Il riconoscimento di alcuni elementi positivi nelle pubblicazioni scientifiche non esclude una valutazione finale negativa che è del tutto legittima e costituisce altresì prova di una valutazione imparziale, analitica e ponderata.
TAR Lazio, Sez. III bis, 20 marzo 2024, n. 5538
Il riconoscimento di alcuni elementi positivi nelle pubblicazioni scientifiche non esclude una valutazione finale negativa
05538/2024 REG.PROV.COLL.
11237/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 11237 del 2023, proposto da OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avvocati OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio OMISSIS in Roma, piazza Paganica 13;
contro
Ministero dell’Università e della Ricerca, Ministero dell’Università e della Ricerca, Commissione per l’Abilitazione Scientifica Nazionale, non costituiti in giudizio;
Ministero dell’Istruzione e del Merito, Ministero dell’Università e della Ricerca, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
OMISSIS, non costituito in giudizio;
per l’annullamento
previa adozione di misure cautelari, dei seguenti atti:
1) del provvedimento della Commissione nazionale per l’Abilitazione Scientifica Nazionale alle funzioni di professore universitario di prima e seconda fascia del Settore Concorsuale 11/A3-Storia (nominata con D.D. n. 0001537 dell’08/07/2021) con il quale è stata negato alla ricorrente il conferimento dell’Abilitazione Scientifica Nazionale alle funzioni di professore universitario di Prima Fascia nel settore concorsuale 11/A3 STORIA CONTEMPORANEA (conosciuto dalla ricorrente in data 09.06.2023); 2) del giudizio di sintesi della Commissione e dei singoli giudizi dei Commissari contenuti o comunque richiamati nell’anzidetto provvedimento del 09.06.2023; 3) della comunicazione ricevuta dalla ricorrente in data 09.06.2023 avente ad oggetto “Oggetto: ASN 2021/2023 OMISSIS – Pubblicazione Risultati – Domanda 80525 – 11/A3 – Fascia: 1”; 4) del verbale della Commissione nazionale per l’Abilitazione Scientifica Nazionale alle funzioni di professore universitario di prima e seconda fascia del Settore Concorsuale 11/A3-Storia (nominata con D.D. n. 0001537 dell’08/07/2021) n. 6 del 29.05.2023; nonché 5) per quanto di interesse e in parte qua, dell’elenco dei soggetti abilitati alle funzioni di professore universitario di Prima Fascia nel settore concorsuale 11/A3 STORIA CONTEMPORANEA (pubblicato in data 09.06.2023) nella parte in cui non include e/o ricomprende la Prof.ssa OMISSIS tra i soggetti abilitati alle anzidette funzioni; 6) degli esiti relativi all’Abilitazione Scientifica Nazionale 2021-2023 (prima fascia – quinto quadrimestre) per il Settore Concorsuale 11/A3 Storia contemporanea pubblicati sul sito dell’ASN in data 09.06.2023 nella parte in cui dichiarano la Prof.ssa OMISSIS non abilitata alle funzioni di professore universitario di Prima Fascia ; 7) del verbale della Commissione n. 1 del 03.03.2023; 8) del verbale della Commissione n. 2 del 30.03.2023 ; 9) del verbale della Commissione n. 3 del 04.05.2023; 10) del verbale della Commissione n. 4 del 21.05.2023; e di ogni loro atto presupposto, preparatorio, connesso e consequenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Istruzione e del Merito e del Ministero dell’Università e della Ricerca;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 marzo 2024 il dott. OMISSIS e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. – La ricorrente ha impugnato il giudizio di non idoneità all’abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore di prima fascia per il settore concorsuale 11/A3-Storia contemporanea, nell’ambito della procedura bandita con D.D. MIUR n. 553/2021.
Nel giudizio in questa sede impugnato, la Commissione, dopo aver accertato il raggiungimento dei valori soglia e il possesso dei titoli richiesti (cinque titoli), ha ritenuto, in merito alle pubblicazioni presentate che “[n]el complesso, da un analitico esame dei titoli e delle pubblicazioni ex art. 7 D.M. 120/2016, emerge il profilo di una studiosa operosa, che ha contribuito all’analisi delle persecuzioni e del reintegro di reduci, ebrei e di “vittime dimenticate” soprattutto in Italia, su cui ha maturato un’ampia esperienza e prodotto contributi spesso inseriti in progetti di ricerca più vasti. Al suo attivo appaiono analitici lavori di scavo con una certa predilezione per le fonti amministrative e normative, con un’accentuata inclinazione descrittiva; studi che sembrano rappresentare più delle solide basi per ulteriori ricerche che delle compiute valutazioni che inseriscano quei casi in contesti ampi e con una interrogazione interpretativa compiuta. Un passaggio positivo è rappresentato dall’ultima monografia proposta in valutazione, dove la candidata dimostra di volersi cimentare con una prospettiva più spiccatamente interpretativa e comparativa, tuttavia risulta un contributo ancora parziale in un percorso che nell’insieme non appare ancora pervenuto a un profilo che corrisponda alle caratteristiche di originalità e ampiezza richieste per la I fascia. Per queste ragioni, la Commissione all’unanimità ritiene che la candidata non raggiunga ancora i livelli di maturità scientifica richiesti e la giudica NON ABILITATA” (doc. 1 al ricorso).
Tale giudizio è impugnato in questa sede con i seguenti motivi di ricorso:
1) “Violazione e falsa applicazione dell’art. 3, 4 e 7 del DM 120/2016; Violazione e falsa applicazione dell’art. 16, c. 3, lett. a), b) e c) legge 240/10; Violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e 6 del DPR 95/2016; Eccesso di potere per vizio di motivazione; per erroneità dei presupposti; per difetto di istruttoria; per illogicità; per irragionevolezza; per inattendibilità del giudizio”, in ragione della mancata valutazione da parte della Commissione (e dei Commissari) delle pubblicazioni scientifiche prodotte dalla ricorrente e dei vizi motivazionali che inficiano l’attendibilità del giudizio di inidoneità;
2) “Violazione e falsa applicazione dell’art. 3, 4 e 7 del DM 120/2016; Violazione e falsa applicazione dell’art. 16, c. 3, lett. a), b) e c) legge 240/10; Violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e 6 del DPR 95/2016; Eccesso di potere per vizio di motivazione; per erroneità dei presupposti; per difetto di istruttoria; per illogicità; per irragionevolezza”, in quanto la Commissione avrebbe omesso di procedere ad una sintetica descrizione ed esame di ciascuna delle pubblicazioni presentate;
3) “Violazione e falsa applicazione dell’art. 3, 4 e 7 del DM 120/2016; Violazione e falsa applicazione dell’art. 16, c. 3, lett. a), b) e c) legge 240/10; Violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e 6 del DPR 95/2016; Eccesso di potere per erroneità dei presupposti; per difetto di istruttoria; per illogicità; per irragionevolezza; per travisamento dei fatti”, in ragione della erroneità dell’assunto della Commissione per cui le pubblicazioni della ricorrente ruoterebbero tutte attorno ad un “unico nucleo”, relativo alle vittime dei fascismi e della seconda guerra mondiale;
4) “Violazione e falsa applicazione dell’art. 3, 4 e 7 del DM 120/2016; Violazione e falsa applicazione dell’art. 16, c. 3, lett. a), b) e c) legge 240/10; Violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e 6 del DPR 95/2016; Eccesso di potere per erroneità dei presupposti; per difetto di istruttoria; per illogicità; per irragionevolezza”, in ragione della erroneità dell’assunto della Commissione per cui la produzione scientifica della candidata si caratterizzerebbe per “analitici lavori di scavo con una certa predilezione per le fonti amministrative e normative, con un’accentuata inclinazione descrittiva”;
5) “Violazione dell’art. 3 della Legge 241/1990; Violazione e falsa applicazione dell’art. 3, 4 e 7 del DM 120/2016; Violazione e falsa applicazione dell’art. 16, c. 3, lett. a), b) e c) legge 240/10; Violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e 6 del DPR 95/2016; Eccesso di potere per erroneità dei presupposti; per difetto di istruttoria; per illogicità; per irragionevolezza”, in quanto sarebbe infondato l’assunto della Commissione sulla esistenza di errori nella menzione di alcuni aspetti giuridici in una monografia;
6) “Violazione e falsa applicazione dell’art. 3, 4 e 7 del DM 120/2016; Violazione e falsa applicazione dell’art. 16, c. 3, lett. a), b) e c) legge 240/10; Violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e 6 del DPR 95/2016; Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della l. 241/1990; Eccesso di potere per vizio di motivazione; per illogicità”, in ragione del difetto di motivazione del giudizio di non significatività attribuito dalla Commissione a talune opere della candidata;
7) “Violazione e falsa applicazione dell’art. 3, 4 e 7 del DM 120/2016; Violazione e falsa applicazione dell’art. 16, c. 3, lett. a), b) e c) legge 240/10; Violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e 6 del DPR 95/2016; Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della l. 241/1990; Eccesso di potere per vizio di motivazione; per illogicità; per erroneità dei presupposti; per travisamento dei fatti”, in merito all’erroneità dell’assunto che la produzione scientifica sarebbe concentrata in uno specifico arco cronologico (1935-1950).
1.2. Si costituiva con atto formale in data 29.2.2024, l’Avvocatura generale dello Stato per i Ministeri resistenti, depositando alcune controdeduzioni sul ricorso.
All’udienza del 5.3.2024 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
2. – Il ricorso non è fondato, per le ragioni nel seguito esposte.
2.1. Va premesso in diritto che la disciplina normativa sulle procedure di abilitazione per l’accesso alle funzioni di professore di prima e di seconda fascia contempla fasi di verifica di requisiti che oggettivamente i candidati devono possedere e il relativo accertamento è svolto sulla base di parametri e indicatori e fasi di valutazione della maturità scientifica del candidato affidata più propriamente alla discrezionalità c.d. tecnica della Commissione “nella peculiare forma di giudizi di valore, implicanti competenze specialistiche di alto profilo” (Tar Lazio, Roma, sez. III,4.5.2020 n. 4617).
In particolare la disciplina normativa è da ricercarsi nel D.M. 7 giugno 2016 n.120, il quale prevede all’art. 3, rubricato “Valutazione della qualificazione scientifica per l’abilitazione alle funzioni di professore di prima e di seconda fascia”, che “1. Nelle procedure di abilitazione per l’accesso alle funzioni di professore di prima e di seconda fascia, la Commissione formula un motivato giudizio di merito sulla qualificazione scientifica del candidato basato sulla valutazione delle pubblicazioni e dei titoli presentati, prendendo a riferimento esclusivamente le informazioni contenute nella domanda redatta secondo il modello allegato al bando dai candidati. Nella valutazione la Commissione si attiene al principio in base al quale l’abilitazione viene attribuita esclusivamente ai candidati che hanno ottenuto risultati scientifici significativi riconosciuti come tali dalla comunità scientifica di riferimento, tenendo anche in considerazione, secondo le caratteristiche di ciascun settore concorsuale e in diversa misura per la prima e per la seconda fascia, la rilevanza nazionale e internazionale degli stessi. 2. La valutazione delle pubblicazioni scientifiche e dei titoli è volta ad accertare: a) per le funzioni di professore di prima fascia, la piena maturità scientifica del candidato, attestata dall’importanza delle tematiche scientifiche affrontate e dal raggiungimento di risultati di rilevante qualità e originalità, tali da conferire una posizione riconosciuta nel panorama anche internazionale della ricerca; b) per le funzioni di professore di seconda fascia, la maturità scientifica del candidato, intesa come il riconoscimento di un positivo livello della qualità e originalità dei risultati raggiunti nelle ricerche affrontate e tale da conferire una posizione riconosciuta nel panorama almeno nazionale della ricerca”.
Il secondo comma del richiamato art. 3 prevede una diversificazione per le valutazioni, sia dei titoli che delle pubblicazioni, da riferire alla prima e alla seconda fascia di docenza.
Con riferimento alla prima fascia, la disposizione fissa già i criteri per l’accertamento della “piena maturità scientifica”, la quale deve essere attestata dalla “importanza delle tematiche scientifiche affrontate e dal raggiungimento di risultati di rilevante qualità e originalità, tali da conferire una posizione riconosciuta nel panorama anche internazionale della ricerca” (mentre, per le funzioni di seconda fascia, si prevede l’accertamento della semplice “maturità scientifica”, la quale è data dal “riconoscimento di un positivo livello della qualità e originalità dei risultati raggiunti nelle ricerche affrontate e tale da conferire una posizione riconosciuta nel panorama almeno nazionale della ricerca”).
La discrezionalità della Commissione viene ad essere delimitata dal legislatore con riferimento all’oggetto dell’accertamento (maturità scientifica) e ai criteri che consentono di ritenerne la sussistenza.
I successivi articoli indicano più nel dettaglio i criteri per la valutazione delle pubblicazioni scientifiche (art. 4) e i criteri e i parametri per la valutazione dei titoli (art. 5).
In particolare la valutazione dei titoli si compone di due momenti:
a) l’accertamento dell’impatto della produzione scientifica del candidato, svolta utilizzando obbligatoriamente i parametri e gli indicatori relativi al titolo di cui al n. 1 dell’Allegato A;
b) l’accertamento del possesso di almeno tre titoli tra quelli scelti dalla Commissione tra quelli di cui all’allegato A ai numeri da 2 a 11. Riguardo a tale accertamento il comma 2 dell’art. 5 prevede che “la Commissione, nella seduta di insediamento sceglie, in relazione alla specificità del settore concorsuale e distintamente per la prima e per la seconda fascia, almeno sei titoli tra quelli di cui all’allegato A ai numeri da 2 a 11 e ne definisce, ove necessario, i criteri di valutazione”.
La valutazione delle pubblicazioni è svolta in base ai criteri di cui all’art. 4: “La Commissione valuta le pubblicazioni scientifiche presentate dai candidati ai sensi dell’articolo 7, secondo i seguenti criteri:
a) la coerenza con le tematiche del settore concorsuale o con tematiche interdisciplinari adesso pertinenti;
b) l’apporto individuale nei lavori in collaborazione;
c) la qualità della produzione scientifica, valutata all’interno del panorama nazionale e internazionale della ricerca, sulla base dell’originalità, del rigore metodologico e del carattere innovativo;
d) la collocazione editoriale dei prodotti scientifici presso editori, collane o riviste di rilievo nazionale o internazionale che utilizzino procedure trasparenti di valutazione della qualità del prodotto da pubblicare;
e) il numero e il tipo delle pubblicazioni presentate nonché la continuità della produzione scientifica sotto il profilo temporale;
f) la rilevanza delle pubblicazioni all’interno del settore concorsuale, tenuto conto delle specifiche caratteristiche dello stesso e dei settori scientifico-disciplinari ricompresi”.
Il D.P.R. n. 95/2016, con riferimento ai lavori delle commissioni, prevede la possibilità di definire, nella prima riunione di insediamento, “le modalità organizzative e di valutazione delle pubblicazioni scientifiche e dei titoli per l’espletamento delle procedure di abilitazione, distinte per fascia”, nei limiti e secondo quanto previsto dal decreto ministeriale.
L’abilitazione è infine attribuita in base all’art. 6 D.M. n. 120/2016 ai soli ai candidati che, all’esito dei cinque giudizi individuali (almeno tre dei quali positivi) e del giudizio finale a carattere collegiale, ottengano: 1) una valutazione positiva del titolo di cui al numero 1 dell’allegato A (impatto della produzione scientifica); 2) il riconoscimento del possesso di almeno tre dei titoli individuati dalla Commissione e infine 3) la valutazione positiva sulle pubblicazioni giudicate complessivamente di qualità elevata, come definita nell’allegato “B” al medesimo regolamento, secondo il quale “si intende per pubblicazione di qualità elevata una pubblicazione che, per il livello di originalità e rigore metodologico e per il contributo che fornisce al progresso della ricerca, abbia conseguito o è presumibile che consegua un impatto significativo nella comunità scientifica di riferimento, a livello anche internazionale.”
2.2. – Nel caso di specie, la Commissione, dopo aver valutato il positivo superamento dei valori relativi all’impatto della produzione scientifica (raggiungendo il valore soglia degli indicatori) e il possesso dei titoli tra quelli indicati dalla Commissione, si esprime all’unanimità nel senso della non idoneità della candidata, in quanto: “da un analitico esame dei titoli e delle pubblicazioni ex art. 7 D.M. 120/2016, emerge il profilo di una studiosa operosa, che ha contribuito all’analisi delle persecuzioni e del reintegro di reduci, ebrei e di “vittime dimenticate” soprattutto in Italia, su cui ha maturato un’ampia esperienza e prodotto contributi spesso inseriti in progetti di ricerca più vasti. Al suo attivo appaiono analitici lavori di scavo con una certa predilezione per le fonti amministrative e normative, con un’accentuata inclinazione descrittiva; studi che sembrano rappresentare più delle solide basi per ulteriori ricerche che delle compiute valutazioni che inseriscano quei casi in contesti ampi e con una interrogazione interpretativa compiuta. Un passaggio positivo è rappresentato dall’ultima monografia proposta in valutazione, dove la candidata dimostra di volersi cimentare con una prospettiva più spiccatamente interpretativa e comparativa, tuttavia risulta un contributo ancora parziale in un percorso che nell’insieme non appare ancora pervenuto a un profilo che corrisponda alle caratteristiche di originalità e ampiezza richieste per la I fascia.” (all.to 1 al ricorso).
A sostegno di tale giudizio collegiale, sono richiamate e sinteticamente valutate le pubblicazioni presentate dal candidato che, a giudizio della Commissione, non sono tali da consentire di ritenere accertato il livello di maturità richiesto per l’abilitazione alla prima fascia.
Tale giudizio segue quello individuale dei commissari che, dopo un esame delle pubblicazioni della candidata, con particolare riferimento alle monografie presentate, valutano il candidato non idoneo in ragione dei seguenti conclusivi rilievi:
– “Nei suoi campi d’elezione la candidata ha svolto ricerche approfondite, esaminato un considerevole repertorio di fonti dirette e fornito utili dati quantitativi, mostrando una buona conoscenza della letteratura di riferimento. Notevoli perplessità suscitano, di contro, la scrittura della candidata, spesso farraginosa, e la difficoltà presente in molti dei suoi lavori a ricondurre la gran mole di dati reperiti in un originale quadro interpretativo. Nonostante si noti una certa crescita da questo punto di vista, complessivamente considerata, si tratta di una produzione scientifica che ancora non consente l’attribuzione alla candidata dell’ASN per la prima fascia” (giudizio prof. OMISSIS);
– “Positivamente attenta alla dimensione quantitativa e ai dati forniti da uno scavo su fonti dirette, OMISSIS appare approfondire meno l’interpretazione dei pur importanti dati raccolti. Si riscontra in alcuni lavori la difficoltà a fare sintesi di una mole a volte davvero cospicua di documenti e a dare ad essi un’interpretazione tale da entrare nel contesto del dibattito storiografico. L’ultimo lavoro sembra delineare una crescita da questo punto di vista che però, nel complesso, non appare ancora decisiva per approdare alla prima fascia” (giudizio prof. OMISSIS);
– “Nel complesso, da un analitico esame dei titoli e delle pubblicazioni ex art. 7 D.M. 120/2016 a emergere è il profilo di una studiosa operosa, fortemente orientata sull’analisi dell’universo concentrazionario, su cui ha maturato un’ampia esperienza e prodotto vari contributi (spesso inseriti in progetti più generali), che se da un lato appaiono generalmente espressione di analitici lavori di scavo, con una certa predilezione per le fonti amministrative e normative, dall’altro sembrano rappresentare più delle solide basi – con un’accentuata inclinazione quantitativa e descrittiva – per ulteriori approfondimenti, che delle compiute analisi capaci di tracciare linee interpretative originali, calate in contesti ampi e articolati” (giudizio prof. OMISSIS);
– “Dall’esame analitico dei titoli e delle pubblicazioni ex art. 7 D.M. 120/2016, risulta una produzione in prevalenza concentrata sull’arco cronologico 1935-1950 e sull’universo concentrazionario, sulla deportazione e sul reintegro delle vittime della guerra e delle persecuzioni razziali, etniche, sessuali e di altro tipo dei fascismi, temi sui quali ha dato un contributo analitico di conoscenza con buona apertura internazionale. Qualche disattenzione emerge in alcuni passaggi dell’ultima monografia che peraltro rivela una accresciuta capacità di inquadramento comparativo. La produzione appare attenta alla dimensione analitica e istituzionale delle norme e in parte finalizzata alla produzione di affidabili repertori per ulteriori indagini più che alla discussione delle loro matrici di medio e lungo periodo. Essa guadagnerebbe da una scrittura più sorvegliata e da un confronto tra l’oggetto studiato e il contesto. In questo senso il giudizio deve tener conto di elementi positivi, quali il contributo alla ricostruzione delle persecuzioni, il riferimento alla storiografia internazionale sui suoi temi, e la capacità di portare a compimento le indagini con acribia, assieme ad alcune criticità, in ragione della concentrazione specialistica delle monografie, non esente da qualche sovrapposizione, di una scrittura non sempre risolta e di una ricostruzione tendenzialmente schiacciata sulle fonti e sulle normative, rispetto a cui l’ultima monografia segna una crescita in un percorso non ancora compiuto” (prof. OMISSIS);
– “Nel complesso, il giudizio sulla candidata non è agevole, dal momento che la sua produzione scientifica appare un po’ alterna, nella quale saggi di buona fattura, seguono altri più incerti, in cui il taglio descrittivo e quantitativo prevale su quello qualitativo e interpretativo. L’ultimo lavoro presentato segna senz’altro una crescita scientifica della candidata, che non appare, però, ancora sufficiente per la posizione di I fascia per la quale ha fatto domanda” (prof. OMISSIS).
2.3. – Con i primi due motivi di ricorso, il ricorrente sostiene la illegittimità del giudizio della Commissione, in ragione della mancata valutazione da parte della Commissione (e dei Commissari) delle pubblicazioni scientifiche prodotte dalla ricorrente (e in particolare dell’opera relativa a “Il lungo ’46 delle donne in Sicilia e in Piemonte (2020)”), nonché a causa dei vizi motivazionali che inficiano l’attendibilità del giudizio di inidoneità, in quanto non recherebbe un esame sintetico di ciascuna pubblicazione, né una adeguata motivazione analitica.
I motivi non sono fondati per le ragioni che seguono.
In via preliminare si rammenta che il giudizio di un organo di valutazione come quello in esame, che mira a verificare l’idoneità a partecipare al concorso per divenire docente di prima o di seconda fascia universitaria, in quanto inteso a verificare e a misurare il livello di maturità scientifica raggiunto dai singoli candidati, costituisce espressione della discrezionalità tecnica riservata dalla legge a tale organo collegiale le cui valutazioni, riflettendo specifiche competenze solo da esso possedute, non possono essere sindacate nel merito dal giudice della legittimità. Il sindacato giurisdizionale sugli apprezzamenti tecnici della p.a. può svolgersi in base alla verifica diretta dell’attendibilità delle operazioni tecniche sotto il profilo della loro correttezza quanto a criterio tecnico ed a procedimento applicativo (cfr. T.A.R. Lazio, sentenze 4.1.2021, n. 14 e 19.3.2019, n. 3653).
Va altresì ricordato come “non sia necessaria una valutazione analitica delle singole pubblicazioni effettuata nel giudizio collegiale, ma quantomeno occorre sia evidente il percorso motivazionale seguito dalla commissione, potendo in tal senso soccorrere anche i giudizi individuali dei commissari, laddove questi siano formulati in modo tale da riuscire ad adempiere a tale funzione” (TAR Lazio, III-bis, sentenza n. 670/2024). Infatti, secondo l’ormai consolidato orientamento della giurisprudenza, la normativa non pretende una motivazione analitica, che si soffermi su ogni singola pubblicazione che, invero, sarebbe di difficile se non impossibile attuazione in procedure come quella oggetto dell’odierna controversia, ove si richiede l’esame di un nutrito gruppo di candidati in un ristretto lasso di tempo. Ad essere necessario, tuttavia, “è l’esame analitico delle pubblicazioni presentate nei giudizi individuali, essendo possibile, nella successiva formulazione della valutazione collegiale, che la commissione possa legittimamente esprimersi anche con termini sintetici e sommari, purché il giudizio risulti essere sorretto da una motivazione che consenta di conoscere l’iter valutativo seguito, anche al fine di garantire la tutela giurisdizionale degli interessi del candidato” (TAR Lazio, III-bis, sentenza n. 12699/2021), con la precisazione ulteriore che “non è d’altro canto necessario descrivere analiticamente il contenuto e analizzare il contenuto di ogni scritto preso singolarmente dovendosi ritenere sufficiente, per [#OMISSIS#] giurisprudenza, procedere ad una descrizione collettiva delle varie opere esaminandone gli aspetti positivi o le criticità” (TAR Lazio, III-bis, sentenze n. 17050/2023 e n. 2305/2024).
Ciò premesso, il giudizio negativo espresso dalla Commissione non risulta affetto dalle censure prospettate dal ricorrente poiché sorretto da adeguata motivazione e conforme ai criteri stabiliti. Esso rappresenta la sintesi dei giudizi individuali, espressi dai vari componenti della commissione che hanno formulato un giudizio negativo, pur essendo da questo distinguibile.
In particolare, il giudizio collegiale espone in maniera chiara e previo esame analitico delle pubblicazioni presentate dal candidato, le ragioni poste a fondamento del mancato possesso dei criteri di legge.
Nel dettaglio, nei giudizi individuali sono analizzate in modo sufficientemente analitico le principali opere del candidato, distinguendo tra monografie e altri contributi, e si conclude per la non idoneità, valutando il rigore metodologico delle opere e la capacità della candidata di interpretare i dati raccolti e ricondurli ad una riflessione unitaria. Tale giudizio si accompagna all’apprezzamento di un importante lavoro di raccolta dei dati e di un percorso di crescita testimoniato dall’ultima monografia, in cui la Commissione rileva che al metodo quantitativo si accompagni anche una maggiore analisi interpretativa.
Si rileva sul punto che il riconoscimento di alcuni elementi positivi nelle pubblicazioni scientifiche del ricorrente non esclude una valutazione finale negativa che, se ben argomentata come nel caso di specie, è del tutto legittima e costituisce altresì prova di una valutazione imparziale, analitica e ponderata (cfr. TAR Lazio, sentenza n. 2620/2021).
Tali valutazioni, peraltro, non appaiono espresse in termini complessivi o generici, ma danno atto di un’analisi puntuale delle pubblicazioni presentate dal candidato, che sono richiamate e valutate singolarmente – seppur sinteticamente e concentrandosi sulle principali opere monografiche – e sulle quali i Commissari esprimono un giudizio specifico che si riassume nel giudizio collegiale, conformemente a quanto richiesto dalla normativa rilevante (sopra richiamata) e dalla giurisprudenza formatasi in materia (cfr, TAR Lazio, sez. III-bis, sentenze n. 10963/2021 e 18098/2023 e, da ultimo, n. 3690/2024; nonché Cons. St., VII, sent. n. 2737/2023 e parere n. 609/2022, che esclude che possa “desumersi una carenza motivazionale dalla circostanza che non siano stati, nei giudizi resi, operate analitiche ed articolate deduzioni con specifico riferimento a ciascuna delle pubblicazioni presentate”).
A fronte di tale quadro, con riferimento alle specifiche censure del ricorrente, occorre rilevare come:
i) l’assenza del riferimento, all’interno del giudizio collegiale, del saggio (contributo in volume) “Il lungo ’46 delle donne in Sicilia e in Piemonte. Mobilitazione, voto e rappresentazioni della Repubblica”, non appare idoneo a viziare il relativo giudizio, essendo quest’ultimo, come detto, analiticamente espresso in relazione alle principali monografie del candidato, fermo restando che tale opera risulta richiamata tanto nel giudizio collegiale (cfr. “10) le donne siciliane e piemontesi di fronte al voto del 1946”) che in quello individuale di alcuni commissari e la cui valutazione risulta pertanto rifluire nel giudizio finale.
ii) analogo rilievo vale per le ulteriori pubblicazioni delle quali la ricorrente deduce la mancanza di una descrizione analitica, le quali risultano invece richiamate nei giudizi in esame, avendo la Commissione legittimamente scelto, in relazione alle opere diverse da quelle monografiche, di procedere ad una descrizione collettiva delle stesse esaminandone gli aspetti positivi o le criticità in maniera complessiva;
iii) in relazione alle monografie, queste ricevono un esame puntuale sia nel giudizio collegiale sia in quello individuale.
In particolare, nei giudizi individuali, si osserva:
– “Delle cinque monografie, la prima, I siciliani deportati nei campi di concentramento e di sterminio nazisti 1943-1945 (Sellerio, 2006), è un buon lavoro ricostruttivo su un gruppo di oltre cinquecento deportati, di cui si recupera il percorso e l’esperienza posteriore attraverso alcune interviste; va detto che la sicilianità, utile a ricostruire il percorso di indagine, non appare qui un connotato distinguibile dalla italianità e avrebbe meritato qualche riflessione metodologica aggiuntiva. La seconda monografia, Quando l’eccezione diventa norma. La reintegrazione degli ebrei nell’Italia postfascista (Bollati Boringhieri, 2006) è forse il lavoro di ricerca più originale della candidata. Di taglio istituzionale, propone un commento ragionato alla legislazione per il reintegro degli ebrei espulsi e perseguitati dal fascismo, modellata in parte su quella dei reduci, e sulla difficoltà per la Repubblica di cancellare gli atti giuridici del fascismo. Offre una ampia casistica amministrativa, minor approfondimento è dedicato al rapporto tra le disposizioni e la prassi. La terza a più mani, con B. Mantelli e G. Villari, I ribelli della Benedicta. Profili, percorsi, biografie dei caduti e dei deportati, (Archetipolibri, 2011), è uno studio su un noto rastrellamento nell’[#OMISSIS#], di cui la candidata redige la parte sui fucilati e le relative schede biografiche, e appare assimilabile ad un contributo in volume più che ad una monografia. La quarta, Sulla strada per il Reich. Fossoli, marzo-luglio 1944 (Mursia, 2015), studio molto corposo e ben condotto sugli oppositori del fascismo deportati nel campo di Fossoli, si aggiunge ad una letteratura che già aveva enucleato gli elementi essenziali della questione. La quinta monografia, Riparare i danni. I perseguitati dai fascismi in Austria, Francia, [#OMISSIS#], Italia. Sottrazioni, restituzioni, indennizzi (Le Monnier, 2023), è un lavoro di ricostruzione analitico di notevole respiro comparativo, che riprende le monografie del 2006 e l’articolo del 2007 tentando una comparazione tra i tre paesi ex-fascisti e la Francia. Essa ricostruisce su letteratura secondaria le vicende della restituzione dei beni e della reintegrazione lavorativa degli ebrei, originale risulta il terzo capitolo sulle “vittime dimenticate” nell’immediato dopoguerra e le precisazioni sulle persecuzioni di omosessuali, sinti e altri gruppi che solo dagli anni Ottanta hanno trovato riconoscimento. Apprezzabile è la tesi di un fascismo anticipatore, nella [#OMISSIS#] giuridica, delle persecuzioni degli altri due fascismi. Qualche imprecisione emerge nella scrittura poco sorvegliata su alcuni aspetti giuridici e sulla loro contestualizzazione. Ad esempio, la legge del settembre 1935 non cancellava la cittadinanza degli ebrei (p. 4), ma rispolverava la categoria dei cittadini del Reich a fianco di quella dei cittadini dello Stato, mentre distingueva tra cittadini di sangue tedesco, o affine, e gli “einfache Staatsangehörige”, ossia appartenenti allo Stato ma privi dei diritti politici in quanto di razza allotria „Angehörige rassefremden Volkstums“, e gradualmente esclusi con successivi decreti attuativi – citati dalla candidata – per via amministrativa, fino alla perdita completa, dai diritti civili e dall’habeas corpus. Un altro passaggio non convince laddove si scrive che “Lo Stato tedesco occidentale (BRD) poté conoscere la restituzione della piena sovranità dei poteri solo dal 1952” (p. 7) , forse ci si riferisce all’accordo per cui si sarebbe posto fine all’occupazione francese in caso di accesso della RFT alla CED, che non venne ratificata. Anche in riferimento alla direttiva JCS (Joint Chiefs of Staff ) 1067, essa non “disciplinava l’applicazione della terza versione della norma avallata l’11 maggio 1945” (p. 117), almeno non soltanto quella, ma l’intera politica di occupazione americana. Insomma, la candidata nello sforzo di isolare il suo tema estrapola dal contesto alcune norme, forse per la complessità di una materia di cui fornisce un ampio catalogo più di un compiuto inquadramento storico” (Spagnolo);
– “La prima monografia presentata (Bollati Boringhieri, 2006) affronta il tema del reintegro della popolazione di religione ebraica nell’Italia repubblicana. L’analisi è condotta con una spiccata attenzione per gli aspetti giuridico-normativi e si caratterizza per un lavoro abbastanza solido dal punto di vista metodologico. Legati a questa tematica appaiono dei saggi che affrontano l’applicazione della legislazione ebraica durante il regime fascista e che si presentano alquanto alterni, sia per la dimensione sia per un certo appiattimento sul tema analizzato. In tal senso vanno considerati: La legge Terracini e i suoi ‘prodromi’, (Pàtron editore, 2013); The University of Messina Targeted by the Regime e 1938 and the University of Palermo, (entrambi su Trauma and Memory, 2020). Al tema della deportazione nei campi di prigionia del Terzo Reich la candidata dedica gran parte della sua produzione scientifica, in cui a prevalere, però, è il taglio quantitativo e descrittivo, piuttosto che quello interpretativo. La seconda monografia (Sellerio, 2006) è incentrata sulla deportazione in [#OMISSIS#] dei siciliani. Il lavoro appare buono, anche se confinato in una dimensione localistica. L’impostazione della monografia, saggio introduttivo e poi appendice documentaria, è la stessa struttura che verrà ripetuta nelle monografie successive. La terza monografia (Archetipolibri, 2011) è relativa alla strage della Benedicta, nella quale i partigiani delle formazioni garibaldine furono uccisi e deportati dai reparti della Gnr e nazisti. L’apporto della candidata al lavoro svolto a tre mani è essenzialmente quantitativo, nella ricostruzione degli elementi partigiani che furono uccisi e deportati. La quarta monografia, che intreccia i temi della deportazione con quelli del trattamento degli ebrei, è il volume dedicato a Fossoli, (Mursia, 2015). Il volume si inquadra senz’altro negli studi sull’universo concentrazionario ed è fondato su una buona ricerca d’archivio, che porta alla realizzazione di un’appendice documentaria piuttosto corposa, anche se non apporta significativi contributi su un tema ampiamente studiato dalla storiografia. Sui temi della deportazione in [#OMISSIS#] per motivi di lavoro e non solo, la candidata ritorna con una quinta monografia (Mursia, 2019), in cui, dopo un saggio ricostruttivo vengono pubblicate delle piccole biografie dei deportati. Legati a questa tematica della deportazione sono altri saggi presentati in valutazione: Sulle orme dei reduci. Traiettorie del ritorno, (Giornale di Storia Contemporanea, 2016); Gli spostamenti di manodopera meridionale nel Terzo Reich attraverso gli esempi calabrese e siciliano (2018). All’ultimo tema di ricerca, la candidata dedica un saggio (Annali dell’Istituto storico-germanico in Trento, 2007), prodromico della monografia successiva (Le Monnier, 2023). L’ultima monografia presentata segna senz’altro un salto qualitativo nella produzione della candidata, che abbandona un precedente approccio eccessivamente quantitativo, per entrare nel dibattito su un tema al centro di una discussione storiografica più complessiva e articolata” (Ungari);
Analoga analisi si ritrova nei giudizi degli altri commissari (seppure il giudizio critico viene formulato dopo la descrizione delle opere) e rifluisce coerentemente nel giudizio collegiale.
Al fine di valutare la correttezza di tale impianto motivazionale si ricorda come la motivazione di un provvedimento amministrativo consiste nell’enunciazione delle ragioni di fatto e nella individuazione delle relative norme di diritto che ne hanno giustificato il contenuto, ed è finalizzata a consentire al destinatario del provvedimento la ricostruzione dell’iter logico-giuridico che ha determinato la volontà dell’Amministrazione consacrata nella determinazione a suo carico adottata, sicché la motivazione degli atti amministrativi costituisce uno strumento di verifica del rispetto dei limiti della discrezionalità allo scopo di far conoscere agli interessati le ragioni che impongono la restrizione delle rispettive sfere giuridiche o che ne impediscono l’ampliamento (cfr. Tar Bologna, sez. II, 15 febbraio 2017, n.127).
Ciò premesso, il giudizio in questione indica, come visto, l’iter logico secondo il quale le pubblicazioni sono state ritenute carenti sotto il profilo qualitativo, in termini di innovatività e originalità nell’approccio interpretativo e comparativo e le motivazioni sopra riportate – siccome espresse in maniera specifica con riguardo alle singole monografie e in termini complessivi con sulle restanti opere – appaiono idonee a descrivere le ragioni che hanno spinto la commissione a pervenire all’esito del giudizio negativo. Pertanto, il giudizio impugnato deve considerarsi formulato in conformità alle disposizioni di cui agli artt. 3 e 4 del D.M. n. 120/2016.
Analoghe valutazioni devono essere svolte con riguardo al rilievo circa l’assenza di una particolare significatività di due articoli in inglese (dedotto sotto il profilo del difetto motivazionale con il motivo n. 6 descritto supra), per cui va ribadito quanto sopra detto in merito alla circostanza che il giudizio si è correttamente concentrato sulle opere principali di carattere monografico, osservando peraltro che il giudizio in questione trova corrispondente spiegazione nel giudizio individuale dei commissari, laddove di ritiene che tali saggi si presentano “alquanto alterni, sia per la dimensione sia per un certo appiattimento sul tema analizzato” (Ungari).
2.4. – Per i motivi che si espongono nel seguito, risultano infondati anche gli altri motivi di ricorso, con cui la ricorrente si duole di ulteriori vizi che inficerebbero il giudizio della Commissione.
2.4.1. Con il terzo e il settimo motivo (v. nn. 3 e 7, supra, par. 1), la ricorrente lamenta che la Commissione avrebbe basato il giudizio su alcuni assunti erronei, ossia che le pubblicazioni della ricorrente ruoterebbero tutte attorno ad un “unico nucleo”, relativo alle vittime dei fascismi e della seconda guerra mondiale, e si concentrerebbero su un arco cronologico determinato (1935-1950), trascurando invece la circostanza che le pubblicazioni affrontano in realtà temi e periodi anche diversi.
La censura è infondata, oltre che non sorretta da un attuale interesse ai fini dell’annullamento dell’impugnato giudizio.
In primo luogo, infatti, nei giudizi sopra esaminati risulta come la Commissione non ritenga che le uniche tematiche trattate coincidano con il tema delle vittime dei fascismi e della seconda guerra mondiale (ovvero siano pertinenti ad un ristretto arco temporale), ma piuttosto che tali argomenti e periodi ne rappresentano il tema caratterizzante, su cui sono incentrate in misura prevalente le monografie e che appaiono riflessi anche nei restanti lavori. Ciò si desume non solo dal giudizio collegiale (in cui si osserva come “Le altre pubblicazioni di OMISSIS vertono ancora in prevalenza sui temi delle monografie, quali la legislazione razziale, la reintegrazione dei reduci nell’Europa post-bellica e lo sfruttamento della manodopera nel Terzo Reich”; doc. 1), ma anche da quello dei Commissari, laddove i temi della deportazione e del reinserimento delle vittime dei fascismi sono indicati come “campi principali di indagine” (OMISSIS), temi ai quali le pubblicazioni sono “in gran parte riconducibili” (OMISSIS e OMISSIS), ovvero “i principali interessi della candidata” (Ungari).
Tale giudizio – in termini di temi/periodi prevalenti e non unici o esclusivi – non appare affetto da alcun macroscopico travisamento del contenuto degli scritti esaminati o in altrettanto evidenti vizi logici del percorso valutativo e, anzi, appare coerente con le opere presentate, come anche descritte dalla candidata nel ricorso.
A ciò si deve aggiungere, in ogni caso, che all’interno del giudizio, la circostanza che il tema principale (o “unico”, secondo l’impostazione della ricorrente) delle ricerche sia stato quello delle vittime dei fascismi e della seconda guerra mondiale (o che la produzione si sia concentrata nell’arco 1935-1950) non riveste [#OMISSIS#] negativa e determinate del giudizio di inidoneità.
Come emerge dalle motivazioni sopra esaminate, il giudizio si fonda sull’analisi qualitativa delle opere della candidata, esprimendosi sui caratteri di innovatività e originalità dei risultati delle ricerche condotte, risultando carente di una prospettiva più spiccatamente interpretativa e comparativa, necessarie – nella visione dei Commissari – al fine di conseguire l’abilitazione richiesta.
Ne segue, pertanto, l’infondatezza dei motivi in esame, non solo in fatto, ma anche perché in ogni caso, privi di un attuale interesse, posto che il loro accoglimento non determinerebbe un diverso esito del giudizio.
2.4.2. Con gli ulteriori motivi di ricorso (i motivi nn. 4 e 5, sopra richiamati al par. 1), la ricorrente lamenta che la Commissione avrebbe erroneamente rilevato, nell’analisi condotta sulle opere della candidata, un’accentuata inclinazione descrittiva, nonché l’esistenza di imprecisioni nella menzione di alcune fonti giuridiche.
Tali censure, nella misura in cui contestano ab intrinseco il giudizio reso dalla Commissione, non possono essere delibate favorevolmente.
Infatti, le doglianze introdotte con i motivi in esame appaiono volte a sostenere l’erroneità del giudizio sulla base di una diversa lettura della produzione scientifica che la ricorrente offre al giudice, quanto ad ampiezza, originalità e innovatività degli argomenti trattati, al fine di dimostrare come “è la semplice lettura e analisi dell’opera a sconfessare le valutazioni dei Commissari in punto di innovatività e originalità” (ricorso, p. 27).
Come ricordato in premessa e più volte ribadito da questo Giudice, il giudizio di valore che investe la valutazione delle pubblicazioni, su cui è chiamata ad esprimersi la Commissione, non è sindacabile nel merito, ove non manifestamente irragionevole, illogico, o erroneo in fatto (Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 1662/2017; Sez. IV, n. 5016/2016; Sez. VI, n. 871/2011; Id. n. 5880/2010; T.A.R. Lazio-Roma, I sez., n. 4237/2013).
Difatti, “sebbene sia stata oramai definitivamente accantonata l’opinione tradizionale che escludeva si potesse riconnettere alla sentenza del giudice amministrativo l’effetto di imporre una disciplina del rapporto tra amministrazione e cittadino “sostitutiva” della disciplina dettata dall’atto annullato, resta il fatto che non sempre il contenuto ordinatorio della sentenza di accoglimento consente una definizione della fattispecie sostanziale;
– ciò accade nell’ipotesi in discussione, in cui il fatto presupposto del potere di accertamento della Commissione ‒ la sussistenza della piena maturità scientifica degli aspiranti professori ‒ viene preso in considerazione dalla norma attributiva del potere, non nella dimensione oggettiva di “fatto storico” (accertabile in via diretta dal giudice), bensì di fatto “mediato” e “valutato” dalla pubblica amministrazione.
– in questi casi, tenuto peraltro conto dello specifico contesto dell’autonomia universitaria, il giudice non è chiamato, sempre e comunque, a sostituire la sua decisione a quella dell’Amministrazione, dovendo invece verificare se l’opzione prescelta da quest’ultima rientri o meno nella ristretta gamma di risposte plausibili che possono essere date alla luce delle scienze rilevanti e di tutti gli elementi di fatto;
– l’intangibilità del nucleo “intimo” della decisione discrezionale consegue alla stessa mancanza di un parametro giuridico di valutazione, essendosi al cospetto di attività, sì giuridicamente rilevante, ma non disciplinata da norme di diritto oggettivo (in tal senso, va letto l’art. 31, comma 3, c.p.a.);
– è ben possibile per l’interessato ‒ oltre a far valere il rispetto delle garanzie formali e procedimentali “strumentali” e gli indici di eccesso di potere ‒ contestare il contenuto della decisione pubblica, ma in tal caso deve accollarsi l’onere di dimostrare che il giudizio di valore espresso dall’Amministrazione sia scientificamente del tutto inaccettabile;
– fino a quando invece si fronteggiano soltanto “opinioni” divergenti, il giudice, per le ragioni anzidette, deve dare prevalenza alla posizione espressa dall’organo statale appositamente investito (dalle fonti del diritto e, quindi, nelle forme democratiche) della competenza ad adottare decisione collettive, rispetto alla posizione “individuale” dell’interessato…” (Cons. Stato, VI, sentenza 7 gennaio 2021, n. 195).
Nel caso di specie, i giudizi contestati dalla ricorrente si fondano sulle seguenti valutazioni dei Commissari
– “Positivamente attenta alla dimensione quantitativa e ai dati forniti da uno scavo su fonti dirette, OMISSIS appare approfondire meno l’interpretazione dei pur importanti dati raccolti. Si riscontra in alcuni lavori la difficoltà a fare sintesi di una mole a volte davvero cospicua di documenti e a dare ad essi un’interpretazione tale da entrare nel contesto del dibattito storiografico” (OMISSIS);
– “Nei suoi campi d’elezione la candidata ha svolto ricerche approfondite, esaminato un considerevole repertorio di fonti dirette e fornito utili dati quantitativi, mostrando una buona conoscenza della letteratura di riferimento. Notevoli perplessità suscitano, di contro, la scrittura della candidata, spesso farraginosa, e la difficoltà presente in molti dei suoi lavori a ricondurre la gran mole di dati reperiti in un originale quadro interpretativo” (OMISSIS);
– “[…] Apprezzabile è la tesi di un fascismo anticipatore, nella [#OMISSIS#] giuridica, delle persecuzioni degli altri due fascismi. Qualche imprecisione emerge nella scrittura poco sorvegliata su alcuni aspetti giuridici e sulla loro contestualizzazione. Ad esempio, la legge del settembre 1935 non cancellava la cittadinanza degli ebrei (p. 4), ma rispolverava la categoria dei cittadini del Reich a fianco di quella dei cittadini dello Stato, mentre distingueva tra cittadini di sangue tedesco, o affine, e gli “einfache Staatsangehörige”, ossia appartenenti allo Stato ma privi dei diritti politici in quanto di razza allotria „Angehörige rassefremden Volkstums“, e gradualmente esclusi con successivi decreti attuativi – citati dalla candidata – per via amministrativa, fino alla perdita completa, dai diritti civili e dall’habeas corpus. Un altro passaggio non convince laddove si scrive che “Lo Stato tedesco occidentale (BRD) poté conoscere la restituzione della piena sovranità dei poteri solo dal 1952” (p. 7) , forse ci si riferisce all’accordo per cui si sarebbe posto fine all’occupazione francese in caso di accesso della RFT alla CED, che non venne ratificata. Anche in riferimento alla direttiva JCS (Joint Chiefs of Staff ) 1067, essa non “disciplinava l’applicazione della terza versione della norma avallata l’11 maggio 1945” (p. 117), almeno non soltanto quella, ma l’intera politica di occupazione americana. Insomma, la candidata nello sforzo di isolare il suo tema estrapola dal contesto alcune norme, forse per la complessità di una materia di cui fornisce un ampio catalogo più di un compiuto inquadramento storico” e ancora, “La produzione appare attenta alla dimensione analitica e istituzionale delle norme e in parte finalizzata alla produzione di affidabili repertori per ulteriori indagini più che alla discussione delle loro matrici di medio e lungo periodo. Essa guadagnerebbe da una scrittura più sorvegliata e da un confronto tra l’oggetto studiato e il contesto.” (Spagnolo);
– “L’ultima monografia presentata segna senz’altro un salto qualitativo nella produzione della candidata, che abbandona un precedente approccio eccessivamente quantitativo, per entrare nel dibattito su un tema al centro di una discussione storiografica più complessiva e articolata. Nel complesso, il giudizio sulla candidata non è agevole, dal momento che la sua produzione scientifica appare un po’ alterna, nella quale saggi di buona fattura, seguono altri più incerti, in cui il taglio descrittivo e quantitativo prevale su quello qualitativo e interpretativo” (Ungari).
Le riportate opinioni esprimono valutazioni che si fondano su un’analisi specifica dei singoli lavori e, in particolare, delle opere monografiche, e si sviluppano in maniera coerente con le premesse della relativa analisi e i dati osservati. Tali valutazioni, pur se simili o assonanti, mostrano una piena autonomia di giudizio, da parte dei commissari, e un pressoché convergente apprezzamento scientifico, con conseguente attendibilità del relativo esito, dato di fronte al quale lo scrutinio di questo Giudice deve arrestarsi in ossequio ai sopra precisati limiti del sindacato.
Pertanto – tenuto conto dell’assenza, sopra rilevata, di elementi idonei ad evidenziare uno sviamento logico o un errore di fatto o, ancora, una contraddittorietà ictu oculi rilevabile della motivazione –, i profili di censura in esame non sono accogliibili, in quanto introducono valutazioni di merito che, al di là del prestigio associato alla ricorrente, condurrebbero il giudice a sostituire un diverso avviso al giudizio dato dalla Commissione, così concretandosi un’inammissibile invasione nello spazio riservato in questa materia all’amministrazione (Cons. St., VII, sentenza n. 950/2023).
3. – In conclusione, il ricorso non può essere accolto.
4. – In considerazione delle peculiarità del giudizio e della natura delle situazioni giuridiche interessate devono ritenersi sussistenti eccezionali motivi per compensare le spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 marzo 2024 con l’intervento dei magistrati:
OMISSIS, Presidente FF
OMISSIS, Consigliere
OMISSIS, Referendario, Estensore
L’Estensore OMISSIS
Il Presidente OMISSIS
Pubblicato il 20 marzo 2024