Autonomia regolamentare e procedura di chiamata dei ricercatori a tempo determinato: la scelta del candidato vincitore, operata dal Consiglio dipartimentale invece che dalla Commissione, viola i principi fondamentali di trasparenza, merito e par condicio riconosciuti anche dalla Costituzione

25 Ottobre 2024

Con sentenza n. 8516, la Settima Sezione del Consiglio di Stato si è pronunciata su un caso riguardante una procedura concorsuale per la chiamata a ricercatore di tipo B indetta da un Ateneo trentino, dove in conformità con il Regolamento, la scelta del candidato era avvenuta per opera del Consiglio di dipartimento e non della Commissione di concorso.

Nel caso di specie, infatti, l’appellante lamentava che non fosse stata la Commissione di concorso a identificare il vincitore, essendosi questa limitata a stilare la rosa degli idonei, ma il Consiglio della struttura dipartimentale all’esito di un’ulteriore valutazione della attività seminariale condotta dai candidati, in conformità con quanto previsto dall’art. 26 del Regolamento di Ateneo.

La pronuncia è interessante per due ragioni.

Anzitutto consegna preziose considerazioni in merito alla procedura di selezione e di chiamata del ricercatore alla luce dei rapporti tra Commissione di concorso e Consiglio della struttura dipartimentale che indice la chiamata. In secondo luogo, chiarisce il rapporto tra la peculiare autonomia originante dal D.lgs. n. 142/2011, contenente le norme di attuazione dello Statuto della Regione, recanti la delega di funzioni legislative e amministrative alla Provincia di Trento in materia di Università degli Studi, e la disciplina nazionale per la procedura di chiamata dei ricercatori a tempo determinati di cui all’art. 24 della L. n. 240/2010.

Segnatamente, il Consiglio di Stato ha affermato che l’attribuzione al Consiglio dipartimentale della gestione di una parte della fase valutativa – nel caso di specie quella relativa all’apprezzamento della presentazione del seminario a opera dei candidati indicati come idonei dalla Commissione giudicatrice – congiuntamente alla decisione sulla chiamata del candidato vincitore, è illegittima.

Difatti, l’art. 3 del D.lgs. n. 142/2011, nella parte in cui rimette all’Università ampia potestà statutaria e regolamentare, deve essere letto congiuntamente all’art. 6, comma 3, del medesimo decreto legislativo che obbliga l’Ateneo al rispetto dei principi fondamentali, tra cui trasparenza, merito, imparzialità, par condicio, stabiliti non solo dalla normativa primaria statale, ma anche dalla stessa Costituzione (artt. 3 e 97 Cost.). Secondo i giudici, è proprio per il rinvio a tali principi che l’Università non avrebbe potuto assegnare al Consiglio il potere di valutare e scegliere il candidato vincitore della procedura: il Consiglio, a differenza della Commissione, è un organo che non offre idonee garanzie di imparzialità e competenza tecnica, derivandone la violazione dei principi fondamentali delle procedure concorsuali.