Cons. Stato, Sez. VII, 13 maggio 2024, n. 4259

La rideterminazione dei criteri di valutazione non determina la violazione o l'elusione del giudicato

Data Documento: 2024-05-13
Autorità Emanante: Consiglio di Stato
Area: Giurisprudenza
Massima

La scelta della nuova Commissione di procedere ad una rideterminazione dei criteri di valutazione delle candidate non integra la violazione o l’elusione del giudicato rientrando nella sfera di discrezionalità dell’Ateneo. La scelta in parola non contrasta con il vincolo conformativo posto dalla sentenza poiché questa ha statuito la rinnovazione della procedura di valutazione delle due candidate da parte di una Commissione in diversa composizione senza per ciò solo precludere l’elaborazione di nuovi criteri valutativi ad opera della Commissione stessa. La rideterminazione si mostra, del resto, ispirata dalla ragionevole esigenza di far sì che la nuova Commissione potesse valutare le candidate sulla base dei criteri da essa ritenuti significativi e non secondo criteri fissati da altri.

Contenuto sentenza

04259/2024 REG.PROV.COLL.

01264/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1264 del 2024, proposto dalla prof.ssa
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avv.ti OMISSIS e OMISSIS e con domicilio eletto presso lo studio degli stessi, in Roma, viale Liegi, n. 32;

contro

Università degli Studi di Padova, in persona del Rettore pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti OMISSIS, OMISSIS e OMISSIS e con domicilio digitale come da P.E.C. da Registri di Giustizia;

nei confronti

prof.ssa -OMISSIS-, non costituita in giudizio;

per l’ottemperanza

della sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Settima, -OMISSIS-, resa tra le parti, con cui è stato accolto il ricorso in appello R.G. n. -OMISSIS-.

Visti il ricorso in ottemperanza e i relativi allegati;

Vista la sentenza della Sezione n. -OMISSIS-, che forma oggetto della domanda di ottemperanza;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Padova;

Visti i documenti, le memorie e le repliche delle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 114 del d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (c.p.a.);

Relatore nella camera di consiglio del giorno 23 aprile 2024 il Cons. OMISSIS e uditi per le parti gli avvocati OMISSIS e OMISSIS;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue;

FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso indicato in epigrafe la prof.ssa -OMISSIS- agisce ai sensi dell’art. 112 c.p.a. per l’ottemperanza della sentenza di questa Sezione n. -OMISSIS-, che, in accoglimento del suo appello e in riforma della sentenza di prime cure, ha annullato gli atti della procedura selettiva indetta dall’Università di Padova per la chiamata a un posto di professore di I^ fascia per il settore concorsuale 12/A1 – Diritto Privato, settore scientifico disciplinare (S.S.D.) IUS/01 – Diritto Privatopresso il Dipartimento di Diritto Privato e Critica del Diritto.

1.1. In fatto, all’esito della suddetta procedura, bandita con decreto rettorale del 19 febbraio 2019, è risultata vincitrice la prof.ssa -OMISSIS- con 80 punti mentre l’odierna ricorrente ne ha ottenuti 71 e la terza classificata ha riportato 64 punti. Gli atti della procedura sono stati impugnati dalla prof.ssa -OMISSIS-innanzi al T.A.R. Veneto, che ha respinto il ricorso, ma la citata sentenza n. -OMISSIS-ha accolto il relativo appello proposto ancora dalla prof.ssa OMISSIS, disponendo la rinnovazione della procedura di valutazione delle due candidate (la ricorrente e la prof.ssa -OMISSIS-) ad opera di una Commissione in diversa composizione.

1.2. La ricorrente espone che successivamente l’Università avviava la procedura di rinnovazione della valutazione, all’esito della quale veniva di nuovo individuata quale vincitrice la prof.ssa -OMISSIS-, che otteneva 54,84 punti, contro i 46,6 della ricorrente stessa.

2. La prof.ssa -OMISSIS-lamenta, tuttavia, che in tale rinnovata attività l’Università sarebbe incorsa nella violazione o elusione delle statuizioni derivanti dalla sentenza passata in giudicato, incorrendo poi in una serie di ulteriori gravi illegittimità. Per l’effetto, con il ricorso indicato in epigrafe ha chiesto a questo giudice dell’ottemperanza la declaratoria della nullità degli atti della procedura rinnovata (e in specie: del decreto di approvazione degli atti; dei verbali della Commissione nn. 1-4, contenenti la rideterminazione dei criteri per la valutazione e i giudizi sulle candidate) per violazione ed elusione del giudicato, nonché l’eventuale adozione delle ulteriori misure necessarie ad assicurare la corretta ottemperanza della sentenza n. -OMISSIS-.

2.1. In subordine, la ricorrente ha chiesto che questo giudice disponga la conversione dell’azione per la riassunzione del giudizio innanzi al T.A.R. Veneto (quale giudice di primo grado territorialmente competente).

2.2. A supporto del gravame la ricorrente ha dedotto i seguenti motivi:

I) violazione e/o elusione delle statuizioni dettate dalla sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VII, n. -OMISSIS- e del conseguente vincolo conformativo, in quanto per eseguire il giudicato l’Università di Padova non avrebbe dovuto procedere ex novocon l’elaborazione di diversi criteri (com’è avvenuto nel caso di specie), ma avrebbe dovuto rinnovare l’attività a partire dal segmento procedimentale in cui è stata accertata l’illegittimità (cioè dal segmento valutativo), tenendo ferme le fasi procedimentali non intaccate dalla decisione passata in giudicato. Invece, la nuova Commissione non si sarebbe limitata alla rivalutazione delle due candidate sulla base dei criteri adottati dalla prima Commissione (che non avevano formato oggetto di impugnazione, né di contestazione sfociata in un accertamento giudiziale), ma avrebbe proceduto alla rinnovazione dei criteri, così pregiudicando la posizione della ricorrente;

II) violazione e falsa applicazione dell’art. 18 della l. n. 240/2010, nonché degli artt. 2, 3, 4 del d.m. n. 344/2011 e del Regolamento di Ateneo, eccesso di potere per difetto d’istruttoria, travisamento dei presupposti di fatto, erroneità e carenza della motivazione, poiché la nuova Commissione sarebbe incorsa in molteplici errori nell’attività valutativa, tali da comportare l’annullamento degli atti gravati, con particolare riferimento alla valutazione: a) delle pubblicazioni e della consistenza complessiva della produzione scientifica delle candidate; b) della ricerca; c) dei profili curriculari delle candidate; d) della loro attività didattica. Ciò avrebbe cagionato alla ricorrente un’ingiusta penalizzazione per un totale di 13,9 punti, i quali, se correttamente riconosciuti, le avrebbero permesso di conseguire il bene della vita anelato.

3. Si è costituita in giudizio l’Università di Padova, depositando di seguito memoria e documenti ed eccependo l’inammissibilità e comunque la palese infondatezza delle censure.

3.1. La prof.ssa -OMISSIS-, ancorché evocata, non si è costituita in giudizio.

3.2. La ricorrente e l’Ateneo hanno rispettivamente depositato repliche, insistendo nelle conclusioni già rassegnate.

3.3. Nella camera di consiglio del 23 aprile 2024 il Collegio, sentiti i difensori comparsi delle parti, ha trattenuto la causa in decisione.

4. Il ricorso per ottemperanza non è fondato.

4.1. Occorre prendere le mosse dagli insegnamenti della giurisprudenza circa l’oggetto del giudizio di ottemperanza, che – come rammenta un recente arresto della Sezione (11 aprile 2024, n. 3309) – “è rappresentato dalla puntuale verifica dell’esatto adempimento – ad opera dell’Amministrazione – dell’obbligo di conformarsi al giudicato per far conseguire concretamente all’interessato l’utilità o il bene della vita già riconosciutogli in sede di cognizione; detta verifica […] comporta per il giudice dell’ottemperanza un’attività di interpretazione del giudicato, al fine di enucleare e precisare il contenuto del comando, attività da compiersi esclusivamente sulla base della sequenza “petitum – causa petendi – motivi – decisum” (Cons. Stato, Sez. VI, 20 novembre 2017 n. 5339)”. La violazione del giudicato sussiste ove il nuovo atto riproduca gli stessi vizi già censurati in sede giurisdizionale, o si ponga in contrasto con precise e puntuali prescrizioni provenienti dalla decisione del giudice, invece l’elusione del giudizio è configurabile quando la P.A., pur provvedendo formalmente a dare esecuzione alle statuizioni della sentenza, persegue lo scopo di aggirarle dal punto di vista sostanziale e in tal modo giunge surrettiziamente allo stesso esito già ritenuto illegittimo (cfr., ex plurimis, C.d.S., Sez. V, 2 ottobre 2020, n. 5779; id., 4 giugno 2019, n. 3747; id. 30 ottobre 2018 n. 6175; id., 12 gennaio 2017, n. 51; Sez. IV, 1° aprile 2011, n. 2070; id., 4 marzo 2011, n. 1415; id., 31 dicembre 2009, n. 9296).

4.2. La giurisprudenza ha altresì sottolineato che “i vizi di violazione e di elusione del giudicato non sono configurabili quando la pronuncia del giudice comporti ‘margini liberi di discrezionalità’, in relazione ai quali l’Amministrazione può imporre nuovamente l’assetto di interessi che più ritiene congruo per l’interesse pubblico affidato alle sue cure, salvo il rispetto delle statuizioni di natura conformativa derivanti dall’impianto motivazionale del giudicato, al di fuori delle quali una situazione di inottemperanza non è neppure configurabile” (così C.d.S., Sez. III, 28 novembre 2018, n. 6764; nello stesso senso cfr. C.d.S., Sez. VI, 12 luglio 2019 n. 4917; Sez. III, 3 giugno 2015, n. 2732; id., 13 maggio 2014, n. 2449). In altre parole, deve escludersi che qualsiasi ulteriore esercizio del potere amministrativo, collegato in qualunque modo ad una precedente pronuncia giurisdizionale, sia sottoponibile al sindacato di merito del giudice dell’ottemperanza (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. III, n. 6764/2018, cit.; Sez. IV, 20 marzo 2015, n. 1511; id., 19 gennaio 2012, n. 229; Sez. VI, 13 febbraio 2013, n. 899; Sez. V, 20 aprile 2012, n. 2348).

4.3. Nello svolgimento delle verifiche affidategli, il giudice dell’ottemperanza è chiamato in primo luogo a qualificare le domande proposte, distinguendo quelle attinenti propriamente all’ottemperanza da quelle che invece riguardano il prosieguo dell’azione amministrativa e traendone le conseguenze necessarie sul piano del [#OMISSIS#] e dei poteri decisori: nel caso in cui il giudice dell’ottemperanza ritenga che il nuovo provvedimento emesso dall’Amministrazione costituisca violazione ovvero elusione del giudicato, ne dichiara la nullità; in caso di rigetto dell’azione di nullità, egli dispone la conversione dell’azione per la riassunzione del giudizio innanzi al giudice competente per la cognizione, ai sensi dell’art. 32, comma 2, c.p.a. (cfr., ex multis, C.d.S., A.P., 15 gennaio 2013, n. 2; Sez. VI, 10 settembre 2020, n. 5425; Sez. IV, 5 febbraio 2019, n. 875). Peraltro, deve rilevarsi che, nella fase di riedizione del potere successiva all’annullamento di atti concernenti procedure concorsuali, eccetto l’ipotesi di una decisione che contenga un precetto dotato dei caratteri di puntualità e precisione, il giudicato di annullamento mantiene di regola margini di discrezionalità in capo all’Amministrazione (C.d.S., Sez. VII, n. 3309/2024, cit.).

4.4. Dunque, alla configurabilità di differenti situazioni in sede di attività di esecuzione del giudicato e perciò di rinnovo della funzione amministrativa, in esito al giudicato di annullamento, corrisponde la linea di demarcazione tra azione di ottemperanza ed azione impugnatoria. In particolare, in caso di atti emanati nell’esercizio di una funzione connotata da discrezionalità, si ha violazione od elusione del giudicato solo qualora l’atto ulteriore contenga una valutazione contrastante con le statuizioni in esso contenute; ove invece i vizi ineriscano unicamente allo spazio valutativo rimesso dalla pronuncia di annullamento all’autorità amministrativa nel riesercizio della sua funzione, si configurano vizi di legittimità denunziabili in via cognitoria-impugnatoria (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. VI, n. 5425/2020, cit.; Sez. III, 21 luglio 2015, n. 3592; Sez. V, 27 maggio 2014 n. 2730).

4.5. Come rilevato da questo Consiglio, infatti, al fine di configurare un vizio di elusione o violazione del giudicato, “non è sufficiente che l’azione amministrativa posta in essere dopo la formazione del giudicato intervenga sulla stessa fattispecie oggetto del pregresso giudizio di cognizione o alteri l’assetto di interessi definito. Al contrario, è necessario che la Pubblica Amministrazione eserciti la medesima potestà pubblica, già esercitata illegittimamente, in contrasto con il contenuto precettivo del giudicato (cioè con un obbligo assolutamente puntuale e vincolato, integralmente desumibile nei suoi tratti essenziali dalla sentenza), così integrando una violazione del giudicato, ovvero che l’attività asseritamente esecutiva della P.A. sia connotata da un manifesto sviamento di potere diretto ad aggirare l’esecuzione delle puntuali prescrizioni stabilite dal giudicato, in tal guisa integrando l’ipotesi di elusione del giudicato” (C.d.S. Sez. IV, 17 luglio 2020, n. 4594). In altri termini, solo nel caso in cui dal giudicato scaturisca un obbligo così puntuale da non lasciare margini di discrezionalità in sede di rinnovazione, l’assunzione di provvedimenti in violazione di tale obbligo può essere fatta valere con il giudizio di ottemperanza, o nell’ambito dello stesso; se invece rimangono margini di discrezionalità, in cui sono stati esternati ulteriori e diversi motivi negativi, si è al di fuori dello spazio coperto dalla sentenza e gli atti successivamente emanati dalla P.A., pur riferiti ad un’attività rinnovata ora per allora, sono soggetti all’ordinario regime di impugnazione, in quanto è configurabile solo un vizio di legittimità, rilevabile e prospettabile nelle sedi proprie (cfr., ex plurimis, C.d.S., Sez. VII, n. 3309/2024, cit.; Sez. VI, n. 5425/2020, cit.; Sez. V, 13 settembre 2018, n. 5371; Sez. IV, 28 maggio 2013 n. 2899).

5. Tanto premesso in via generale e venendo all’esame delle censure del ricorso, il Collegio osserva che tali censure non sono suscettibili di positivo apprezzamento in sede di ottemperanza, poiché non danno luogo ad alcuna ipotesi di violazione, né di elusione del giudicato.

5.1. Con specifico riferimento alle censure dedotte con il primo motivo, il Collegio evidenzia che la scelta della nuova Commissione di procedere ad una rideterminazione dei criteri di valutazione delle candidate non integra la violazione o l’elusione del giudicato di cui alla sentenza di questa Sezione n. -OMISSIS-, rientrando nella sfera di discrezionalità dell’Ateneo non intaccata dalla citata decisione. La scelta in parola non contrasta con il vincolo conformativo posto dalla sentenza n. -OMISSIS-cit., poiché questa ha statuito la rinnovazione della procedura di valutazione delle due candidate da parte di una Commissione in diversa composizione senza per ciò solo precludere l’elaborazione di nuovi criteri valutativi ad opera della Commissione stessa. La rideterminazione si mostra, del resto, ispirata dalla ragionevole esigenza di far sì che la nuova Commissione potesse valutare le candidate sulla base dei criteri da essa ritenuti significativi e non secondo criteri fissati da altri: ciò, in conformità con quanto osservato da un recente arresto della Sezione (2 maggio 2023, n. 4449), per il quale non si può imporre a una Commissione di nuova nomina l’applicazione di criteri determinati da una precedente, “a pena di violare l’autonomia e la discrezionalità tecnica dell’Università”.

5.2. Ad abundantiam, mette conto sottolineare che la ricorrente non spiega in che modo i nuovi criteri l’avrebbero svantaggiata, anzi non muove alcuna censura ai nuovi criteri, ma si limita ad affermare genericamente che la mera individuazione di nuovi criteri avrebbe leso la sua posizione, senza però precisare sotto quale aspetto: cosicché, a ben vedere, la censura, ancor prima che infondata, si rivela inammissibile per genericità e carenza di interesse alla sua proposizione.

6. Per quanto riguarda poi il secondo motivo, lo stesso, alla luce di quanto prima esposto, fuoriesce indubbiamente dall’alveo del giudizio di ottemperanza, poiché contiene plurime censure avverso le valutazioni operate dalla nuova Commissione, da far valere in un ordinario giudizio di cognizione innanzi al giudice di primo grado competente a conoscerne: dette censure, infatti, concernono vizi attinenti allo spazio valutativo che la decisione di annullamento ha rimesso all’autorità amministrativa nel riesercizio della sua funzione e che perciò, come si è visto poc’anzi, si configurano quali vizi di legittimità denunziabili in via cognitoria-impugnatoria. Ciò, tant’è vero che la medesima ricorrente ha chiesto in subordine la conversione del giudizio ai fini della sua riassunzione innanzi al giudice di prime cure.

7. In conclusione, pertanto, la domanda di declaratoria di nullità degli atti impugnati, formulata in via principale dalla ricorrente, deve essere respinta, non ravvisandosi come detto profili di violazione o elusione del giudicato, per la cui ottemperanza la prof.ssa -OMISSIS-ha agito.

7.1. Va invece accolta la domanda formulata dalla ricorrente in via subordinata, di conversione del [#OMISSIS#] in impugnatorio, ai sensi dell’art. 32, comma 2, c.p.a., secondo i principi affermati dall’Adunanza plenaria n. 2 del 15 gennaio 2013, con conseguente onere della riassunzione del presente giudizio dinanzi al T.A.R. competente, nelle forme e nei termini di legge, per la cognizione della legittimità della procedura valutativa rinnovata dall’Università in sede di riesercizio del potere.

8. Sussistono giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese tra le parti costituite, in ragione delle peculiarità della fattispecie, mentre non si fa luogo a spese nei confronti della prof.ssa -OMISSIS-, evocata in giudizio ma non costituitasi nello stesso.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Settima (VII), definitivamente pronunciando sul ricorso in ottemperanza, come in epigrafe proposto, respinge la domanda di declaratoria di nullità formulata in via principale dalla ricorrente e, in accoglimento della domanda da costei formulata in subordine, dispone la conversione del [#OMISSIS#] e rimette gli atti al giudice di primo grado territorialmente competente, presso il quale l’azione di impugnazione potrà essere riassunta nelle forme e nei termini di legge.

Compensa le spese del giudizio di ottemperanza tra le parti costituite, non facendo luogo a spese nei confronti della prof.ssa -OMISSIS-, non costituita in giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, commi 1 e 2, del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (ed agli artt. 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti e della dignità degli interessati, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità, nonché di qualsiasi altro dato idoneo a consentire l’identificazione delle persone fisiche menzionate in sentenza.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 23 aprile 2024, con l’intervento dei magistrati:

OMISSIS, Presidente

OMISSIS, Consigliere, Estensore

OMISSIS, Consigliere

OMISSIS, Consigliere

OMISSIS, Consigliere

L’Estensore OMISSIS

Il Presidente OMISSIS

Pubblicato il 13 maggio 2024