TAR Veneto, Sez. IV, 18 marzo 2024, n. 525

La distinzione della tipologia di pubblicazione propria dei criteri bibliometrici assunti dall’ANVUR non ha carattere cogente ed assoluto

Data Documento: 2024-03-18
Autorità Emanante: TAR Veneto
Area: Giurisprudenza
Massima

La distinzione della tipologia di pubblicazione propria dei criteri bibliometrici assunti dall’ANVUR non ha carattere cogente ed assoluto per tutte le tipologie di concorsi e pertanto non può essere di per sé considerata quale parametro di riferimento per sindacare la legittimità del diverso criterio adottato dalla commissione.

Contenuto sentenza

00525/2024 REG.PROV.COLL.

00744/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 744 del 2023, integrato da motivi aggiunti, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Brescia, via [#OMISSIS#] Crispi, n. 3;

contro

Università degli Studi di Padova, in persona del Rettore pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati OMISSIS, OMISSIS e OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

Ministero dell’Università e della Ricerca, non costituito in giudizio;

nei confronti

-OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati OMISSIS e OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l’annullamento

per quanto riguarda il ricorso introduttivo ed i motivi aggiunti:

– del Decreto Rettorale n. 1823 adottato in data 2 maggio 2023 e pubblicato sull’albo on line in data 3 maggio 2023 di nomina del vincitore della pubblica selezione (c.d. “approvazione atti”) relativa all’assunzione di n. 1 ricercatore a tempo determinato, con regime di impegno a tempo pieno, presso il Dipartimento di Scienze politiche, giuridiche e studi internazionali – SPGI per il settore concorsuale 12/H3 – Filosofia del Diritto (Profilo: settore scientifico disciplinare IUS/20 – Filosofia del Diritto) ai sensi dell’art. 24, comma 3, lettera b) della Legge 30 dicembre 2010, n. 240;

– del Bando di concorso avente ad oggetto: «Procedure selettive per l’assunzione di n. 4 ricercatori a tempo determinato, con regime di impegno a tempo pieno, ai sensi dell’art. 24, comma 3, lettera b) della Legge 30 dicembre 2010, n. 240 – 2022RUB05», di cui al Decreto rettorale n. 3723/2022 – protocollo n. 0165875 del 15 settembre 2022, pubblicato sull’albo on line il 28 settembre 2022;

– nonché per l’annullamento di ogni atto connesso, presupposto e/o consequenziale, ivi compresi tutti i verbali della Commissione di valutazione;

e, per l’effetto, per la condanna dell’Università resistente a provvedere a rimodulare il punteggio assegnato ai candidati dichiarando vincitore della selezione il Dott. -OMISSIS- con contestuale attribuzione dell’incarico; dell’Università resistente a disporre la rivalutazione analitica dei candidati, tenendo conto delle censure formulate nel presente ricorso, da parte di una nuova commissione giudicatrice in diversa composizione, alla quale si chiede non prendano parte commissari provenienti dall’Università degli Studi di Padova, ove la Dott.ssa -OMISSIS- risulta inquadrata come docente al contratto alla data della presente selezione.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Padova e di -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 febbraio 2024 il dott. OMISSIS e uditi per le parti i difensori OMISSIS, in sostituzione dell’avv. OMISSIS, OMISSIS e, su delega dell’avv. OMISSIS, OMISSIS;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

L’Università di Padova, con bando approvato con decreto rettorale n. 3723 del 14 settembre 2022, ha indetto delle procedure selettive per l’assunzione di n. 4 ricercatori tra i quali, per quanto di interesse, all’allegato 4 è prevista l’assunzione di un ricercatore a tempo determinato, con regime di impegno a tempo pieno, presso il Dipartimento di Scienze politiche, giuridiche e studi internazionali – SPGI per il settore concorsuale 12/H3 – FILOSOFIA DEL DIRITTO (Profilo: settore scientifico disciplinare IUS/20 – FILOSOFIA DEL DIRITTO) ai sensi dell’art. 24, comma 3, lettera b) della legge 30 dicembre 2010, n. 240.

Al termine della procedura, l’odierno ricorrente si è classificato al secondo posto con un punteggio complessivo di 85,3 punti, mentre la controinteressata si è classificata al primo posto con un punteggio di 95 punti.

Con decreto rettorale n. 1823 del 2 maggio 2023 sono stati approvati gli atti della procedura selettiva.

Con il ricorso in epigrafe il ricorrente, secondo classificato, impugna gli atti della procedura con quattro motivi.

Con il primo motivo lamenta la violazione dell’art. 24, comma 2, lett c) della legge n 240 del 2010, dell’art. 8 del bando, dell’art. 6, comma 4, del D.P.R. n. 487 del 1994, dei principi di trasparenza ed imparzialità dell’azione amministrativa ex art. 97 della Costituzione, nonché il difetto di pubblicità e trasparenza.

Con questo motivo il ricorrente sostiene che non sono stati rispettati i requisiti formali richiesti dalle norme di legge e del bando sulla pubblicità dei lavori relativi alla discussione con la commissione dei titoli e della produzione scientifica.

Il ricorrente premette che la discussione è avvenuta in forma telematica in conformità al regolamento interno per l’assunzione di ricercatori a tempo determinato, il quale all’art. 16, comma 6, dispone che debba esservi una discussione pubblica dei titoli e della produzione scientifica, e al comma 13 prevede che “i colloqui con i candidati si svolgono, di norma, in modalità telematica attraverso una istanza web pubblica”.

Al fine di consentire la partecipazione dei candidati e del pubblico alla riunione telematica, il verbale n. 2, pubblicato sul sito istituzionale dell’Università, conteneva il link per potersi collegare alla piattaforma Zoom.

Tuttavia secondo il ricorrente l’accesso alla riunione non era liberamente possibile per tutti perché il collegamento era protetto da password, come dimostrato dalla circostanza che per poter accedere il candidato classificatosi al terzo posto ha dovuto richiedere ed ottenere una password inviatagli attraverso una email, e che parimenti lo stesso ricorrente ha inviato una email al presidente della commissione e al responsabile unico del procedimento segnalando difficoltà di accesso.

Il ricorrente deduce pertanto che risulta violato il principio della pubblicità previsto dalla legge, dal bando e dal regolamento dell’Università, perché il pubblico non era nelle condizioni di potere liberamente partecipare collegandosi alla piattaforma Zoom in quanto il link reso pubblico risultava protetto da password.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 3 del D.M. n. 243 del 2011, dell’art. 4, lett. e), del D.M. n. 120 del 2016 e del D.M n. 589 del 2018, la contraddittorietà, per travisamento ed erronea valutazione dei fatti, il difetto di istruttoria, la manifesta illogicità e l’irragionevolezza nelle operazioni di valutazione della commissione sotto molteplici profili.

Con riguardo in particolare alla valutazione delle pubblicazioni, il ricorrente deduce che la commissione dopo aver predeterminato quattro criteri corrispondenti a quelli previsti dall’art. 10, comma 2, del regolamento, ha previsto la graduazione del punteggio di ciascun criterio per dei sub punteggi.

Secondo il ricorrente i criteri individuati dalla commissione sono illegittimi perché, essendo eccessivamente generici e privi di sufficiente determinatezza, avrebbero dovuto essere integrati con dei sotto criteri.

Tale vizio è riscontrabile, secondo il ricorrente, soprattutto nel criterio c) “rilevanza scientifica della collocazione editoriale di ciascuna pubblicazione e sua diffusione all’interno della comunità scientifica” dato che la commissione avrebbe dovuto specificare cosa debba intendersi per “rilevanza scientifica” di una pubblicazione, e nei criteri a) e b).

In secondo luogo il ricorrente contesta che la commissione si sia limitata ad attribuire un massimo di 5 punti per ogni pubblicazione senza distinguerne la tipologia, sostenendo che sarebbe necessario fare riferimento ai criteri previsti per il conseguimento della valutazione scientifica nazionale e alle linee guida dettate dall’Anvur, secondo le quali, diversamente da quanto accaduto nella presente procedura, le monografie e gli articoli su riviste di fascia A hanno un peso maggiore rispetto a capitoli in volumi collettanei, mentre le curatele sono escluse.

Il ricorrente rileva che, ove espunta la curatela della controinteressata che secondo la propria prospettazione sarebbe stata oggetto di valutazione, il divario si ridurrebbe di 4,95 punti.

Inoltre il ricorrente lamenta che in questo modo la commissione ha realizzato un “appiattimento” delle valutazioni a proprio danno, posto che le proprie due monografie e i propri dieci articoli su riviste in fascia A, sono state valutate fino ad un massimo di 5 punti, come le pubblicazioni della controinteressata che a proprio giudizio hanno minore importanza e prestigio.

Il ricorrente contesta altresì la previsione secondo cui per la voce d), che riguarda i lavori di collaborazione, sono attribuiti 0,05 punti per i lavori con due o più autori e solo punti 0,1 nei casi di lavori con unico autore, con uno svantaggio per il ricorrente che presenta pubblicazioni con un unico autore, e un vantaggio per la controinteressata che ha diverse pubblicazioni con più autori.

Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione del D.P.R. n. 445 del 2000, dell’art. 8 del bando, il difetto di motivazione, l’illogicità e l’irragionevolezza, nonché il difetto di istruttoria, il travisamento dei fatti e la disparità di trattamento, con riguardo alla valutazione dei titoli.

Secondo il ricorrente la commissione avrebbe omesso di trattare i premi e riconoscimenti per l’attività di ricerca, per i quali avrebbe dovuto essere attribuito fino ad un massimo di un punto, penalizzando la valutazione nei suoi confronti, perché non gli sono stati considerati il conseguimento del Fondo premiale per il finanziamento delle attività base di ricerca (FFABR) erogato dal Ministero e due borse di studio e ricerca Erasmus+.

Al contempo la commissione secondo il ricorrente avrebbe ed erroneamente qualificato come corso un semplice workshop in cui la controinteressata moderava un panel, senza svolgere attività di insegnamento in senso proprio.

Inoltre il ricorrente contesta che la controinteressata ha dichiarato:

– di essere stata titolare di un assegno di ricerca “ex art. 22, l. 240/2010” presso l’Università Roma dal 1° febbraio 2011 al 31 gennaio 2012, mentre l’assegno risulta essere stato bandito ai sensi del D.M. 449 del 1997, con standard qualitativi diversi;

– di essere componente del comitato di redazione della rivista “Ars Intepretandi”, quando invece sul sito della rivista, il suo nominativo al 3 maggio 2023 non compare nel comitato di redazione.

Per quanto riguarda la valutazione preliminare delle pubblicazioni di cui al verbale n. 3, il ricorrente lamenta che la stessa consiste in considerazioni eccessivamente generiche nonostante l’art. 8 del bando precisi che la valutazione preliminare comparativa dei candidati avrebbe dovuto effettuarsi esprimendo un motivato giudizio analitico sulle pubblicazioni scientifiche.

Anche per quanto riguarda la valutazione delle pubblicazioni di cui al verbale n. 4, il ricorrente lamenta che la commissione ha proceduto all’attribuzione dei punteggi in base alla scala di valori dei sub punteggi previsti dal verbale n. 1, senza un’estesa motivazione descrittiva, e quindi senza quel dettagliato giudizio analitico richiesto dal bando.

Con il quarto motivo il ricorrente lamenta il difetto di motivazione, l’illogicità e l’irragionevolezza, il difetto di istruttoria, il travisamento e la disparità di trattamento nonché l’ingiustizia manifesta, perché la propria carriera sarebbe stata sottovalutata.

In particolare il ricorrente rileva una contraddizione nell’attribuzione del punteggio medio per le voci a) e b), che equivale ad affermare che le sue pubblicazioni sono, rispettivamente, soltanto parzialmente originali e rigorose e soltanto parzialmente congruenti con il settore scientifico concorsuale, e il giudizio sintetico secondo cui “i contributi si collocano all’interno della disciplina. La sede editoriale è sempre molto rilevante e garantisce diffusione entro la comunità scientifica”.

Inoltre il ricorrente, dopo aver richiamato il valore delle proprie pubblicazioni, riconosciuto solo in parte dalla commissione, afferma che non è possibile comprendere le ragioni per le quali quasi tutti i propri articoli hanno ottenuto un punteggio di 1, anziché di 1,7, per il criterio a), venendo considerati come parzialmente originali e rigorosi, e le monografie hanno ottenuto un punteggio di 1 anziché di 1,5, per il criterio b), nonostante siano state pubblicate in collane e riviste giudicate di fascia A dall’Anvur.

Per quanto concerne il curriculum il ricorrente deduce di aver ottenuto l’abilitazione scientifica nazionale di seconda fascia (c.d. A.S.N. II fascia) nel 2018, all’età di 30 anni e a 32 anni, nel 2020, l’abilitazione di prima fascia (c.d. A.S.N. I fascia), e che in quell’occasione 8 delle 12 pubblicazioni presentate anche per il concorso in esame, sono state giudicate con la massima valutazione, mentre la controinteressata è abilitata solo in seconda fascia e non, come il ricorrente, anche in seconda fascia in “Sociologia giuridica, della devianza e del mutamento sociale” per una materia di un diverso settore scientifico e di un’altra area.

Il ricorrente sostiene altresì l’erronea attribuzione alla controinteressata del massimo punteggio per il criterio c), avente ad oggetto la diffusione all’interno della comunità scientifica, per le pubblicazioni n. 6 (“The Juridification of Vulnerability in the European Legal Culture”) e n. 12 (“Data at the Boundaries of the European Law”), che, anche se valutabili in base al bando, sono tuttavia in corso di pubblicazione.

Il ricorrente chiede infine il risarcimento dei danni da perdita di chance, tenendo conto che la certezza o l’elevata probabilità di ottenere un risultato favorevole, comporta che l’ammontare del danno risarcibile nel caso di specie coincida con [#OMISSIS#] sperato, e chiede altresì il ristoro del danno morale causato dalla svalutazione del proprio lavoro.

A seguito dell’esercizio del diritto di accesso il ricorrente ha ottenuto della documentazione proveniente dalla controinteressata, che a proprio giudizio attesterebbe un’erronea dichiarazione di un titolo presentato, tale da comportare l’esclusione dalla procedura.

Pertanto, con motivi aggiunti, il ricorrente propone un nuovo motivo con il quale lamenta la violazione del D.P.R. n. 445 del 2000, il difetto di istruttoria ed il travisamento, in quanto la controinteressata ha dichiarato nel curriculum vitae di avere conseguito il titolo di dottore di ricerca in filosofia del diritto, quando invece è stata ammessa alla sezione in “diritto europeo su base storico comparatistica”, a cui è estraneo il settore di filosofia del diritto.

Secondo il ricorrente la controinteressata avrebbe pertanto conseguito un dottorato estraneo al settore di filosofia del diritto, producendo solamente un lavoro finale inerente a questa materia, e formulando in proposito una dichiarazione non veritiera che ha finito per fuorviare le valutazioni della commissione.

Si sono costituiti in giudizio l’Università di Padova e la controinteressata replicando puntualmente alle censure proposte e concludendo per la reiezione del ricorso.

In [#OMISSIS#] l’Università eccepisce l’inammissibilità del ricorso perché il ricorrente non ha impugnato il diniego di autotutela, che ha quindi consolidato i propri effetti e non potrebbe risultare caducato da un eventuale accoglimento del ricorso.

L’Università e la controinteressata hanno altresì eccepito la tardività delle censure proposte con i motivi aggiunti.

La controinteressata ha infine chiesto, oltre che la condanna della parte ricorrente alle spese di giudizio, anche la condanna per responsabilità aggravata ai sensi dell’art. 26 cod. proc. amm., e 96 cod. proc. civ., per la formulazione temeraria di censure con le quali ha dedotto l’esistenza di dichiarazioni non veritiere che sarebbero state prodotte dalla controinteressata nel corso della procedura amministrativa.

Alla pubblica udienza dell’8 febbraio 2024, in prossimità della quale le parti hanno depositato memorie a sostegno delle proprie difese, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

L’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dall’Università per l’omessa impugnazione del diniego di autotutela non può essere condivisa.

Contrariamente a quanto sostiene l’Università nel caso in esame il diniego di autotutela non costituisce un atto autonomamente lesivo adottato dal Rettore, ovvero dal medesimo organo competente all’approvazione della graduatoria, a seguito di una nuova istruttoria o con diversa motivazione rispetto al provvedimento impugnato, ma si sostanzia in una nota esplicativa redatta dal dirigente dell’Ufficio personale docente, che assume una [#OMISSIS#] esclusivamente esplicativa delle determinazioni già assunte, ed ha pertanto una natura non provvedimentale.

Si tratta quindi di un atto meramente confermativo dell’originario provvedimento che costituisce l’unico atto lesivo nella fattispecie (ex pluribus cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 15 maggio 2012, n. 2774).

Nel merito il ricorso introduttivo ed i motivi aggiunti devono essere respinti.

Con il primo motivo il ricorrente deduce l’illegittimità dei lavori per violazione del principio di pubblicità, in quanto i colloqui svoltisi in modalità telematica non erano accessibili senza l’utilizzo di una password.

Alla luce dei chiarimenti forniti dall’Università nelle proprie difese la censura si rivela infondata.

Contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, i lavori in modalità telematica risultano essersi svolti con delle procedure idonee ad assicurare la libera accessibilità da parte di chi fosse interessato.

Infatti è stata utilizzata una funzione della piattaforma Zoom che consente di incorporare il passcode di accesso alla riunione all’interno del link di invito per partecipare.

In questo modo, come risulta dai manuali esplicativi della piattaforma Zoom liberamente consultabili, chiunque conosca il link può direttamente accedere con un clic.

Per maggiore chiarezza va evidenziato che nel verbale n. 2, pubblicato sul sito dell’Ateneo, era indicato il seguente link:

(https://unipd.zoom.us/j/88370838236?pwd=dWE1 Z3IvMDh4R2FlempJUVd5Sm5GQT09)

il quale, come risulta dalla presenza di un codice alfanumerico dopo i caratteri “?pwd”, incorpora automaticamente un passcode, mentre invece i link che non incorporano il passcode sono privi di questa indicazione e necessitano, per consentire l’accesso alla riunione, della digitazione di un apposito passcode da parte dell’interessato.

Uno dei candidati inizialmente ha riscontrato delle difficoltà di accesso e ha dovuto contattare gli indirizzi email indicati a questo scopo nel medesimo verbale che conteneva il link, per ricevere assistenza mediante l’invio di una specifica password necessaria a bypassare il problema.

Tale circostanza non dimostra che l’accesso non era consentito liberamente, ma semplicemente che vi è stata un’anomalia probabilmente dovuta ad un difettoso settaggio del device utilizzato dal candidato per il collegamento, alla quale è stato possibile tempestivamente ovviare ricorrendo alle indicazioni dell’Amministrazione.

Pertanto, poiché è provato che l’Università ha reso pubblico il link di accesso alla piattaforma Zoom che incorporava il passcode, ed era stato predisposto un servizio di assistenza per l’ipotesi in cui si fossero verificate delle anomalie che in concreto si è rivelato tempestivo ed efficace, sussistono i presupposti per poter affermare che è stata assicurata la pubblicità della seduta mediante la libera accessibilità ai lavori svolti in modalità telematica.

Ne consegue l’infondatezza delle censure proposte con il primo motivo.

Con una prima censura proposta nell’ambito del secondo motivo, il ricorrente sostiene che i criteri di valutazione delle pubblicazioni adottati dalla commissione sarebbero generici, specie con riguardo al criterio c), per il quale non sarebbe possibile comprendere i base a quale parametro debba essere valutata la “rilevanza scientifica della collocazione editoriale di ciascuna pubblicazione e sua diffusione all’interno della comunità scientifica”.

La censura non è condivisibile.

La commissione, in conformità al bando ed al regolamento dell’Università, ha previsto i seguenti punteggi per ciascun elemento oggetto di valutazione:

– “Pubblicazioni scientifiche: 60 punti;

– Didattica, didattica integrativa e servizio agli studenti: 10 punti;

– Curriculum comprensivo di attività di ricerca, produzione scientifica complessiva e attività istituzionali, organizzative e di servizio, in quanto pertinenti al ruolo: 30 punti”.

Per quanto riguarda le pubblicazioni, la commissione, facendo proprie le previsioni dell’art. 3 del DM n. 243 del 25 maggio 2011 recante “Criteri e parametri riconosciuti, anche in ambito internazionale, per la valutazione preliminare dei candidati destinatari di contratti di cui all’articolo 24 della legge n. 240/2010” e dell’art. 10 del regolamento di Ateneo, ha previsto i seguenti criteri:

a) originalità, innovatività, rigore metodologico e rilevanza di ciascuna pubblicazione;

b) congruenza di ciascuna pubblicazione con tematiche proprie del settore scientifico-disciplinare oppure con tematiche interdisciplinari ad esso strettamente correlate;

c) rilevanza scientifica della collocazione editoriale di ciascuna pubblicazione e sua diffusione all’interno della comunità scientifica;

d) determinazione analitica, anche sulla base di criteri riconosciuti nella comunità scientifica internazionale di riferimento, dell’apporto individuale del ricercatore nel caso di partecipazione del medesimo a lavori in collaborazione. In particolare, per i lavori in collaborazione la determinazione analitica dell’apporto individuale dei candidati sarà effettuata sulla base dei seguenti criteri: indicazione esplicitata nella pubblicazione e, laddove non presente, si considererà l’apporto individuale del candidato/della candidata alla luce del relativo percorso di ricerca. La commissione terra conto anche dell’eventuale dichiarazione del candidato/della candidata, se presentata”.

La commissione ha quindi così articolato in sub pesi i punteggi per ciascuna voce:

a) originalità, innovatività, rigore metodologico e rilevanza di ciascuna pubblicazione (fino a 1,7 punti così assegnati: pienamente originale e rigorosa=1,7; parzialmente originale e rigorosa=1; per nulla originale e rigorosa=0);

b) congruenza di ciascuna pubblicazione con tematiche proprie del settore scientifico disciplinare oppure con tematiche interdisciplinari ad esso strettamente correlate fino a 1,5 punti così assegnati: pienamente congruente=1,5; parzialmente congruente=1; per nulla congruente=0;

c) rilevanza scientifica della collocazione editoriale di ciascuna pubblicazione e sua diffusione all’interno della comunità scientifica (fino a 1,7 punti così assegnati: molto rilevante=1,7; rilevante=1; non rilevante=0);

d) determinazione analitica, anche sulla base di criteri riconosciuti nella comunità scientifica internazionale di riferimento, dell’apporto individuale del ricercatore nel caso di partecipazione del medesimo a lavori in collaborazione: numero di autori (punti 0,05 per i lavori con due o più autori. Nei casi di lavori con unico autore verrà attribuito il seguente punteggio: punti 0,1)”.

Contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente il criterio della “rilevanza scientifica della collocazione editoriale di ciascuna pubblicazione e sua diffusione all’interno della comunità scientifica” è intellegibile, conosciuto e costantemente utilizzato in ambito accademico quale parametro di valutazione delle pubblicazioni (è presente nel D.M. n. 243 del 2011 e nel regolamento d’Ateneo), e nei settori scientifico disciplinari, come quello all’esame, che non fanno riferimento a parametri bibliometrici, tiene conto del tipo di pubblicazione, della pubblicazione entro collane scientifiche che assicurano normalmente il referaggio, del prestigio delle case editrici per il riconoscimento che riscontrano nella comunità scientifica e per la diffusione nazionale o internazionale e, per quanto riguarda gli articoli, della loro pubblicazione su riviste classificate in fascia “A” dall’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca.

Nel caso in esame la lettura congiunta dei criteri e dei sub pesi consente di ricostruire il giudizio.

Ad esempio l’attribuzione del massimo punteggio di 1,7 per il criterio c), significa che la commissione ha ritenuto “molto rilevante” la collocazione scientifica di una pubblicazione, mentre il punteggio di 1 significa che la pubblicazione è ritenuta solamente “rilevante”.

Nel caso di specie i parametri utilizzati per l’espressione dei punteggi possono essere tratti anche dal giudizio reso in forma verbale allegato al verbale n. 3 laddove viene espressa la valutazione preliminare comparativa che ha preceduto l’attribuzione del punteggio analitico a ciascuna delle pubblicazioni presentate, da cui emergono quali siano gli elementi che sono stati considerati.

Per quanto riguarda il ricorrente, si dà atto che sono state valutate tutte le dodici pubblicazioni presentate tra le quali sono presenti due monografie e dieci articoli in riviste in fascia A e che “i contributi si collocano all’interno della disciplina. La sede editoriale è sempre molto rilevante e garantisce diffusione entro la comunità scientifica”.

Si evince pertanto quali siano stati gli aspetti valutati nel riconoscere il massimo punteggio di 1,7 per il criterio 3 relativo alla “rilevanza scientifica della collocazione editoriale” con riguardo alla quasi totalità delle pubblicazioni presentate dal ricorrente (undici sono state valutate con collocazione scientifica “molto rilevante” ed una “rilevante”).

Parimenti, per quanto riguarda la controinteressata, nel verbale viene precisato che “presenta 12 pubblicazioni tra cui una monografia, sei articoli su riviste tutte di fascia A, cinque contributi in volumi collettanei”, e che “nelle pubblicazioni con coautori, che attestano collaborazioni internazionali, il contributo della candidata è chiaramente riconoscibile. I contributi si collocano pienamente all’interno della disciplina. Le sedi editoriali sono sempre molto rilevanti entro la comunità scientifica del settore IUS/20 e garantiscono ampia diffusione, spesso anche internazionale”.

Anche in questo caso sono resi intellegibili gli elementi valutati tradotti nei punteggi attribuiti alle pubblicazioni.

Pertanto, poiché nel caso di specie dalla valutazione sintetica resa in forma verbale possono essere tratti gli elementi tenuti in considerazione nella successiva attribuzione dei punteggi relativi alla voce “rilevanza scientifica della collocazione editoriale di ciascuna pubblicazione e sua diffusione all’interno della comunità scientifica”, la censura con la quale il ricorrente lamenta la genericità e non sufficiente determinatezza del criterio adottato si rivela infondata.

Non possono invece essere oggetto di esame le censure con le quali il ricorrente asserisce che sarebbero privi di determinatezza anche i criteri n. 1 (originalità, innovatività, rigore metodologico e rilevanza di ciascuna pubblicazione) e n. 2 (congruenza di ciascuna pubblicazione con tematiche proprie del settore scientifico-disciplinare oppure con tematiche interdisciplinari ad esso strettamente correlate), perché, non essendo argomentate, sono formulate in modo generico in termini meramente assertivi.

Con un’ulteriore censura proposta nell’ambito del secondo motivo il ricorrente sostiene che i giudizi espressi sarebbero illegittimi in quanto l’Amministrazione ha previsto in misura fissa solo un massimo di 5 punti per ciascuna pubblicazione.

Tale censura non è condivisibile perché la commissione gode di ampi margini di discrezionalità nel determinare l’incidenza ponderale di ciascun elemento di valutazione (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 8 luglio 2022, n. 4617), e il ricorrente non allega elementi idonei a dimostrare profili di manifesta illogicità o irragionevolezza nelle scelte effettuate.

Infatti il punteggio massimo di cinque punti per ogni pubblicazione, deriva dalla semplice divisione del punteggio totale di sessanta, riconosciuto per il totale delle pubblicazioni, per il numero massimo di dodici pubblicazioni ammesse, e si sostanzia in una scelta che privilegia il contenuto delle pubblicazioni rispetto agli aspetti formali che vengono invece valorizzati mediante la previsione di punteggi differenziati a seconda del tipo di pubblicazione.

Il ricorrente prosegue lamentando che la commissione avrebbe errato nel non adottare la distinzione della tipologia di pubblicazione propria dei criteri bibliometrici assunti dall’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca, da considerare, secondo il ricorrente, assurti a parametri fondamentali di valutazione delle pubblicazioni in ambito accademico rispetto a tutte le procedure di concorso, con cui vengono adottati dei criteri di valutazione differenziati a seconda della tipologia di pubblicazione.

Anche tale rilievo non è condivisibile.

Sul punto il Collegio ritiene sufficiente richiamare la giurisprudenza che ha chiarito che il criterio invocato, essendo adottato al fine specifico di calcolare gli indicatori per i candidati e gli aspiranti commissari per le procedure di abilitazione scientifica nazionale, non ha carattere cogente ed assoluto per tutte le tipologie di concorsi e pertanto non può essere di per sé considerato quale parametro di riferimento per sindacare la legittimità del diverso criterio adottato dalla commissione nella fattispecie in esame (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VII, 14 luglio 2023, n. 6892; id. 22 dicembre 2022, n. 11196; T.A.R. Veneto, Sez. I, 24 giugno 2022, n.1076), e appare priva di profili di manifesta illogicità la scelta di privilegiare il profilo contenutistico rispetto a quello quantitativo formale (cfr. T.A.R. Veneto, Sez. I, 14 ottobre 2020, n. 934).

Le censure con le quali il ricorrente contesta la previsione di cinque punti per ogni pubblicazione e la mancata previsione di un punteggio differenziato a seconda della tipologia di pubblicazione, se monografia, articolo, saggio in collettanea ecc., si rivelano pertanto infondate.

Parimenti priva di fondamento è la censura con la quale il ricorrente sostiene l’illegittimo riconoscimento di 4,95 punti per una curatela della controinteressata che in quanto tale non avrebbe dovuto essere oggetto di valutazione, perché si basa su un equivoco.

Infatti, come chiarito dalle controparti, il punteggio a cui si riferisce il ricorrente non è stato attribuito alla curatela del libro “Data at the Boundaries of European Law”, ma al saggio che è contenuto in quest’opera tenendo conto dei contenuti e della collocazione editoriale.

Le medesime considerazioni conducono a rilevare l’infondatezza della censura con la quale il ricorrente lamenta l’illegittimità della scelta di attribuire un punteggio di 0,1 solo doppio per le opere con un unico autore, rispetto al punteggio di 0,05 per i lavori con due o più autori, dato che, come ricordato, vi è sul punto discrezionalità della commissione e non può ritenersi precluso in sede di procedura concorsuale privilegiare l’originalità e l’innovatività delle pubblicazioni, rispetto a parametri di carattere quantitativo.

Deve inoltre ritenersi del tutto fisiologico che dal punto di vista pratico l’applicazione di determinati criteri finisca per avvantaggiare un concorrente rispetto ad un altro, tuttavia l’ordinamento a garanzia dell’imparzialità dell’azione amministrativa, impone che la scelta dei criteri debba avvenire prima della conoscenza dei lavori oggetto di valutazione, e nel caso in esame nulla viene dedotto in proposito dal ricorrente.

Il secondo motivo nel suo complesso è pertanto infondato.

Con il terzo motivo il ricorrente lamenta che non gli sono stati attribuiti dei punti per dei premi e dei riconoscimenti che aveva allegato tra i titoli valutabili e che manca una motivazione sul punto.

Si tratta di rilievi che non possono trovare un positivo riscontro.

Come specificato nel diniego di autotutela dell’Università, la commissione si è strettamente attenuta ad un’interpretazione letterale del criterio “conseguimento di premi e riconoscimenti nazionali e internazionali per attività di ricerca”, per il quale è previsto al massimo un punto, riconoscendo solamente i premi e i riconoscimenti esplicitamente assegnati per l’attività di ricerca svolta e per i suoi risultati, caratterizzati da un formale ed esplicito riferimento al carattere premiale nel titolo dello stesso (tale punteggio è stato riconosciuto ad un’unica candidata, ritiratasi dalla procedura, per il “Premio Frosini”).

Il Collegio ritiene che non fosse necessaria una motivazione per ognuno dei titoli allegati dai candidati ictu oculi non corrispondenti, già sotto il profilo formale, a quanto richiesto dal criterio perché privi del requisito del carattere premiale.

Nel merito la pretesa del ricorrente di vedersi riconosciuto come premio il titolo riconducibile al Fondo premiale per il finanziamento delle attività base di ricerca (FFABR) erogato dal Ministero, non appare fondata, perché effettivamente sembra da ascrivere alla sfera del finanziamento e del supporto alla ricerca anziché alla sfera della premialità, e le stesse valutazioni valgono per l’altro titolo che il ricorrente intende far valere come premio e che è una borsa di studio Erasmus.

La censura attinente al mancato riconoscimento di premi è pertanto infondata.

Nell’ambito del terzo motivo, il ricorrente contesta inoltre che possano essere qualificati come corsi, ai fini del riconoscimento del relativo punteggio, anziché come meri workshop, gli insegnamenti allegati dalla controinteressata organizzati dall’European University Institute “Data Protection and EU Charter of Fundamental Rights” (2019) e “Freedom of Expression and Accountability of Magistrates in Europe” (2021).

Si tratta di rilievi privi di riscontri, perché l’Università ha interpellato direttamente l’European University Institute, ricevendo conferma della veridicità delle dichiarazioni rese dalla controinteressata, dato che è stato affermato che “Both courses are part of the educational programmes, designed to train judges, magistrates, legal professionals beside the general audience. Those should not be categorised as workshops”.

La censura con la quale il ricorrente contesta tali insegnamenti si rivela pertanto infondata.

Parimenti infondata è la censura con la quale il ricorrente contesta l’affermazione della controinteressata di far parte del comitato di redazione della rivista “Ars interpretandi”.

Si tratta di un argomento che si fonda su un equivoco, perché nel formularlo il ricorrente si è limitato a consultare il sito web della rivista, non aggiornato, mentre dalla rivista cartacea la controinteressata risulta componente del comitato di redazione della rivista sin dal 2021.

Risulta invece priva di rilievo la censura con la quale il ricorrente contesta alla controinteressata di aver reso una dichiarazione non veritiera nell’aver allegato di aver goduto di un assegno di ricerca “ex art. 22, l. 240/2010 presso l’Università Roma dal 1° febbraio 2011 al 31 gennaio 2012”, mentre invece tale assegno risulta essere stato bandito ai sensi del D.M. n. 449 del 1997.

La controinteressata nelle proprie difese riconosce di essere incorsa in un refuso nel riferimento normativo del primo assegno, ma che entrambe le tipologie di assegno di cui alla legge n. 240 del 2010 e alla legge n. 449 del 1997 sono previste dall’art. 2 del bando di concorso, con la conseguenza che il rilievo assume una [#OMISSIS#] solamente formale.

Con un’ultima censura proposta nell’ambito del terzo motivo, il ricorrente sostiene che le valutazioni preliminari espresse nel verbale n. 3 sarebbero eccessivamente generiche.

Si tratta di una doglianza che risulta smentita dalla lettura di tali valutazioni (cfr. il verbale n. 3 di cui al doc. 8 allegato al ricorso), che riportano la descrizione dei titoli e della produzione scientifica dei candidati, ed esplicitano, seppure in forma sintetica, le ragioni delle valutazioni che risultano espresse in modo coerente e senza incongruenze rispetto ai punteggi attribuiti con la griglia allegata al verbale n. 4.

Alla luce di una lettura combinata delle valutazioni preliminari espresse in forma verbale e dei punteggi, risulta possibile ricostruire l’iter logico seguito dalla commissione, e pertanto il terzo motivo nel suo complesso si rivela infondato.

Con il quarto motivo il ricorrente richiama sostanzialmente le censure già proposte, per affermare che avrebbe subito un’ingiusta sottovalutazione dei propri titoli rispetto alla controinteressata.

Con una prima censura il ricorrente sostiene che ci sarebbe una contraddittorietà tra la valutazione preliminare della propria posizione in cui si afferma che “i contributi si collocano all’interno della disciplina. La sede editoriale è sempre molto rilevante e garantisce diffusione entro la comunità scientifica”, ed i punteggi numerici, rispetto ai quali alcune delle pubblicazioni sono giudicate parzialmente congruenti, e una pubblicazione è stata valutata con un punteggio medio per la collocazione editoriale.

Il Collegio ritiene non ravvisabile la dedotta contraddittorietà, perché nella valutazione preliminare viene svolta una valutazione complessiva sulle pubblicazioni, a seguito della quale viene espresso un giudizio che sintetizza gli aspetti prevalenti, e che non esclude che alcuni dei punteggi analitici riferiti a ciascuna pubblicazione possano parzialmente discostarsi in termini quantitativi dal profilo preponderante (circa la differenza tra la valutazione complessiva e quella analitica cfr. T.A.R. Veneto, Sez. I., 21 luglio 2022, n. 1207, paragrafo 3.3).

Priva di rilievo è anche la censura con la quale il ricorrente deduce che la controinteressata risulta titolare dell’abilitazione scientifica nazionale di II fascia in Sociologia giuridica anziché in filosofia del diritto, perché il possesso di tale titolo costituiva requisito di partecipazione, ma non era oggetto di valutazione, con la conseguenza che tale circostanza risulta ininfluente rispetto alla procedura comparativa.

Non possono trovare positivo riscontro neppure le censure con le quali il ricorrente contesta la valutazione di due pubblicazioni della controinteressata che hanno ottenuto il massimo punteggio per la voce inerente alla diffusione scientifica, nonostante fossero in corso di pubblicazione, e quindi ancora non sufficientemente note.

Infatti, come osserva la controinteressata, una delle opere risulta essere stata pubblicata il 4 ottobre 2022 su una rivista internazionale di fascia A liberamente accessibile, e l’altra il 2 marzo 2023 in un volume pubblicato su Oxford University Press sia in digitale, accessibile attraverso le banche dati OUP, sia in cartaceo con doppio referaggio, doppio editingblurb di anteprima promozionale antecedente all’uscita con nomi, contents, copertina e abstract, il che ne assicura una rilevante visibilità. Tale pubblicazione era stata anche preceduta dallo svolgimento di un convegno con gli autori e i discussant avente a oggetto il draft paper di ciascun capitolo del volume organizzato presso lo European University Institute dall’Academy of European Law il 16 aprile 2021, mentre l’anteprima del volume sul sito di Oxford University Press è apparsa in data 23 novembre 2022.

In tale contesto può senz’altro assumere rilievo la considerazione che “la circostanza della avvenuta collocazione editoriale del testo accettato rappresenta una garanzia di successiva diffusione, una volta che il lavoro sia stato pubblicato” (in questi termini T.A.R. Vento, Sez. IV, 26 luglio 2023, n. 1125).

Ne discende l’infondatezza anche del quarto motivo.

Con i motivi aggiunti il ricorrente sostiene che la controinteressata avrebbe reso una dichiarazione non veritiera allegando di aver conseguito il titolo di “Dottore di ricerca in filosofia del diritto con doppio titolo italo – spagnolo (Scuola dottorale in diritto europeo XXIII ciclo – Indirizzo storico-comparatistico) Università di Roma Tre, giudizio eccellente”, quando invece il corso seguito riguarda un diverso settore scientifico disciplinare.

Il Collegio ritiene di poter prescindere dall’esaminare l’eccezione di tardività sollevata dalle controparti per questa censura, perché è infondata nel merito.

Anche in questo caso gli argomenti del ricorrente si fondano su un equivoco, perché la controinteressata è stata ammessa alla Scuola dottorale dell’Università di Roma Tre in “Diritto europeo, storia e sistema giuridico dell’Europa” che, nonostante la denominazione formale, riguarda in realtà più settori scientifico disciplinari tra cui anche “filosofia del diritto”, e l’Università di Roma Tre (cfr. doc. 15 allegato alle difese della controinteressata) ha rilasciato un’attestazione con cui conferma che “il titolo di dottore di ricerca nell’ambito del XXIII ciclo della Scuola dottorale in Diritto europeo, Storia e Sistemi giuridici dell’Europa – sezione storico/comparatistica è stato conseguito dalla dott.ssa -OMISSIS- nella materia di Filosofia del diritto (IUS/20) in data 3 maggio 2011”.

In definitiva il ricorso introduttivo ed i motivi aggiunti devono essere respinti, e la stessa sorte segue la domanda di risarcimento non essendo prospettabile il requisito dell’ingiustizia del danno di cui è chiesto il ristoro.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata nel dispositivo.

Il Collegio ritiene invece non accogliere la domanda della controinteressata di condanna alle spese per responsabilità aggravata.

Infatti la lite temeraria è ravvisabile solo quando la parte attrice viene meno all’obbligo del grado minimo di diligenza che consente di percepire facilmente l’infondatezza della propria domanda.

Nel caso in esame sul piano soggettivo non sussiste la coscienza dell’infondatezza o il difetto della normale diligenza per l’acquisizione di detta coscienza, posto che erano effettivamente presenti degli elementi formali che ex ante potevano far dubitare della fondatezza di alcune delle dichiarazioni rese dalla controinteressata in sede procedimentale, e che solo a seguito di un approfondimento istruttorio e di quanto emerso nel contraddittorio tra le parti si sono rivelate pienamente fondate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso ed i motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li respinge.

Condanna la parte ricorrente a corrispondere le spese di giudizio in favore dell’Università di Padova e della parte controinteressata, liquidandole nella somma di € 2.500,00, per ciascuna parte, a titolo di compensi e spese oltre, se dovute, ad iva e cpa.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità delle parti.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 8 febbraio 2024 con l’intervento dei magistrati:

Omissis, Presidente

Omissis, Consigliere, Estensore

Omissis, Referendario

L’Estensore OMISSIS

Il Presidente OMISSIS

Pubblicato il 18 marzo 2024