TAR Lazio, Sez III bis, 8 gennaio 2024, n. 335

Fasi di accesso alle funzioni di professore di prima e di seconda fascia

Data Documento: 2024-01-09
Autorità Emanante: TAR Lazio
Area: Giurisprudenza
Massima

La disciplina normativa sulle procedure di abilitazione per l’accesso alle funzioni di professore di prima e di seconda fascia contempla fasi di verifica di requisiti che oggettivamente i candidati possiedono e il cui accertamento è svolto sulla base di parametri e indicatori e fasi di valutazione della maturità scientifica del candidato affidata più propriamente alla discrezionalità c.d. tecnica della Commissione nella peculiare forma di giudizi di valore, implicanti competenze specialistiche di alto profilo.

Contenuto sentenza

00335/2024 REG.PROV.COLL.

08492/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8492 del 2021, proposto da [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Stufano Melone, rappresentata e difesa dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Rodio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Ministero dell’Università e Ricerca, Commissione Giudicatrice, non costituita in giudizio;
Ministero dell’Università e della Ricerca, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l’annullamento

previa sospensione

dei verbali della Commissione giudicatrice per il conseguimento dell’Abilitazione Scientifica

Nazionale -tornata 2018/2020- alle funzioni di professore universitario di II° fascia – Settore concorsuale 08/F1 “Pianificazione e Progettazione Urbanistica e territoriale” e in particolare del verbale n. 11 del 19.5.2021 nonché dei giudizi individuali e collegiali resi dalla medesima Commissione nei confronti della candidata ricorrente con i quali la stessa è stata ritenuta non idonea, tutti conosciuti in data 3.6.2021 (a seguito della pubblicazione dei risultati sull’apposito sito web), nonché di ogni altro atto a questo presupposto, connesso o conseguente, ivi inclusi gli atti ministeriali di approvazione delle risultanze della procedura abilitativa (non conosciuti).

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’Università e della Ricerca;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 dicembre 2023 la dott.ssa [#OMISSIS#] Dello Sbarba e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1.La ricorrente espone di aver presentato la propria candidatura per l’abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore di seconda fascia per il Settore scientifico 08/F1 “Pianificazione e progettazione urbanistica e territoriale”, nell’ambito della procedura di abilitazione indetta con Decreto Direttoriale n. 2175/2018.

1.1 All’esito della procedura la Commissione giudicatrice ha ritenuto la non idoneità della ricorrente, la quale, ritenendone l’illegittimità, ha impugnato il giudizio collegiale espresso dalla Commissione, unitamente agli altri atti in epigrafe indicati, affidando il ricorso ai seguenti motivi:

I) Violazione, erronea interpretazione e falsa applicazione di legge (art. 3 L. n. 241/1990, art. 16 L. n. 240/2010, artt. 3 e ss. D.M. n. 120 del 7.06.2016, art. 8 del DPR n. 95/2016, D.D. n. 2175 del 9.8.2018 e Verbale n. 1/2018). Eccesso di potere per difetto assoluto di istruttoria e di motivazione. Illogicità, erroneità, contraddittorietà e disparità di trattamento. Illegittimità propria e derivata.

II) Violazione, erronea interpretazione e falsa applicazione di legge (art. 3 L. n. 241/1990, art. 16 L. n. 240/2010, artt. 3 e ss. D.M. n. 120 del 7.06.2016, art. 8 del DPR n. 95/2016, D.D. n. 2175 del 9.8.2018 e Verbale n. 1/2018). Eccesso di potere per difetto assoluto di istruttoria e di motivazione. Illogicità, erroneità, contraddittorietà e disparità di trattamento. Illegittimità propria e derivata.

1.2 In data 7.9.2021 si è costituito il Ministero resistente con atto di stile, successivamente (in data 2.10.2021) depositando relazione e documenti, chiedendo il rigetto del ricorso.

1.3 Con memoria del 17.11.2023 parte ricorrente ha insistito nelle proprie domande.

1.4 All’udienza pubblica del 19 dicembre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

2. Il ricorso è fondato e merita accoglimento nei termini e limiti che seguono.

2.1 La disciplina normativa sulle procedure di abilitazione per l’accesso alle funzioni di professore di prima e di seconda fascia contempla fasi di verifica di requisiti che oggettivamente i candidati possiedono e il cui accertamento è svolto sulla base di parametri e indicatori e fasi di valutazione della maturità scientifica del candidato affidata più propriamente alla discrezionalità c.d. tecnica della Commissione “nella peculiare forma di giudizi di valore, implicanti competenze specialistiche di alto profilo” (Tar Lazio, Roma, sez. III, 4.5.2020 n. 4617).

In particolare la disciplina normativa è da ricercarsi nel D.M. 7 giugno 2016 n.120, il quale prevede all’art. 3, rubricato “Valutazione della qualificazione scientifica per l’abilitazione alle funzioni di professore di prima e di seconda fascia”, che “1. Nelle procedure di abilitazione per l’accesso alle funzioni di professore di prima e di seconda fascia, la Commissione formula un motivato giudizio di merito sulla qualificazione scientifica del candidato basato sulla valutazione delle pubblicazioni e dei titoli presentati, prendendo a riferimento esclusivamente le informazioni contenute nella domanda redatta secondo il modello allegato al bando dai candidati. Nella valutazione la Commissione si attiene al principio in base al quale l’abilitazione viene attribuita esclusivamente ai candidati che hanno ottenuto risultati scientifici significativi riconosciuti come tali dalla comunità scientifica di riferimento, tenendo anche in considerazione, secondo le caratteristiche di ciascun settore concorsuale e in diversa misura per la prima e per la seconda fascia, la rilevanza nazionale e internazionale degli stessi.

2. La valutazione delle pubblicazioni scientifiche e dei titoli è volta ad accertare: a) per le funzioni di professore di prima fascia, la piena maturità scientifica del candidato, attestata dall’importanza delle tematiche scientifiche affrontate e dal raggiungimento di risultati di rilevante qualità e originalità, tali da conferire una posizione riconosciuta nel panorama anche internazionale della ricerca; b) per le funzioni di professore di seconda fascia, la maturità scientifica del candidato, intesa come il riconoscimento di un positivo livello della qualità e originalità dei risultati raggiunti nelle ricerche affrontate e tale da conferire una posizione riconosciuta nel panorama almeno nazionale della ricerca”.

Il secondo comma del richiamato art. 3 prevede una diversificazione per le valutazioni, sia dei titoli che delle pubblicazioni, da riferire alla prima e alla seconda fascia di docenza. La disposizione fissa già i criteri per l’accertamento della “piena maturità scientifica” (per la prima fascia), la quale deve essere attestata dalla “importanza delle tematiche scientifiche affrontate e dal raggiungimento di risultati di rilevante qualità e originalità, tali da conferire una posizione riconosciuta nel panorama anche internazionale della ricerca”, e quelli per l’accertamento della “maturità scientifica” (per la seconda fascia), la quale è data dal “riconoscimento di un positivo livello della qualità e originalità dei risultati raggiunti nelle ricerche affrontate e tale da conferire una posizione riconosciuta nel panorama almeno nazionale della ricerca”.

La discrezionalità della Commissione viene ad essere delimitata dal legislatore con riferimento all’oggetto dell’accertamento (piena maturità o mera maturità scientifica) e ai criteri che consentono di ritenerne la sussistenza.

I successivi articoli indicano più nel dettaglio i criteri per la valutazione delle pubblicazioni scientifiche (art. 4) e i criteri e i parametri per la valutazione dei titoli (art. 5).

In particolare la valutazione dei titoli si compone di due momenti:

a) l’accertamento dell’impatto della produzione scientifica del candidato, svolta utilizzando obbligatoriamente i parametri e gli indicatori relativi al titolo di cui al n. 1 dell’Allegato A;

b) l’accertamento del possesso di almeno tre titoli tra quelli scelti dalla Commissione tra quelli di cui all’allegato A ai numeri da 2 a 11. Riguardo a tale accertamento il comma 2 dell’art. 5 prevede che “la Commissione, nella seduta di insediamento sceglie, in relazione alla specificità del settore concorsuale e distintamente per la prima e per la seconda fascia, almeno sei titoli tra quelli di cui all’allegato A ai numeri da 2 a 11 e ne definisce, ove necessario, i criteri di valutazione”.

La valutazione delle pubblicazioni è svolta in base ai criteri di cui all’art. 4: “La Commissione valuta le pubblicazioni scientifiche presentate dai candidati ai sensi dell’articolo 7, secondo i seguenti criteri:

a) la coerenza con le tematiche del settore concorsuale o con tematiche interdisciplinari adesso pertinenti;

b) l’apporto individuale nei lavori in collaborazione;

c) la qualità della produzione scientifica, valutata all’interno del panorama nazionale e internazionale della ricerca, sulla base dell’originalità, del rigore metodologico e del carattere innovativo;

d) la collocazione editoriale dei prodotti scientifici presso editori, collane o riviste di rilievo nazionale o internazionale che utilizzino procedure trasparenti di valutazione della qualità del prodotto da pubblicare;

e) il numero e il tipo delle pubblicazioni presentate nonché la continuità della produzione scientifica sotto il profilo temporale;

f) la rilevanza delle pubblicazioni all’interno del settore concorsuale, tenuto conto delle specifiche caratteristiche dello stesso e dei settori scientifico-disciplinari ricompresi”.

L’abilitazione è infine attribuita in base all’art. 6 ai soli ai candidati che, all’esito dei cinque giudizi individuali (almeno tre dei quali positivi) e del giudizio finale a carattere collegiale, ottengano: 1) una valutazione positiva del titolo di cui al numero 1 dell’allegato A (impatto della produzione scientifica); 2) il riconoscimento del possesso di almeno tre dei titoli individuati dalla Commissione e infine 3) la valutazione positiva sulle pubblicazioni giudicate complessivamente di qualità elevata, come definita nell’allegato “B” al medesimo regolamento, secondo il quale “si intende per pubblicazione di qualità elevata una pubblicazione che, per il livello di originalità e rigore metodologico e per il contributo che fornisce al progresso della ricerca, abbia conseguito o è presumibile che consegua un impatto significativo nella comunità scientifica di riferimento, a livello anche internazionale.

2.2 Nel caso di specie, la commissione, pur ritenendo la produzione scientifica della candidata sufficiente ad attestare la maturità necessaria al conseguimento dell’abilitazione alla seconda fascia di docenza, ha riconosciuto alla stessa il possesso di due soli titoli tra quelli selezionati, insufficienti a consentire il conferimento del titolo abilitativo: “si ritiene che la candidata presenti la maturità per l’abilitazione alla seconda fascia che tuttavia non può essere riconosciuta per carente documentazione nel possesso dei titoli”.

Il giudizio collegiale, in relazione alla valutazione dei titoli, è stato così conclusivamente formulato “l’abilitazione alla seconda fascia non può essere riconosciuta per carente documentazione nel possesso dei titoli, non essendo indicate analiticamente le pubblicazioni di riferimento per alcuni di essi”. Nello stesso senso i giudizi individuali.

2.3 Con il primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta l’illegittimità del mancato riconoscimento del titolo di cui alla lettera g) (“Formale attribuzione di incarichi di insegnamento o di ricerca (fellowship) presso qualificati atenei e istituti di ricerca esteri o sovranazionali”).

Il possesso di tale titolo è stato negato in quanto “le attività indicate sono docenze in summer school tenute in Italia su argomenti di architettura e monumenti”.

La candidata sostiene, invece, di aver svolto cinque incarichi di insegnamento per l’Università estera New York Institute of Technology di cui quattro di docenza universitaria (NYIT SoAD Summer Program) e uno di docenza per la Summer School della medesima università (NYIT Summer School).

L’incarico di docenza svolto presso la Summer School della NYIT risulterebbe, quindi, essere solo uno dei cinque documentati.

Gli altri quattro incarichi afferirebbero al Summer Program dell’Istituto (non Summer School), corso di insegnamento universitario che si svolge durante il periodo estivo.

La mancata distinzione, da parte della Commissione, tra Summer School e un corso universitario renderebbe illegittimo il relativo giudizio.

La scelta della Commissione di non valutare gli incarichi di insegnamento presso le Summer School di Università estere sarebbe immotivata e illogica, non avendo la Commissione escluso tali incarichi dalla valutazione dei titoli in sede di definizione dei criteri.

Il motivo è fondato nei sensi che seguono.

Il Collegio in via preliminare rammenta che il giudizio di un organo di valutazione come quello in esame, che mira a verificare l’idoneità a partecipare al concorso per divenire docente di prima o di seconda fascia universitaria, in quanto inteso a verificare e a misurare il livello di maturità scientifica raggiunto dai singoli candidati, costituisce espressione della discrezionalità tecnica riservata dalla legge a tale organo collegiale le cui valutazioni, riflettendo specifiche competenze solo da esso possedute, non possono essere sindacate nel merito dal giudice della legittimità. Il sindacato giurisdizionale sugli apprezzamenti tecnici della p.a. può svolgersi in base alla verifica diretta dell’attendibilità delle operazioni tecniche sotto il profilo della loro correttezza quanto a criterio tecnico ed a procedimento applicativo (cfr. Tar Lazio, sez. III, 19 marzo 2019, n. 3653).

Ciò premesso, il giudizio negativo espresso dalla Commissione con riferimento al titolo di cui alla lettera g) risulta affetto dalle censure prospettate dalla ricorrente.

Con riferimento al titolo in questione (“Formale attribuzione di incarichi di insegnamento o di ricerca (fellowship) presso qualificati atenei e istituti di ricerca esteri o sovranazionali”), la Commissione così motiva in ordine al negato riconoscimento: “Vengono elencate visite di ricerca in due sedi internazionali: una di una settimana all’università di Brema autocertificata e una di un mese presso l’università ParisTech, Ecole des Mines – Design Innovation Laboratoire per la quale viene presentato un attestato di semplice visita, senza conferimento di alcun incarico di fellowship o insegnamento. Le altre attività indicate sono docenze in summer school tenute in Italia su argomenti di architettura e monumenti”.

La ricorrente, come sopra detto, sottolinea di aver svolto cinque incarichi di insegnamento per l’Università estera New York Institute of Technology di cui quattro di docenza universitaria (NYIT SoAD Summer Program), afferenti al Summer Program dell’Istituto (non Summer School), corso di insegnamento universitario che si svolge durante il periodo estivo, e uno di docenza per la Summer School della medesima Università (NYIT Summer School).

La scelta della Commissione di non valutare gli incarichi di insegnamento presso le Summer School di Università estere sarebbe immotivata e illogica, non avendo la Commissione escluso tali incarichi dalla valutazione dei titoli in sede di definizione dei criteri.

Nella propria Relazione, il Ministero sottolinea che, in occasione del suo insediamento, la Commissione ha definito il seguente criterio di valutazione: “Formale attribuzione di almeno un incarico di insegnamento (minimo 10 ore di lezione) o di ricerca (fellowship) presso qualificati atenei e istituti di ricerca esteri”.

Sulla scorta di tale criterio il possesso del titolo è stato negato in quanto la candidata ha presentato due visite di ricerca in sedi internazionali senza conferimento di incarico di fellowship o insegnamento e attività di docenza in Summer school tenute in Italia su argomenti di architettura e monumenti.

La ricorrente sostiene che anche le ore di lezione svolte nell’ambito della Summer school e del Summer program della NYIT, presso l’Università La Sapienza di Roma, dovrebbero ritenersi sufficienti ad integrare il titolo.

L’Amministrazione replica che il titolo in questione è volto a riconoscere i meriti scientifici di quei candidati che abbiano ricevuto incarichi di docenza presso Atenei e istituti di ricerca esteri e abbiano quindi prestato la propria attività didattica o di ricerca all’estero, presso le sedi di tali Atenei o istituti, così incrementando il proprio profilo scientifico di una specifica esperienza all’estero.

L’aver svolto attività di docenza all’interno di un Ateneo italiano, sia pure nell’ambito di programmi estivi attivati da un Ateneo estero, non integra gli estremi del criterio sopra detto.

Le Summer school non rappresenterebbero corsi istituzionali dell’offerta formativa degli Atenei e la candidata non avrebbe assunto incarichi di docenza autonomi, avendo svolto lezioni all’interno dei corsi dei proff. Robert Cody e [#OMISSIS#] Amoia.

Sul punto, nella propria memoria, parte ricorrente replica che le indicazioni e la motivazione fornite dalla Commissione sarebbero state ampliate nelle controdeduzioni depositate in giudizio dall’Amministrazione con il rilievo che “le Summer school non rappresentano corsi istituzionali dell’offerta formativa degli Atenei” e che “la Candidata non ha assunto incarichi di docenza autonomi, ma ha svolto lezioni all’interno dei corsi dei proff. Robert Cody e [#OMISSIS#] Amoia” e che “si evince che in nessun caso la Candidata è stata responsabile di un corso di insegnamento, ma di un ciclo di lezioni (spesso su argomenti inerenti l’architettura e la storia dell’architettura, e non l’urbanistica e la pianificazione) all’interno di corsi svolti da altri docenti”.

Si verserebbe, quindi, in una ipotesi di inammissibile integrazione postuma della motivazione.

Ritiene il Collegio che le censure mosse dalla ricorrente colgono nel segno.

Si precisa che la motivazione di un provvedimento amministrativo consiste nell’enunciazione delle ragioni di fatto e nella individuazione delle relative norme di diritto che ne hanno giustificato il contenuto ed è finalizzata a consentire al destinatario del provvedimento la ricostruzione dell’iter logico-giuridico che ha determinato la volontà dell’Amministrazione consacrata nella determinazione a suo carico adottata, sicché la motivazione degli atti amministrativi costituisce uno strumento di verifica del rispetto dei limiti della discrezionalità allo scopo di far conoscere agli interessati le ragioni che impongono la restrizione delle rispettive sfere giuridiche o che ne impediscono l’ampliamento (cfr. Tar Bologna, sez. II, 15 febbraio 2017, n.127).

Il giudizio in questione non ha congruamente ed esaustivamente giustificato le ragioni che hanno spinto a una data conclusione e non è stato indicato il completo iter logico secondo il quale il titolo in questione risulta carente delle necessarie caratteristiche.

La motivazione del giudizio appare quindi non idonea a descrivere le ragioni che hanno spinto la commissione a pervenire all’esito del giudizio negativo e, pertanto, sotto questo profilo, il provvedimento impugnato deve considerarsi non adottato in conformità alle disposizioni di cui agli artt. 3 e 5 del D.M. n. 120/2016.

Con riferimento alla integrazione della motivazione avvenuta nella Relazione depositata agli atti di causa dall’Amministrazione resistente, il Collegio si richiama alla [#OMISSIS#] giurisprudenza (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, 30 gennaio 2023, n. 1096; Cons. Stato, 28 novembre 2022, n. 10448) secondo la quale, nel processo amministrativo, l’integrazione in sede giudiziale della motivazione è possibile soltanto mediante gli atti del procedimento, se ed in quanto i documenti dell’istruttoria offrano elementi da cui poter evincere univocamente le concrete ragioni della determinazione assunta, oppure attraverso l’adozione di un autonomo provvedimento di convalida, restando, invece, inammissibile un’integrazione effettuata in sede di giudizio mediante atti processuali o scritti difensivi.

L’art. 3 della legge n. 241 del 1990, infatti, nel descrivere il contenuto della motivazione del provvedimento, allude alle ragioni che “hanno determinato” la decisione dell’Amministrazione, con ciò collocando temporalmente la cristallizzazione della giustificazione dell’atto al momento in cui questo è stato adottato.

Ammettendo la motivazione a posteriori si giungerebbe, infatti, ad invertire l’ordine logico e cronologico che deve intercorrere tra procedimento e processo, con l’effetto di costringere il privato ad agire in giudizio per conoscere le ragioni poste dall’Amministrazione a base della propria decisione.

Conclusivamente, il mancato riconoscimento ad opera della Commissione del titolo di cui alla lettera g) non risulta supportato da idonea motivazione e la successiva integrazione mediante scritti difensivi deve essere ritenuta inammissibile.

2.4 Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta l’illegittimità del mancato riconoscimento del titolo di cui alla lettera b) (“Direzione o partecipazione alle attività di un gruppo di ricerca caratterizzato da collaborazioni a livello nazionale o internazionale”).

Il possesso di tale titolo è stato negato in quanto “viene riportata la partecipazione a 11 programmi di ricerca, che comprendono anche il dottorato e gli assegni, allegando autocertificazioni, contratti o attestazioni, ma senza indicare o rimandare alle pubblicazioni scaturite”.

La ricorrente sostiene, tuttavia, di aver elencato 6 pubblicazioni scaturite dai programmi di ricerca, la cui rilevanza scientifica è stata peraltro valutata positivamente dalla Commissione.

Il motivo non è fondato.

Nella propria Relazione, il Ministero precisa che con riferimento al titolo in questione, la Commissione, in occasione del proprio insediamento, ha fissato il seguente criterio di valutazione “Partecipazione alle attività di almeno 3 gruppi di ricerca caratterizzati da collaborazioni a livello nazionale o internazionale. Tali attività devono essere documentate da pubblicazioni scientifiche di riconosciuta collocazione editoriale che ne riportano gli esiti”.

La candidata non ha tuttavia indicato o documentato l’intervenuta traduzione delle ricerche all’interno di pubblicazioni scientifiche.

Sostiene la ricorrente che ciò non corrisponderebbe al vero in quanto tra i prodotti allegati ai fini della valutazione la stessa avrebbe inserito proprio alcune pubblicazioni riproducenti i dati delle ricerche effettuate.

L’Amministrazione sottolinea, tuttavia, che la semplice allegazione di pubblicazioni su tematiche affini a quelle oggetto di ricerca non vale a comprovare l’effettivo collegamento tra le pubblicazioni stesse e le partecipazioni avute nei gruppi di ricerca.

Non vale cioè a comprovare che le pubblicazioni abbiano rappresentato l’effettivo esito dei percorsi di ricerca affrontati e non siano pubblicazioni estranee agli specifici programmi di ricerca.

La stessa candidata non avrebbe indicato dette pubblicazioni come esiti dei programmi svolti.

Ritine il Collegio che le motivazioni addotte dalla Commissione con riferimento al mancato riconoscimento del titolo in questione non siano inficiate dai vizi lamentati dalla ricorrente la quale non dimostra che le pubblicazioni abbiano effettivamente rappresentato l’esito dei percorsi di ricerca affrontati e il concreto collegamento tra le pubblicazioni stesse e le partecipazioni avute nei gruppi di ricerca.

3. Conclusivamente il ricorso risulta fondato nei termini e limiti sopra specificati.

4. La parzialità dell’accoglimento dei motivi giustifica la compensazione delle spese.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto:

– annulla in parte qua gli atti impugnati,

– ordina all’Amministrazione la rivalutazione in parte qua della ricorrente a cura di una Commissione esaminatrice in diversa composizione che dovrà essere compiuta entro 90 (novanta) giorni dalla notificazione della presente sentenza a cura della ricorrente.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 dicembre 2023 con l’intervento dei magistrati:

Emiliano [#OMISSIS#], Presidente FF

Giovanni [#OMISSIS#], Referendario

[#OMISSIS#] Dello Sbarba, Referendario, Estensore