I professori universitari a tempo pieno con almeno tre anni di anzianità possono essere nominati quali amministratori indipendenti all’interno di società di capitali. Tuttavia, la nomina può essere disposta a favore dei docenti delle Università statali, per espressa previsione legislativa, diversamente dai docenti di università libere e telematiche. Pertanto, il Tribunale ha sollevato q.l.c., in relazione all’ art. 3 in combinato disposto con l’art. 33 della Costituzione, dell’art. 6, comma 10, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, non potendo una legge disporre un trattamento diverso per cittadini che si trovano in situazioni uguali.
TGA Trento, Sez. un., ordinanza 20 marzo 2023, n. 43
- 00043/2023 REG.PROV.COLL.
- 00136/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento
(Sezione Unica)
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
nel giudizio introdotto con il ricorso numero di registro generale 136 del 2022, proposto da [#OMISSIS#] Carta rappresentato e difeso dall’avvocato [#OMISSIS#] de [#OMISSIS#], con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto in Trento presso lo studio de [#OMISSIS#], via S. Trinità, n. 14;
contro
Università degli Studi di Trento, in persona del Rettore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto in Trento, largo [#OMISSIS#] Nuova, n. 9, presso gli uffici della predetta Avvocatura;
per l’annullamento
– del provvedimento del Rettore dell’Università degli Studi di Trento del 1° luglio 2022, prot. UNITN|01/07/2022|0028365|P, comunicato in pari data, avente a oggetto “Prof. [#OMISSIS#] Carta. Richiesta di autorizzazione allo svolgimento di incarico extraistituzionale ai sensi del regolamento di Ateneo emanato con D.R. 688 del 30 novembre 2017”, con cui è stata negata l’autorizzazione chiesta dal professor [#OMISSIS#] Carta il 3 [#OMISSIS#] 2022 allo svolgimento dell’incarico extraistituzionale di componente del consiglio di amministrazione della società ITAS [#OMISSIS#] SpA, in qualità di amministratore indipendente;
per quanto occorrer possa,
– degli articoli 2 e 8 del “Regolamento per l’autorizzazione allo svolgimento di incarichi extraistituzionali del personale docente e ricercatore”, di cui al decreto del Rettore dell’Università di Trento del 31 marzo 2021, n. 268, qualora venissero interpretati nel senso di precludere al personale docente l’assunzione dell’incarico di consigliere indipendente in società a scopo di lucro;
– di ogni altro atto eventualmente presupposto, connesso o conseguente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti l’atto di costituzione in giudizio e la memoria difensiva dell’Università degli Studi di Trento;
Viste le ulteriori memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1;
Visto l’art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87,
Visto il decreto n. 9 del 2 [#OMISSIS#] 2022 del [#OMISSIS#] del T.R.G.A. di Trento;
Relatore [#OMISSIS#] udienza pubblica del giorno 23 febbraio 2023 il consigliere [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e udita per il ricorrente l’avvocato [#OMISSIS#] de [#OMISSIS#] come specificato nel relativo verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
1.1.L’odierno ricorrente sin dall’anno 2005 è professore ordinario a tempo pieno presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Trento e nell’ambito del settore scientifico disciplinare “Storia delle dottrine politiche”, insegna “Leadership e Governance”, “Leadership: theory and case studies”, “Political Theory” e “Storia del diritto medievale e moderno I”. Con decreto del Rettore 1112 del 16 novembre 2022 il professore, già Direttore del Collegio Clesio dell’Ateneo di Trento e Preside Vicario della Facoltà di Giurisprudenza di Trento nonché Membro del Dottorato in Studi Giuridici Comparati ed Europei presso la medesima Facoltà, è stato da [#OMISSIS#] anche nominato direttore del Dipartimento “Facoltà di Giurisprudenza”. Il medesimo docente, in relazione al possesso delle anzidette competenze e degli altri requisiti prescritti, ivi compresi quelli di cui al decreto 11 novembre 2011, n. 220 del Ministero dello sviluppo economico (di seguito MISE), è stato chiamato a far parte quale amministratore indipendente, senza funzioni o deleghe gestionali, del consiglio di amministrazione della società di assicurazione e riassicurazione sulla [#OMISSIS#] Itas [#OMISSIS#] s.p.a. (di seguito Itas [#OMISSIS#]), facente parte del gruppo mutualistico ITAS (ITAS Mutua), per gli esercizi 2022-2024 più precisamente dal [#OMISSIS#] 2022 al 31 dicembre 2024. Il professore ha accettato l’incarico subordinatamente all’acquisizione dell’autorizzazione del Rettore dell’Università degli Studi di Trento prescritta dall’art. 8, comma 1, del “Regolamento per l’autorizzazione allo svolgimento di incarichi extraistituzionali del personale docente e ricercatore”, emanato con decreto del Rettore 31 marzo 2021, n. 268 (di seguito Regolamento) in applicazione dell’art. 6 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, recante “Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l’efficienza del sistema universitario” e dell’art. 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”.
Importa qui evidenziare che l’art. 6, comma 10, della legge 30 dicembre 2010, n. 240 dispone in tal senso che “I professori e i ricercatori a tempo pieno, fatto [#OMISSIS#] il rispetto dei loro obblighi istituzionali, possono svolgere liberamente, anche con retribuzione, attività di valutazione e di referaggio, lezioni e seminari di carattere occasionale, attività di collaborazione scientifica e di consulenza, attivita’ di comunicazione e divulgazione scientifica e culturale, nonchè attività pubblicistiche ed editoriali. I professori e i ricercatori a tempo pieno possono altresì svolgere, previa autorizzazione del rettore, funzioni didattiche e di ricerca, nonchè compiti istituzionali e gestionali senza vincolo di subordinazione presso enti pubblici e privati senza scopo di lucro, purche’ non si determinino situazioni di conflitto di interesse con l’università di appartenenza, a condizione comunque che l’attività non rappresenti detrimento delle attività didattiche, scientifiche e gestionali loro affidate dall’università di appartenenza”.
A sua volta l’art. 2 del predetto Regolamento dell’Università di Trento, intitolato “Attività incompatibili con il ruolo di docente e ricercatore” dispone al comma 1, per quanto qui segnatamente interessa, che “[#OMISSIS#] restando l’obbligo di fedeltà e non concorrenza derivante dal rapporto di lavoro, sono incompatibili con lo status di professore e ricercatore, indipendentemente dal regime di impegno prescelto: a) l’assunzione di altri rapporti di lavoro subordinato, anche a tempo determinato, alle dipendenze di soggetti pubblici e privati, salva l’ipotesi di cui all’art. 4, co. 1, lett. a); b) l’esercizio di attività commerciali e industriali in qualsiasi forma esercitate, ivi compreso l’esercizio dell’attività di imprenditore [#OMISSIS#] professionale (IAP) e di coltivatore diretto; c) l’assunzione delle cariche di amministratore unico, direttore generale, amministratore delegato e ogni altro incarico avente natura gestionale o istituzionale, ivi compresi quelli senza deleghe operative, in società a scopo di lucro a totale o prevalente partecipazione privata; [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] quanto previsto dall’art.13 del d.P.R. n. 382 del 1980 in materia di aspettativa obbligatoria; d) l’assunzione di incarichi di amministratore in società controllate o vigilate dall’Università, ai sensi del d.lgs. n. 175 del 2016; e) lo svolgimento di attività o l’assunzione di incarichi extraistituzionali che determinino situazioni di conflitto di interessi o di concorrenza con l’Amministrazione quali, in via esemplificativa, l’assunzione di incarichi di responsabilità e di coordinamento di funzioni didattiche in concorrenza con l’Università, ovvero l’assunzione di ruoli di responsabilità nell’ambito di progetti di ricerca esterni all’Ateneo volti all’acquisizione di fondi”.
L’art. 5 del medesimo Regolamento, intitolato “Attività incompatibili” dispone – altresì – che “l’esercizio di attività [#OMISSIS#]-professionale è incompatibile con il regime di impegno a tempo pieno. Sono inoltre incompatibili le attività di lavoro autonomo e parasubordinato di carattere extraistituzionale prestate a favore di terzi che, considerate singolarmente o cumulativamente, costituiscono, in relazione all’impegno richiesto, un centro di interessi prevalente rispetto al ruolo universitario”.
L’anzidetto art. 8, comma 1, del Regolamento, intitolato “Attività consentite previa autorizzazione”, è viceversa formulato – e sempre per quanto qui segnatamente interessa – come segue:
“1.Possono essere svolti, previa autorizzazione e [#OMISSIS#] restando il rispetto dell’art. 2 e 5 del presente regolamento, gli incarichi retribuiti di seguito elencati: a) incarichi di progettazione didattica e incarichi didattici a titolo oneroso, configurabili come insegnamenti o moduli d’insegnamento nell’ambito di corsi di studio di primo, secondo e terzo ciclo e di corsi professionalizzanti istituiti presso Università ed enti pubblici e privati, anche stranieri; b) incarichi presso enti o organi costituzionali e di rilevanza costituzionale, enti ed organismi di rilevanza sovranazionale e internazionale, autorità amministrative indipendenti e di garanzia, [#OMISSIS#] quanto disposto dall’art. 13 del d.P.R. n. 382 dell’Il luglio 1980; c) incarichi istituzionali e gestionali presso enti pubblici e privati senza scopo di lucro, ad eccezione delle ipotesi in cui il dipendente sia posto in posizione di aspettativa, di comando o di fuori ruolo; d) incarichi istituzionali, purché riconducibili a funzioni di mera rappresentanza e comunque privi di deleghe operative, nelle società a prevalente partecipazione pubblica, anche aventi fini di lucro. Rimane esclusa la carica di [#OMISSIS#], in relazione alla quale [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] quanto disposto dall’art. 13 del d.P.R. n. 382 dell’11 luglio 1980; e) incarichi istituzionali, purché riconducibili a funzioni di mera rappresentanza e comunque privi di deleghe operative, in spin-off o start-up dell’Ateneo, enti, società, consorzi e fondazioni partecipate o in regime di convenzione con l’Università di Trento, ove la nomina sia stata proposta o deliberata da soggetto diverso dall’Ateneo; f) incarichi di arbitro o di componente a qualsiasi titolo di collegi arbitrali, nei casi previsti dalla legge; g) incarichi di componente del collegio sindacale, di organismi ispettivi e di vigilanza presso enti pubblici e privati; h) attività di interprete e di traduttore … i) la partecipazione a concorsi di idee, limitatamente alla fase che si conclude con la erogazione di un premio al soggetto o ai soggetti che hanno elaborato le idee migliori, [#OMISSIS#] restando che la partecipazione all’eventuale successiva procedura concorsuale di progettazione è ammessa unicamente quale consulenza esterna al progettista o al gruppo di progetto, secondo quanto previsto dall’art. 7 comma 1; j) ogni altro incarico retribuito, non ricompreso tra quelli di cui all’art. 6 e 7”, ossia assoggettati ai diversi e qui non rilevanti regimi di esercizio di incarichi extraistituzionali senza necessità di autorizzazione e di esercizio di incarichi subordinato a mera comunicazione preventiva, “purché non incompatibile con il ruolo universitario ai sensi degli artt. 2 e 5 del presente regolamento”.
L’istanza di autorizzazione che il ricorrente ha rivolto al Rettore il 3 [#OMISSIS#] 2022 è stata corredata dalla documentazione idonea, in tesi, a provare le condizioni per il suo accoglimento. In particolare è stata allegata la nota del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (di seguito MIUR) del 18 giugno 2019, avente ad oggetto “Risposta a quesiti del 27 [#OMISSIS#] 2019 – Regime di incompatibilità dei professori e ricercatori universitari a tempo pieno”, secondo la quale “l’assunzione di cariche istituzionali e gestionali in società anche a scopo di lucro è consentita liberamente ai docenti a tempo definito e previa autorizzazione del rettore per i docenti a tempo pieno, qualora la carica ricoperta non comporti la titolarità di alcun autonomo potere attribuito per legge o per delega, come per esempio nel [#OMISSIS#] degli amministratori indipendenti delle società quotate” (cfr. doc. 8 di parte ricorrente). Del pari è stato accluso il parere reso in data 12 aprile 2022 dal professor [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], ordinario di diritto dell’economia presso l’Università degli Studi di Trento che, muovendo dall’incontestato presupposto che Itas [#OMISSIS#] è partecipata al 100% da ITAS Mutua, [#OMISSIS#] l’accento sul fatto che “la partecipazione della Mutua come socio unico di Itas [#OMISSIS#] comporta che gli utili derivanti dall’attività della controllata siano distribuiti al socio unico, che li utilizzerà coerentemente alla causa mutualistica e in conformità dei limiti tassativi che essa impone alla remunerazione del capitale” con la conseguenza che, seppure lo scopo di Itas [#OMISSIS#] quello della realizzazione di utili attraverso l’esercizio di un’attività economica, nondimeno gli stessi sono destinati a fini mutualistici e che pertanto non è prospettabile -quantomeno sotto il profilo sostanziale – alcuno “scopo di lucro” da parte della medesima Itas [#OMISSIS#] (cfr. ibidem, doc. 9).
Nonostante tali punti di vista deponessero a favore del rilascio dell’autorizzazione richiesta e malgrado la valutazione positiva dell’attuale Preside della Facoltà di giurisprudenza (cfr. ibidem, doc. 10), la Commissione istruttoria prevista dall’art. 9, comma 2, del predetto Regolamento ha ritenuto di chiedere al riguardo il parere dell’Avvocatura distrettuale dello Stato, la quale l’8 giugno 2022 con nota CS-GD 5142022 si è espressa negativamente, innanzitutto sostenendo che Itas [#OMISSIS#] non potrebbe annoverarsi tra gli enti privati senza scopo di lucro, in quanto società per azioni e, dunque, “persona giuridica privata costituita per l’esercizio di un’attività economica con finalità di lucro”, non rilevando la circostanza che l’unico suo azionista sia ITAS Mutua, posto che “la natura dell’azionista non incide sulla configurazione giuridica della società (per azioni) partecipata”. Inoltre, sempre secondo la medesima Avvocatura, il consigliere indipendente è una figura contemplata dal diritto societario positivo con riferimento alle sole società quotate in borsa e neppure rinvenibile [#OMISSIS#] statuto di Itas [#OMISSIS#] e, comunque, non rappresenterebbe una presenza “meramente passiva” e “silente” nell’ambito del consiglio di amministrazione di una società di capitali” per cui [#OMISSIS#] specie non rileverebbe il fatto che l’incarico che il docente intenderebbe assumere rientri in tale tipologia di attività (cfr. ibidem, doc. 11)
Con provvedimento del 1° luglio 2022, prot. UNITN|01/07/2022|0028365|P, il Rettore dell’Università degli Studi di Trento ha infine negato l’autorizzazione allo svolgimento dell’incarico extraistituzionale sul presupposto che sarebbe “senz’altro da escludere che la società in questione [ITAS [#OMISSIS#] SpA, ndr], la quale riveste forma di società per azioni, possa annoverarsi tra gli enti privati senza scopo di lucro” (cfr. ibidem, doc. 1).
1.2. Il diniego opposto dal Rettore è stato impugnato dall’interessato con il ricorso in epigrafe, esteso “per quanto occorrer possa” anche [#OMISSIS#] “articoli 2 e 8 del Regolamento per l’autorizzazione allo svolgimento di incarichi extraistituzionali del personale docente e ricercatore, di cui al decreto del Rettore dell’Università di Trento del 31 marzo 2021, n. 268, qualora venissero interpretati nel senso di precludere al personale docente l’assunzione dell’incarico di consigliere indipendente in società a scopo di lucro”.
Il ricorrente deduce al riguardo i seguenti motivi di impugnazione:
I). Violazione e falsa applicazione dell’articolo 8, comma 1, lettera c), del “Regolamento per l’autorizzazione allo svolgimento di incarichi extraistituzionali del personale docente e ricercatore”, emanato con decreto del Rettore dell’Ateneo di Trento del 31 marzo 2021, n. 268, e dell’articolo 6, comma 10, della legge del 30 dicembre 2010, n. 240; eccesso di potere per difetto di istruttoria, per travisamento dei fatti e per erronea rappresentazione della realtà.
Secondo l’art. 8 comma 1 lettera c) del Regolamento, coerentemente con l’art. 6, comma 10, della legge del 30 dicembre 2010, n. 240, lo svolgimento di incarichi extraistituzionali da parte di professori e ricercatori a tempo pieno è oggetto di autorizzazione che è subordinata all’assenza dello scopo di lucro quanto [#OMISSIS#] enti presso i quali tali incarichi vengono svolti. Inoltre deve essere [#OMISSIS#] specie escluso qualsivoglia conflitto di interessi con l’Università e l’attività esterna espletata. Itas, del resto, è solo formalmente una società di capitali, come tale avente scopo di lucro, ma [#OMISSIS#] sostanza è una persona giuridica a carattere mutualistico e, pertanto, risulta priva della finalità lucrativa contestata, come ben argomentato nel proprio parere dal professor [#OMISSIS#] che ha testualmente sottolineato che “ITAS Mutua è unico azionista al 100% di ITAS [#OMISSIS#]” e che “la partecipazione della Mutua come socio unico di ITAS [#OMISSIS#] comporta che gli utili derivanti dall’attività della controllata siano distribuiti al socio unico, che li utilizzerà coerentemente alla causa mutualistica e in conformità dei limiti tassativi che essa impone alla remunerazione del capitale”.
II). Violazione di legge per violazione della circolare del MIUR del 18 giugno 2019, avente a oggetto “Risposta a quesiti del 27 [#OMISSIS#] 2019 – Regime di incompatibilità dei professori e ricercatori universitari a tempo pieno” e del Regolamento IVASS del 3 luglio 2018, n. 38, recante “Disposizioni in materia di governo societario”; violazione di legge (articolo 3 della legge 241 del 1990) per difetto assoluto di motivazione; eccesso di potere per carenza istruttoria e per travisamento dei fatti, stante l’omessa considerazione di una dirimente circostanza di fatto; eccesso di potere per disparità di trattamento.
L’incarico che Itas ha inteso conferire al ricorrente risulta corrispondere a quello di amministratore indipendente vale a dire un ruolo caratterizzato da assenza di finalità esecutive e gestionali introdotto nell’ordinamento dalla riforma societaria di cui al decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 6. [#OMISSIS#] specifico il consigliere indipendente è una figura che deve possedere particolari requisiti volti a garantirne l’autonomia di giudizio e l’imparzialità all’interno del consiglio di amministrazione (cfr. artt. 2409 septiesdecies, 2409 octiesdecies e 2351 c.c.). Con l’art. 147 ter del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (“Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996, n. 52”), il consigliere indipendente è stato introdotto per le società quotate e con l’art. 26 del d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385 (“Testo Unico Bancario”) e l’art. 76 del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209 (“Codice delle assicurazioni private”) la medesima figura è stata prevista per le società bancarie e assicurative. Per quanto attiene l’ambito assicurativo rileva significatamente il Regolamento dell’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (IVASS) del 3 luglio 2018, n. 38 (“Disposizioni in materia di governo societario”) e il decreto del Ministero dello sviluppo economico (di seguito MISE) del 2 [#OMISSIS#] 2022, n. 88, entrato in vigore l’11 luglio 2022 e che ha imposto alle compagnie di assicurazione e riassicurazione di dotarsi, all’interno del proprio organo amministrativo, di amministratori indipendenti, mentre con l ’art. 7, comma 2, lettera b), ha indicato fra i soggetti in possesso dei requisiti di professionalità richiesti per il ruolo di amministratore con incarichi non esecutivi (e, dunque, per quello di consigliere indipendente) coloro che hanno esercitato, per almeno tre anni attività di docenza universitaria. La nota del 18 giugno 2019 del MIUR – qualificata dalla parte ricorrente come “circolare” – ha precisato che “l’assunzione di cariche istituzionali e gestionali in società anche a scopo di lucro è consentita liberamente ai docenti a tempo definito e previa autorizzazione del rettore per i docenti a tempo pieno, qualora la carica ricoperta non comporti la titolarità di alcun autonomo potere attribuito per legge o per delega, come per esempio nel [#OMISSIS#] degli amministratori indipendenti delle società quotate”. La nomina del docente quale amministratore indipendente nel consiglio di amministrazione di Itas [#OMISSIS#] avrebbe dunque dovuto essere autorizzata dal Rettore anche nel [#OMISSIS#] in cui la suddetta società sia considerata a scopo di lucro pure sotto il profilo sostanziale. Tra l’altro gli artt. 8 e 2 del Regolamento non paiono deporre per l’esclusione dell’autorizzazione nel [#OMISSIS#] di incarico di consigliere indipendente in società con finalità di lucro. Diversamente opinando si deve allora ritenere l’illegittimità del Regolamento.
III). Violazione di legge per violazione dell’articolo 3 della legge del 7 agosto 1990, n. 241 – difetto di motivazione. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 1, comma 2, della legge del 7 agosto 1990, n. 241 – violazione del divieto di aggravamento del procedimento
Nonostante l’allegazione da parte del docente alla domanda di autorizzazione all’incarico di plurimi elementi per assentire l’attività in Itas [#OMISSIS#] (“Circolare” MIUR del 2019 che assume la compatibilità dell’incarico di consigliere indipendente anche nelle società aventi scopo di lucro, parere del prof. [#OMISSIS#] sulla natura mediatamente mutualistica di ITAS nonché parere favorevole del Preside della Facoltà di Giurisprudenza), l’Università ha ritenuto di acquisire anche il parere dell’Avvocatura distrettuale dello Stato, con ciò incorrendo oltre che in una palese violazione dell’obbligo motivazionale in un ingiustificato aggravamento del procedimento, vietato dall’articolo 1, comma 2, della legge del 7 agosto 1990, n. 241. Inoltre anche l’adesione integrale e acritica al punto di vista dell’Avvocatura ha determinato un difetto motivazionale nell’impugnato diniego di autorizzazione.
2. Si è costituita in giudizio per resistere al ricorso l’Università degli Studi di Trento che ha puntualmente replicato all’assunto di parte ricorrente secondo cui Itas [#OMISSIS#] non sarebbe un soggetto che persegue uno scopo di lucro. Ancorchè ITAS Mutua risulti essere (del tutto casualmente) azionista unico al 100% di Itas [#OMISSIS#], l’Università ritiene infatti che quest’[#OMISSIS#] sia comunque una società per azioni che istituzionalmente comporta lo scopo di lucro e che tale circostanza necessariamente preclude ex art. 6 della legge n. 240 del 2010 la possibilità di conferire incarichi al personale docente a tempo pieno. La questione in esame, a dire dell’intimata Università, attiene esclusivamente alla interpretazione ed applicazione delle disposizioni normative circa la qualificazione giuridica di Itas [#OMISSIS#] e non comprende i censurati [#OMISSIS#] di difetto di motivazione o di eccesso di potere. Considerato il principio costituzionale dell’esclusività del rapporto di pubblico impiego di cui all’art. 98 Cost. da cui derivano le previste incompatibilità con altri rapporti di lavoro o di servizio, ovvero con altre attività professionali e/o economiche, l’Università sostiene che le deroghe pur contemplate rispetto a tale regime, quale quella recata dall’art. 6 citato, costituiscono tuttavia eccezioni del sistema e soggiacciono quindi necessariamente ad applicazione e interpretazione restrittiva. Del resto, rileva ancora l’Università, l’art. 8, comma 1, lettera c), in combinato con l’art. 2 del proprio Regolamento ammettono incarichi esclusivamente presso enti senza scopo di lucro indipendentemente dalla natura dell’incarico gestionale ovvero privo di deleghe operative: e ciò in sintonia con l’art. 6, comma 10, della legge n. 240 del 2010. Ne consegue che [#OMISSIS#] specie non assume rilievo la qualifica di “amministratore indipendente” che in tesi l’odierno ricorrente sostiene di dover assumere all’interno dell’impresa “a scopo di lucro” ancorchè la circostanza non emerga da alcun atto. L’Università osserva pure che Itas [#OMISSIS#] non risulta avere adottato il modello monistico di governance, posto che è indubbiamente presente ed istituito anche il collegio sindacale (alla cui mancanza dovrebbe, in particolare, supplire la presenza dei consiglieri indipendenti nei consigli di amministrazione).
3. Con memoria del 2 febbraio 2023 il ricorrente ha ribadito le proprie tesi insistendo per l’accoglimento del ricorso.
4. Alla pubblica udienza del 23 febbraio 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.
5.1. Tanto premesso in fatto, ad avviso del Collegio assume precipua rilevanza, al fine di definire nel merito la controversia de qua, il secondo motivo di ricorso, il quale invero più direttamente attiene alla fondatezza – o meno – della pretesa fatta valere dalla parte ricorrente. Con tale doglianza l’illegittimità del diniego opposto dal Rettore alla richiesta di parte ricorrente di essere autorizzato ad assumere l’incarico di componente del consiglio di amministrazione di Itas [#OMISSIS#] viene infatti dedotta in ragione della natura dell’incarico di amministratore indipendente, della quale il Rettore non avrebbe tuttavia tenuto conto.
5.2. A riguardo di tale motivo di ricorso, il Collegio reputa innanzitutto necessario evidenziare le disposizioni di rango secondario contenute nel “Regolamento per l’autorizzazione allo svolgimento di incarichi extraistituzionali del personale docente e ricercatore”, emanato con decreto del Rettore 31 marzo 2021, n. 268, ritualmente impugnate dal ricorrente e che costituiscono il riferimento normativo del provvedimento di diniego qui principalmente contestato. Si tratta dell’art. 2 secondo cui “[#OMISSIS#] restando l’obbligo di fedeltà e non concorrenza derivante dal rapporto di lavoro, sono incompatibili con lo status di professore e ricercatore, indipendentemente dal regime di impegno prescelto:…… c) l’assunzione delle cariche di amministratore unico, direttore generale, amministratore delegato e ogni altro incarico avente natura gestionale o istituzionale, ivi compresi quelli senza deleghe operative, in società a scopo di lucro a totale o prevalente partecipazione privata; resta [#OMISSIS#] quanto previsto dall’art.13 del DPR 382/1980 in materia di aspettativa obbligatoria” e dell’art. 8 ai sensi del quale “Possono essere svolti, previa autorizzazione e [#OMISSIS#] restando il rispetto dell’art. 2 e 5 del presente regolamento, gli incarichi retribuiti di seguito elencati:….c) incarichi istituzionali e gestionali presso enti pubblici e privati senza scopo di lucro, ad eccezione delle ipotesi in cui il dipendente sia posto in posizione di aspettativa, di comando o di fuori ruolo”. Merita evidenziare che le preclusive disposizioni che precedono, applicate nel [#OMISSIS#] di specie (e del pari l’art. 6, comma 10, della legge 30 dicembre 2010, n. 240 di cui si dirà nel prosieguo) [#OMISSIS#] prospettazione dell’intimata Università vengono riconnesse, quanto al loro precipuo fondamento di ordine generale, al principio di esclusività del rapporto di impiego pubblico affermato dall’art. 98, comma 1, della Costituzione, nonché – in via sistematica – alla conseguente disciplina legislativa ordinaria di dettaglio dettata in materia di incompatibilità con altri rapporti di lavoro o di servizio complessivamente contenuta negli artt. 60 e seguenti del t.u. approvato con d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 e nell’art. 53 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, rimarcando nel contempo che le deroghe al regime di incompatibilità contenute nelle specifiche disposizioni di settore ([#OMISSIS#] specie il testè citato art. 8 del Regolamento nonchè l’art. 6, comma 10, della legge 30 dicembre 2010, n. 240) e – per l’appunto – non contemplanti l’assunzione dell’incarico extraistituzionale di cui trattasi, si connotano altresì per la loro eccezionalità.
5.3. Va, altresì, nel contempo sottolineato che le citate disposizioni del Regolamento risultano del tutto sintoniche con l’art. 6, comma 10, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, recante “Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l’efficienza del sistema universitario”. Anche ai sensi della suddetta disciplina di fonte legislativa ordinaria, infatti, “I professori e i ricercatori a tempo pieno possono altresi’ svolgere, previa autorizzazione del rettore, funzioni didattiche e di ricerca, nonche’ compiti istituzionali e gestionali senza vincolo di subordinazione presso enti pubblici e privati senza scopo di lucro, purche’ non si determinino situazioni di conflitto di interesse con l’universita’ di appartenenza, a condizione comunque che l’attivita’ non rappresenti detrimento delle attivita’ didattiche, scientifiche e gestionali loro affidate dall’universita’ di appartenenza.”
5.4. Ciò posto, è sin d’ora appena il [#OMISSIS#] di rilevare che il contenuto testuale del citato art. 6, comma 10, non risulta formalmente mutato a seguito dell’intervenuta recezione nell’ordinamento della figura dell’amministratore indipendente all’interno dei consigli di amministrazione delle società di assicurazione.
In linea generale, e per quanto di interesse in questa sede, dall’insieme della disciplina dettata in tema di amministratori indipendenti (cfr. artt. 2409 septiesdecies e 2409 octiesdecies c.c.; art. 147 ter del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58; cfr. altresì, segnatamente l’art. 76 del d.lgs. 7 settembre 2005 per le società bancarie e assicurative; cfr. inoltre per le società assicurative il Regolamento dell’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni – IVASS del 3 luglio 2018, n. 38 e il decreto del MISE n. 88 del 2 [#OMISSIS#] 2022, entrato in vigore l’11 luglio 2022 che ha imposto alle compagnie di assicurazione e riassicurazione di dotarsi, all’interno del proprio organo collegiale di amministrazione, di amministratori indipendenti espressamente indicando – per l’appunto – all’art. 7, comma 2, lett. b), tra i soggetti che possono essere preposti a tale incarico anche “coloro che abbiano esercitato, per almeno tre anni, anche alternativamente … attività d’insegnamento universitario, quali docente di prima o seconda fascia, in materie giuridiche o economiche o in altre materie comunque funzionali all’attività del settore assicurativo, creditizio, finanziario o mobiliare”) si ricava che gli stessi sono istituzionalmente chiamati a vigilare sul perseguimento dell’interesse sociale da parte degli amministratori esecutivi e a prevenire comportamenti opportunistici o comunque influenzati da interessi extrasociali contribuendo alle determinazioni del consiglio di amministrazione con un giudizio autonomo e non condizionato. Si tratta di un’attività di controllo in parte sovrapponibile a quella dei sindaci, tanto che tale ben particolare categoria dii amministratori deve possedere i medesimi requisiti di indipendenza. Tuttavia i medesimi amministratori indipendenti si differenziano nel contempo dagli stessi sindaci poiché questi ultimi non prendono parte alle decisioni del consiglio di amministrazione e non possono influenzarle o impedirle ma solo, eventualmente, impugnarle se contrarie alla legge o allo statuto. Gli amministratori indipendenti, viceversa, sono a tutti gli effetti amministratori e concorrono direttamente all’assunzione delle deliberazioni dell’organo collegiale di amministrazione del quale sono membri. Per inciso vale considerare che nelle società quotate in borsa [#OMISSIS#] amministratori indipendenti non possono essere affidati poteri individuali di gestione e che peraltro anche in tali compagini societarie essi, proprio in quanto amministratori, assumono comunque l’obbligo di esercitare in forma collegiale i poteri di gestione propri del consiglio del quale fanno parte.
In definitiva l’indipendenza richiesta [#OMISSIS#] amministratori indipendenti deve pertanto porsi nei confronti degli amministratori esecutivi, oltreché dei soci di controllo, rilevando in particolare l’autonomia di giudizio e il [#OMISSIS#] apprezzamento, anche in senso critico, dell’operato del management e degli stessi azionisti di riferimento, nonché – in buona sostanza – lo spessore intellettuale, etico e morale posseduto: caratteristiche, queste, che il regolatore statuale ha ritenuto evidentemente sussistere [#OMISSIS#] categoria dei docenti universitari con tre anni di attività, atteso che – come dianzi puntualizzato – l’art. 7, comma 2, lettera b), del decreto del Ministero dello sviluppo economico (di seguito MISE) del 2 [#OMISSIS#] 2022, n. 88 ha indicato tali soggetti fra quelli in possesso dei requisiti di professionalità richiesti per il ruolo di amministratore con incarichi non esecutivi (e, dunque, per quello di consigliere indipendente).
Giova inoltre soggiungere che a riguardo degli amministratori indipendenti la Commissione Europea con propria Raccomandazione del 15 febbraio 2005 – 2005/162/CE ha osservato che “la presenza di persone indipendenti nel consiglio d’amministrazione, in grado di mettere in discussione le decisioni dei dirigenti, è generalmente considerata un modo per proteggere gli interessi degli azionisti e degli altri interessati. La gestione delle società, allo scopo di garantire che gli interessi di tutti gli azionisti e dei terzi siano protetti, dovrebbe essere soggetta a una funzione di vigilanza efficace e sufficientemente indipendente. Per indipendenza si dovrebbe intendere l’assenza di un conflitto di interessi rilevante.”
La circostanza che tale atto della Commissione non sia di per sé vincolante ai sensi dell’art. 288 TFUE, non oblitera peraltro la circostanza che le dianzi richiamate fonti del diritto interno italiano disciplinanti la figura dell’amministratore indipendente da un lato trovano riferimento [#OMISSIS#] normativa di cui all’articolo 42 della Direttiva 2009/138/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 novembre 2009 in materia di accesso ed esercizio delle attività di assicurazione e di riassicurazione, recepita con decreto legislativo 12 [#OMISSIS#] 2015, n. 74 e, dall’altro, risultano adottate in dichiarata attuazione della delega regolamentare recata dall’art. 76 del codice delle assicurazioni di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, in buona sostanza con ciò mutuando la loro essenza dalle previsioni della [#OMISSIS#] di rango primaria.
Posto tutto quanto sopra, sul testo attualmente in vigore dell’art. 6 della legge n. 240 del 2010 non ha inciso – si ribadisce – l’entrata in vigore del Regolamento dell’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (IVASS) del 3 luglio 2018, n. 38, recante “Disposizioni in materia di governo societario”, laddove all’art. 5, comma 2, lett. z) dispone che l’organo amministrativo delle società di assicurazione e riassicurazione debba annualmente verificare “che vi sia una presenza numericamente adeguata, in relazione all’attività svolta, di membri indipendenti”, intesi come soggetti “privi di deleghe esecutive” e che “vigilano con autonomia di giudizio sulla gestione sociale, contribuendo ad assicurare che essa sia svolta nell’interesse della società e in modo coerente con gli obiettivi di sana e prudente gestione”. Nè lo stesso articolo di legge ha a tutt’oggi subito modificazioni a seguito dell’entrata in vigore, avvenuta l’1 novembre 2022, dell’anzidetto decreto del MISE n. 88 del 2 [#OMISSIS#] 2022, n. 88, recante il “Regolamento in materia di requisiti e criteri di idoneita’ allo svolgimento dell’incarico degli esponenti aziendali e di coloro che svolgono funzioni fondamentali ai sensi dell’articolo 76, del codice delle assicurazioni, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209” e che all’art. 10 comma 4 reca l’obbligo per le compagnie di assicurazione e riassicurazione di dotarsi, all’interno del proprio organo amministrativo, di amministratori indipendenti, con la precisazione all’art. 12 che “si considera indipendente il consigliere non esecutivo” mentre – come già si è detto innanzi – l’art. 7, comma 2, lett. b) testualmente ricomprende tra i soggetti in possesso dei requisiti di professionalità richiesti per il ruolo di amministratore con incarichi non esecutivi (e, dunque, per quello di consigliere indipendente) coloro che “hanno esercitato, per almeno tre anni … attività d’insegnamento universitario, quali docenti di prima o seconda fascia, in materie giuridiche o economiche o in altre materie comunque funzionali all’attività del settore assicurativo, creditizio, finanziario o mobiliare”.
5.5 Tenuto conto di quanto precede, il Collegio reputa che il secondo motivo del ricorso in esame non possa – di per sé – trovare accoglimento nell’attuale contesto normativo: e ciò con riguardo sia alla pretesa illegittimità del provvedimento di diniego del Rettore dedotta in via autonoma dalla parte ricorrente, sia con riguardo all’illegittimità dei presupposti artt. 2 e 8 del Regolamento universitario per l’autorizzazione allo svolgimento di incarichi extraistituzionali del personale docente e ricercatore, dai quali evidentemente discenderebbe in via derivata l’illegittimità del provvedimento in principalità impugnato, ossia l’anzidetto provvedimento di diniego.
In proposito infatti non giova valersi in via meramente intrinseca, come fa il ricorrente, della connotazione dichiaratamente “indipendente” dell’incarico che egli andrebbe a ricoprire nell’ambito del consiglio di amministrazione di Itas.
È sufficiente in proposito considerare quanto puntualmente disposto, tanto da non poter essere diversamente interpretato (anche per le ragioni di cui si dirà a riguardo del primo motivo di ricorso), dal combinato disposto dei predetti artt. 2 e 8 del Regolamento di fonte universitaria. Infatti a tale riguardo emerge in tutta evidenza ed inequivocabilmente che lo scopo di lucro perseguito dalla persona giuridica cui afferisce l’incarico assume di per sé e in via assorbente rilevanza ostativa, impedendo la compatibilità con il ruolo di docente o di ricercatore a tempo pieno di un tale impegno extraistituzionale.
In altri termini, anche qualora l’incarico che il ricorrente intenderebbe svolgere si risolvesse – come nel [#OMISSIS#] di specie la documentazione concernente la verifica dei requisiti versata in atti comunque conferma – in un ruolo di amministratore con incarichi non esecutivi e, dunque, in quello del cosiddetto consigliere indipendente, la circostanza non varrebbe ad elidere la portata nettamente escludente dello scopo di lucro di cui alle citate previsioni; e, d’altra parte, neppure ha pregio l’invocata illegittimità degli artt. 2 e 8 del Regolamento da cui evidentemente discenderebbe in via derivata l’illegittimità del provvedimento di diniego in principalità impugnato, come già evidenziato in precedenza. Vale in proposito ribadire che le disposizioni suddette sono del tutto coerenti nel loro inequivoco contenuto con l’art. 6, comma 10, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, recante “Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l’efficienza del sistema universitario”: e, come si è anticipato dianzi, quest’[#OMISSIS#] disposizione non risulta essere stata oggetto di modificazione anche a seguito dell’entrata in vigore del Regolamento IVASS del 3 luglio 2018, n. 38 (“Disposizioni in materia di governo societario”) nonchè del decreto del Ministero dello sviluppo economico (di seguito MISE) del 2 [#OMISSIS#] 2022, n. 88.
La pretesa di parte ricorrente di un’interpretazione adeguatrice o comunque conforme degli artt. 2 e 8 del Regolamento dell’Università ai predetti Regolamento IVASS e decreto del MISE laddove ciò non è avvenuto con riferimento al citato art. 6 di fonte statuale non trova pertanto giustificazione alcuna; e, a maggior ragione, neppure risulta in tutta evidenza ammissibile un effetto ermeneuticamente di fatto abrogativo in parte qua della disciplina contenuta [#OMISSIS#] stesso art. 6, comma 10, della legge 30 dicembre 2010, n. 240 a seguito della sopravvenienza dei suddetti Regolamento IVASS e decreto del MISE.
Nè, sempre in tal senso, può assumere rilievo il richiamo alla cosiddetta “circolare” del 18 giugno 2019 con cui il MIUR ha testualmente precisato che “l’assunzione di cariche istituzionali e gestionali in società anche a scopo di lucro è consentita liberamente ai docenti a tempo definito e previa autorizzazione del rettore per i docenti a tempo pieno, qualora la carica ricoperta non comporti la titolarità di alcun autonomo potere attribuito per legge o per delega, come per esempio nel [#OMISSIS#] degli amministratori indipendenti delle società quotate”. Al riguardo va innanzitutto evidenziata la dubbia riconducibilità di tale nota [#OMISSIS#] categoria degli atti aventi natura di circolari: essa, infatti, pur effettivamente assumendo la compatibilità dell’incarico di consigliere indipendente anche nelle società aventi scopo di lucro per il personale docente universitario assoggettato alla disciplina pubblicistica di cui all’art. 3, comma 2, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, ha peraltro ad oggetto la mera risposta ad un quesito indirizzata dall’allora Capo Dipartimento per la Formazione Superiore e per la Ricerca del MIUR esclusivamente a colui che lo aveva formulato, ossia il Prof. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Segretario nazionale dell’USPUR – Unione Sindacale Professori Universitari e Ricercatori.
Ma, in via del tutto assorbente, rimane soprattutto il fatto che secondo una consolidata giurisprudenza (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. III, 1° dicembre 2016, n. 5047), anche le cc.dd. circolari interpretative di disposizioni di legge sono, in linea di principio, atti interni finalizzati ad uniformare l’azione degli organi amministrativi rimanendo privi di effetti esterni, con la conseguenza che esse non prevalgono su di una disposizione regolamentare assolutamente chiara, né assumono carattere vincolante per il [#OMISSIS#].
5.6. In definitiva non merita condivisione alcuna l’argomento che, allo scopo di censurare il provvedimento di diniego e del pari gli artt. 2 e 8 del Regolamento, in generale fa leva sull’introduzione della figura di consigliere indipendente nell’ambito delle società assicurative intervenuta con l’art. 76 del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209 – Codice delle assicurazioni private: e, conseguentemente, il Collegio ritiene che il ricorso non potrebbe essere accolto stante altresì l’infondatezza – allo stato della normativa vigente – dei restanti motivi, e della quale si dirà appresso in punto di dimostrazione della rilevanza della questione di legittimità costituzionale che qui si intende sollevare.
Il Collegio evidenzia infatti che allo stato dell’attuale contesto normativo sussista con riguardo all’assunzione dell’incarico extraistituzionale di consigliere indipendente presso le compagnie di assicurazione una ben evidente disparità di trattamento tra il personale docente delle Università statali e le rimanenti categorie di docenti universitari, ingiustificata ed irragionevole nonché incompatibile con la libertà della scienza e del suo insegnamento ed altresì inconciliabile con l’autonomia ordinamentale di ciascun Ateneo che ne deriva e quindi ritiene [#OMISSIS#] specie non manifestamente infondata la violazione del parametro costituzionale di cui all’art. 3 Cost. in combinato disposto con l’art. 33 Cost. Tenuto pertanto conto, oltreché della non manifesta infondatezza della questione anche della rilevanza della stessa ai fini di dirimere la controversia di cui al ricorso in epigrafe, nonché della ritenuta inammissibilità di una interpretazione adeguatrice e conforme a Costituzione il Collegio reputa quindi di sollevare d’ufficio la questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 10, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, recante “Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l’efficienza del sistema universitario” [#OMISSIS#] parte in cui non consente di assumere l’incarico di consigliere indipendente in società a scopo di lucro a coloro che – come previsto dal predetto decreto del MISE – hanno esercitato, per almeno tre anni, “attività d’insegnamento universitario, quali docenti di prima o seconda fascia, in materie giuridiche o economiche o in altre materie comunque funzionali all’attività del settore assicurativo, creditizio, finanziario o mobiliare”.
5.7. Per quanto riguarda l’inammissibilità, nel [#OMISSIS#] di specie, di una interpretazione conforme a Costituzione, il Collegio ritiene, in primo luogo, che al [#OMISSIS#] a quo non sia consentito di sostituirsi all’apprezzamento discrezionale del legislatore facendo applicazione di uno piuttosto che di un altro dei parametri costituzionali che vengono qui in rilievo, vale a dire l’art. 3 Cost. anche in combinato disposto con l’art. 33 Cost., ovvero l’art. 98 Cost. quale corollario dell’art. 97 Cost.. Infatti il [#OMISSIS#] adotta una lettura alternativa aderente al dettato costituzionale non solo qualora appaia con chiarezza ed inequivocabilmente la [#OMISSIS#] confliggente con il dettato costituzionale ma, soprattutto, laddove l’adesione al parametro costituzionale che si ritiene vulnerato non si ponga in conflitto con altri precetti costituzionali. Il principio che appare sotteso all’art. 6, comma 10, della legge 30 dicembre 2010, n. 240 [#OMISSIS#] parte in cui tale articolo preclude in genere ai docenti gli incarichi in società di lucro verosimilmente si identifica con quello dell’esclusività del rapporto di impiego pubblico recato dall’art. 98, comma 1, della Costituzione, corollario del principio di buon andamento ed imparzialità previsto dall’art. 97 che precede e dal quale è pure derivata la disciplina di incompatibilità con altri rapporti di lavoro o di servizio di cui [#OMISSIS#] artt. 60 e seguenti del t.u. approvato con d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 e all’art. 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (cfr., ad es., T.A.R. [#OMISSIS#]-Romagna Parma, 17 luglio 2017, n.263; T.A.R. Lombardia Milano, sez. IV, 7 marzo 2013, n. 614; TAR [#OMISSIS#], Reggio [#OMISSIS#], 14 marzo 2017, n. 195). Non spetta peraltro a questo [#OMISSIS#], ad avviso del Collegio, privilegiare una diversa interpretazione del richiamato art. 6 comma 10, della l. n. 240 del 2010 ancorchè conforme al parametro di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost. ma in attuale contrasto con il parametro di esclusività del rapporto di pubblico impiego di cui all’art. 98 Cost. che consenta ai docenti di assumere l’incarico di consigliere indipendente in società di assicurazione a scopo di lucro. In buona sostanza nessun effetto tacitamente abrogativo dell’art. 6, comma 10, della legge 30 dicembre 2010, n. 240 può derivare da parte del Regolamento IVASS del 3 luglio 2018, n. 38 e del decreto del MISE del 2 [#OMISSIS#] 2022, n. 88; e la ben chiara generale ostatività dell’assunto di legge all’assunzione da parte del personale docente delle Università statali di incarichi extraistituzionali presso soggetti giuridici comunque perseguenti uno scopo di lucro rende ex se impraticabile un’interpretazione adeguatrice del disposto normativo, ancorchè costituzionalmente orientata con riguardo al predetto, combinato disposto degli artt. 3 e 33 Cost. Il problema nel [#OMISSIS#] di specie deve allora necessariamente trovare soluzione con l’attivazione del giudizio di costituzionalità affinché il [#OMISSIS#] delle leggi, nell’ambito del sindacato di costituzionalità ad esso attribuito, operi il necessario bilanciamento tra i valori e le esigenze sottesi ai vulnerati parametri dei testè riferiti artt. 3 e 33 Cost. laddove essi rilevano ai fini di una comune tutela della “scienza” e della materiale sua applicazione nel concreto da parte della docenza universitaria, sia statale che non statale.
5.8. In punto rilevanza della questione, ex art. 23, comma 2, della legge 11 marzo 1953 n. 87, va evidenziata la diretta ed attuale incidenza della [#OMISSIS#] contenuta nell’art. 6, comma 10, della legge 30 dicembre 2010, n. 240 che si dubita illegittima, al fine di definire il giudizio di cui al ricorso in epigrafe. Come meglio descritto nelle parti che precedono intercorre, infatti, tra la risoluzione della questione di legittimità costituzionale e la definizione della concreta controversia in esame, un rapporto di pregiudiziale strumentalità, atteso che all’accertamento dell’incostituzionalità del citato art. 6, comma 10, conseguirebbe l’illegittimità degli artt. 2 e 8 del Regolamento dell’Università di Trento in tema di autorizzazione allo svolgimento di incarichi extraistituzionali e, in definitiva, dell’impugnato diniego opposto dal Rettore. Si ribadisce che il suddetto Regolamento dell’Università di Trento non è stato oggetto di adeguamento – permanendo nell’ordinamento l’effetto ostativo del generale divieto contenuto nell’art. 6, comma 10, della l. n. 240 del 2010 – anche a seguito del Regolamento IVASS del 3 luglio 2018, n. 38 nonchè soprattutto del decreto del MISE del 2 [#OMISSIS#] 2022, n. 88: ed è in definitiva tale circostanza a radicare la rilevanza della questione nel senso prescritto dal citato art. 23.
5.9. La rilevanza della questione qui sollevata trae ulteriore conferma dal fatto che anche il primo motivo di ricorso, ad avviso del Collegio, non potrebbe essere accolto allo stato della normativa vigente. La ricostruzione del ricorrente che, riprendendo le argomentazioni del parere di parte depositato unitamente all’istanza di autorizzazione, evoca con riferimento alla natura di Itas [#OMISSIS#] una dimensione formale ed una sostanziale deve essere ex se decisamente respinta. Atteso che la carica cui è interessato il ricorrente non riguarda, si badi, ITAS Mutua bensì Itas [#OMISSIS#] S.p.a., una tale prospettazione del tema essenziale di cui si fa qui questione non assume tuttavia la consistenza dirimente circa la caratteristica mutualistica anzichè lucrativa della medesima Itas [#OMISSIS#], come viceversa pretenderebbe il ricorrente. Risalta – per contro, e con tutta evidenza – la decettività della tesi che, in stridente contrasto con il previsto conseguimento e la distribuzione degli utili, deduce uno scopo sostanzialmente mutualistico anche di una società di capitali quale – per l’appunto – Itas [#OMISSIS#], in quanto i suoi profitti pervengono integralmente a ITAS Mutua, che a sua volta li fa propri ancorchè impiegandoli in obiettivi di [#OMISSIS#] vicendevole. In altri termini, non è soltanto il rispetto del principio di economicità, vale a dire la copertura dei costi con i ricavi d’impresa, ad informare l’attività di Itas [#OMISSIS#], ma anche il raggiungimento di un [#OMISSIS#] destinato ad essere assegnato al socio unico ITAS Mutua: e, dunque, tale circostanza osta irrimediabilmente al riconoscimento di uno scopo mutualistico in Itas [#OMISSIS#]. Si consideri al riguardo che lo Statuto della stessa Itas [#OMISSIS#] S.p.a. non solo reca l’espressa e incontestata previsione della possibilità di distribuzione di dividendi (cfr. art. 21), ma altresì che solo occasionalmente – e, per così dire, solo casualmente – la stessa Itas [#OMISSIS#] S.p.a. è partecipata al 100% da ITAS Mutua, per cui una tale contingente eventualità non vale per [#OMISSIS#] a virare in senso mutualistico la natura di una società di capitali incontestatamente costituita con lo scopo di lucro. D’altra parte, la riqualificazione pretesa dal ricorrente quanto alla natura di tale soggetto giuridico – da società di capitali comportante uno scopo di lucro a società con il fine mutualistico – sconta l’assenza di una previsione legislativa puntuale al riguardo che sola potrebbe eventualmente consentire la suddetta riqualificazione. Invero anche l’”organismo di diritto pubblico” come definito nell’art. 3 comma 1 lettera d) del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 trova proprio in tale predetta disciplina i propri riferimenti normativi. Concludendo ai fini della qualificazione di società a scopo di lucro ovvero mutualistica, non giova riguardare la società di capitali Itas [#OMISSIS#] distinguendone un profilo formale e uno sostanziale, posto che il primo manifesta il secondo, nel mentre il secondo non automaticamente e in via generalizzata prevale sul primo. Ed è appena il [#OMISSIS#] di rilevare in proposito che proprio laddove la forma precipita nel formalismo che eventualmente trova apprezzamento un’accezione in negativo della forma medesima. Ma il [#OMISSIS#] de quo agitur non si caratterizza in tal senso. Semmai, proprio la non obliterabile sussistenza dello scopo di lucro nell’attività istituzionalmente svolta da Itas [#OMISSIS#] deve quindi indurre l’interprete a ricercare la possibilità di ricavare nell’ordinamento una deroga, nell’ambito della generalità dei soggetti che perseguono lo scopo di lucro ostativamente enunciato dall’art. 6, comma 10, della l. 240 del 2010, al fine di poter consentire al personale docente delle Università statali una specifica attività di indubbia [#OMISSIS#] scientifica, già contemplata da una [#OMISSIS#] di rango sub-legislativo e che viceversa risulta attualmente consentita a tutto il restante personale docente universitario.
5.10. Anche l’impossibilità dell’accoglimento del terzo motivo di ricorso suffraga ulteriormente la rilevanza della presente questione. Con tale mezzo il ricorrente deduce in particolare un ingiustificato aggravamento del procedimento, in violazione dell’art. 1, comma 2, della legge del 7 agosto 1990, n. 241, per avere l’Università richiesto il parere dell’Avvocatura distrettuale dello Stato nonostante la documentazione allegata all’istanza di autorizzazione all’incarico, asseritamente idonea al fine dell’ottenimento dell’autorizzazione. Il riguardare [#OMISSIS#] prospettiva di aggravamento del procedimento il fatto che l’Università per assumere il provvedimento censurato non abbia voluto limitarsi a considerare unicamente la documentazione, non del tutto neutrale proveniendo dall’interessato, non risulta condivisibile oltre che invero pure paradossale. E allora, in disparte restando il fatto che il parere reso al ricorrente da parte del collega professor [#OMISSIS#] circa la natura mediatamente mutualistica di Itas [#OMISSIS#] si configura appunto quale contributo peritale di parte e CHE pertanto DI PER Sé non costituisce un supporto probante ed idoneo a fornire la dimostrazione della rispondenza al vero di quanto affermato (cfr., tra le tante, Cons. Stato, sez. II, n. 3485 del 3 giugno 2020; Cons. Stato, sez. IV, 31 agosto 2018, n. 5128; Cons. giust. amm. Sicilia sez. giurisd., 20 novembre 2014, n. 640; T.R.G.A. Trento, 28 novembre 2022 n. 199) in ogni [#OMISSIS#] nessun avallo può trovare la pretesa del ricorrente a che l’Università non ricorra ad altre valutazioni prima di assumere una decisione di segno negativo rispetto a una questione in merito alla quale nutra dubbi. Ciò a fortiori, considerando che al riguardo l’Università si è avvalsa della valutazione dell’Avvocatura distrettuale dello Stato che di [#OMISSIS#] fornisce assistenza legale anche alle Università statali. L’Università, oltre a tutto, ha sempre la facoltà di acquisire ulteriori pareri, come riconosce anche la stessa difesa del ricorrente; né la medesima Università ha disposto mezzi istruttori da ritenersi superflui sol perché gli stessi, pur non obbligatori, non corrispondono nel loro risultato a quanto sostiene il ricorrente. L’Università – in buona sostanza – a fronte di valutazioni di parte prodotte dal ricorrente, anche ad ulteriore garanzia di quest’[#OMISSIS#] in ordine alla legittimità e liceità dell’incarico extraistituzionale di cui trattasi, ha semplicemente chiesto al riguardo della questione di cui è causa un parere ad un organo esterno ma istituzionalmente deputato a fornire consulenze alle amministrazioni dello Stato, e tale parere ha poi fatto proprio quale motivazione (formalmente legittima allo stato della disciplina di legge vigente), anche per relationem, del provvedimento di diniego impugnato. Tanto [#OMISSIS#] pertanto ad escludere consistenza al motivo dedotto che, tra l’altro, al pari dei precedenti rileva particolarmente con riferimento alle questioni assorbenti che attengono all’interpretazione delle disposizioni normative piuttosto che relativamente a [#OMISSIS#] concernenti carenze motivazionali.
5.11. Concludendo in punto di rilevanza della questione, va inoltre precisato che [#OMISSIS#] fattispecie risulta del tutto ininfluente la circostanza che lo statuto di Itas [#OMISSIS#] S.p.a. di per sé non prevede la figura dell’amministratore indipendente: e ciò in quanto la stessa risulta comunque precettivamente imposta dal Regolamento IVASS del 3 luglio 2018, n. 38 e dal decreto del MISE del 2 [#OMISSIS#] 2022, n. 88; né la figura stessa è operante soltanto nell’ambito delle società quotate in borsa, a loro volta assoggettate [#OMISSIS#] ulteriori ed ancor più stringenti controlli contemplati dall’art. 2325-bis c.c. e dal d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 e successive modifiche, posto che l’art. 3 del predetto Regolamento IVASS dispone che la disciplina ivi contenuta trova generale applicazione a tutte le imprese di assicurazione e di riassicurazione con sede legale nel territorio della Repubblica Italiana e che, coerentemente, l’art. 1, comma 1, prima parte del predetto decreto del MISE dispone a sua volta che esso si applica, senza distinzioni di sorta, “[#OMISSIS#] esponenti delle imprese di assicurazione o di riassicurazione italiane e alle ultime società controllanti italiane”. La presenza dell’amministratore indipendente risulta pertanto normativamente imposta a tutte le imprese operanti nell’ambito assicurativo e che sono conseguentemente assoggettati alla relativa disciplina di settore contenuta nel Codice delle assicurazioni private approvato con d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209 e successive modifiche: e ciò, dunque, a prescindere sia dalla loro forma societaria o connotazione di società per azioni c.d. “chiusa” (come nel [#OMISSIS#] di Itas [#OMISSIS#]), oppure con “azioni quotate in mercati regolamentati” o -ancora – con azioni “diffuse fra il pubblico in misura rilevante” (cfr., per la relativa distinzione, l’attuale testo del predetto art. 2325-bis c.c.), sia dalla stessa circostanza della formale recezione nei rispettivi statuti di tale particolare figura di amministratore.
6. In punto di non manifesta infondatezza, ex art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948 n. 1 e art. 23, comma 2, della legge 11 marzo 1953 n. 87, della questione concernente la possibilità per tutti coloro che hanno esercitato, per almeno tre anni, “attività d’insegnamento universitario, quali docenti di prima o seconda fascia, in materie giuridiche o economiche o in altre materie comunque funzionali all’attività del settore assicurativo, creditizio, finanziario o mobiliare” di assumere l’incarico di consigliere indipendente in società a scopo di lucro, vengono in considerazione, come si è dianzi detto, quale oggetto della costituzionalità di cui si dubita, l’art. 6, comma 10, della legge 30 dicembre 2010, n. 240 nonchè quali parametri costituzionali ritenuti violati l’art. 3 in combinato disposto con l’art. 33 della Costituzione. Rileva, altresì, quale [#OMISSIS#] di raffronto o “tertium comparationis”, non (sol)tanto la disciplina di cui alla [#OMISSIS#] interposta dell’art. 5, comma 2, lettera z) del Regolamento IVASS del 3 luglio 2018, n. 38 (“Disposizioni in materia di governo societario”) bensì soprattutto degli artt. 10, comma 4, e 7, comma 2, lettera b), del decreto del MISE del 2 [#OMISSIS#] 2022, n. 88. Il principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 della Costituzione postula che la legge disponga un trattamento pari per posizioni uguali e differenziato per situazioni diverse: ma non è dato rilevare, a parere del Collegio, quanto alla figura dei docenti universitari, diversità tali da poter ragionevolmente giustificare che ad alcuni di essi, tra l’altro numericamente inferiori all’interno della complessiva categoria del corpo accademico (segnatamente i docenti delle Università libere fondate, secondo la stessa previsione contenuta nell’art. 33 Cost., da soggetti privati di cui [#OMISSIS#] artt. 1, n. 3 e 198 e ss. del t.u. approvato con r.d. 31 agosto 1933, n. 1591 e alla l 19 luglio 1991, n. 243, nonché delle Università telematiche di cui all’art. 26, comma 5, della l. 27 dicembre 2002, n. 289) sia consentito svolgere incarichi anche in società a scopo di lucro qualora tali incarichi consistano in quello di amministratore indipendente, mentre ad altri (ossia ai docenti delle Università statali, e cioè alla parte numericamente preponderante del corpo accademico italiano) tale facoltà non sia permessa. Viene in rilievo a tale riguardo la clausola generale di ragionevolezza che discende dal principio di uguaglianza: “il principio di uguaglianza è violato anche quando la legge, senza un ragionevole motivo, faccia un trattamento diverso a cittadini che si trovino in situazioni uguali” (Corte Cost. n. 15 del 1960), “il principio di cui all’art. 3 Cost. è violato non solo quando i trattamenti messi a confronto sono formalmente contraddittori in ragione delle identità delle fattispecie, ma anche quando la differenza di trattamento è irrazionale secondo le regole del discorso pratico, in quanto le rispettive fattispecie, pur diverse, sono ragionevolmente analoghe” (Corte. Cost. n. 1009 del 1988). D’altra parte, che gli insegnanti debbano essere soggetti a un eguale trattamento non corrisponde solo in senso stretto al principio di uguaglianza, atteso che è anche la libertà d’insegnamento sancita dall’art. 33 della Costituzione a escludere, affinchè non risulti vanificata, diversità tra gli insegnanti. Neppure può essere invocato al riguardo il diritto di ciascuna Università di darsi ordinamenti autonomi previsto dal medesimo art. 33 Cost., poiché anche l’esercizio dell’autonomia universitaria non può ridondare a discapito del principio di uguaglianza. E, in definitiva, risulta del tutto contraddittorio e privo di logicità interna l’aver disposto la presenza della figura degli amministratori indipendenti nei consigli di amministrazione delle società di assicurazione (art. 10, comma 4, del decreto del MISE del 2 [#OMISSIS#] 2022, n. 88 secondo cui “Nell’organo amministrativo e nei relativi comitati endo-consiliari è assicurata la presenza di una quota di esponenti in possesso dei requisiti di indipendenza di cui all’articolo 12”, il quale a sua volta precisa che “Si considera indipendente il consigliere non esecutivo”) nonché l’aver pure espresso un favor rispetto alla categoria dei docenti universitari riconosciuti fra i soggetti in possesso dei requisiti di professionalità richiesti per il ruolo di amministratore con incarichi non esecutivi e, dunque, per quello di amministratore indipendente (art. 7, comma 2, lettera b), del decreto del MISE del 2 [#OMISSIS#] 2022, n. 88 che ha indicato per il ruolo coloro che hanno esercitato, per almeno tre anni, “attività d’insegnamento universitario, quali docenti di prima o seconda fascia, in materie giuridiche o economiche o in altre materie comunque funzionali all’attività del settore assicurativo, creditizio, finanziario o mobiliare”), senza aver poi conseguentemente adeguato l’art. 6, comma 10, della legge 30 dicembre 2010, n. 240. Né va sottaciuta la circostanza che l’inserzione della figura dell’amministratore indipendente è stata attuata dal regolatore nel contesto di un ordinamento tipicamente settoriale, quale è quello proprio delle assicurazioni private, che è indubitabilmente funzionale al perseguimento di un pubblico interesse, segnatamente evidenziato dalle previsioni normative di apposite “linee di politica assicurativa determinate dal Governo” (cfr. art. 4 del Codice delle assicurazioni private approvato con l’anzidetto d.lgs. n. 209 del 2005 e successive modifiche), nonché di “funzioni di vigilanza sul settore assicurativo mediante l’esercizio dei poteri di natura autorizzativa, prescrittiva, accertativa, cautelare e repressiva” esercitate dall’IVASS sulle imprese vigilate (cfr. ibidem, art. 5, comma 1): il tutto al fine di garantire la “prudente gestione delle imprese” medesime, nonché “la trasparenza e la correttezza dei comportamenti” delle stesse (cfr. ibidem, comma 3), “l’adeguata protezione degli assicurati e degli aventi diritto alle prestazioni assicurative” (cfr. ibidem, art. 3) e – non [#OMISSIS#] – anche “la stabilità del sistema e dei mercati finanziari” (cfr. ibidem).
Nel contesto testè descritto, risulta dunque con ogni evidenza il ruolo latu sensu ausiliario rispetto al perseguimento di tali fini di pubblico interesse che gli amministratori indipendenti assolvono all’interno delle compagini societarie di cui sono chiamati a far parte; e, conseguentemente, si dimostra del tutto coerente la scelta del regolatore che ha individuato nei docenti universitari una categoria particolarmente appropriata per ricoprire tale ruolo, che per [#OMISSIS#] postula il professionale possesso di cognizioni di “scienza” essenzialmente “[#OMISSIS#]” da qualsivoglia vincolo di interesse particolare, come – per l’appunto – dispone in via generale l’art. 33 Cost. Lo stesso regolatore, improntando le proprie disposizioni normative al contenuto di tale articolo della Legge fondamentale della Repubblica, non ha di per sé discriminato il contributo di “scienza” che può essere complessivamente offerto al riguardo dal corpo della docenza universitaria, senza distinzioni di sorta: e tale coerenza va – per l’appunto – ora necessariamente garantita, [#OMISSIS#] sua sistematicità, nell’ambito – all’evidenza condizionante – della fonte normativa immediatamente sovraordinata, ossia quella della legge. Per concludere il Collegio in relazione all’irragionevole e contraddittoria discriminazione arbitrariamente determinatasi tra docenti reputa non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale così come proposta.
7. Le suesposte considerazioni fondano, in definitiva, il giudizio di rilevanza ai fini della compiuta decisione nel merito della presente controversia e di non manifesta infondatezza della questione di illegittimità costituzionale dell’art. 6, comma 10, della legge 30 dicembre 2010, n. 240 per contrasto con l’art. 3 in combinato disposto con l’art. 33 della Costituzione nei termini e per le ragioni [#OMISSIS#] in motivazione. Si rimette pertanto la sua definizione alla Corte costituzionale con sospensione del presente giudizio e con trasmissione degli atti al [#OMISSIS#] delle leggi. Ogni ulteriore statuizione – in rito, in merito e in ordine alle spese del giudizio – [#OMISSIS#] riservata alla decisione definitiva.
P.Q.M.
Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa della Regione autonoma Trentino – Alto [#OMISSIS#]/Südtirol, sede di Trento, non definitivamente pronunciando sul ricorso n. 136 in epigrafe indicato:
– dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione all’ art. 3 in combinato disposto con l’art. 33 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 10, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, nei termini e per le ragioni sopra indicate.
– sospende per l’effetto il presente giudizio, con rinvio di ogni definitiva statuizione in rito, nel merito e sulle spese di lite, all’esito del promosso giudizio incidentale davanti alla Corte costituzionale cui la presente ordinanza va immediatamente trasmessa.
Ordina che, a cura della Segreteria del Tribunale, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al [#OMISSIS#] del Consiglio dei Ministri nonchè comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
Così deciso in Trento [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di consiglio del giorno 23 febbraio 2023 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#]
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
Pubblicato il 20/03/2023