel merito, la sua infondatezza.
Con ordinanza n. 271 del 2014, il Tribunale accoglieva la domanda cautelare, in quanto “dagli atti impugnati non sono desumibili i presupposti di fatto e l’iter logico giuridico che ha indotto l’Amministrazione a disporre il recupero delle somme” ed invitava l’Amministrazione a rideterminarsi.
Alla pubblica udienza del 7.10.2015, la causa è stata trattenuta in decisione.
2. In via preliminare, rileva il Collegio che sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo.
La controversia promossa da un ricercatore universitario confermato, in servizio presso un’università statale, per lamentare l’erronea determinazione del trattamento economico, come nel caso di specie, è devoluta infatti alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, rientrando i ricercatori universitari di ruolo nella categoria del personale universitario.
Ciò premesso, osserva il Collegio che la presente controversia verte su diritti soggettivi, concernendo, infatti, la corretta determinazione, da parte dell’Amministrazione – datore di lavoro, del trattamento economico spettante alla ricorrente e, in particolare, la correttezza del riassorbimento dell’assegno ad personam, concessole ai sensi della legge n. 370 del 1999 al momento del passaggio dal ruolo amministrativo a quello di ricercatore, con il DR n. 88 del 2009.
Ne consegue che priva di pregio è l’eccezione di tardività sollevata dall’Amministrazione resistente, in quanto, nonostante l’impugnativa di una serie di atti adottati dall’Università dell’Aquila, quello che si chiede a codesto Tribunale è, appunto, l’accertamento del diritto della ricorrente a continuare a percepire l’assegno ad personam concessole con DR n. 88 del 2009 e della non debenza delle somma richieste dall’Amministrazione stessa, da ultimo con la nota n. 16945 del 22.5.2014, ricevuta il 9.6.2014.
La domanda pertanto, avendo ad oggetto l’accertamento di diritti soggettivi di natura patrimoniale, è soggetta al termine di prescrizione non ancora maturato.
3. Passando all’esame del merito, osserva il Tribunale che sono privi di fondamento i motivi di ricorso con cui si è dedotto difetto assoluto di motivazione e violazione degli artt. 5, 7 e 8 della legge n. 241 del 1990.
Ciò perché, come si è detto, si verte in tema di accertamento di diritti soggettivi di natura patrimoniale, la cui sussistenza discende direttamente dalla legge. La controversia, pertanto, concerne l’interpretazione della norma di legge e la verifica della sussistenza, nel caso concreto, dei presupposti da questa indicati e non la verifica dei vizi di legittimità degli atti adottati dall’Amministrazione.
Comunque, i vizi denunciati non sussistono. Per quanto concerne il difetto assoluto di motivazione, infatti, rileva il Collegio come la nota gravata sia l’ultimo di una serie di atti comunicati dall’Università alla ricorrente, in cui si indicano le ragione di non spettanza dell’assegno e si calcola la somma da ella dovuta (si veda la nota n. 31832 del 2012, con cui l’Università resistente sospendeva cautelarmente l’erogazione dell’assegno attribuito con DR n. 88 del 2009, la nota n. 43369 del 2012, con cui l’Università le comunicava il ricalcolo dello stipendio e la somma a suo debito, la nota n. 10572 del 2013, con cui si comunicava tale esito alla ricorrente).
Ugualmente, sin dalla nota n. 31832 del 2012 la ricorrente è stata resa edotta dell’accertamento stipendiale a suo carico ed è stata messa in condizione di interloquire con l’Amministrazione (si veda tra le altre la nota n. 12468 del 2013 e la nota n. 12845 del 2014 della ricorrente).
4. Ritiene ora il Collegio di dover esaminare l’ultimo motivo di ricorso, con cui si è dedotta la violazione della legge n. 370 del 1999, in quanto nella fattispecie in esame non ricorrerebbero i presupposti del quinto comma (nuova assunzione o rientro in ruolo) dell’art. 8 della legge n. 370 del 1999, ma quelli del quarto comma, trattandosi di passaggio da una carriera all’altra nella medesima amministrazione.
4.1. Nella fattispecie all’esame del Tribunale, la ricorrente – assunta con contratto a tempo indeterminato e con la qualifica di collaboratore tecnico (inquadramento contrattuale VII livello retributivo-area tecnico scientifica e socio sanitaria) alle dipendenze dell’Università dell’Aquila sin dal 2000 e successivamente inquadrata nell’area D (area tecnica, tecnico-scientifica e elaborazione dati) – per effetto del DDA n. 2 del 2009, acquisiva il ruolo di ricercatore non confermato presso la facoltà di scienze della formazione (settore disciplinare SPS07-sociologia generale), con decorrenza dal 15.12.2008 e, poi, per effetto del DR n. 526 del 2012, veniva confermata e acquisiva la posizione di ricercatore a tempo pieno, con decorrenza dal 15.12.2011.
Con DR n. 88 del 2009, poiché la precedente retribuzione della ricorrente era superiore, l’Università dell’Aquila le attribuiva un assegno ad personam. Successivamente, con nota n. 31832 del 2012, l’Università resistente sospendeva cautelarmente l’erogazione di detto assegno e, con nota n. 43369 del 2012, ricalcolava lo stipendio della ricorrente, determinando a suo debito la somma di euro 13.219,49, per gli anni 2009-2012.
A seguito di ulteriori accertamenti, con la nota gravata, l’Amministrazione resistente comunicava la correttezza delle procedure svolte e la spettanza della somma indicata nella nota del 2012.
È evidente che il provvedimento impugnato si fonda sull’operazione di riassorbimento dell’assegno ad personam concesso alla ricorrente con il DR n. 88 del 2009 ai sensi dell’art. 8, comma 5, della legge n. 370 del 1999.
4.2. Così individuato l’oggetto del giudizio, è opportuno riportare le disposizioni che vengono in discussione.
I commi 4 e 5 dell’art. 8 della legge n. 370 del 1999 (da ora in poi: comma 4 e comma 5) dispongono: “4. L’articolo 3, comma 57, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, si interpreta nel senso che l’assegno personale ivi previsto ed attribuito in applicazione degli articoli 36, ultimo comma, e 38, ultimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, ai docenti e ai ricercatori universitari, è rideterminato all’atto della conferma o del superamento del periodo di straordinariato per effetto del trattamento stipendiale spettante anche a seguito del riconoscimento dei servizi previsto dall’articolo 103 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980. Il maggiore trattamento stipendiale derivante da interpretazioni difformi da quella di cui al presente comma è riassorbito con i successivi miglioramenti economici. È fatta salva l’esecuzione dei giudicati non conformi all’interpretazione autentica recata dal presente comma. 5. Nei casi in cui la normativa vigente consenta al personale assunto o rientrato nei ruoli dei professori e ricercatori universitari di conservare l’importo corrispondente alla differenza tra il trattamento economico complessivo goduto nel servizio o nell’incarico svolto precedentemente e quello attribuito al professore o ricercatore universitario di pari anzianità, tale importo è attribuito come assegno ad personam da riassorbire per effetto sia della progressione economica e dell’assegno aggiuntivo di cui agli articoli 36, 38 e 39 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, sia di ogni altro incremento retributivo attribuito al personale docente e ricercatore delle università”.
Il comma 57 dell’art. 3 della legge n. 537 del 1993, oggetto di “interpretazione autentica” (da ora in poi: comma 57) – peraltro abrogato dall’art. 1, comma 458, L. 27 dicembre 2013, n. 147, ma applicabile ratione temporis – dispone: “Nei casi di passaggio di carriera di cui all’articolo 202 del citato testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, ed alle altre analoghe disposizioni, al personale con stipendio o retribuzione pensionabile superiore a quello spettante nella nuova posizione è attribuito un assegno personale pensionabile, non riassorbibile e non rivalutabile, pari alla differenza fra lo stipendio o retribuzione pensionabile in godimento all’atto del passaggio e quello spettante nella nuova posizione”.
Come già osservato da questo Tribunale, con la sentenza n. 714 del 2013, delle difficoltà interpretative del quadro normativo e dei diversi orientamenti constatati nell’applicazione pratica dà conto una nota (22 maggio 2004) del Ragioniere generale dello Stato diretta alla Presidenza del Consiglio ed al Ministero dell’Università, che conclude per la riconduzione del comma 4 a “norma di regime applicabile nella generalità dei casi, inclusi quelli comportanti passaggio anche ad altro ateneo, nei quali lo sviluppo di carriera del personale docente e ricercatore universitario comporti la necessità di conservazione del [#OMISSIS#] trattamento goduto, per effetto dell’anzianità maturata, nella qualifica di provenienza”. La nota sembra propendere per l’applicazione della disposizione ai soli casi di passaggio nell’ambito della carriera accademica, come si deduce dal fatto che il comma 5 troverebbe invece applicazione esclusivamente “per coloro che per la prima volta entrano nel mondo accademico (come ad esempio il magistrato che lasci la toga per la cattedra) come pure per coloro che, già facenti parte del suddetto mondo, vi rientrano con diritto a conservare anch’essi il maggior trattamento in godimento (come ad esempio il docente di materie giuridiche che sia stato componente del Consiglio Superiore della Magistratura)” (Tar Abruzzo, L’Aquila, n. 714 del 2013).
Come già rilevato dalla sentenza n. 714 del 2013 di questo Tribunale, il Consiglio di Stato (sez. VI, giugno 2011 n. 3632) ha invece ritenuto – conformemente a quanto qui sostenuto dalla ricorrente – che dal suddetto quadro “emerge de plano che la norma applicabile alla fattispecie concreta dedotta in giudizio è quella contenuta nel comma 4 dell’art. 8 l. 19 ottobre 1999, n. 370, recante l’interpretazione autentica dell’art. 3, comma 57, l. 24 dicembre 1993, n. 537”, e ciò in quanto il “riferimento testuale, contenuto nella norma d’interpretazione autentica, all’assegno personale previsto dall’art. 3, comma 57, l. n. 537/1993 – oltreché a quello riconosciuto ex art. 36, ultimo comma, d.p.r. n. 382/1980, per effetto di progressioni interne alla carriera universitaria, costituente un’applicazione speciale del principio del divieto della reformatio in peius sancito dall’art. 202 d.P.R. n. 3/1957 -, vi include in modo chiaro e univoco l’assegno ad personam attribuito in occasione del passaggio di carriera nell’ambito di una stessa, oppure anche di diverse amministrazioni (purché statali)…”. La decisione dissente dalla sentenza di primo grado (TAR Piemonte, I, 24 gennaio 2006 n. 195, che aveva ritenuto che la fattispecie fosse invece riconducibile al comma 5 e che l’ambito applicativo del comma 4 fosse limitato ai soli casi di progressione economica dei docenti all’interno della carriera universitaria), nella considerazione che una simile limitazione “contrasta con il riferimento, di portata generale e senza ulteriori specificazioni, all’assegno personale di cui all’art. 3, comma 57, l. n. 537/1993, contenuto nella norma interpretativa”.
4.3. Preso atto di questo contrasto interpretativo, ritiene il Collegio di poter seguire l’orientamento già espresso da questo Tribunale con la citata sentenza n. 714 del 2013.
La disciplina risultante dal co. 57 dell’art. 3 è riferita a tutti i “casi di passaggio di carriera di cui all’art. 202” T.U. 1957 ed “altre analoghe disposizioni”. Al di fuori delle fattispecie contemplate (vale a dire i passaggi di carriera in ambito statale), non vi era alcuno spazio per il riconoscimento di assegno personale ad altre categorie di dipendenti pubblici. Come, infatti, anche di recente evidenziato dalla giurisprudenza “Secondo consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa e ordinaria (v. C.d.S., Ad. Plen. 16 marzo 1992, n. 8; C.d.S., Sez. VI, 4 gennaio 2000, n. 49; C.d.S., Sez. VI, 19 maggio 2003 n. 2682; C.d.S., Sez. IV, 5 aprile 2005, n. 1490; C.d.S., Sez. VI, 26 gennaio 2007, n. 289; C.d.S., Sez. VI, 7 dicembre 2007, n. 6295; C.d.S., Sez. IV, 7 aprile 2008, n. 1481; C.d.S., Sez. VI, 17 febbraio 2010, n. 894; C.d.S., Sez. VI, 9 giugno 2010, n. 3647; C.d.S., Sez. VI, 18 agosto 2010, n. 5964; Cass. civ., Sez. lav., 29 marzo 2010, n. 7520; Cass. civ., Sez. lav., n. 17645/2009) … deve escludersi che la norma costituisca espressione di un principio generale, applicabile a tutti i dipendenti pubblici e ad ogni caso di trasferimento, ma la stessa va interpretata nel senso che la disciplina relativa all’assegno personale , utile a pensione, attribuibile agli impiegati con stipendio superiore a quello spettante nella nuova posizione lavorativa, concerne esclusivamente i casi di passaggio di carriera presso la stessa amministrazione statale o anche diversa amministrazione, purché statale, non (anche) i passaggi nell’ambito di un’amministrazione non statale, ovvero tra diverse amministrazioni non statali, o da una di esse allo Stato e viceversa” (Cons. St., sez. IV, 10 marzo 2011, n. 1558).
In tale contesto se si attribuisce portata generale al comma 4, ritenendolo cioè applicabile a tutte le ipotesi di assegno ad personam già disciplinate dal comma 57 [e quindi all’assegno conseguito “in occasione del passaggio di carriera nell’ambito di una stessa, oppure anche di diverse amministrazioni (purché statali)”: Cons. St. cit.], non sembra possibile individuare “le fattispecie più specifiche” che sarebbero in via residuale disciplinate dal comma 5. È perciò difficilmente sostenibile limitare l’ambito di applicazione di una disposizione di chiara portata generale (come evidenzia la formulazione del comma 5: “Nei casi in cui la normativa vigente consenta …”) ad ipotesi incerte, e comunque del tutto residuali (Tar Abruzzo, L’aquila, n. 714 del 2013).
È invece da ritenere che la disciplina a regime sia proprio quella contenuta nel comma 5 e che, come già rilevato da TAR Piemonte 195 del 2006 cit., il comma 4 debba essere riferito alla limitata ipotesi di rideterminazione, all’atto della conferma o del superamento del periodo di straordinariato, dell’importo dell’assegno personale “attribuito in applicazione degli articoli 36, ultimo comma, e 38, ultimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, ai docenti e ai ricercatori universitari”. Le norme richiamate regolano la “progressione economica del ruolo dei professori universitari” (art. 36) e dei ricercatori (art. 38) nelle “ipotesi di passaggio di qualifica o di carriera, o da una ad altra fascia” e prevedono l’attribuzione di tanti scatti del 2,50 per cento necessari ad assicurare uno stipendio di importo pari o immediatamente superiore a quello in godimento (art. 36, u.c.; formulazione analoga ha l’art. 38).
Il collegio ritiene di doverne dedurre che il comma 4 – dopo aver richiamato la generale figura dell’assegno “previsto” dall’art. 3 comma 57- abbia poi limitato il suo campo d’applicazione ad una specifica ipotesi, ossia quella dell’assegno “attribuito in applicazione degli artt. 36, u.c., e 38, u.c.” con l’intento di interpretare il rapporto con il riconoscimento dei servizi pregressi ai sensi dell’art. 103 (cfr. TAR Puglia, Bari, sez. I, 22.11.2001 n. 5117). L’interpretazione autentica di cui al quarto comma, “la cui ratio è da rinvenire nella necessità del contenimento della spesa pubblica e nel principio generale del divieto dell’ingiustificato arricchimento” (TAR Bari cit.), ha quindi inteso disciplinare tale specifica fattispecie con lo scopo di escludere interpretazioni che avevano portato al cumulo dei benefici economici conseguenti al riconoscimento dei servizi pregressi [cfr. T.A.R. Friuli Venezia [#OMISSIS#], 8 ottobre 2012, 362: la modifica “si è resa necessaria per evitare l’ingiustificato arricchimento dei docenti, destinatari della precedente normativa, derivante dal fatto che i servizi pregressi … venivano computati due volte: la prima per la determinazione dell’assegno personale e, successivamente, per la rideterminazione dello stipendio in sede di ricostruzione della carriera ex art. 103 L. 382/1980 (cfr. TAR Emilia Romagna [Bologna, sez. I] 7.11.2003 n. 2337)”].
Essendo dal comma 4 disciplinate fattispecie in cui entrano in gioco le suddette norme (e cioè l’assegno “attribuito in applicazione degli articoli 36, ultimo comma, e 38, ultimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382” nonché la ricostruzione della carriera effettuata ai sensi dell’art. 103), la relativa disciplina non può perciò applicarsi a chi – come la ricorrente – è estraneo all’ambito di applicazione di queste ultime.
Mentre il comma 4 è norma interpretativa, come è stata espressamente qualificata dal legislatore, il quinto innova, nel settore universitario, le regole generali in precedenza dettate dal suddetto comma 57, peraltro oggi abrogato (Tar Abruzzo, L’Aquila, n. 714 del 2013).
4.4. Risultando dagli atti di causa che il ricalcolo della retribuzione spettante alla ricorrente e l’importo delle somme pretese dall’Amministrazione derivano dal riassorbimento dell’assegno ad personam concesso con il DR n. 88 del 2009 ed effettuato ai sensi del predetto comma 5, la questione prospettata dalla ricorrente deve ritenersi infondata, derivando il suo assegno personale dalla “normativa vigente” di cui alla disposizione richiamata e pertanto assoggettato al relativo riassorbimento.
5. Attesa la complessità della questione trattata, possono compensarsi le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in L’Aquila nella camera di consiglio del giorno 7 ottobre 2015 con l’intervento dei magistrati:
Bruno Mollica, Presidente
[#OMISSIS#] Abbruzzese, Consigliere
[#OMISSIS#] Gizzi, Referendario, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/10/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)