Computo del termine di decadenza prescritto per l’esercizio dell’azione disciplinare nei confronti di un professore universitario

14 Febbraio 2024

Con sentenza n. 2796 del 12 febbraio 2024, il TAR Lazio, Sez. III ter, si è pronunciato relativamente al computo del termine di decadenza prescritto per l’esercizio dell’azione disciplinare nei confronti di un professore universitario e ai regimi di incompatibilità previsti per i docenti universitari dalla L. 240/2010.

Nel caso di specie, un docente di prima fascia impugnava il provvedimento di sospensione disciplinare, conseguente all’assunzione del duplice ruolo di amministratore unico di una società e di componente del consiglio direttivo di un consorzio.

Nel ricorso, l’accademico sosteneva che l’azione disciplinare sarebbe stata esercitata tardivamente, essendo l’Ateneo già a conoscenza dei fatti oggetto del procedimento disciplinare in data antecedente il termine post quem e che l’Università contestava condotte già oggetto di valutazione da parte della Corte dei Conti, riaprendo, così, pretestuosamente posizioni e situazioni già concluse.

Il TAR del Lazio ha ritenuto infondate tutte le doglianze del professore.

Il Collegio capitolino, in particolare, ha affermato che il termine di avvio del procedimento disciplinare nei confronti di un professore universitario ha natura perentoria sia perché un soggetto non può sottostare indefinitamente alla potestà punitiva dell’Amministrazione, sia perché più ci si allontana dalla commissione dei fatti più difficile diventa l’esercizio del diritto di difesa. Inoltre, ai fini del computo del termine di decadenza prescritto per l’esercizio dell’azione disciplinare assume rilievo la data in cui l’atto concernente l’esposizione dei fatti alla base dell’incolpazione perviene presso la sede dell’organo titolare del potere di esercizio dell’azione disciplinare, risultando del tutto irrilevanti le regole organizzative interne agli uffici, inidonee ad assicurare la certezza del termine e, comunque, ascrivibili alla sfera dell’Amministrazione. Ne deriva che, essendo per legge organo titolare del potere di esercizio dell’azione disciplinare il Rettore – ovvero, in base allo Statuto e al Regolamento di Ateneo, il suo Delegato – è solo dal momento in cui questi o il suo Delegato ha avuto conoscenza dei fatti che può iniziare a decorrere il termine in questione.

Il TAR del Lazio ha statuito anche che il divieto di ricoprire cariche societarie non implica una valutazione sostanziale dell’attività in concreto svolta. In senso conforme si è espressa pure la Corte costituzionale che, nell’esaminare i regimi di incompatibilità previsti per i docenti universitari dalla L. 240/2010, ha distinto, rispettivamente, tra attività totalmente incompatibili, attività liberamente esercitabili e attività consentite previa autorizzazione del rettore, qualificando le attività oggetto dell’art. 6, comma 9, della L. 240/2010, in esame, come “attività extra-istituzionali incompatibili con la carriera universitaria” (Corte cost. 3/2024).

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