TAR Lazio, Sez. III, 4 aprile 2024, n. 6563

La didattica a distanza non sostituisce quella in sede fisica

Data Documento: 2024-04-04
Autorità Emanante: TAR Lazio
Area: Giurisprudenza
Massima

La didattica a distanza non è delineata dal d.P.C.M. 4 marzo 2020 come alternativa incondizionata alla didattica in sede fisica, bensì come opzione soggetta ad una valutazione delle Università, quale modalità per effettuare il recupero di attività formative e curricolari ovvero di verifiche di profitto per il completamento del percorso di insegnamento.

Contenuto sentenza

06563/2024 REG.PROV.COLL.

13470/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 76 del 2020, proposto dalla sig.ra OMISSIS, rappresentata e difesa dall’avv. OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e le Università di Bari, di Bologna, di Messina, di Milano, di Milano “Bicocca”, di Napoli “[#OMISSIS#] II”, di Napoli “[#OMISSIS#] [#OMISSIS#]”, di Padova, di Pavia, di Roma “La Sapienza” Policlinico, di Roma “Tor Vergata”, di Siena e di Torino, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

dei sigg.ri OMISSIS e OMISSIS, non costituiti in giudizio;

per l’annullamento

A) del provvedimento di non ammissione dell’odierna ricorrente al corso di laurea in medicina e chirurgia od odontoiatria e protesi dentaria in lingua inglese, presso le Università indicate in epigrafe, per l’a.a. 2019/2020, previo accertamento e declaratoria del diritto della ricorrente ad iscriversi ai suddetti corsi, nonché, ove occorra, di tutti i provvedimenti presupposti e, in particolare:

B) della graduatoria unica nazionale, ancora in corso di definizione, nonché, ove occorra, di tutti i provvedimenti in esse richiamati e/o menzionati;

C) della graduatoria unica pubblicata in data 9 ottobre 2019 successivi scorrimenti e/o ulteriori avvisi, nonché, ove occorra, di tutti i provvedimenti in esse richiamati e/o menzionati;

D) dei decreti-bandi, adottati ed emanati dai Rettori pro temporedelle Università indicate in epigrafe, con i quali è stato istituito il numero programmato, per l’anno accademico 2019/2020, nonché, ove occorra, di tutti i provvedimenti in essi richiamati e/o menzionati ovvero delle pregresse relative delibere, non conosciute, adottate dagli organi accademici competenti (Consiglio di Facoltà, Senato Accademico, Consiglio di amministrazione dell’Ateneo “de quo”, C.U.N.);

E) del decreto interministeriale del 27 giugno 2019, n. 595, con il quale sono stati determinati il numero dei posti disponibili per il corso di laurea in Medicina e Chirurgia presso i singoli Atenei, nonché, ove occorra, dei relativi allegati e di tutti i provvedimenti in esso richiamati e/o menzionati;

F) del decreto ministeriale (M.I.U.R.) del 27 giugno 2019, n. 593, con il quale sono stati determinati il numero dei posti disponibili per il corso di laurea in Odontoiatria e Protesi dentaria presso i singoli Atenei, nonché, ove occorra, dei relativi allegati e di tutti i provvedimenti in esso richiamati e/o menzionati;

G) dell’avviso di rettifica relativo alla tabella allegata al decreto ministeriale (M.I.U.R.) n. 597 del 28 giugno 2019, nonché, ove occorra, dei relativi allegati e di tutti i provvedimenti in esso richiamati e/o menzionati;

H) del decreto ministeriale (M.I.U.R.) n. 597 del 28 giugno 2019 recante la “Definizione del contingente dei posti destinati ai candidati dei paesi non UE residenti all’estero per tutti i corsi di laurea e di laurea magistrale a ciclo unico ad accesso programmato a livello nazionale a.a. 2019/2020”, nonché, ove occorra, dei relativi allegati e di tutti i provvedimenti in esso richiamati e/o menzionati;

I) del decreto ministeriale (M.I.U.R) n. 542 del 18 giugno 2019, recante le “Modalità e contenuti della prova di ammissione al corso di laurea magistrale a ciclo unico in Medicina in lingua inglese anno accademico 2019/2020”, nonché, ove occorra, dei relativi allegati e di tutti i provvedimenti in esso richiamati e/o menzionati;

J) delle disposizioni interministeriali 2019, recanti le “Procedure per l’ingresso, il soggiorno e l’immatricolazione degli studenti stranieri/internazionali ai corsi di formazione superiore in Italia l’a.a. 2019-20”, nonché, ove occorra, dei relativi allegati e di tutti i provvedimenti in esso richiamati e/o menzionati;

K) del decreto ministeriale (M.I.U.R.) del 7 gennaio 2019, n. 6, recante il “Decreto autovalutazione, accreditamento iniziale e periodico delle sedi e dei corsi di studio e valutazione periodica” e successive, nonché, ove occorra, dei relativi allegati e di tutti i provvedimenti in esso richiamati e/o menzionati;

L) della rilevazione relativa al fabbisogno professionale per il Servizio Sanitario Nazionale di medici chirurghi per l’anno accademico 2019/2020 che il Ministero della Salute ha effettuato ai sensi del citato art.6-terdel d.lgs n. 502/1992, trasmessa alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano in vista dell’accordo formale, nonché, ove occorra, dei relativi allegati e di tutti i provvedimenti in esso richiamati e/o menzionati;

M) dell’accordo sancito dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano del 27 giugno 2019 sul documento concernente la determinazione del fabbisogno per il Servizio Sanitario Nazionale, per l’anno accademico 2019/2020, dei laureati magistrali a ciclo unico, dei laureati delle professioni sanitarie e dei laureati magistrali delle professioni sanitarie, pari per i laureati magistrali a ciclo unico in medicina e chirurgia a 11.255 di fabbisogno, nonché, ove occorra, dei relativi allegati e di tutti i provvedimenti in esso richiamati e/o menzionati;

N) degli atti e provvedimenti, non conosciuti, con i quali gli Atenei indicati in epigrafe hanno accertato la potenziale offerta formativa di ciascuno di essi, in ragione delle effettive capacità ricettive e didattiche, così come svolta e comunicata al Ministero (M.I.U.R.) per i corsi in Medicina e Chirurgia e Odontoiatria e Protesi dentaria per l’anno accademico 2019/2020, nonché, ove occorra, dei relativi allegati e di tutti i provvedimenti in esso richiamati e/o menzionati;

O) del decreto ministeriale (M.I.U.R.), con il quale è stata costituita la Commissione incaricata della validazione dei quesiti per le prove di ammissione ai corsi di laurea ad accesso programmato nazionale per l’anno accademico 2019/2020, nonché, ove occorra, di tutti i provvedimenti in esso richiamati e/o menzionati;

P) del provvedimento della predetta Commissione (sub Q), con il quale sono stati definiti ed approvati i quesiti per le prove di ammissione ai corsi di laurea ad accesso programmato nazionale per l’anno accademico 2019/2020, nonché, ove occorra, di tutti i provvedimenti in esso richiamati e/o menzionati;

Q) ove esistano, dei verbali e degli atti relativi all’espletamento della prova selettiva presso gli Atenei indicati in epigrafe, nonché, ove occorra, di tutti i provvedimenti in essi richiamati e/o menzionati;

R) di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale.

Visti il ricorso, le memorie e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca e delle Università di Bari, di Bologna, di Messina, di Milano, di Milano “Bicocca”, di Napoli “[#OMISSIS#] II”, di Napoli “[#OMISSIS#] [#OMISSIS#]”, di Padova, di Pavia, di Roma “La Sapienza” Policlinico, di Roma “Tor Vergata”, di Siena e di Torino;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 aprile 2024 il dott. OMISSIS e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1 – La ricorrente partecipava il 12 settembre 2019, alla prova unica selettiva indetta con i rispettivi bandi dalle Università, per l’ammissione ai corsi di laurea in Medicina e Chirurgia e Odontoiatria e Protesi dentaria in lingua inglese, intendendo iscriversi ad uno dei suddetti corsi presso le sedi indicate per l’anno accademico 2019/2020, riportando un punteggio superiore a 20, necessario per l’inserimento in graduatoria.

2 – Il ricorso ha censurato i provvedimenti regolatori della procedura concorsuale e i verbali di correzione delle prove, i quesiti predisposti, deducendone l’ambiguità e l’erroneità; l’errata quantificazione del fabbisogno e dell’offerta formativa e altre doglianze che verranno infra illustrate in una con il loro distinto scrutinio.

3 – Il Ministero dell’Istituzione, dell’Università e della Ricerca e gli Atenei intimati si sono costituiti in resistenza al ricorso e con memoria hanno concluso per l’infondatezza del ricorso e per la legittimità degli atti impugnati.

4 – All’udienza camerale del 22 aprile 2020, questo T.A.R. ha respinto la domanda cautelare formulata nel ricorso con ordinanza n. 3347/2020, profusamente motivando l’insussistenza del fumus [#OMISSIS#] iuris.

5 – In vista dell’udienza pubblica, la ricorrente ha depositato documentazione atta a comprovare l’adempimento all’ordine di integrazione del contraddittorio impartito con decreto del Presidente di questa Sezione con decreto n. 159/2024.

6 – All’udienza pubblica del 3 aprile 2024, udite le parti come da verbale, la causa è stata assunta in decisione.

7 – Il ricorso va respinto, in quanto risulta in parte infondato e in parte inammissibile per gli aspetti di seguito illustrati.

8 – Con il primo motivo, la ricorrente ha lamentato la determinazione dell’offerta formativa, ovverosia il numero dei posti disponibili e “messi a bando”. In particolare è stato evidenziato come il dato dell’offerta formativa degli Atenei assunta dal Ministero a parametro di determinazione dei posti disponibili risulterebbe discutibile non essendo stato dato documentato conto sulle modalità con le quali siano stati effettuati accertamenti precisi sulle potenzialità delle sedi universitarie interessate, né su una analitica e particolareggiata attività istruttoria da parte dell’Ateneo.

8.1 – Rammenta al riguardo il Collegio che tali censure sono state già più volte oggetto di scrutinio da parte della Sezione che ne ha argomentato l’infondatezza in numerosi precedenti.

La Sezione, in particolare, ha evidenziato, sia in sede cautelare che di merito, che la previsione del cosiddetto “numero chiuso” per l’accesso alla facoltà di Medicina, Chirurgia, Odontoiatria e Protesi Dentaria è contenuta nell’art. 1 della citata l. 2 agosto 1999, n. 264 e ha superato il vaglio sia della Corte Costituzionale, sia degli organi di giustizia comunitari: cfr. Corte Cost., 11 dicembre 2013, n. 302 in tema di graduatoria unica nazionale, ormai sussistente; ordinanza 20 luglio 2007, n. 307, nonché sentenze 27 novembre 1998, n. 383 sulla previgente L. n. 341 del 1990, come modificata con l. n. 127 del 1997, ma sulla base di principi speculari a quelli, deducibili in rapporto alla L. n. 264 del 1999, nonché Corte di Giustizia, III sezione, 12 giugno 1986 – B. c. Regione Lazio, ricorsi nn. 98, 162 e 258/85 e 13 aprile 2010, causa C – 73/08; CEDU, 2 aprile 2013 – ricorsi 25851/09, 29284/09, 64090/09 – T. e altri c. Italia.

Si è, così, affermato che “ L’art. 3 della citata legge n. 264 affida la determinazione dei posti “a livello nazionale”, da rendere disponibili, al Ministero dell’Università e della Ricerca scientifica e tecnologica (MIUR), chiamato anche a ripartire tali posti fra i vari Atenei, mentre sono questi ultimi a valutare la propria offerta potenziale, tenendo conto dei seguenti parametri: posti nelle aule, attrezzature e laboratori scientifici per la didattica, personale docente, personale tecnico, nonché servizi di assistenza e tutorato. Concorrono, altresì, a determinare l’offerta potenziale il numero dei tirocini attivabili e dei posti disponibili nelle aule attrezzate, con attività formative obbligatorie. Le capacità di ciascun Ateneo di garantire la formazione degli studenti sono oggetto di un apposito D.M. annuale, in base al quale, tenendo conto dei parametri prescritti, è possibile ottenere l’accreditamento dei singoli corsi di studio.

La capacità formativa globale, poi, deve essere coordinata con la valutazione del fabbisogno di personale medico, disciplinata dall’art. 6 ter del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria), in base al quale – entro il 30 aprile di ciascun anno – le esigenze del servizio sanitario nazionale sono determinate dal Ministro della Sanità, sentiti la Conferenza permanente fra lo Stato, le Regioni, le province autonome di Trento e Bolzano, la Federazione nazionale degli Ordini dei medici e degli altri Ordini e Collegi professionali interessati. Il MIUR ha anche documentato come il Ministero della Salute abbia aderito ad un modello previsionale, adottato a livello comunitario (EU Joint Action on Health Workforce Planning and Forecasting), mettendo a punto un progetto-pilota per tutte le professioni sanitarie, al fine di determinare le capacità di assorbimento del mercato del lavoro, con orizzonte temporale di medio-lungo termine. Variabili e parametri del modello sono la popolazione attuale e futura, la domanda per 100.000 abitanti, lo stock di professionisti attivi, i flussi in uscita (per morte e pensionamento) e i flussi in entrata (accessi all’Università e numero di studenti che completano il percorso universitario).

Il carattere prioritario della capacità formativa degli Atenei, rispetto al fabbisogno appare – contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente – difficilmente confutabile, in base al dettato del citato art. 3, comma 1, lettera a) della legge n. 264 del 1999. Quest’ultimo rimette infatti la determinazione dei posti, da mettere annualmente a concorso, al Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca – sentiti gli altri Ministri interessati – alla “valutazione dell’offerta potenziale del sistema universitario, tenendo anche conto del fabbisogno del sistema sociale e produttivo”: quest’ultimo viene dunque rappresentato come un fattore aggiuntivo, in realtà tale da introdurre margini di discrezionalità (più avanti meglio esaminati) nella fissazione del contingente annuale dei posti di cui trattasi.

L’esigenza di adeguati livelli di formazione – vero pilastro giustificativo del “numero chiuso” – è peraltro ribadita da tutta la citata giurisprudenza, nazionale e comunitaria, né si presta all’interpretazione “costituzionalmente orientata”, proposta nell’impugnativa in esame, secondo cui, mentre in caso di capacità formativa superiore al fabbisogno dovrebbe essere prioritariamente soddisfatto il diritto allo studio, nel caso opposto di fabbisogno superiore alle capacità formative sarebbe senz’altro necessario aumentare il numero dei posti, “dovendosi tutelare comunque il bene salute”.

Ad avviso del Collegio, le predette argomentazioni (svolte da parte ricorrente, n.d.s.) non collimano con il delicato bilanciamento di interessi, che l’Amministrazione è chiamata ad effettuare in via esclusiva, con soluzioni intangibili nel merito ove razionali, congrue e non basate su erronei presupposti di fatto.

Spetta agli organi pubblici competenti, infatti, dettare i parametri valutativi, operare i riscontri necessari e bilanciare le esigenze sopra indicate, che riguardano da una parte il livello di formazione da assicurare ai nuovi medici, dall’altra le concrete possibilità di avviamento al mondo del lavoro, da garantire ragionevolmente agli stessi, dopo un percorso di studio particolarmente lungo e complesso.” (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, III, n. 11328/2021, pagg. da 17 a 19).

Si è, inoltre, condivisibilmente osservato che: i) non si possa ritenere corrispondente a tutela del diritto allo studio, come diritto fondamentale della persona, la mera indiscriminata ammissione ai corsi di istruzione superiore di qualsiasi soggetto richiedente, ove le strutture organizzative predisposte non siano adeguate per garantirne l’adeguata formazione professionale; ii) eventuali istanze di ampliamento della platea degli immatricolati debbano ricevere soddisfazione nella più appropriata sede “politica” afferente alle scelte di pianificazione e programmazione e non possono, in ossequio ai noti principi costituzionali sulla separazione dei poteri e sulla riserva di amministrazione, consentire al Giudice Amministrativo di sostituirsi all’Amministrazione nell’individuare i limiti delle risorse assegnabili e l’apprestamento dei modelli organizzativi e procedimentali più idonei ad assicurare il superamento delle criticità lamentate da parte ricorrente (cfr. di recente T.A.R. Lazio, Roma, III, 14 dicembre 2023, nn. 18979, 18980 e 18981; id. 7 giugno n. 7358/2022).

Si è, infatti, condivisibilmente osservato che “c’è un dato che assume portata dirimente, che è proprio quello relativo alla capacità degli Atenei di accogliere gli studenti fornendo loro una formazione di qualità. Non è possibile andare al di là di ciò che le università possono offrire.” Pertanto, “almeno nel breve periodo l’offerta formativa (ovvero il numero di posti messi a bando) è rigida o può subire solo piccoli ritocchi pena lo scadimento dell’offerta stessa. Le esigenze del sistema sanitario vanno soddisfatte in un’ottica di programmazione in modo da erogare risorse per ampliare le sedi, per incrementare il numero dei professori, dei ricercatori e del personale tecnico-amministrativo, per rafforzare le dotazioni tecnologiche. E tale programmazione va fatta soprattutto a monte e non al momento dell’approvazione del singolo bando annuale. Ogni singolo bando annuale non può che tenere conto soprattutto della concreta offerta che, in quell’anno, il complesso delle sedi universitarie che erogano corsi di laurea in medicina possono offrire” (cfr. Cons.St., VI, n. 2296/2022).

Lo stesso Giudice di Appello, ha poi condivisibilmente puntualizzato che “Ulteriore riprova di questa affermazione sono i requisiti stringenti imposti dalle norme che disciplinano l’accreditamento delle sedi e dei corsi di laurea. L’articolo 5, comma 3, della legge 240/2010 ha introdotto un sistema di accreditamento delle sedi e dei corsi di studio universitari fondato sull’utilizzazione di specifici indicatori definiti ex ante dall’ANVUR per la verifica del possesso da parte degli Atenei di idonei requisiti didattici, strutturali, organizzativi, di qualificazione dei docenti e delle attività di ricerca, nonché di sostenibilità economico-finanziaria (la norma citata è stata attuata da vari decreti ministeriali: da ultimo, il d.m. 1154/2021). I requisiti attengono, tra l’altro, proprio alla numerosità massima degli studenti che possono ottenere l’iscrizione al singolo corso di laurea, anche in rapporto al numero minimo di docenti richiesti per l’attivazione del corso stesso. Una dilatazione incontrollata degli accessi avrebbe il risultato di privare le Università del possesso dei requisiti di accreditamento dei corsi di laurea” (cfr. Cons. St., VI, n. 2302/2022, p. 3.2.), conseguendone la revoca dell’accreditamento prevista dall’art. 1, comma 3, e dall’art. 5 del d.m. 1154/2021 nonché dalle pregresse analoghe disposizioni.

Quanto, infine alla spendita di poteri discrezionali in ordine alla determinazione dei posti, nella specie esercitati in modo immune da mende, il Collegio richiama quanto sul punto condivisibilmente affermato dalla sentenza del Cons. di Stato, VI, n. 4266/2020.

8.2 – Sul punto, il Collegio osserva che rappresenta un dato oggettivo il fatto che, nel corso dell’annualità 2019-2020 sia stato registrato – come ammesso anche nel ricorso – un sensibile incremento dei posti disponibili e che tale incremento appare riconducibile anche agli sforzi organizzativi approntati dagli Atenei all’esito delle istruttorie supplementari condotte e delle interlocuzioni avute con il Ministero, a comprova dello sviluppo di apposito conferente approfondimento istruttorio.

8.3 – Quanto alla necessità – dedotta dalla ricorrente nella memoria per il merito – di calibrare i fabbisogni e la capacità ricettiva degli Atenei in ragione dell’affermarsi delle varie tipologie in progress di didattica virtuale a distanza su base telematica nonché al crescente fabbisogno di medici marcatamente emerso durante l’emergenza Covid, il Collegio osserva quanto segue.

Anzitutto, siffatta esigenza si proietta per lo più sui medici specializzati e le previsioni normative in materia posseggono evidente carattere e portata, anche regolatoria, generica, sicché mal si attagliano all’insegnamento della Medicina e Chirurgia e dell’Odontoiatria. Dette previsioni, quindi, non paiono atte a configurare una disciplina trasponibile, come modalità stabile e ordinaria, allo specifico settore scientifico disciplinare dell’insegnamento della Medicina Chirurgia e dell’Odontoiatria, la cui specialità discende in larga misura anche dall’interscambio e dal contatto personale tra docente e studente pure nel primo anno di corso, oltre che dalla necessità di pratiche di laboratorio e di esperienza di dispositivi ed attrezzature medicali.

In ordine, poi, alla pretesa natura della didattica a distanza quale stabile ed ordinaria regolamentazione dell’insegnamento universitario anche post pandemia, il Collegio evidenzia che tale natura non emerge dalla norma, peraltro di fonte secondaria, di cui al d.P.C.M. 4 marzo 2020.

Tale norma non delinea la didattica a distanza come alternativa incondizionata alla didattica in sede fisica, bensì come opzione soggetta ad una valutazione delle Università, quale modalità per effettuare il recupero di attività formative e curricolari ovvero di verifiche di profitto per il completamento del percorso di insegnamento (cfr. in tal senso l’art. 1, lett. h), d.P.C.M. 4 marzo 2020, a lume del quale “le Università e le Istituzioni, successivamente al ripristino dell’ordinaria funzionalità, assicurano, laddove ritenuto necessario ed in ogni caso individuandone le relative modalità, il recupero delle attività formative nonché di quelle curriculari ovvero di ogni altra prova o verifica, anche intermedia, che risultino funzionali al completamento del percorso didattico”).

Alla luce di quanto fin qui illustrato, il mezzo risulta infondato.

9 – Con il secondo motivo di gravame, la ricorrente ha lamentato la violazione del principio dell’anonimato nella fase di svolgimento delle prove, censurando, fra l’altro, il mancato controllo sul possesso di telefoni cellulari durante la procedura concorsuale, nonché la violazione della segretezza dei quiz e la diffusione di informazioni a studenti di altre sedi generalizzate anomalie asseritamente verificatesi in varie sedi concorsuali.

Anche il riassunto motivo si prospetta infondato e va pertanto disatteso.

9.1 – Sulle asserite irregolarità consumatesi nello svolgimento delle selezioni, rammenta il Collegio che questo Tribunale ha già respinto simili censure, non individuando i ricorrenti il nesso causale tra le lamentate illegittimità e la lesione della propria sfera giuridica in termini di punteggio conseguito. La ritenuta inosservanza delle norme di salvaguardia della regolarità nello svolgimento delle prove non acquista il carattere lesivo ritenuto dai ricorrenti poiché non viene posto in evidenza alcun nesso causale preciso e concordante tra le irregolarità riferite e l’esito della loro prova, introducendo piuttosto la medesima una sorta di “azione popolare” sulla regolarità delle prove d’esame, non ammissibile, perché generica, in questa sede (cfr. in tal senso ex multis da ultimo T.A.R. Lazio, Roma, III, n. 7623/2023).

La Sezione ha pure condivisibilmente disatteso le censure in ordine ai sospetti “picchi” delle ricerche di argomenti oggetto dei quesiti con plurime pronunce, cautelari e di merito, chiarendo che “i rilievi relativi a presunti “picchi” nelle ricerche di parole chiave attinenti ai quiz somministrati sembrano avere una scarsa [#OMISSIS#] statistica, trattandosi di eventi non isolati ma ricorrenti anche in giorni “non sospetti” (cfr. in tal senso T.A.R. Lazio, Roma, III, ord. n. 4569/2020 e id., n. 7623/2023 citato).

9.2 – Quanto alla dedotta violazione dell’anonimato il Collegio evidenzia che, come più volte sancito in numerose pronunce cautelari e di merito, il principio di anonimato richiede peculiare valutazione quando, come nel caso di specie, la correzione avvenga automaticamente, tramite lettore ottico, mentre effettive manipolazioni, o altre segnalate forme di frode nello svolgimento delle prove in alcune sedi, richiedono accertamenti di natura penale, senza che al momento emergano fattori di pregiudizialità al riguardo e con conseguenze comunque autonome, ove in qualsiasi momento fossero accertati reati, fonte di nullità totale o parziale delle prove svolte (cfr. da ultimo T.A.R. Lazio, Roma, III, n. 8908/2023).

Invero, manca qualsiasi sufficiente principio di prova su intervenute manipolazioni (nei limiti delle verifiche affidate a questo giudice in tema di legittimità delle procedure amministrative), non potendosi trascurare la differente configurazione del principio di anonimato nelle prove scritte di un concorso (che richiede la stesura di elaborati originali discrezionalmente valutabili), rispetto alle prove a quiz con risposte predeterminate, nel quale l’esito, essendo oggettivamente verificabile anche “ex post”, potrebbe essere alterato solo attraverso vere e proprie falsificazioni, di cui, almeno allo stato degli atti, non si ha alcun riscontro nel caso di specie (cfr. ex multis Cons. St., IV, n. 7005/2019; T.A.R. Roma, Lazio, III, n. 5819/2023).

La stessa Adunanza plenaria (nelle pronunce n. 26, 27 e 28/2013) ha evidenziato che nei casi di correzione degli elaborati a carattere non valutativo ma strettamente vincolato, come nella specie, demandata ad un organo terzo “non basterebbe lamentare genericamente violazioni dell’anonimato da parte della Commissione, occorrendo invece l’indicazione di elementi concreti dai quali desumere che si sia in effetti verificata una lesione della par condicio tra i candidati” (cfr. anche T.A.R. Lazio, Roma, V, n. 3226/2022).

Alla luce della prospettazione in ricorso non emerge comunque, con sufficiente certezza, che in concreto si siano verificati fatti di manipolazione o sostituzione degli elaborati, né altri indebiti aiuti esterni ai candidati.

9.3 – La restante parte del motivo si palesa, poi, anche inammissibile, in quanto configurato in termini eccessivamente generici, essendo basato su mere illazioni del tutto generiche, che non oltrepassano i limiti del “si dice” e sono prive di allegazioni concrete, nonché di idonei supporti probatori.

La genericità della censura si coglie, ad es., nell’affermazione che “è stato segnalato che in alcune sedi le risposte e le schede venivano inserite in scatole chiuse, come previsto dal bando, mentre in altre, in scatole aperte o consegnate nelle mani dei commissari.”, senza però che tale affermazione sia supportata dall’allegazione concreta di dove tali fatti si sarebbero verificati e che tantomeno sia fornito alcun indizio o elemento probatorio a sostegno dell’affermazione stessa.

9.4 – Altrettanto generiche e prive di idoneo supporto probatorio sono poi le affermazioni in ordine al fatto che i candidati sarebbero stati identificati solo all’ingresso e non alla consegna, alla circostanza che alcuni candidati sarebbero stati in possesso di penne non consegnate dalla commissione ed avrebbero potuto aggiungere risposte anche dopo la scadenza del termine, all’affermato uso indiscriminato di smartphone etc., in quanto, anche in questo caso, non è stato nemmeno specificato in quali Atenei tali anomalie si sarebbero verificate.

10 – Con il terzo mezzo la ricorrente ha contestato la previsione della formazione di un’unica graduatoria nazionale, sostenendo che in base al combinato disposto degli artt. 1 e 4 della l.n. 264/1999, la competenza circa l’ammissione degli studenti a un determinato corso di laurea ad accesso programmato, sarebbe attribuita a ciascuna università.

La censura si prospetta da un lato inammissibile, dall’altro infondata.

Sotto il primo profilo, l’inammissibilità emerge ove si consideri che, semmai, la graduatoria unica agevola i candidati, i quali in virtù della previsione di un’unica graduatoria di livello nazionale, non sono limitati nella propria scelta, che peraltro è confermabile da una soddisfacente posizione in graduatoria (cfr. in tal senso T.A.R. Roma, Lazio, III, n. 7623/2023).

Quanto all’infondatezza della censura, il Collegio evidenzia che la normativa vigente disciplina e mira a far conseguire agli aspiranti solo l’accesso alla facoltà universitaria, quale realizzazione del diritto allo studio, ma non consta l’esistenza di alcuna norma che preveda la prevalenza di una scelta “a priori” di specifici Atenei (cfr. in tal senso T.A.R. Roma, Lazio, III, nn. 7623/2023 e 11328/2021).

11 – Con il quarto motivo di gravame la ricorrente ha lamentato che l’introdotta modifica al sistema di programmazione degli accessi ai corsi universitari avrebbe dovuto essere prevista da una norma di rango primario e non disciplinata da meri atti amministrativi, come invece sarebbe avvenuto in via sperimentale nel caso in questione. Diversamente opinando, la legge n. 264/1999, da un lato, violerebbe gli artt. 33 e 34 Cost, prevedendo una delega “in bianco” su materia coperta da riserva di legge, dall’altro lato, si porrebbe in contrasto con il principio di autonomia universitaria, sancito dall’art. 9, 4 comma della l.n. 168/1989, che, comunque, appare disatteso dai provvedimenti ministeriali emanati.

La censura dedotta risulta inammissibile, atteso che la ricorrente non ha offerto alcuna prova che una differente modellazione della graduatoria (non più su base nazionale), una diversa individuazione degli atti a cui conferire la programmazione degli accessi, o diverse modalità (neppure ben precisate) di scelta dell’Ateneo cui iscriversi, le avrebbero consentito di collocarsi in posizione utile per essere ammessi al corso di laurea prescelto (cfr. in tal senso Cons. St., VII, n. 4635/2023).

Il Collegio, richiama, poi, quanto rilevato al par. 8.1 in merito alla conformità dell’attuale sistema alle norme costituzionali e alla disciplina unionale.

12 – Con il quinto motivo, la ricorrente ha lamentato che, mentre il sistema definito dalla legge e dagli atti regolamentari applicativi è finalizzato a privilegiare l’aspetto prioritario della scelta del singolo studente, di contro, il nuovo sistema adottato sottrarrebbe – di fatto – allo studente tale scelta, rimettendola a fattori non direttamente imputabili ad esso o all’esito della prova svolta, non solo relativamente alla sede universitaria, ma anche in riferimento al corso di laurea da frequentare.

La censura si appalesa inammissibile per genericità, sol che si consideri che l’Ateneo ove potersi iscrivere è diretta conseguenza del meccanismo e della previsione di una graduatoria unica a livello nazionale nonché del sistema di selezione basato sul superamento del test di ammissione e sulla correlativa acquisizione di un determinato punteggio derivante dal numero di risposte corrette fornite (cfr. in tal senso recentemente T.A.R. Roma, Lazio, III, nn. 18979, 18980 e 18981/2023; id. n. 7623/2023).

Contestualmente appare una mera petizione di principio l’assunto iniziale secondo cui il sistema definito dalla legge e dagli atti regolamentari applicativi è finalizzato a privilegiare l’aspetto prioritario della scelta del singolo studente.

13 – Quanto al sesto mezzo, la ricorrente si è doluta dell’inserimento nei test di accesso di domande di logica, in difetto di una norma che lo prevedesse, nonché dell’aumento delle domande di cultura generale, le quali non avrebbero nulla a che fare con il corso di studi da intraprendere. Ha aggiunto che non vi sarebbe un criterio oggettivo e/o assoluto per stabilire se una risposta possa considerarsi arbitraria, o più o meno probabile e che anzi alcune delle domande oggetto della selezione sarebbero risultate con una risposta errata, o comunque dubbia. Da ultimo, ha lamentato che molti dei quesiti coinciderebbero con quelli presenti in “Artquiz”, “Alphatest” ed “Editest”, da cui il CINECA li avrebbe estratti, sicché gli studenti che hanno acquisito e memorizzato le relative domande sarebbero risultati avvantaggiati in modo ingiusto, non potendosi ammettere che la coincidenza tra i quesiti ministeriali e alcuni testi commerciali porti alla possibile previa conoscibilità dei quesiti stessi.

Il motivo è in parte inammissibile e per il resto infondato.

In dettaglio, il Collegio non può non richiamare nella specie l’ormai consolidato e condivisibile orientamento giurisprudenziale, secondo cui “il motivo è inammissibile nella parte in cui censura lo spazio dato ai quesiti di logica e cultura generale, perché la doglianza è, anzitutto, troppo generica e comunque sconfina in valutazioni di merito, tenuto conto che la scelta delle domande da somministrare nelle procedure concorsuali è tipica espressione di discrezionalità dell’Amministrazione, sindacabile nei limiti della ragionevolezza e della congruità (C.d.S., Sez. IV, 29 novembre 2018, n. 6775; Sez. VI, 22 settembre 2015, n. 4432; id., 9 novembre 2010, n. 7984). Manca poi la c.d. prova di resistenza della possibilità di superare il test preselettivo qualora non vi fossero state le domande di logica o cultura generale (C.d.S., Sez. VII, 7 novembre 2022, n. 9768; Sez. III, 28 maggio 2020, n. 3376): prova che, invero, avrebbe potuto e dovuto essere fornita, dimostrando ad esempio che gli errori o le risposte “in bianco” attengono a questo tipo di quesiti. Più in generale, non vi è prova che le posizioni dei ricorrenti siano omogenee rispetto alla doglianza relativa alle domande di logica e cultura generale, sicché anche per questo verso difettano i requisiti per la proposizione del ricorso collettivo.” (cfr. in tal senso da ultimo Cons. St., VII, n. 6159/2023).

In definitiva, atteso che la legge n. 264/1999 non pone alcun vincolo puntuale in ordine al numero dei quesiti da somministrare per ciascuna materia (cfr. in tal senso T.A.R. Lazio, Roma, III, n. 7101/2021), la scelta dei quesiti da sottoporre ai candidati durante le prove rappresenta espressione di potestà discrezionale dell’Amministrazione che, in quanto tale, non è suscettibile di sindacato giurisdizionale, ad eccezione delle ipotesi in cui sia manifestamente illogica o irragionevole (cfr. in tal senso Cons. St., III, n.2314/2021).

La giurisprudenza ha già chiarito che “sindacare la correttezza delle risposte significa sconfinare nel merito amministrativo, ambito precluso al giudice amministrativo, il quale non può sostituirsi ad una valutazione rientrante nelle competenze valutative specifiche degli organi dell’amministrazione a ciò preposti, e titolari della discrezionalità di decidere quale sia la risposta esatta ad un quiz formulato; ciò secondo la propria visione culturale, scientifica e professionale che ben può essere espressa in determinazioni legittime nei limiti, complessivi, dell’attendibilità obiettiva, nonchè, quanto al parametro-limite logico “inferiore” di tale sfera di discrezionalità, della sua non manifesta infondatezza/travisamento rispetto ai presupposti fattuali assunti o della sua non evidente illogicità” (Cons. St., VI, n. 2296/2022)

Ulteriormente, non appare suscettibile di accoglimento, il profilo di censura afferente alla presunta natura non inedita di taluni quesiti, la cui formulazione sarebbe presente in eserciziari, stante che questa “appare fondata su dati meramente ipotetici e non dimostrati, quali, da un lato, la non utilizzazione da parte della ricorrente dei manuali editi da soggetti privati per la preparazione ai test nei quali sarebbero contenuti quesiti corrispondenti a quelli somministrati, dall’altro, la circostanza che la ricorrente, in caso di diversa formulazione dei dedotti quesiti, avrebbe certamente risposto in modo esatto” (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, III, 6 aprile n. 5819/2023)

Nè la censura in discorso può essere utilizzata per celare le eventuali lacune nella preparazione alla prova preselettiva, imputabili semmai all’autoresponsabilità dei candidati secondo il noto brocardo “imputet sibi” (Cons. St., VII, n. 4635/2023, citato).

In considerazione di quanto illustrato, il mezzo risulta, quindi, non suscettibile di positiva considerazione.

14 – Si palesa inammissibile (e comunque infondato) anche il settimo motivo di doglianza con il quale i ricorrenti hanno rivendicato l’esigenza di conoscere quali siano stati il procedimento e le modalità di individuazione delle domande e delle risposte corrette, e, tra queste, delle risposte che avrebbero dovuto essere selezionate dal candidato per ottenere il punteggio massimo.

Detta censura, non si traduce, infatti, in una formale istanza di accesso agli atti, proposta in via incidentale in seno al giudizio ai sensi dell’art. 116, comma 2, cod.proc.amm..

Inoltre, la censura risulta del tutto generica e, perciò, inammissibile, non essendo neppure possibile comprendere quali siano i vizi dedotti attraverso essa, da cui sarebbe affetto l’operato dell’Amministrazione: il motivo, insomma, nella misura in cui intende far emergere non meglio precisate illegittimità che vizierebbero l’operato della Commissione chiamata a formulare i quesiti della prova preselettiva, si rivela meramente esplorativo e, perciò, inammissibile (cfr. ex multis Cons. St., VII, n. 4635/2023; id., II, n. 3483/2022; id., V, n. 3280/2016; id., III, n. 1286/2015).

15 – Inammissibile per evidente carenza d’interesse (e comunque infondato) si rivela, infine, anche l’ottavo e ultimo motivo di doglianza afferente all’asserita illegittimità del meccanismo che impone la periodica conferma dell’interesse alla permanenza in graduatoria, pena la decadenza dalla stessa.

Al proposito, il Collegio osserva come, anche con riguardo a tale profilo, la giurisprudenza abbia avuto modo condivisibilmente di precisare come, “l’onere di verifica settimanale dello stato della graduatoria è previsto originariamente dalla lex specialis e costituisce un adempimento semplice e ben poco impegnativo che corrisponde a un interesse pubblico connesso ai principi di trasparenza, efficienza, pubblicità ed economicità dell’azione amministrativa, al fine di provvedere in termini rapidi e certi (anche nell’interesse di tutti i partecipanti alla selezione) agli aggiornamenti della graduatoria nazionale degli ammessi. Pertanto, in assenza di tale meccanismo l’amministrazione si verrebbe a trovare in una condizione di grave incertezza e nell’impossibilità pratica di poter dare un assetto certo agli scorrimenti periodicamente disposti.” (cfr. ex multis T.A.R. Lazio, Roma Sez. stralcio, n. 15500/2022).

Ne discende come tale prescrizione non possa, dunque, ritenersi sproporzionata ed irragionevole, atteso che -da una parte- richiede ai candidati un adempimento non oneroso, che postula una diligenza esigibile nei confronti di soggetti che aspirino all’immatricolazione, -dall’altra- risponde all’esigenza generale, oltre che dell’Amministrazione anche dei soggetti iscritti in graduatoria, ad una rapida definizione degli aggiornamenti della stessa. (cfr. ex multis T.A.R. Roma, Lazio, III nn. 8908/2023, 2082/2019, n. 2272/2018 e 3143/2018).

16 – In definitiva il ricorso va respinto, in quanto risulta in parte infondato e in parte inammissibile per gli aspetti e per le ragioni in precedenza illustrati.

La reiezione della domanda di annullamento induce anche al rigetto della domanda risarcitoria avanzata, in quanto priva dell’imprescindibile presupposto dell’ingiustizia dell’asserito danno patito.

17 – Le spese legali seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite in favore del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e delle Università resistenti, liquidate in complessivi euro 3.000,00 (tremila/00), oltre ad accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 aprile 2024 con l’intervento dei magistrati:

OMISSIS, Presidente

OMISSIS, Referendario, Estensore

OMISSIS, Referendario

L’Estensore OMISSIS

Il Presidente OMISSIS

Pubblicato il 4 aprile 2024