Per la valutazione dei ricercatori senior ai fini dell’inquadramento nel ruolo di professore associato, le Università possono utilizzare criteri anche più selettivi di quelli previsti per il conseguimento della abilitazione scientifica nazionale.
TAR Veneto, Sez. IV., 2 gennaio 2024, n. 1
Valutazione dei ricercatori senior ai fini dell’inquadramento nel ruolo di professore associato
00001/2024 REG.PROV.COLL.
00423/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 423 del 2023, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati [#OMISSIS#] Tanzarella e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Tanzarella, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il loro studio in Milano, via Senato n. 37;
contro
Università degli Studi di -OMISSIS- e Ministero dell’Università e della Ricerca, in persona rispettivamente del Rettore e del Ministro pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata in Venezia, piazza S. [#OMISSIS#], 63;
per l’annullamento
– del decreto rettorale 9 febbraio 2023, prot. n. -OMISSIS- rep n. -OMISSIS-, recante il seguente dispositivo “È accertata la regolarità degli atti relativi alla procedura di valutazione ai sensi dell’art. 24 comma 5 della Legge 30 dicembre 2010, n. 240 della dott.ssa -OMISSIS-, Ricercatore Universitario a Tempo determinato di tipo b) – Senior – per il settore scientifico-disciplinare SECS-P/11 Economia degli Intermediari finanziari (settore concorsuale 13/B4)”;
– del decreto rettorale 13 febbraio 2023, prot. n. -OMISSIS- rep. n. -OMISSIS-, che ha annullato il dispositivo del decreto rettorale 9 febbraio 2023 prot. n. -OMISSIS- rep. n. -OMISSIS-, sostituendolo con il seguente: “È accertata la regolarità degli atti relativi alla procedura di valutazione ai sensi dell’art. 24 comma 5 della Legge 30 dicembre 2010, n. 240 della dott.ssa -OMISSIS-, Ricercatore Universitario a Tempo determinato di tipo b) – Senior – per il settore scientifico-disciplinare SECS-P/11 Economia degli Intermediari finanziari (settore concorsuale 13/B4), presso il Dipartimento di Management, da cui si evince che la dott.ssa -OMISSIS- risulta NON IDONEA alla chiamata in qualità di Professore di II fascia presso l’Università di -OMISSIS-”;
– del verbale prot. n. -OMISSIS- del 7 febbraio 2023, relativo alle operazioni di valutazione condotte nell’ambito della “Procedura valutativa della dott.ssa -OMISSIS-, ricercatrice a tempo determinato ex art. 24, comma 3, lett. b), l. n. 240/2010, ai fini della chiamata nel ruolo di professore associato ex art. 24, comma 5, l. n. 240/2010 – S.S.D. SECS-P/11 – S.C. 13/B4 – Dipartimento di Economia Aziendale dell’Università degli Studi di -OMISSIS-”, recante il giudizio di non idoneità della candidata alla chiamata in qualità di Professore di II fascia presso l’Università di -OMISSIS-;
– degli artt. 12, commi 5 e 6, e 13 del “Regolamento per la disciplina delle chiamate dei professori universitari ai sensi dell’art. 18 della legge n. 240/2010”, approvato con decreto 27 aprile 2020 prot. n. 138416 rep. n. 3058-2020;
– in quanto occorra, decreto del Direttore di Dipartimento prot. n. 663794 rep. n. 11934/2022 del 19 dicembre 2022, nelle parti in cui (artt. 5 e 6) recepisce le impugnate disposizioni (artt. 12, commi 5 e 6, e 13) del “Regolamento per la disciplina delle chiamate dei professori universitari ai sensi dell’art. 18 della legge n. 240/2010”.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di -OMISSIS- e del Ministero dell’Università e della Ricerca;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 dicembre 2023 il dott. [#OMISSIS#] Mielli e uditi per le parti i difensori [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Tanzarella;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La ricorrente è una ricercatrice a tempo determinato presso l’Università di -OMISSIS- nel settore concorsuale 13/B4 Economia degli Intermediari Finanziari e Finanza Aziendale – Settore Scientifico-Disciplinare SECS-P/11 Economia degli Intermediari Finanziari.
Il rapporto instaurato è riconducibile alla tipologia del c.d. ricercatore senior di cui all’art. 24, comma 3, lett. b), della legge n. 240 del 2010.
L’art. 24, comma 5, della legge n. 240 del 2010, prevede la possibilità di trasformare tale tipo di rapporto nel ruolo di professore associato previo conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale e dell’esito positivo di una valutazione da parte dell’Ateneo.
Con il ricorso in epigrafe la ricorrente impugna gli atti della procedura di valutazione al termine della quale è risultata non idonea.
La ricorrente ha riportato i giudizi sintetici di “buono” per l’attività didattica complessiva, e “sufficiente” per le attività di ricerca e pubblicazioni scientifiche, non superando positivamente la valutazione perché non ha conseguito il giudizio di “buono” per ogni ambito.
L’esito della procedura di valutazione è impugnato con un unico ed articolato motivo, con il quale la ricorrente lamenta la violazione e dell’art. 24, comma 5, della legge n. 240 del 2010 e del decreto ministeriale 4 agosto 2011, del principio di conoscibilità ex ante dei criteri di valutazione, il difetto di motivazione, l’illogicità, la perplessità e l’irragionevolezza manifeste.
Con una prima censura la ricorrente ritiene che la valutazione, laddove si riferisce a profili quantitativi, sia immotivata perché non è possibile comprendere quali e quante ulteriori attività, rispetto a quelle svolte, sarebbero state necessarie, per raggiungere il giudizio “buono”, con specifico riguardo:
– all’attività di organizzazione e coordinamento di gruppi di ricerca, valutata come “limitata”, senza considerare l’aspetto qualitativo inerente al progetto presentato dalla ricorrente in qualità di “principal 11 investigator” ritenuto “di particolare rilevanza strategica” dal Ministero, e come tale approvato e finanziato nell’ambito del FISR 2020;
– alla partecipazione a convegni in qualità di relatore ritenuta “numericamente modesta”, senza considerare la rilevanza internazionale di quattro convegni;
– alla produzione scientifica, giudicata “appena sufficiente”, e relativa a due pubblicazioni nel periodo di ricerca, e tre pubblicazioni nel periodo antecedente, senza valutarne adeguatamente la qualità.
Con una seconda censura, la ricorrente sostiene che l’illegittimità della valutazione consegue in via derivata dall’illegittimità del regolamento di Ateneo, il quale ha omesso di individuare ex ante gli standard qualitativi richiesti ai ricercatori per poter trasformare il rapporto di lavoro in professore associato.
Il decreto ministeriale, osserva la ricorrente, riguardo agli standard qualitativi stabilisce che la valutazione deve avere ad oggetto “le attività di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti nonché le attività di ricerca svolte dal ricercatore nell’ambito del contratto”.
Secondo la ricorrente il regolamento è illegittimo perché l’Università, contravvenendo all’obbligo di legge e del decreto ministeriale, avrebbe omesso di predeterminare gli standard di riferimento, stabilendo quale sia il livello quali-quantitativo minimo richiesto al ricercatore per lo svolgimento dell’attività nell’arco del triennio di contratto, per ogni singola tipologia di attività oggetto di valutazione.
In tale contesto la ricorrente ritiene che sia stata lasciata alla commissione valutatrice un’eccessiva discrezionalità, perché questa si è riferita ai soli criteri di valutazione previsti dall’art. 13 del regolamento d’Ateneo che sul punto si limita a recepire i criteri ampi e generali previsti dal decreto ministeriale.
Sotto altro profilo, con una terza censura, la ricorrente rileva che il contratto di ricerca elenca una serie di impegni assunti con la sottoscrizione, tutti adempiuti correttamente, con la conseguenza che anche sotto questo profilo non è possibile muovere un rilievo negativo per l’attività svolta.
Si è costituita in giudizio l’Università di -OMISSIS- replicando alle censure proposte e concludendo per la reiezione del ricorso.
Alla pubblica udienza del 7 dicembre 2023, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Il ricorso deve essere respinto.
Prima di esaminare le censure proposte, è opportuno contestualizzare la procedura oggetto della controversia, che non è di tipo concorsuale in senso proprio, ma di tipo idoneativo.
La riforma apportata dalla legge n. 240 del 2010 ha introdotto due figure di ricercatore a tempo determinato.
La prima dà luogo ad una figura usualmente designata come ricercatore di tipo A, che comporta la stipula di un contratto a termine triennale prorogabile una sola volta per due anni. La seconda, definita di tipo B, consente di accedere ad una progressione di carriera (le definizioni derivano dalla circostanza che le figure sono menzionate rispettivamente all’art. 24, comma 3, lett. a e b della legge).
La predetta legge, nel riformare il sistema di reclutamento dei professori universitari, ha previsto il passaggio da un sistema basato su concorsi locali, ad un diverso sistema a due stadi, consistenti, il primo, nell’«abilitazione scientifica nazionale» per le funzioni di professore di prima o di seconda fascia nei diversi settori scientifico-disciplinari e il secondo nella «chiamata» presso il singolo ateneo a seguito di una valutazione comparativa in sede locale aperta a candidati in possesso dell’abilitazione scientifica nello specifico settore concorsuale della posizione messa a bando.
Accanto al metodo ordinario di reclutamento dei professori associati e ordinari, per i ricercatori a tempo determinato di tipo B, categoria alla quale appartiene la ricorrente, l’art. 24, comma 5, della legge n. 240 del 2010, ha previsto un meccanismo di chiamata particolare, che prescinde dall’avvio della procedura comparativa.
Come è stato osservato “la riforma ha disegnato per questo tipo di ricercatori a contratto un sistema di avanzamento nella carriera, da ricercatore a tempo determinato a professore associato, ispirato al modello anglosassone del cosiddetto tenure-track, cioè a un percorso accademico connotato, alternativamente, dal carattere per così dire automatico dell’avanzamento in presenza di determinate condizioni (abilitazione nazionale ed esito positivo della valutazione dell’ateneo) ovvero dall’uscita dall’università se quelle condizioni non si sono realizzate” (in questi termini Corte Costituzionale, 24 luglio 2020, n. 165).
È altresì necessario ricordare che l’art. 24, comma 5, della legge n. 240 del 2010, prevede che la valutazione in questi casi si debba svolgere “in conformità agli standard qualitativi riconosciuti a livello internazionale, individuati con apposito regolamento di ateneo nell’ambito dei criteri fissati con decreto del Ministro”.
Il decreto 4 agosto 2011 ha adottato i criteri ministeriali.
Tali criteri sono stati recepiti dal Titolo III del regolamento di Ateneo approvato con decreto rep. n. 3028/2020 del 27 aprile 2020, il quale condiziona l’esito positivo della valutazione al raggiungimento del giudizio “buono” per ogni ambito di attività oggetto di valutazione.
Gli ambiti di valutazione sono le attività di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti, e le attività di ricerca svolte dal candidato nell’ambito del contratto di ricercatore senior, oltreché l’attività svolta nel corso dei rapporti in base ai quali il candidato ha avuto accesso.
Come sopra ricordato, il ricorso propone un unico motivo articolato in tre censure.
Con la prima censura la ricorrente sostiene che la valutazione, laddove fa riferimento a profili quantitativi, sarebbe immotivata perché non è possibile comprendere quali e quante ulteriori attività rispetto a quelle svolte, sarebbero state necessarie, per raggiungere il giudizio “buono”.
Con la seconda censura, la ricorrente deduce l’illegittimità del regolamento di Ateneo perché non ha provveduto ad integrare i criteri previsti dal decreto ministeriale 4 agosto 2011.
I vizi dedotti non sono suscettibili di favorevole apprezzamento.
Invertendo l’ordine di esposizione delle censure, il Collegio ritiene opportuno esaminare prioritariamente la seconda.
La tesi della ricorrente secondo cui il regolamento dell’Università è illegittimo perché si è limitato a recepire il decreto ministeriale 4 agosto 2011 che conterrebbe dei criteri generici, non suscettibili di rendere intellegibili i giudizi espressi in base agli stessi, ove non integrati da ulteriori criteri e sub criteri, non è condivisibile.
È vero che l’art. 24, comma 4, della legge n. 240 del 2010, come sopra ricordato, prevede che “la valutazione si svolge in conformità agli standard qualitativi riconosciuti a livello internazionale, individuati con apposito regolamento di ateneo nell’ambito dei criteri fissati con decreto del Ministro”.
Tuttavia appare corretto ritenere che il predetto decreto contenga in realtà una serie articolata ed analitica di criteri ai quali l’Università può fare direttamente riferimento recependoli nel proprio regolamento e che, contrariamente a quanto dedotto nel ricorso, non è inderogabilmente necessario che i criteri previsti dal decreto ministeriale vengano integrati e specificati da norme regolamentari dell’Ateneo o dalla predeterminazione di ulteriori criteri da parte della commissione nella prima seduta.
In questo senso depone il contenuto del decreto, il quale:
– all’art. 2 individua gli ambiti oggetto di valutazione ovvero “l’attività di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti nonché le attività di ricerca svolte dal ricercatore nell’ambito del contratto sottoscritto”;
– all’art. 3 individua i singoli aspetti che devono essere oggetto di valutazione in relazione all’attività didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti, ovvero: il numero dei moduli/corsi tenuti e continuità della tenuta degli stessi; gli esiti della valutazione da parte degli studenti, con gli strumenti predisposti dall’ateneo, dei moduli/corsi tenuti; la partecipazione alle commissioni istituite per gli esami di profitto; la quantità e qualità dell’attività di tipo seminariale, di quella mirata alle esercitazioni e al tutoraggio degli studenti, ivi inclusa quella relativa alla predisposizione delle tesi di laurea, di laurea magistrale e delle tesi di dottorato;
– all’art. 4, comma 1, individua gli aspetti che devono essere oggetto di valutazione dell’attività di ricerca scientifica, ovvero: l’organizzazione, direzione e coordinamento di gruppi di ricerca nazionali e internazionali, o la partecipazione agli stessi; il conseguimento della titolarità di brevetti; la partecipazione in qualità di relatore a congressi e convegni nazionali e internazionali; il conseguimento di premi e riconoscimenti nazionali e internazionali per attività di ricerca, con l’indicazione, al comma 2, della tipologia di pubblicazioni da valutare, e della necessità che venga valutata la consistenza complessiva della produzione scientifica del ricercatore, l’intensità e la continuità temporale della stessa, fatti salvi i periodi, adeguatamente documentati, di allontanamento non volontario dall’attività di ricerca, con particolare riferimento alle funzioni genitoriali;
– all’art. 4, comma 3, individua gli elementi da valutare per le pubblicazioni scientifiche, ovvero l’originalità, l’innovatività, il rigore metodologico e la rilevanza di ciascuna pubblicazione; la congruenza di ciascuna pubblicazione con il profilo di professore universitario di seconda fascia da ricoprire oppure con tematiche interdisciplinari ad esso strettamente correlate; la rilevanza scientifica della collocazione editoriale di ciascuna pubblicazione e sua diffusione all’interno della comunità scientifica; la determinazione analitica, anche sulla base di criteri riconosciuti nella comunità scientifica internazionale di riferimento, dell’apporto individuale del ricercatore nel caso di partecipazione del medesimo a lavori in collaborazione; l’utilizzo degli indicatori del numero totale delle citazioni; del numero medio di citazioni per pubblicazione; l’impact factor totale; l’impact factor medio per pubblicazione; le combinazioni dei precedenti parametri atte a valorizzare l’impatto della produzione scientifica del candidato (indice di Hirsch o simili).
Dal contenuto del decreto emerge pertanto il suo carattere tendenzialmente esaustivo, salva la possibilità di integrazioni, eventuali, per specifici aspetti.
In questo senso depone lo stesso preambolo del decreto, il quale, negli ultimi due punti, prevede che, considerato che la valutazione riguarda ricercatori a tempo determinato che hanno già conseguito l’abilitazione scientifica nazionale al ruolo di professore associato “gli atenei possano utilizzare, per la valutazione dell’attività di ricerca, criteri anche più selettivi di quelli previsti per il conseguimento della corrispondente abilitazione scientifica nazionale”, lasciando intendere che l’adozione di tali criteri integrativi ha carattere solo eventuale e non necessario (per un caso in cui hanno trovato applicazione, e sono stati giudicati legittimi, dei criteri più rigorosi cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. V, 24 novembre 2023, n. 2784).
Anche la giurisprudenza ha affermato il carattere autoesecutivo e l’applicabilità diretta dei criteri previsti dal decreto ministeriale 4 agosto 2011, in una fattispecie in cui una commissione di concorso, nella predisposizione dei criteri di valutazione, si era limitata a rinviare al predetto decreto.
In particolare il Giudice di appello, confermando la sentenza di primo grado, ha affermato che “il suddetto decreto ministeriale detta criteri estremamente specifici, tali da non richiedere, necessariamente, ulteriori declinazioni. A ben vedere, il verbale del 18 agosto 2020 relativo alla procedura di chiamata per professore universitario di ruolo di seconda fascia ai sensi dell’art. 24, c. 6 della legge 240/2010 indetta con Decreto del Direttore di Dipartimento n. 601 dell’8 giugno 2020, Settore concorsuale 06/G1 – Settore scientifico-disciplinare: MED/38 ‘Pediatria generale e specialistica’, che l’appellante ha prodotto per dimostrare come, in quel caso, la commissione avesse specificato i criteri valutativi, non fa che confermare le conclusioni cui è giunto il TAR. Nel suddetto verbale, infatti, la commissione, laddove ha ‘apparentemente’ specificato i criteri, altro non ha fatto che riportare e conglobare i criteri valutativi fissati nel richiamato decreto ministeriale” (in questi termini Consiglio di Stato, Sez. VII, 27 ottobre 2022, n. 9226, paragrafo 4.1).
Pertanto, non potendosi ritenere illegittimo il regolamento dell’Ateneo nella parte in cui si è limitato a recepire i criteri previsti dal decreto ministeriale 4 agosto 2011 senza integrarli, la seconda censura si rivela infondata.
Parimenti infondata è anche la prima censura con la quale la ricorrente lamenta un difetto di motivazione in relazione all’impossibilità di comprendere quali e quante ulteriori attività rispetto a quelle svolte, sarebbero state necessarie per raggiungere il giudizio “buono” e, in sostanza, lamenta l’illegittimità della mancata predeterminazione di criteri, sub criteri, pesi e soglie analitiche.
Sul punto va osservato che esulano dalla controversia in esame i principi ai quali si richiama la giurisprudenza, e ai quali si riferisce implicitamente il ricorso, per ritenere sufficientemente motivato il voto numerico, e che richiedono quale strumento indispensabile la predeterminazione di criteri e pesi sufficientemente analitici.
Infatti nel caso in esame non sono stati espressi punteggi numerici, ma la valutazione, effettuata sulla scorta dei criteri, è stata formulata in modo descrittivo, attraverso giudizi nei quali sono riepilogati gli elementi salienti con specifico riferimento ai parametri presi in considerazione.
Pertanto, posto che la questione della sufficienza ed adeguatezza della motivazione non può valutarsi in astratto, ma deve essere esaminata caso per caso, va rilevato che nella procedura in esame i criteri seguiti dal ricorso a delle motivazioni esplicite rese in forma discorsiva e letterale per ciascuna voce, rende intellegibili quali siano gli elementi che la commissione ha ritenuto rilevanti per esprimere la valutazione.
Dalla documentazione versata in atti e, segnatamente, dal verbale unico redatto il 6 febbraio 2023 (cfr. il documento 4 allegato alle difese dell’Amministrazione), risulta infatti che la commissione abbia svolto delle valutazioni articolate ed analitiche mediante l’uso di griglie nelle quali, per ciascun criterio, ogni parametro considerato è stato accompagnato da una descrizione e da una motivazione resa in forma verbale, ed è anche presente un’ulteriore motivazione sintetica per ogni ambito valutato.
Inoltre va osservato che non appare ragionevole la pretesa della ricorrente di ottenere la predisposizione, per ogni ambito oggetto di valutazione, del numero di attività necessarie ad ottenere la valutazione di “buono”, perché l’attività valutativa non può ridursi all’esclusiva considerazione di dati meramente quantitativi, ma implica analisi e verifiche più complesse sulle caratteristiche e la qualità delle attività svolte e delle pubblicazioni eventualmente da ponderare con gli aspetti quantitativi.
La ricorrente peraltro, non ha neppure dedotto, se non genericamente, profili di erroneità o manifesta irragionevolezza nelle valutazioni svolte dalla commissione composta da docenti esterni all’Ateneo, né ha dedotto l’immotivato discostamento dai criteri e dagli standard valutativi adottati in analoghe procedure, eventualmente sintomatici di un vizio di disparità di trattamento.
In base a queste considerazioni la prima censura, di difetto di motivazione, si rivela infondata.
Parimenti infondata è anche la terza censura, con la quale la ricorrente deduce una sorta di contraddittorietà tra i giudizi espressi in sede di valutazione, e l’affermazione dell’adempimento degli obblighi previsti dal contratto di ricercatore.
È infatti evidente che lo svolgimento delle prestazioni previste dal contratto, che dà luogo ad un rapporto sinallagmatico a prestazioni corrispettive nell’ambito del quale la ricercatrice riceve un compenso, differisce dalla valutazione che deve essere formulata per poter accedere al ruolo di professore associato, che mira ad accertare se la ricercatrice abbia raggiunto durante il periodo contrattuale gli standard qualitativi richiesti nella produzione scientifica e nelle altre attività svolte.
In definitiva il ricorso deve essere respinto.
Nonostante l’esito del giudizio, la peculiarità della controversia e la parziale novità di alcune delle questioni trattate, giustificano l’integrale compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità della ricorrente
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 7 dicembre 2023 con l’intervento dei magistrati:
Ida [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] Mielli, Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Referendario