Il ritardo nella nomina a professore associato, derivante dalla mancata indizione di una procedura ex art. 18 della Legge n. 240 del 2010, obbliga l’Università a risarcire la perdita delle chances acquisitive del ruolo di professore di seconda fascia al deducente che sia in possesso dell’abilitazione scientifica nazionale e risulti unico ricercatore a tempo indeterminato in servizio nell’Ateneo abilitato in un determinato settore concorsuale.
TAR Sicilia, Catania, Sez. I, 4 gennaio 2024, n. 58
Il ritardo nella nomina a professore associato obbliga l’Università al risarcimento del danno da perdita di chance
00058/2024 REG.PROV.COLL.
01631/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1631 del 2017, integrato da motivi aggiunti, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall’avvocato [#OMISSIS#] Fianchino, con domicilio digitale eletto presso l’indirizzo PEC [#OMISSIS#].fianchino@pec.ordineavvocaticatania.it;
contro
Università degli Studi di Catania, -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, presso i cui uffici domicilia in Catania, via Vecchia Ognina, 149;
nei confronti
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall’avvocato [#OMISSIS#] Donato, con domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Romano in Catania, Corso Italia 207;
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato [#OMISSIS#] Donato, con domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Romano in Catania, Corso Italia 207;
per l’ottemperanza e/o l’attuazione
della Sentenza n.-OMISSIS- e per la dichiarazione di inefficacia e/o nullità ovvero per l’annullamento del Decreto Rettorale n. -OMISSIS-, successivamente comunicato, con il quale la ricorrente è stata collocata a riposo a far data dall’-OMISSIS- nonché per l’accertamento e la conseguente condanna dell’Ateneo al risarcimento del danno ex art. 112, comma 3 CPA; ovvero in via subordinata e previa conversione del [#OMISSIS#] ex art. 32 CPA per l’annullamento del predetto Decreto Rettorale n. -OMISSIS-, nonché per l’accertamento e la conseguente condanna dell’Ateneo al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dalla ricorrente.
Visti il ricorso (per motivi aggiunti) e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Catania, -OMISSIS-;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 ottobre 2023 il dott. Giovanni [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Dato e uditi per le parti i difensori presenti come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso per motivi aggiunti – nell’ambito del giudizio iscritto al n. r.g. 1631/2017 – notificato in data 12 dicembre 2020 e depositato in data 17 dicembre 2020, la deducente ha rappresentato quanto segue.
La vicenda (avviata con ricorso iscritto al n. r.g. -OMISSIS-e definito con sentenza T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, -OMISSIS-, confermata in appello con sentenza Cons. Giust. Amm. Reg. Sic., sez. giur.,-OMISSIS-), aveva ad oggetto la formulazione della proposta di assegnazione delle risorse (del “Piano straordinario” per la chiamata dei professori di seconda fascia dell’Ateneo di Catania), operata dal -OMISSIS- dell’Università di Catania con la delibera del -OMISSIS- che illegittimamente aveva escluso il Settore Scientifico Disciplinare -OMISSIS-, “-OMISSIS-”, della ricorrente dalle predette risorse.
La deducente – in possesso dell’abilitazione scientifica nazionale, a far data dal 2014, a professore di seconda fascia del Settore Concorsuale -OMISSIS-, “-OMISSIS-” e unico ricercatore a tempo indeterminato in servizio nell’Ateneo abilitato in quel settore – aveva infatti un chiaro interesse a rivendicare una chiamata in suo favore.
Con la citata sentenza del -OMISSIS-, il Tribunale adito ha accolto integralmente il ricorso della deducente e ha annullato gli impugnati provvedimenti tra i quali il decreto rettorale n.-OMISSIS- di collocamento in quiescenza a partire dal 1 novembre 2015.
Con la citata sentenza-OMISSIS- il Giudice di seconde cure ha rilevato che “l’effetto finale del presente giudizio, favorevole alla Dott.ssa-OMISSIS-, comporterà la necessità di bandire un posto da professore associato per il settore concorsuale -OMISSIS-”.
Successivamente l’Ateneo, a distanza di oltre due anni, in data -OMISSIS-, ha dato esecuzione alla sentenza pubblicando il relativo bando; l’ottemperanza, tuttavia, oltre che tardiva era elusiva del giudicato (come veniva confermato dalla sentenza T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, 21 febbraio 2019, n. 289) in quanto l’Ateneo aveva omesso di reintegrare in servizio la deducente, ritenendola in quiescenza, e aveva aperto la procedura alla partecipazione di ogni candidato in possesso di abilitazione conseguita successivamente alla data di proposizione del ricorso, ignorando l’obbligo di riportare ex tunc la situazione concorsuale e “vanificando il principio della retroattività dell’annullamento giurisdizionale e pregiudicando il principio dell’effettività della tutela”.
Nel ricorso per l’ottemperanza (sempre nell’ambito del giudizio iscritto al n. r.g. 1631/2017), proposto ai sensi degli artt. 112 e 114 cod. proc. amm., la deducente lamentava una evidente elusione in suo danno del giudicato e la illegittimità del provvedimento di indizione della procedura in quanto:
– l’Ateneo, nelle premesse del bando, aveva citato espressamente il suo nome e cognome, così rendendo noto il suo nominativo a tutti i futuri commissari e partecipanti e violando il principio dell’anonimato dei candidati e le evidenti ragioni di privacy;
– l’Ateneo aveva omesso di considerarla in servizio, anzi la menzionava nel bando come candidato in quiescenza, nonostante l’annullamento del provvedimento di collocamento a riposo.
Nel medesimo giudizio la ricorrente ha chiesto, altresì, l’accertamento e la conseguente condanna dell’Ateneo al risarcimento del danno derivante dai ratei di stipendio non corrisposti.
Con la cit. sentenza T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, 21 febbraio 2019, n. 289 il Tribunale adito ha accolto il ricorso, annullando il bando di concorso e ordinando il reintegro in servizio della stessa; in particolare: “il ricorso introduttivo va accolto stante la fondatezza con riferimento sia a detto profilo che alle altre censure formulate avverso il provvedimento di indizione della procedura, che va annullato in quanto viziato per due motivi di illegittimità: poiché occorre evitare che il soggetto risultato vittorioso nel contenzioso patisca il pregiudizio determinato dal trascorrere del tempo necessario per la definizione della causa; correttamente la ricorrente rileva che i candidati debbano essere ristretti a coloro che fossero in possesso di abilitazione alla data della precedente procedura, non potendo trovare nella specie applicazione il criterio relativo alle sopravvenienze di fatto e diritto antecedenti alla notificazione della sentenza divenuta irrevocabile (Consiglio di Stato ad. plen., 09/06/2016, n.11) in quanto consentirebbe l’ampliamento della platea dei concorrenti rispetto la data di indizione della precedente procedura vanificando il principio della retroattività dell’annullamento giurisdizionale e pregiudicando il principio dell’effettività della tutela. In secondo luogo, in coerenza con il principio dell’anonimato dei candidati e per evidenti ragioni di privacy, deve essere espunto dal decreto di indizione della procedura ogni riferimento personale alla ricorrente (tra l’altro menzionando un suo stato di collocamento in quiescenza che risulta annullato), in quanto non essenziale (ben potendo l’Amm.ne nelle premesse dell’atto limitarsi a citare gli estremi –data e numero- della decisione giurisdizionale in ottemperanza alla quale viene bandita la procedura “ora per allora”)”.
Quanto alla domanda risarcitoria: “Nel caso in questione, in conclusione – data la sussistenza dei presupposti della fattispecie risarcitoria con riferimento al danno, al nesso di causalità tra l’illegittimo comportamento dell’Amministrazione e il danno subito ed alla colpa grave dell’Amm.ne , non avendo la stessa provveduto a reintegrare la ricorrente nel proprio incarico- deve riconoscersi in favore della ricorrente la ricostruzione giuridica ed economica incluso il pagamento del trattamento stipendiale non percepito dalla data del collocamento in pensione in virtù dell’atto annullato con la sentenza n.-OMISSIS–, oltre interessi, e con detrazione di quanto la ricorrente risulti avere percepito a qualsiasi titolo nel periodo in questione (come potrà essere desunto dalle dichiarazioni dei redditi che la ricorrente dovrà produrre all’Amm.ne).”.
La parte ricorrente ha poi richiamato (pagg. 4-6 del ricorso in epigrafe) delle intercettazioni telefoniche ed ambientali acquisite come fonti di prova ai fini del processo penale n. -OMISSIS- relativo ai vertici dell’Ateneo catanese dalle quali, argomenta la deducente, emerge l’intento ostruzionistico dell’Ateneo nei suoi confronti e la dettagliata programmazione della elusione della sentenza del Giudice d’appello nonché la chiara volontà di escludere la stessa ricorrente dalla chiamata (procedura poi annullata con la cit. sentenza T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, 21 febbraio 2019, n. 289).
Solo a seguito dell’insediamento del commissario ad acta e del suo operato, l’Università resistente ha provveduto ad immettere in servizio la ricorrente (provvedimento prot.-OMISSIS-), a corrispondere, quale misura risarcitoria, i ratei stipendiali e a ricostruire la carriera pensionistica della stessa, quale ricercatrice a tempo indeterminato che era rimasta per quasi 4 anni, – dal -OMISSIS- – senza stipendio e senza pensione e nella impossibilità a proseguire la sua attività di ricerca e di produzione scientifica.
In data 24 marzo 2020, con ben 5 anni di ritardo, e ad un anno di distanza dalla cit. sentenza T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, 21 febbraio 2019, n. 289, con decreto n. 862 l’Università resistente ha indetto una procedura di valutazione ai fini della chiamata a professore di seconda fascia ai sensi dell’art. 24, comma 6, della legge 30 dicembre 2010, n. 240 per il settore concorsuale -OMISSIS- “-OMISSIS-”, profilo del bando “-OMISSIS- “-OMISSIS-”.
L’avviso, che in conformità alla sentenza del Tribunale adito, retrodatava i titoli all’anno 2015, rilevava che “alla data del 7 aprile 2015 la dott.ssa -OMISSIS–OMISSIS- è l’unico ricercatore a tempo indeterminato, in servizio presso l’Ateneo di Catania, in possesso dell’abilitazione scientifica nazionale alla seconda fascia per il settore concorsuale -OMISSIS- -OMISSIS- ed attualmente inquadrato nel medesimo settore” e che “la struttura didattica presso la quale la dott.ssa-OMISSIS- verrà incardinata in caso di esito positivo della procedura valutativa è il Dipartimento-OMISSIS-”.
Con delibera del Consiglio di Dipartimento di-OMISSIS- è stato attribuito alla deducente il carico didattico per l’anno accademico 2020-21 che riguardava l’insegnamento dell’“-OMISSIS-”, 6 crediti, nel Corso di Laurea -OMISSIS-; la ricorrente, inoltre, si era dichiarata disponibile a farsi carico degli esami per l’insegnamento della -OMISSIS- e della -OMISSIS-, insegnamenti che erano stati disattivati dall’offerta didattica del Dipartimento di-OMISSIS-a seguito del suo illegittimo collocamento in quiescenza (in data 1 novembre 2015).
Con D.R. del -OMISSIS- si è concluso con esito positivo la valutazione della prof.ssa-OMISSIS- ai fini della chiamata a professore di seconda fascia e, con Decreto Rettorale rep.n. -OMISSIS-la ricorrente è stata nominata professoressa di seconda fascia per il settore concorsuale -OMISSIS–OMISSIS-, settore scientifico-disciplinare -OMISSIS- “-OMISSIS-’’ e, in data -OMISSIS-, ha preso servizio presso il -OMISSIS- nel nuovo ruolo.
Solo due settimane dopo, in data-OMISSIS-a deducente è stata però collocata in quiescenza (“La prof.ssa -OMISSIS-, nata il -OMISSIS-, cessa dal ruolo di professore di seconda fascia per il settore concorsuale -OMISSIS–storia economica, settore scientifico disciplinare -OMISSIS—OMISSIS- presso questa Università, per raggiunto limite di età, il -OMISSIS-(ultimo giorno di servizio)”.
Con nota interlocutoria del 19 ottobre 2020 l’Ufficio della Didattica del Dipartimento di-OMISSIS-ha chiesto “se la docente deve mantenere l’insegnamento assegnato o se il Dipartimento deve attivare nuovamente le procedure per l’assegnazione del suddetto carico didattico”.
Per la parte ricorrente, anche nella fattispecie, l’Ateneo, ponendola in servizio in data-OMISSIS- e comunicandole il decreto di pensionamento in data 14 ottobre 2020, le ha di fatto impedito di ottenere il bene della vita al quale aspirava ovvero lo svolgimento dell’attività didattica e scientifica da professore di seconda fascia per il periodo di tempo spettantele alla data di proposizione del ricorso (2015).
La ricorrente ha inoltre evidenziato che per effetto del reintegro in servizio dal -OMISSIS-(a seguito del provvedimento del commissario prot.-OMISSIS-) ha potuto intraprendere nuove attività di ricerca, partecipando (dalla data del giugno 2020) ad un progetto di ricerca interdisciplinare ed interuniversità di particolare rilevanza strategica all’interno del quale svolge la figura di principal pnvestigator (PI) finanziato dal FISR (Fondo Integrativo Speciale per la Ricerca) MIUR 2020 finalizzato ad affrontare le questioni sollevate dalla diffusione dell’infezione Covid-19; pertanto, ove la deducente non dovesse essere trattenuta in servizio perderebbe la predetta qualità e le somme corrispondenti pari ad Euro 80.000,00.
La deducente, inoltre, ha rappresentato di partecipare ad un progetto biennale di ricerca intradipartimentale su fondi di ricerca d’Ateneo biennio 2020-2021.
In conclusione, ha evidenziato la deducente, la partecipazione a tali progetti di ricerca le consentirebbero di incrementare la produzione scientifica e le pubblicazioni, determinanti per il conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale a professore di prima fascia e per la progressione di carriera.
1.1. Si è costituita in giudizio l’Università degli Studi di Catania, -OMISSIS- chiedendo il rigetto del ricorso e della istanza di sospensione.
1.2. Con ordinanza 18 gennaio 2021, n. 55 è stata respinta la domanda cautelare proposta ed è stata disposta la conversione del [#OMISSIS#], con iscrizione della causa a ruolo ordinario di merito.
L’appello proposto dalla parte ricorrente avverso la citata ordinanza è stato respinto (Cons. Giust. Amm. Reg. Sic., sez. giur., ord. 19 marzo 2021, n. 191).
1.3. In vista dell’udienza di discussione la parte ricorrente ha depositato documenti e memoria.
1.4. All’udienza pubblica del giorno 18 ottobre 2023, presenti il difensore della parte ricorrente e l’Avvocatura erariale per l’Università degli Studi di Catania resistente, come da verbale, dopo la discussione il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. In via preliminare il Collegio evidenzia, per esigenze di completezza, che le domande proposte con ricorso introduttivo del giudizio (depositato in data 3 ottobre 2017) e con il successivo ricorso per motivi aggiunti (depositato in data 12 dicembre 2017) – nell’ambito del giudizio iscritto al n. r.g. 1631/2017 – sono state esaminate e decise con sentenza TAR Sicilia, Catania, sez. I, 21 febbraio 2019, n. 289.
Con la presente sentenza, pertanto, sono esaminate e decise le domande proposte dalla deducente con ricorso per motivi aggiunti (depositato in data 17 dicembre 2020), sempre nell’ambito del giudizio iscritto al n. r.g. 1631/2017.
Prima di esaminare le censure dedotte e le domande proposte dalla parte ricorrente con il detto ultimo mezzo di gravame, occorre ricordare che con la citata ordinanza 18 gennaio 2021, n. 55 è stata disposta la “la conversione del [#OMISSIS#], con iscrizione della causa a ruolo ordinario di merito”.
2. La parte ricorrente, in ordine al decreto di pensionamento da ultimo avversato e oggetto del presente scrutinio, ha dedotto: a) nullità per elusione del giudicato, violazione art. 21septies L. 241/1990 – b) sua illegittimità per contraddittorietà manifesta, difetto di motivazione – mancata comunicazione di avvio ex art. 7 L. 241/1990 – violazione del principio della continuità didattica – violazione del principio di buon andamento art. 97 Cost. .
In sintesi, per la deducente l’attività esecutiva e di ottemperanza posta in essere dal commissario ad acta e dall’Amministrazione è stata ricollegata alla situazione giuridica e fattuale risalente al momento in cui (anno 2015) la ricorrente prestava servizio come ricercatore a tempo indeterminato.
Per effetto dell’esito positivo della selezione correttamente retrodatata all’anno 2015, alla ricorrente spetterebbero gli anni di servizio nel ruolo di professore di seconda fascia, ingiustamente sottratti a causa del colpevole ritardo nel dare esecuzione alla sentenza, poiché – come richiamato dalla sentenza – occorrerebbe evitare che il soggetto risultato vittorioso nel contenzioso patisca il pregiudizio determinato dal trascorrere del tempo necessario per la definizione della causa.
Tuttavia, la ricorrente ha preso servizio in data-OMISSIS- nel nuovo ruolo di professore di seconda fascia per essere poi collocata a riposo con D.R. n. 3835 del 14 ottobre 2020, a far data dall’1 novembre 2020.
Per l’esponente, dunque, sono stati dunque negati, illegittimamente, oltre 5 anni di servizio decorrenti dalla data del 29 maggio 2015, fino alla data di collocamento in quiescenza del 1° novembre 2020, periodo di tempo ingiustamente sottratto e ciò in palese nuova elusione del giudicato; sul punto, la ricorrente ha richiamato analogicamente l’art. 3, comma 57, della legge n. 350/2003.
Aggiunge la deducente che il provvedimento impugnato è comunque da considerarsi illegittimo per le seguenti ragioni: la presa di servizio (in data -OMISSIS-) è avvenuta proprio all’inizio del nuovo anno accademico; per tale ragione, la ricorrente non poteva essere posta in quiescenza, pena la violazione del principio di continuità dell’attività didattica e del buon funzionamento dei corsi per l’anno accademico in corso (la ricorrente doveva poter svolgere la propria attività didattica fino alla chiusura dello stesso, ovvero il 30 settembre 2021).
La presa di servizio nel ruolo di professore di seconda fascia, avvenuta l’-OMISSIS-, non può che riferirsi al nuovo anno accademico 2020-2021, non potendosi ammettere provvedimenti come quello della presa di servizio aventi un valore solo apparente in quanto privo dell’effettivo svolgimento di qualsivoglia attività di servizio.
Appare illogico, aggiunge la deducente, da un lato provvedere alla presa in servizio di un docente e solo successivamente provvedere al suo collocamento a riposo, peraltro in assenza di una valida giustificazione in ordine alla successione, nel breve arco temporale di 14 giorni, di provvedimenti così in contrasto tra loro ed in assenza di un preavviso idoneo a rendere edotta la stessa ricorrente in ordine alla futura quiescenza ed in ordine alla programmazione della sua attività didattica e di ricerca.
Per l’esponente, ove l’età pensionabile avesse rappresentato un limite invalicabile, l’Amministrazione non avrebbe potuto disporre neanche la presa di servizio.
Sul punto, argomenta la deducente, la contraddittorietà è resa palese dalla nota interlocutoria dello stesso Dipartimento che espressamente chiede all’AGAP “se la docente deve mantenere l’insegnamento assegnato o se il Dipartimento deve attivare nuovamente le procedure per l’assegnazione del suddetto carico didattico”.
In conclusione, per la ricorrente, la presa di servizio all’inizio dell’anno accademico legittima la stessa a svolgere, nella sua interezza, l’anno accademico 2020-2021.
2.1. Le argomentazioni articolate dalla parte ricorrente devono essere disattese in quanto infondate.
2.1.1. In via preliminare occorre osservare quanto segue.
A giudizio del Collegio la parte ricorrente non può vantare alcuna pretesa a vedersi riconosciuta la spettanza del “bene della vita” – il conseguimento del ruolo di professore di seconda fascia – a far data dall’anno 2015.
La già citata sentenza Cons. Giust. Amm. Reg. Sic., sez. giur.,-OMISSIS- ha precisato che “[…] ribadita, anche in questa sede, l’illegittimità della scelta compiuta in favore dello scorrimento della graduatoria del -OMISSIS- sul piano conformativo l’effetto finale del presente giudizio, favorevole alla Dott.ssa-OMISSIS-, comporterà la necessità di bandire un posto da professore associato per il settore concorsuale -OMISSIS-. Fatto salvo questo effetto della sentenza, è riservata all’Università ogni altra valutazione di sua competenza, tenuto conto delle risorse disponibili […]”.
Dalla richiamata statuizione si ricava che la “necessità di bandire un posto da professore associato per il settore concorsuale -OMISSIS-” implica la possibilità per tutti gli interessati (ivi compresa la parte ricorrente) di “giocare le proprie chances di vittoria” nell’ambito di un procedimento che, tuttavia, non assicura (a nessuno dei concorrenti) un esito favorevole certo (c.d. risultato garantito).
Deve inoltre escludersi che la ricorrente possa vantare una pretesa all’attivazione di una procedura di chiamata ai sensi dell’art. 24, comma 6, della legge 30 dicembre 2010, n. 240 (nell’anno 2015) alla quale partecipare solitariamente.
Ed invero, come è stato condivisibilmente evidenziato nell’ordinanza 29 gennaio 2020, n. 241, nella più volte citata sentenza T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, 21 febbraio 2019, n. 289 è stata espressamente presa in esame la richiesta della ricorrente di indizione di una procedura ai sensi del cit. art. 24, comma 6, chiarendo tuttavia che non era possibile accogliere la pretesa a trasformare la procedura (che fu bandita originariamente ex art. 18 della legge 30 dicembre 2010, n. 240) in procedura a chiamata diretta ex art. 24, commi 5 e 6, della medesima legge 30 dicembre 2010, n. 240, esulando “dalla portata della corretta esecuzione del giudicato la pretesa a che l’Amministrazione modifichi procedura”.
In ragione di quanto sopra, non è possibile riconoscere in capo alla deducente il “virtuale” conseguimento di tale posizione sin dal 2015, sì da dover assicurare – per il periodo quinquennale sopra richiamato, nell’ambito del quale le funzioni di professore di seconda fascia non sono state effettivamente esercitate – il “prolungamento del servizio” (per una pari estensione temporale).
2.1.2. Il richiamo, sia pure in via analogica, dell’art. 3, comma 57, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, non è persuasivo.
In primo luogo, la disposizione in esame appare di natura eccezionale, insuscettibile di applicazione analogica.
Inoltre, l’intervento legislativo de quo trova la sua ragion d’essere nell’esigenza di “apprestare una tutela risarcitoria in forma specifica a soggetti che abbiano effettivamente subito una ingiusta sospensione o siano stati indotti ad abbandonare il pubblico impiego in ragione di un procedimento penale conclusosi con la loro assoluzione” (cfr. Cass. civ., sez. lav., 28 agosto 2017, n. 20454).
La norma, pertanto, trova applicazione nell’ipotesi di allontanamento ovvero di interruzione del rapporto di pubblico servizio, per la specifica ragione sopra precisata, insussistente nel caso di specie (che non può essere neppure considerato “caso simile”).
Nella vicenda in esame, il pregresso collocamento a riposo della ricorrente è stato annullato (sentenza T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, -OMISSIS-) e la stessa deducente ha rappresentato di essere stata, sia pure anni dopo, immessa (nuovamente) in servizio, di aver ottenuto “quale misura risarcitoria, i ratei stipendiali” nonché la ricostruzione della “carriera pensionistica” quale ricercatrice a tempo indeterminato (cfr. pag. 6 del ricorso per motivi aggiunti in epigrafe).
L’applicazione (in via analogica) alla fattispecie in esame dell’art. 3, comma 57, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, oltre alle ragioni sopra evidenziate, è ostacolata anche dalla già disposta reintegrazione stipendiale e pensionistica in favore della deducente: ed invero, secondo la giurisprudenza, la ratio dell’art. 3, comma 57, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 è quella di ripristinare una posizione, senza nulla riconoscere in più al suo titolare (arg. ex T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 16 settembre 2013, n. 8289).
2.1.3. Essendo poi il contestato collocamento a riposo univocamente (ed esclusivamente) ancorato a profili di stampo anagrafico, ritiene il Collegio che l’omessa previa comunicazione ovvero il mancato preavviso siano inidonei a determinare l’insorgere di profili patologici dell’atto.
Peraltro, quanto evidenziato dalla parte ricorrente nelle note d’udienza depositate in data 13 gennaio 2021 e nella memoria depositata in data 16 settembre 2023 – id est che per esigenze di organizzazione e di programmazione didattica, ai soggetti interessati viene comunicato con ampio anticipo (almeno 6 mesi) il decreto di pensionamento – oltre a far leva sulla prassi amministrativa (che “non è fonte del diritto, non ha efficacia erga omnes e non ha vero carattere di generalità”: cfr. T.A.R. Sicilia, Catania, sez. IV, 9 agosto 2022, n. 2240), non può trovare riscontro nel caso in esame, risultando il momento della nomina dell’interessata quale professore di seconda fascia (29 settembre 2020) ed il momento della cessazione della stessa dal ruolo per raggiunto limite di età (3-OMISSIS-) assai ravvicinati fra loro.
2.1.4. Va inoltre osservato che la deducente ha assunto effettivo servizio nella qualifica di professore di seconda fascia per il settore concorsuale -OMISSIS–OMISSIS-, settore scientifico-disciplinare -OMISSIS- “-OMISSIS-”, in data -OMISSIS- e l’Amministrazione resistente ha disposto la cessazione, per raggiunto limiti di età, dal predetto ruolo il 3-OMISSIS- (ultimo giorno di servizio).
Invero, per l’art. 1, comma 17, della legge 4 novembre 2005, n. 230 “Per i professori ordinari e associati nominati secondo le disposizioni della presente legge il limite massimo di età per il collocamento a riposo è determinato al termine dell’anno accademico nel quale si è compiuto il settantesimo anno di età, ivi compreso il biennio di cui all’articolo 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, e successive modificazioni, ed è abolito il collocamento fuori ruolo per limiti di età”.
Posto che la ricorrente è nata il -OMISSIS- ne consegue il collocamento a riposo il 3-OMISSIS- atteso che, ai sensi dell’art. 19 del R.D. 31 agosto 1933, n. 1592, “L’anno accademico comincia il 1° novembre e termina il 31 ottobre dell’anno successivo”.
2.1.5. Infine, l’affermazione in punto di violazione del principio di continuità dell’attività didattica e del buon funzionamento dei corsi per l’anno accademico in corso si rivela priva di base a fronte della doverosa applicazione della normativa sopra richiamata in punto di collocamento a riposo.
Anche la denunciata contraddittorietà deve ritenersi insussistente: ed invero, rispetto ad un’attività vincolata non è configurabile il vizio di eccesso di potere per contraddittorietà (cfr. Cons. Stato, sez. II, 1 luglio 2020, n. 4184).
3. La parte ricorrente ha poi avanzato domanda di risarcimento ex art. 112, comma 3 cod. proc. amm..
In sintesi, dopo aver richiamato l’art. 112, comma 3, cod. proc. amm. ed il relativo corredo interpretativo, la parte ricorrente ha osservato che se l’Amministrazione avesse tempestivamente emanato il bando di concorso per il settore concorsuale “-OMISSIS- -OMISSIS-”, settore scientifico disciplinare -OMISSIS- “-OMISSIS-”, così ottemperando al giudicato (sentenza T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, -OMISSIS-), la stessa avrebbe avuto accesso alla qualifica ed allo svolgimento dell’attività di professore associato ben 5 anni prima rispetto a quanto avvenuto.
Per l’esponente, il danno da mancata esecuzione del giudicato si concretizza nella perdita di un quinquennio di svolgimento di attività didattica, scientifica e di direzione organizzativa (attività di leadership) e relative voci patrimoniali accessorie con qualifica di professore associato.
Di fatto, invece, la ricorrente, essendo stata immessa in servizio solo in data -OMISSIS- (per poi ricevere il decreto di pensionamento con decorrenza dal 1 novembre 2020), non ha mai potuto rivestire la posizione di professore associato a cui aspirava ed alla quale aveva pieno diritto fin dal 29 maggio 2015, mentre tale posizione è stata assicurata ai controinteressati e a tutti gli altri ricercatori abilitati in servizio nel -OMISSIS-.
La ricorrente ha quindi evidenziato che, pur avendone pieno diritto: non ha mai potuto svolgere attività didattica con la qualifica di professore associato; non ha mai goduto della retribuzione di professore associato se non per il mese di ottobre 2020; non ha usufruito dei contributi previdenziali della qualifica superiore; non ha potuto presentare comunicazioni ad alcun convegno scientifico con la qualifica di professore associato; non ha potuto fruire delle risorse messe a disposizione dei docenti dell’Ateneo per la ricerca in modo da potere incrementare la sua produzione scientifica, presupposto necessario per conseguire ASN a professore di prima fascia e conseguente chiamata a professore di prima fascia.
La ricorrente ha pertanto insistito nella domanda di risarcimento del danno in forma specifica rappresentato dal prolungamento del rapporto di servizio ai fini dello svolgimento del quinquennio di attività di insegnamento e di ricerca con la qualifica di professore associato.
Per la deducente, ove il risarcimento in forma specifica non fosse riconosciuto, spetterebbe comunque il risarcimento per equivalente, precisando, in ordine al quantum, di avere diritto:
– alle differenze retributive per il quinquennio 2015 – 2020, tra la qualifica di professore associato e la qualifica di ricercatore, ivi compreso ogni altro scatto stipendiale eventualmente maturato nel ruolo di professore di seconda fascia nel periodo in oggetto;
– alle differenze contributive per il quinquennio 2015 – 2020, tra la qualifica di professore associato e la qualifica di ricercatore, con conseguente ricalcolo del TFR;
– ad una somma, determinata in via equitativa, che possa ristorare il danno non patrimoniale subito per il mancato raggiungimento della qualifica di professore associato fin dal 2015, per il danno arrecato alla sua immagine e alla personalità scientifica, per la impedita possibilità di conseguire la qualifica di professore di prima fascia, a cui avrebbe ragionevolmente potuto ambire in forza del proprio curriculum scientifico. Per la ricorrente, l’illegittimo stato di quiescenza – dall’1 novembre 2015 al provvedimento di ricollocamento in servizio prot.-OMISSIS- – ha comunque precluso alla ricorrente ogni progressione di carriera con conseguente mortificazione personale e professionale patita dall’interessata ogni giorno nel proprio ambito lavorativo, ivi compreso il fatto che la ricorrente è stata costretta a ridurre la propria attività congressistica e le iscrizioni e la partecipazione all’attività delle associazioni scientifiche, condizioni che in parte si ripropongono a seguito del contestato collocamento in quiescenza a partire dal 1 novembre 2020.
La misura di tale somma – per la deducente – può essere individuata nella differenza tra lo stipendio di professore di seconda fascia e quello di prima fascia, per il periodo in contestazione.
3.1. Le argomentazioni articolate dalla parte ricorrente devono essere disattese in quanto infondate (fatto salvo quanto si dirà al successivo punto 4.1.2. in Diritto).
3.1.1. Quanto alla proposta domanda risarcitoria in forma specifica deve qui ribadirsi quanto sopra evidenziato al punto 2.1.1. in Diritto.
Ed invero, va riaffermato che la parte ricorrente non può vantare alcuna pretesa a vedersi riconosciuta la spettanza del “bene della vita” – il conseguimento del ruolo di professore di seconda fascia – a far data dall’anno 2015.
La domanda risarcitoria in forma specifica (prolungamento del servizio) si rivela, pertanto, infondata (all’uopo dovendosi integralmente richiamare e ribadire anche quanto evidenziato ai punti 2.1.2., 2.1.3., 2.1.4 e 2.1.5. in Diritto, supra).
3.1.2. La domanda risarcitoria per equivalente relativa alle differenze retributive per il quinquennio 2015 – 2020, tra la qualifica di professore associato e la qualifica di ricercatore, ivi compreso ogni altro scatto stipendiale eventualmente maturato nel periodo in oggetto nonché alle differenze contributive per il quinquennio 2015 – 2020, tra la qualifica di professore associato e la qualifica di ricercatore, con conseguente ricalcolo del TFR, va disattesa in quanto infondata.
In primo luogo, deve ribadirsi che l’ottenimento del bene della vita (ruolo di professore di seconda fascia) nell’anno 2015 non può dirsi risultato garantito e certo in favore della deducente (punti 2.1.1. e 3.1.1. in Diritto).
In ogni caso, l’Avvocatura erariale ha argomentato che le differenze stipendiali richieste non sussistono poiché la ricorrente, nella qualifica di ricercatore confermato, grazie all’anzianità maturata percepiva una retribuzione assai più elevata di quella tabellare del professore associato di classe iniziale (nel 2020 la deducente aveva in godimento, nel ruolo di ricercatore una retribuzione annua lorda di € 49.125,18, mentre la retribuzione iniziale del professore associato corrisponde ad € 33.881,11); sempre l’Avvocatura erariale ha rilevato che per tale ragione è stato attribuito alla ricorrente un assegno ad personam di Euro 15.244,06, pari alla differenza tra le due retribuzioni.
Ed ancora, la Difesa erariale ha osservato che tale differenza a favore della ricorrente sussisteva anche nel 2015, quando la retribuzione alla medesima spettante corrispondeva a € 46.861,59 mentre quella del professore associato era pari a € 33.089,44; infine, ha argomentato che l’ipotetico svolgimento del servizio nel ruolo di professore di seconda fascia non avrebbe procurato all’interessata alcun successivo beneficio economico, in quanto l’assegno ad personam che all’epoca avrebbe conseguito sarebbe stato non rivalutabile e soggetto a riassorbimento con la successiva progressione economica (cfr. memoria depositata in data 12 gennaio 2021).
A giudizio del Collegio la parte ricorrente non ha dimostrato la ricorrenza delle dette differenze (retributive e contributive).
Ed invero, innanzitutto la parte ricorrente non ha specificamente contestato i dati (numerici) riguardanti le retribuzioni (della stessa deducente) racchiusi nella citata memoria dell’Avvocatura erariale, ciò che rileva ai fini dell’operatività del principio ex artt. 64, comma 2, cod. proc. amm. e 115 cod. proc. civ. e del correlato principio di “circolarità” tra oneri di allegazione, oneri di contestazione e oneri probatori, che impone a ciascuna parte – anche alla parte ricorrente in relazione ai fatti specificamente allegati dalle controparti – di contestare specificamente le circostanze di fatto rilevanti ex adverso dedotte (cfr. T.A.R. Veneto, sez. II, 28 ottobre 2022, n. 1640).
La parte ricorrente ha invece argomentato (cfr. memoria depositata in data 16 settembre 2023) che alla ottenuta nuova qualifica di professore di seconda fascia non può corrispondere la classe “zero” bensì la diversa IV classe corrispondente alla misura massima (otto anni) dell’anzianità di servizio riconosciuta.
Tuttavia, tale ricostruzione è smentita dal Decreto Rettorale rep. n. -OMISSIS– di nomina professore di seconda fascia per il settore concorsuale -OMISSIS–OMISSIS-, settore scientifico-disciplinare -OMISSIS- “-OMISSIS-’’ – che non risulta contestato dalla deducente, ove si legge espressamente: “Ai sensi dell’art. 36, 6° comma, del D.P.R. 11.7.1980, n. 382 e dell’art. 3, comma 2 del D.P.R. 15.12.2011, n. 232, alla Prof.ssa -OMISSIS-, alla data di assunzione del servizio e fino ad eventuale contrario provvedimento, è attribuito lo stipendio, comprensivo della 13^ mensilità, di € 33.881,11 a.l. (classe iniziale dei professori associati a tempo pieno) oltre gli emolumenti di legge” (art. 2).
Con ciò risulta dimostrato il riconoscimento della retribuzione tabellare del professore di seconda fascia di “classe iniziale” nel caso in esame.
3.1.3. Quanto alla domanda risarcitoria avente ad oggetto il danno subito per il mancato raggiungimento della qualifica di professore associato fin dal 2015 nonché per il danno arrecato all’immagine e alla personalità scientifica per la impedita possibilità di conseguire la qualifica di professore di prima fascia il Collegio rinvia all’esame del successivo punto 4. in Diritto.
4. Infine, in subordine, ai sensi dell’art. 32 cod. proc. amm., la parte ricorrente ha chiesto la conversione della domanda di annullamento del decreto Rettorale n.-OMISSIS-in [#OMISSIS#] ordinario per i motivi specificati nel primo motivo di ricorso.
Parimenti, per l’ipotesi che le voci di danno non fossero ritenute connesse alla inottemperanza della sentenza T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, -OMISSIS-, la deducente ha chiesto, ex art. 32 cod. proc. amm., la conversione della domanda in [#OMISSIS#] ordinario e la conseguente riqualificazione della domanda di risarcimento sia in forma specifica (mantenimento in servizio) che per equivalente (risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali) ex art. 2043 cod. civ., tenuto conto della sussistenza di un evento dannoso (il ritardo pari a cinque anni in esito ai quali la ricorrente ha ottenuto la qualifica di professore associato a cui aveva pieno diritto, con ogni conseguenza economica), dell’ingiustizia del danno per la lesione dell’interesse legittimo a concorrere per la qualifica di professore associato e di professore ordinario, del nesso di causalità tra la condotta della P.A. (ottemperanza tardiva/inottemperanza) e l’evento dannoso e dell’imputabilità dell’evento dannoso alla responsabilità della P.A. sulla base sia del dato obiettivo della tardiva ottemperanza (equiparabile ad una mancata ottemperanza) sia del requisito soggettivo della colpa dell’Ateneo che ha reiteratamente e dichiaratamente manifestato il proprio intento ostruzionistico alla emanazione dell’avviso di chiamata a professore di seconda fascia nel settore concorsuale della deducente e allo svolgimento della sua legittima attività di professore associato ancora per cinque anni, precludendole ogni prospettiva ulteriore di carriera.
4.1. La domanda di annullamento va disattesa mentre la domanda risarcitoria per equivalente monetario merita di essere parzialmente accolta, nei sensi e nei termini in appresso specificati.
4.1.1. La domanda di annullamento e la domanda di risarcimento in forma specifica vanno respinte per le ragioni già evidenziate supra (in particolare, cfr. punti 2.1.1. e ss. e 3.1.1. in Diritto), che qui si ribadiscono.
4.1.2. Merita di essere accolta, invece, la domanda risarcitoria per equivalente monetario in relazione (quale conseguenza del contegno dell’Amministrazione resistente) alla perdita di chances di acquisizione del ruolo di professore di seconda fascia nell’ambito della procedura di selezione (di qualsivoglia natura) che avrebbe dovuto essere avviata – nel rispetto della disciplina normativa e delle statuizioni giurisdizionali – sin dal 2015.
E’ ben noto che il riconoscimento della risarcibilità della perdita di chance è frutto di una lenta evoluzione interpretativa.
La figura de qua è stata elaborata in relazione a quelle fattispecie in cui non è affatto possibile accertare, già in astratto e in termini oggettivi, se un determinato esito vantaggioso (per chi lo invoca) si sarebbe o meno verificato senza l’ingerenza illecita del danneggiante; in tale ambito la tecnica probabilistica viene impiegata per misurare in modo equitativo il “valore” economico della stessa, in sede di liquidazione del quantum risarcibile.
Al fine però di non incorrere in una forma inammissibile di responsabilità senza danno, la giurisprudenza ha ritenuto necessario che, per raggiungere la soglia dell’ingiustizia, la chance perduta sia seria.
A tal fine: da un lato, va verificato con estremo rigore che la perdita della possibilità di risultato utile sia effettivamente imputabile alla condotta altrui contraria al diritto; sotto altro profilo, al fine di non riconoscere valore giuridico a chance del tutto accidentali, va appurato che la possibilità di realizzazione del risultato utile rientri nel contenuto protettivo delle norme violate.
Al fine poi di scongiurare azioni bagatellari o emulative, il giudice dovrà disconoscere l’esistenza di un danno risarcibile nel caso in cui le probabilità perdute si attestino ad un livello del tutto infimo (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 13 settembre 2021, n. 6268).
Orbene, con riguardo al caso in esame va evidenziato che:
– è certa la contrarietà al diritto della condotta dell’Amministrazione universitaria resistente (come acclarato con le sentenze sopra citate), sebbene non sia possibile conoscere l’apporto causale rispetto al mancato conseguimento del risultato utile finale (sopra citato);
– la sussistenza dell’elemento soggettivo – ai fini dell’affermazione della responsabilità – va correlato al difettoso funzionamento dell’apparato pubblico riconducibile, nel caso in esame, ad un comportamento – quantomeno – gravemente negligente, in palese ed inescusabile contrasto con i canoni di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa, di cui all’art. 97 Cost.;
– sussiste il nesso causale tra la condotta antigiuridica e l’evento lesivo, consistente nella perdita da parte della deducente della possibilità di conseguire il vantaggio finale (sopra citato);
– la possibilità di realizzazione del risultato utile rientra nel contenuto protettivo delle norme violate;
– le probabilità perdute – quanto al conseguimento del bene della vita del conseguimento del ruolo di professore di seconda fascia nel 2015 – non possono ritenersi attestate ad un livello del tutto infimo, tenuto conto del possesso dei titoli in capo alla ricorrente (innanzitutto l’abilitazione scientifica nazionale a professore di seconda fascia dal 2014) nonché del (di regola) numero esiguo di candidati partecipanti alle dette procedure (concorsuali o selettive).
In conclusione, sul punto, l’operato dell’Amministrazione resistente ha conculcato le chances acquisitive (del ruolo di professore di seconda fascia) della ricorrente, che – come già detto – appaiono dotate del carattere della “serietà”.
Il pregiudizio subito dalla deducente deve essere qualificato in termini di danno non patrimoniale, sub specie di lesione dello sviluppo della professionalità e della personalità ed immagine scientifica nei suoi aspetti oggettivi (la perdita delle chances acquisitive del ruolo di professore di seconda fascia ha finito per incidere, infatti, sulla possibilità di prendere parte a progetti di ricerca, partecipare a convegni scientifici, incrementare la produzione scientifica e, più in generale, a sviluppare la personalità scientifica nella formazione sociale ove si esplica e si svolge l’attività lavorativa).
Per tale ragione, il pregiudizio de quo – si ribadisce, discendente dalla perdita della concreta possibilità di conseguire un risultato utile – va liquidato in via equitativa, complessivamente nelle sue varie sfaccettature con individuazione di un’unica posta risarcitoria, che ben può essere parametrata una sola volta ad una quota della retribuzione (quale adeguato riferimento al sinallagma rapporto di lavoro), che il Collegio stima equo determinare nella misura di € 10.000,00 (Euro diecimila/00), pari a circa un terzo (poco meno) della retribuzione spettante al professore associato (di classe iniziale) nell’anno 2015.
Ritiene il Collegio, invece, che le restanti domande risarcitorie debbano essere respinte.
In particolare, quanto al risarcimento per equivalente monetario relativo alle differenze retributive e contributive valgono le considerazioni sopra richiamate (punto 3.1.2. in Diritto).
Quanto, invece, al risarcimento per equivalente monetario relativo alle affermate probabilità perdute circa il conseguimento del ruolo di professore di prima fascia (c.d. progressione di carriera), il Collegio ritiene che le stesse non siano apprezzabili – e comunque non lo siano con immediata evidenza – soprattutto in ragione dell’esiguità dello spazio temporale a disposizione della deducente (ove in ipotesi fosse stato conseguito il ruolo di professore di seconda fascia nel 2015) per il conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale a professore di prima fascia e, quindi, del pertinente ruolo.
5. In conclusione, il ricorso per motivi aggiunti in epigrafe deve essere parzialmente accolto, nei limiti e per le ragioni sopra specificate, con conseguente condanna dell’Università degli Studi resistente al risarcimento del danno non patrimoniale subito dalla ricorrente nella misura di € 10.000,00 (Euro diecimila/00), mentre per il resto deve essere respinto.
6. La complessità della vicenda contenziosa e l’accoglimento solo parziale del ricorso in epigrafe giustificano l’integrale compensazione delle spese di giudizio fra le parti.
7. Il Collegio ritiene di disporre la trasmissione di copia della presente sentenza alla Procura presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Siciliana, per le valutazioni e le determinazioni di competenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo accoglie, nei sensi e nei termini precisati, con conseguente condanna dell’Università degli Studi di Catania resistente al risarcimento del danno in favore della parte ricorrente come da motivazione, mentre per la restante parte lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Dispone la trasmissione, a cura della Segreteria, di copia della presente sentenza alla Procura presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Siciliana per le valutazioni e le determinazioni di competenza.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti e della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le parti private e tutte le persone menzionate.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 18 ottobre 2023 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Barone, Consigliere
Giovanni [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Dato, Primo Referendario, Estensore