Università degli Studi di Roma La Sapienza, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio – Sede di Roma (sezione terza) n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente la sanzione disciplinare della sospensione per due mesi; dall’ufficio e dallo stipendio di professore ordinario;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza;
Viste le memorie e tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 1 marzo 2022 il consigliere [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], uditi per la parte appellante l’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e con la partecipazione per l’appellata Università dell’avvocato dello Stato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] mediante richiesta di passaggio in decisione depositata in segreteria;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Il professor -OMISSIS-, docente ordinario di economia e gestione delle imprese presso la facoltà di economia dell’Università degli studi di Roma La Sapienza, impugna nel presente giudizio la sanzione disciplinare della sospensione di due mesi dall’ufficio e dallo stipendio, con corrispondente esonero dall’insegnamento e da ogni altra funzione accademica e perdita
dell’anzianità di servizio, comminatagli dall’ateneo presso il quale presta servizio con decreto rettorale del -OMISSIS-.
2. La sanzione è stata applicata per condotte tenute dal docente nell’ambito della procedura selettiva (indetta con decreto rettorale 29 luglio 2015, n. 2292) di chiamata per un posto presso il dipartimento di management della facoltà di economia di ricercatore a tempo determinato di tipologia B in economia e gestione delle imprese (settore concorsuale 13/B2, settore scientifico disciplinare SECS-P/08), consistite nell’essersi egli ingerito nell’attività della commissione giudicatrice, di cui non era componente, con l’acquisizione dei dati relativi all’attività scientifica dei candidati e la predisposizione dei punteggi e la formazione del relativo verbale.
3. In primo grado il ricorso del professor -OMISSIS- è stato respinto dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio – Sede di Roma con la sentenza in epigrafe.
4. La sentenza di primo grado ha innanzitutto ritenuto che sulla base degli atti del procedimento disciplinare fosse stata dimostrata la «illegittima interferenza del ricorrente, rispetto ad attività riservate e proprie della Commissione giudicatrice», commessa dal ricorrente eccedendo dalla delega ricevuta dal [#OMISSIS#] dell’organo, limitata al «mero adempimento materiale» del ritiro della documentazione inerente ai titoli scientifici dei candidati. Per la sentenza la condotta del professor -OMISSIS-, non «limitat(a) alla mera trasmissione documentale né alla verifica del suo contenuto ma, al contrario», consistente nel «predispo(rre) una bozza del verbale n. 3, ivi individuando e comunicando i punteggi da attribuire ai vari candidati in corrispondenza dei titoli posseduti, alla luce della classificazione delle riviste operata in generale dall’ANVUR», era tale da integrare l’illecito disciplinare contestato al ricorrente, ancorché l’attività in questione «non abbia avuto alcuna efficienza causale sull’esito del concorso».
5. La sentenza ha inoltre ravvisato:
– una motivazione sufficiente nel provvedimento disciplinare impugnato attraverso il riferimento in esso operato all’art. 2, lett. b), della declaratoria delle «condotte attive e/o omissive passibili di rilievo disciplinare, allegata al Regolamento di Ateneo per i procedimenti disciplinari nei confronti dei professori e ricercatori» (decreto rettorale del 2 marzo 2015, n. 663), quale atto lesivo della «dignità e (…) credibilità della funzione docente», in coerenza con la contestazione disciplinare di cui alla nota in data 20 dicembre 2016, [#OMISSIS#] quale era stato formulato l’addebito di violazione dei «doveri di correttezza che sono propri del docente universitario»;
– la congruità della sanzione inflitta, per il discredito dell’istituzione universitaria, fatto palese dall’esposto del candidato non vincitore alla procedura concorsuale da cui aveva tratto origine il procedimento disciplinare, cui ha fatto seguito la successiva determinazione dell’ateneo di rinnovare la medesima procedura selettiva «all’evidente scopo di rimuovere ogni possibile sospetto di irregolarità».
Infine la sentenza ha escluso che sia stato violato il [#OMISSIS#] per l’avvio del procedimento di 30 giorni dall’acquisizione della notizia del fatto, ai sensi dell’art. 10, comma 2, della legge 30 dicembre 2010, n. 240 (Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l’efficienza del sistema universitario), avuto riguardo al suo carattere non perentorio, ed inoltre alla tempestività dell’addebito, attraverso la sopra citata nota del 20 dicembre 2016, rispetto all’esposto del candidato non utilmente collocato.
6. Per la riforma della pronuncia di primo grado i cui contenuti sono stati sopra sintetizzati il professor -OMISSIS- ha proposto appello, in resistenza del quale si è costituita l’Università degli studi di Roma La Sapienza.
DIRITTO
1. Con un primo motivo d’appello la sentenza di primo grado viene censurata per avere ritenuto legittima la sanzione in presenza dell’accertamento che non vi è stata alcuna volontà del professor -OMISSIS- di interferire con l’operato della commissione giudicatrice. L’esito coerente di tale accertamento avrebbe per l’appello dovuto essere l’annullamento della sanzione disciplinare, la quale anche [#OMISSIS#] sua entità risulterebbe non adeguata rispetto a fatti inoffensivi dell’interesse al corretto svolgersi della procedura selettiva, ma compiuti nell’ambito di
una delega ricevuta dal [#OMISSIS#] della commissione per lo svolgimento di attività di «supporto meramente preliminare» a quest’[#OMISSIS#].
2. Secondo l’appello sarebbe errato anche il riferimento contenuto in sentenza alla perdita di prestigio dell’università, posto che l’esposto del candidato non vincitore da cui il procedimento disciplinare ha tratto origine non ha avuto alcuno eco, e che non potrebbe essere addossata al ricorrente sotto il medesimo profilo «l’abnorme decisione di rinnovare integralmente la procedura».
3. Inoltre la sentenza avrebbe integrato la motivazione del provvedimento disciplinare, posto che in esso non è contenuto alcun richiamo all’art. 2, lett. b), del decreto rettorale del 2 marzo 2015, n. 663, il quale peraltro prevede «tre diverse ipotesi, tutte non afferenti al [#OMISSIS#] di specie», o altri riferimenti sulla cui base sia possibile stabilire una corrispondenza tra fatto illecito astratto e pena applicata nel [#OMISSIS#] di specie.
4. Con il secondo motivo d’appello la sentenza viene censurata per falsa applicazione del sopra citato art. 10, comma 2, della legge n. 240 del 2010, a mente del quale in [#OMISSIS#] di illeciti sanzionabili con sanzione più grave della censura il rettore «entro trenta giorni dal momento della conoscenza dei fatti, trasmette gli atti al collegio di disciplina, formulando motivata proposta», e che sarebbe stato erroneamente ritenuto rispettato con la contestazione disciplinare e sulla base dell’apodittica affermazione del carattere ordinatorio del [#OMISSIS#].
5. Le censure contenute nel primo motivo d’appello, come sopra sintetizzate, sono fondate ed assorbenti.
6. Deve premettersi in fatto che l’appellante prof. -OMISSIS- è stato sanzionato all’esito di un procedimento disciplinare nel quale gli è stato contestato di «avere acquisito dati relativi ai prodotti scientifici presentati dai candidati e relativi ai lavori della commissione di cui egli non era componente e ciò in evidente violazione del segreto d’ufficio» – pur in esecuzione di una delega al ritiro degli atti della procedura conferitagli dal [#OMISSIS#] della commissione – perché i dati in questione «non potevano infatti essere comunicati ad estranei; né tanto meno potevano essere utilizzati per fornire dall’esterno elementi volti a condizionare le singole valutazioni ed il giudizio finale che la commissione doveva formulare»; e di avere inoltre «predisposto ed inviato ai commissari quattro giorni prima della terza riunione della commissione di concorso, una bozza del verbale numero 3, interferendo illegittimamente nei lavori della stessa commissione», come risultante dal fatto che «è stata ricalcata nel verbale», e del fatto che sono state infine recepite le proposte ivi formulate (di esclusione di un candidato e di selezione a favore del vincitore).
7. All’esito dell’istruttoria svolta, il collegio di disciplina ha ritenuto di inquadrare il fatto nell’ipotesi prevista dall’art. 2, lett. b), della sopra citata declaratoria relativa alle condotte attive e/o omissive passibili di rilievo disciplinare per i professori e ricercatori dell’ateneo appellato, (decreto rettorale del 2 marzo 2015, n. 663, sopra menzionato), il quale prevede, tra l’altro, che sono passibili della sanzione della sospensione da 1 a 4 mesi per le «condotte incompatibili con lo status di docente» (seduta del 20 marzo 2017 del collegio di disciplina).
8. Sulla base degli elementi raccolti, ed in particolare le osservazioni della commissione di concorso in data 3 gennaio 2017, il delegato all’istruttoria del rettore ha peraltro constatato che i criteri di valutazione della produzione scientifica predisposti dal professor -OMISSIS- «non risultano – in base ai verbali dei lavori della Commissione ed in base al giudizio finale – specificamente utilizzati come elementi decisivi [#OMISSIS#] comparazione e [#OMISSIS#] scelta del candidato più idoneo», e che dunque «non si può individuare un nesso di causalità tra l’intervento del prof. -OMISSIS- e l’esito del concorso» (nota di prot. n. 2184 del 13 gennaio 2017). Nondimeno, lo stesso delegato ha ravvisato un’interferenza nei lavori della commissione «realizzata dal prof. -OMISSIS- utilizzando la mail istituzionale», ritenuta indice della mancanza di consapevolezza da parte del docente dell’«anomalia del proprio comportamento, il quale, del resto, viene accettato senza proteste dai Commissari» e invece considerato rimproverabile sul piano disciplinare (ibidem).
9. A questo specifico riguardo, nelle sopra richiamate osservazioni i componenti della commissione hanno precisato che i lavori dell’organo concorsuale si sono svolti «secondo modalità e sulla base di criteri che dimostrano l’assoluta autonomia e indipendenza di giudizio della Commissione stessa», e che i documenti a questa inviati dall’appellante «non sono stati in nessun modo presi in considerazione in quanto, come anche sopra esposto, la Commissione stessa ha operato e valutato i candidati sulla base dei criteri definiti in sede di primo verbale e coerentemente applicati nei giudizi sopra riportati», per cui «non vi è mai stata alcuna possibilità di indirizzare la Commissione nel giudizio al quale è pervenuta (…) né alla stessa è addebitabile un’asserita rivelazione di non meglio precisati atti secretati».
10. Nondimeno, il collegio di disciplina ha sul punto condiviso i rilievi del delegato all’istruttoria.
Secondo l’organo disciplinare la delega al ritiro degli atti della procedura concorsuale ricevuta dal [#OMISSIS#], sulla base della quale doveva escludersi la violazione della segretezza degli atti medesimi, nondimeno non aveva autorizzato l’odierno appellante a predisporre il verbale relativo all’attività di valutazione della produzione scientifica dei candidati e tale condotta costituiva «comunque una interferenza a prescindere dal fatto che essa non corrisponde al verbale n.3 elaborato dalla Commissione, perché ai fini disciplinari sarebbe sufficiente la mera potenzialità dell’interferenza». A questo specifico riguardo il collegio di disciplina precisava che «ai fini disciplinari sarebbe sufficiente la mera potenzialità dell’interferenza» (seduta del 20 marzo 2017, sopra citata).
11. Sennonché questa valutazione, recepita poi dal consiglio di amministrazione (delibera n. 3 del 4 aprile 2017) e nel decreto rettorale impugnato, si espone alle censure formulate nell’appello.
12. Lo stesso collegio di disciplina ha infatti escluso l’interferenza nell’attività riservata alla commissione, ovvero la condotta sulla cui base è stato formulato l’addebito disciplinare, come anche la violazione della segretezza degli atti, in ragione del fatto che il ricorrente era stato delegato al ritiro degli atti dal [#OMISSIS#] della commissione. La contestazione di interferenza nei lavori di quest’[#OMISSIS#] è stata quindi degradata dallo stesso collegio di disciplina a potenzialità dell’interferenza, senza che da ciò siano state tratte le logiche conseguenze. Queste avrebbero dovuto condurre all’assenza di condotte rilevanti sul piano disciplinare, posto che tale potenzialità esclude innanzitutto sul piano oggettivo l’addebito a suo tempo formulato nei confronti del prof. -OMISSIS-.
13. Sono dunque fondate le censure contenute [#OMISSIS#] prima parte del primo motivo d’appello, sia sotto il profilo del difetto dei presupposti sostanziali per pervenire alla sanzione disciplina, sia sotto il profilo della carente motivazione del provvedimento conclusivo e dei presupposti atti dell’istruttoria, per non essere precisato in che termini una mera potenzialità di interferenza nei confronti dell’operato dell’organo concorsuale, avente occasione da una delega ricevuta dal suo [#OMISSIS#], dia luogo sul piano oggettivo ad una condotta incompatibile con lo status di docente, ai sensi dell’art. 2, lett. b), del più volte richiamato decreto rettorale del 2 marzo 2015, n. 663).
14. Al medesimo riguardo, peraltro, anche sul piano soggettivo nell’operato del docente possono ravvisarsi gli estremi una mancanza di cautela [#OMISSIS#] svolgimento dell’incarico ricevuto dal [#OMISSIS#] della commissione, che tuttavia non vale di per sé ad inquadrare il suo operato nell’ambito di un’incompatibilità con lo status di docente universitario, tanto più che – come sottolinea quest’[#OMISSIS#] – l’assenza di volontà di inquinare il concorso è resa palese dall’impiego della posta elettronica istituzionale, nell’ambito di una corrispondenza con il [#OMISSIS#] della commissione indirizzata anche all’ufficio concorsi dell’ateneo. In ordine al medesimo aspetto relativo al coefficiente psicologico del docente incolpato non è stato chiarito, tanto nel provvedimento sanzionatorio quanto negli atti dell’istruttoria, se la condotta da esso tenuta in esecuzione della delega ricevuta dal [#OMISSIS#] della commissione fosse ex ante obiettivamente idonea ad interferire sull’operato dell’organo della procedura selettiva, come pure sarebbe stato doveroso verificare e dare conto mediante motivazione, una volta che la commissione medesima, sentita sul punto, ha escluso ogni possibilità di interferenza.
15. Deve infine aggiungersi che l’assenza di elementi per formulare un giudizio di colpevolezza sul piano disciplinare rimane distinto da quello relativo alle valutazioni di opportunità che l’ateneo ha svolto con riguardo alla sorte del concorso ed in particolare con la decisione di annullare in autotutela il concorso in seguito all’esposto del candidato non utilmente collocato da cui ha tratto origine il procedimento disciplinare. Rispetto al profilo della legittimità e dell’opportunità amministrativa è infatti distinto quello della violazione di norme deontologiche dei soggetti incardinati dell’amministrazione, per cui non è possibile trarre alcun automatismo tra le decisioni relative [#OMISSIS#] atti della procedura selettiva e i rilievi di carattere disciplinare.
16. Per la sua fondatezza sotto gli assorbenti [#OMISSIS#] sopra esaminati l’appello deve quindi essere accolto e per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, va accolto il ricorso del prof. -OMISSIS- ed annullata la sanzione disciplinare con esso impugnata. Le spese del doppio grado di giudizio possono tuttavia essere integralmente compensate in ragione della particolarità della fattispecie da cui ha tratto origine il procedimento disciplinare definito con la sanzione impugnata.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della
sentenza di primo grado, accoglie il ricorso ed annulla gli atti con esso impugnati. Compensa le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
A) Dati sensibili diversi dalla salute
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare l’appellante.
Così deciso in Roma [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di consiglio del giorno 1 marzo 2022 con l’intervento dei magistrati: