Non comporta l’obbligo di astensione di un componente la commissione giudicatrice di concorso a posti di professore o di ricercatore universitario la circostanza che il commissario ed uno dei candidati abbiano pubblicato insieme una o più opere. E tanto tenuto conto che si tratta d’ipotesi ricorrente nella comunità scientifica (talvolta caratterizzata da un numero contenuto di componenti), rispondendo alle esigenze connesse all’approfondimento di temi di ricerca sempre più articolati e complessi, sì da rendere, in alcuni settori disciplinari, estremamente difficile, se non impossibile, la formazione di commissioni esaminatrici in cui tali collaboratori non siano presenti (cfr. Cons .Stato, Sez. VI, 29 luglio 2008, n. 3797).
Per costante giurisprudenza la collaborazione scientifica tra un commissario e un candidato non è di per sé causa di incompatibilità, salvo il caso di coinvolgimenti personali particolarmente intensi (Cons. Stato, Sez. VI, 24 maggio 2006, n. 3087), ovvero il caso di una comunanza di interessi economici o di vita tra i due soggetti di intensità tale da far ingenerare il sospetto che il candidato sia giudicato non in base alle risultanze oggettive della procedura, ma in virtù della conoscenza personale con il commissario (Cons. Stato, Sez. IV, 8 maggio 2001, n. 2589).
Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, 14 luglio 2014, n. 413
Procedura di valutazione comparativa copertura posto di ricercatore-Rapporto di collaborazione intellettuale commissario-Candidato-Pubblicazioni collettanee
N. 00413/2014REG.PROV.COLL.
N. 00467/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
in sede giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 467 del 2013, proposto dall’Universita’ degli Studi di Catania, in persona del Rettore “pro tempore”, rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, domiciliata in Palermo, via A. De Gasperi, n. 81; e della Commissione giudicatrice della procedura di valutazione comparativa per la copertura di un posto di ricercatore universitario per il S. S. D. BIO/11 -Biologia Molecolare, in persona del suo legale rappresentante “pro tempore”, “ut supra” rappr. e dif. ;
contro
Spinella [#OMISSIS#], rappresentata e difesa dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Sbrana e [#OMISSIS#] Petracca, con domicilio eletto presso l’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] in Palermo, Via [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] n. 40;
nei confronti di
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentata e difesa dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Capizzi e Salvatore [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Palermo, via [#OMISSIS#], n. 10;
per la riforma
della sentenza del TAR SICILIA – CATANIA -Sezione III, n. 54/2013, resa tra le parti, di accoglimento del ricorso proposto dalla dottoressa [#OMISSIS#] Spinella contro l’Università degli studi di Catania e nei confronti della dottoressa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], per l’annullamento degli atti della procedura di valutazione comparativa per l’assegnazione di un posto di ricercatore universitario per la Facoltà di Scienze MM. FF. NN. –settore scientifico –disciplinare “BIO/11 Biologia Molecolare”, all’esito della quale è stata dichiarata vincitrice la dottoressa [#OMISSIS#];
Visto il ricorso in appello, con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di [#OMISSIS#] Spinella e di [#OMISSIS#] [#OMISSIS#];
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del 7 maggio 2014 il cons. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti gli avvocati La Rocca, A. Scuderi, su delega di D. [#OMISSIS#] e S. [#OMISSIS#];
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con la sentenza impugnata, in epigrafe indicata, il Tar di Catania ha accolto il ricorso della dottoressa [#OMISSIS#] Spinella contro l’Università degli studi di Catania e nei confronti della dottoressa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], diretto all’annullamento degli atti della procedura di valutazione comparativa suindicata.
Per l’effetto, il Tar ha annullato gli atti sopra indicati.
In particolare il giudice di primo grado, sul presupposto dell’applicabilità, alla procedura di valutazione comparativa “de qua”, dell’art. 11 del d.P.R. n. 487/94 –regolamento recante norme sull’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e sulle modalità di svolgimento dei concorsi, secondo il quale, prima dell’inizio delle prove concorsuali, i componenti della commissione, presa visione dell’elenco dei partecipanti, sottoscrivono la dichiarazione che non sussistono situazioni di incompatibilità tra essi e i concorrenti, ai sensi degli articoli 51 e 52 c. p. c. ; e precisato che nella seduta del 12 ottobre 2010 il prof. De Pinto aveva formulato giudizi di valore su natura, portata e qualità del contributo offerto dalla dottoressa [#OMISSIS#] con riferimento ai lavori scientifici dei quali il prof. [#OMISSIS#] De Pinto era coautore, ha ritenuto che il prof. De Pinto, componente della commissione giudicatrice, avesse l’obbligo di astenersi dalla attività di commissario di concorso, e ciò per ragioni di incompatibilità, sussistendo, tra l’esaminatore De Pinto e la esaminata [#OMISSIS#], rapporti di collaborazione scientifica e professionale di rilievo e intensità speciali (v. sent. Tar, da pag. 16 a pag. 18) .
Né, ha soggiunto il Tar (v. pagine 19 e 20 sent.), sarebbe stato difficile formare una diversa commissione esaminatrice.
Dalla fondatezza del ricorso nella parte in cui viene dedotta la violazione dell’obbligo di astensione del suddetto docente, componente della commissione giudicatrice, vizio nella composizione dell’organo collegiale che, in quanto assimilabile al vizio di incompetenza, preclude l’esame degli altri profili di illegittimità degli atti della procedura impugnati, discende che gli atti medesimi vanno restituiti all’Amministrazione affinché la procedura di valutazione comparativa venga rinnovata da parte di una commissione “integralmente ricostituita con componenti che nemmeno in parte dovranno coincidere con i commissari di cui alla procedura annullata”.
Il Tar ha poi respinto la domanda di risarcimento del danno, non essendo allo stato prevedibile l’esito della procedura comparativa da rinnovare in modo integrale.
2. L’Università di Catania, con il patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, ha proposto appello contro la sentenza, “erronea e in contrasto con il consolidato orientamento giurisprudenziale” che il giudice di primo grado avrebbe travisato, sussistendo obbligo di astensione da parte del commissario soltanto quando il rapporto, tra esaminatore e candidato, trasmodi in un sodalizio personale o in relazioni di natura patrimoniale tali da indurre a formulare una valutazione sulla attività scientifica che prescinda da criteri oggettivi e si esprima in apprezzamenti soggettivi, scaturenti dalle predette relazioni.
L’Avvocatura sottolinea che nessuna delle circostanze sopra evidenziate, le quali, secondo la giurisprudenza amministrativa, implicano un obbligo di astensione, ricorre nella fattispecie, dato che tra il prof. De Pinto e la dr. ssa [#OMISSIS#] emerge soltanto una buona collaborazione scientifica, sviluppatasi e consolidatasi negli anni.
Da ciò deriva la legittimità dell’operato della commissione giudicatrice, anche con riguardo ai profili di censura ulteriori dedotti in primo grado dalla dottoressa Spinella e l’esame dei quali è rimasto precluso e assorbito dall’accoglimento della censura basata sulla violazione del principio di incompatibilità.
Si sono costituite in giudizio sia la dottoressa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], sia la dottoressa [#OMISSIS#] Spinella.
La dottoressa Spinella ha resistito al gravame chiedendone la dichiarazione di inammissibilità, “per difetto di interesse ed abuso del processo”.
Nel merito, l’appellata ha dedotto la infondatezza del gravame e, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 101, comma 2, del c.p.a. , ha riproposto il primo e il terzo motivo del ricorso di primo grado, dall’esame dei quali il Tar, come detto, ha ritenuto di poter prescindere accogliendo il secondo motivo di ricorso e disponendo il conseguente assorbimento delle altre doglianze.
La dottoressa [#OMISSIS#], da parte sua, ha rilevato la manifesta infondatezza della eccezione di inammissibilità dell’appello e, nel merito, ha contestato (v. memoria di costituzione, da pag. 15 a pag. 21, e memorie del 4 e del 16 aprile 2014) la conclusione raggiunta dal Tar secondo la quale ricorrerebbe una situazione di incompatibilità qualora la collaborazione scientifica tra un commissario e il candidato poi risultato vincitore riguardi la quasi totalità delle pubblicazioni presentate da quest’ultimo, deducendo inoltre la infondatezza dei motivi di ricorso riproposti dall’appellata ex art. 101, comma 2, del c. p. a. .
Con ordinanza n. 601/13 la sezione ha respinto la domanda di sospensione dell’esecutività della sentenza.
All’udienza del 7 maggio 2014 il ricorso è stato discusso e quindi trattenuto in decisione.
3. L’appello è fondato e va accolto: in primo grado il ricorso andava respinto.
3.1. In primo luogo è chiaramente infondata e va respinta l’eccezione di inammissibilità dell’appello, per difetto di interesse e abuso del processo, sollevata dall’appellata Spinella nella memoria del 13 giugno 2013.
Nel rammentare che il Tar ha affermato, “in finem”, che allo scopo di “assicurare l’effettività della imparzialità ed indipendenza delle operazioni di valutazione, la procedura dovrà essere rinnovata ad opera di una commissione integralmente ricostituita, con componenti che nemmeno in parte dovranno coincidere con i commissari di cui alla procedura annullata”; e nell’esprimere il convincimento che la indicazione data dal Tar si pone a salvaguardia non soltanto della correttezza, trasparenza e imparzialità delle operazioni concorsuali, ma anche della stessa immagine dell’Università, l’appellata ritiene che, ricevuta dal Tar una “guida” sul come operare, la “resistenza” posta in essere dall’Università proponendo l’appello non possa non qualificarsi come una forma di “abuso del processo”, ovvero come una manifestazione di esercizio improprio del potere di scelta delle strategie di difesa.
L’eccezione sopra riassunta, si diceva, è manifestamente infondata e va respinta giacché, come osserva la difesa della controinteressata [#OMISSIS#], la tesi della Spinella starebbe a significare in definitiva che la proposizione di un appello da parte dell’Amministrazione soccombente rientrerebbe tra i casi di “abuso del processo”, il che appare essere un’affermazione davvero singolare.
In realtà, lungi dal costituire un abuso del processo la proposizione dell’appello da parte dell’Amministrazione soccombente in primo grado, la presentazione del gravame contro la sentenza di primo grado sfavorevole costituisce indubbiamente esercizio di un diritto –quello alla impugnazione- che non può essere censurato nei termini visti sopra.
3.2. Quanto al motivo di appello incentrato sulla affermata inesistenza di una incompatibilità tra il commissario prof. De Pinto e la candidata, poi dichiarata vincitrice, dottoressa [#OMISSIS#], appare opportuno rammentare che ad avviso del Tar i rapporti di collaborazione, aventi rilievo e intensità speciali, tra esaminato ed esaminatore, tali da obbligare quest’ultimo all’astensione, non riguarderebbero soltanto le ipotesi in cui vi siano, tra i soggetti coinvolti –presidente o componente di commissione giudicatrice e candidato risultato vincitore-, reciproci rapporti, di natura professionale ed economica, intensi, continuativi e rilevanti, ma si estenderebbero anche ai casi nei quali, tra commissario e candidato vincitore, sussista un rapporto di collaborazione scientifica e professionale avente, appunto, rilievo e intensità speciali, con risvolti comunque di carattere economico patrimoniale, come nel caso “de quo”, caratterizzato dal fatto che la collaborazione tra esaminatore e candidata risultata vincitrice ha riguardato la quasi totalità delle pubblicazioni presentate da quest’ultima, oltre al fatto che, fin dal conseguimento della laurea, praticamente tutta l’attività professionale della [#OMISSIS#] si sarebbe svolta –salve alcune eccezioni- in rapporto di collaborazione con il prof. De Pinto.
Premesse e conclusioni del Tar non persuadono questo Collegio.
In primo luogo, sul piano normativo l’art. 51 del c.p.c. , disposizione che, di per sé sola, è in grado di fondare una situazione di incompatibilità tra commissario e concorrente, prevede che: “il giudice ha l’obbligo di astenersi:
1) se ha interesse nella causa o in altra vertente su identica questione di diritto;
2) se egli stesso o la moglie è parente fino al quarto grado o legato da vincoli di affiliazione, o è convivente o commensale abituale di una delle parti o di alcuno dei difensori;
3) se egli stesso o la moglie ha causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito con una delle parti o alcuno dei suoi difensori;
4) se ha dato consiglio o prestato patrocinio nella causa, o ha deposto in essa come testimone, oppure ne ha conosciuto come magistrato in altro grado del processo o come arbitro o vi ha prestato assistenza come consulente tecnico;
5) se è tutore, curatore, amministratore di sostegno, procuratore, agente o datore di lavoro di una delle parti; se, inoltre, è amministratore o gerente di un ente, di un’ associazione anche non riconosciuta, di un comitato, di una società o stabilimento che ha interesse nella causa.
In ogni altro caso in cui esistono gravi ragioni di convenienza, il giudice può richiedere al capo dell’ufficio l’autorizzazione ad astenersi; quando l’astensione riguarda il capo dell’ufficio, l’autorizzazione è chiesta al capo dell’ufficio superiore.”
Sul “versante giurisprudenziale”, da una parte il Collegio, fermo il carattere tassativo delle cause di incompatibilità ex art. 51 c.p.c. , che non possono trovare applicazione al di là dei casi specificati dalla norma “de qua” (v. CdS, n. 1606/13), considera appropriato fare richiamo al precedente, in termini, di cui alla sentenza della VI Sezione del Consiglio di Stato n. 4015/13; dall’altra, ritiene invece non appropriati alcuni dei rinvii operati dal Tar di Catania a decisioni del Giudice d’appello che non appaiono “in termini” in quanto riguardano casi –non estensibili alla presente controversia- nei quali effettivamente erano riscontrabili in pieno i –rigorosi- presupposti dell’obbligo di astensione.
Sotto un primo aspetto, la sentenza Cons. St. , VI, n. 4015/13 –che trattava la questione, per alcuni profili analoga a quella odierna, se dovesse sussistere, o no, obbligo di astensione da parte del presidente di una commissione giudicatrice coautore, con il vincitore della procedura di valutazione comparativa, di 14 pubblicazioni scientifiche su un totale di 24 pubblicazioni presentate dal candidato- ha, in maniera condivisibile, ribadito “…che i rapporti di collaborazione accademica, anche ove consistano in pubblicazioni scientifiche di cui risultino coautori il candidato -allievo ed il componente la commissione, non sono sufficienti a radicare e rendere cogente l’obbligo di astensione. Ed invero, secondo il consolidato orientamento di questo Consiglio di Stato (cfr. da ultimo, sez. VI , 13 marzo 2013 n. 1512), da cui non si ravvisano ragioni per discostarsi, le cause d’incompatibilità sancite dall’art. 51, cod. proc. civ. , estensibili, in omaggio al principio costituzionale di imparzialità, a tutti i campi dell’azione amministrativa, e segnatamente alla materia concorsuale (cfr. Cons. St., sez. VI, sent. 11 gennaio 1999, n. 8), rivestono carattere tassativo e, come tali, le relative disposizioni non sono suscettibili di estensione analogica, stante l’esigenza di assicurare la certezza dell’azione amministrativa e la stabilità della composizione delle commissioni giudicatrici…la semplice sussistenza di rapporti accademici o di ufficio tra un commissario e un candidato non è idonea ad integrare gli estremi delle cause d’incompatibilità normativamente cristallizzate, salva la spontanea astensione di cui al capoverso dell’art. 51, c.p.c. (cfr. Cons. St., sez. VI, sent. 26 gennaio 2009, n. 354). Perché i rapporti personali assumano rilievo al fine che qui interessa deve trattarsi di rapporti diversi e più saldi di quelli che di regola intercorrono tra maestro ed allievo o tra soggetti che lavorano nello stesso ufficio…e così la sezione ha, in precedente occasione, reputato rilevante e decisiva la circostanza che il rapporto tra un commissario e un candidato, trascendendo la dinamica istituzionale delle relazioni docente -allievo, si sia concretato in un autentico sodalizio professionale connotato dai caratteri della stabilità e della reciprocità d’interessi di carattere economico (cfr. Cons. St., sez. VI, sent. n. 8 del 1999 cit., che ha reputato violato il dovere di astensione nell’ipotesi di associazione professionale, protrattasi anche nel periodo interessato dall’espletamento del concorso, tra commissario e candidato). In definitiva –ha concluso, in modo convincente, CdS, VI, n. 4015/13- non comporta l’obbligo di astensione di un componente la commissione giudicatrice di concorso a posti di professore o di ricercatore universitario la circostanza che il commissario ed uno dei candidati abbiano pubblicato insieme una o più opere. E tanto tenuto conto che si tratta d’ipotesi ricorrente nella comunità scientifica (talvolta caratterizzata da un numero contenuto di componenti), rispondendo alle esigenze connesse all’approfondimento di temi di ricerca sempre più articolati e complessi, sì da rendere, in alcuni settori disciplinari, estremamente difficile, se non impossibile, la formazione di commissioni esaminatrici in cui tali collaboratori non siano presenti (cfr. Cons. St., sez. VI, sent. 29 luglio 2008, n. 3797) …di tal che la mera esistenza di rapporti di collaborazione scientifica, tra taluno dei commissari e qualcuno dei candidati, non costituisce di per sé causa di astensione né vizio del procedimento. Da tanto discende che, nel caso di specie, non vi era un obbligo di astensione a carico del presidente della commissione, non risultando dimostrata (e neppure dedotta) alcuna comunanza di vita o d’interessi economici tra il commissario e l’appellante…”
(sulla ravvisabilità di una incompatibilità tra esaminatore e concorrente non in ogni forma di rapporto professionale o di collaborazione scientifica, ma soltanto nei casi in cui tra i due sussista un concreto sodalizio di interessi economici, di lavoro o professionali talmente intensi da ingenerare il sospetto che la valutazione del candidato non sia oggettiva e genuina, ma condizionata da tale cointeressenza v. anche CdS, III, n. 5023/12).
Sotto una diversa angolazione, il richiamo operato dal Tar a Cons. St. , VI, n. 3755/11, non appare pertinente.
Con la sentenza n. 3755/11 il Giudice amministrativo d’appello, nel ribadire, con CdS, n. 3797/08 e n. 1567/10, come i “rapporti scientifici” non rilevino quale motivo di astensione dalla partecipazione a commissioni di concorso universitario, mentre assumono rilievo, ai fini della incompatibilità, i rapporti professionali, specie se frequenti e di rilevante valore –cfr. anche CdS, n. 2589/01-, ha giudicato esistente una situazione di incompatibilità in presenza di intensi, continuativi e rilevanti rapporti professionali tra il presidente della commissione giudicatrice e la candidata poi dichiarata vincitrice, la quale aveva svolto incarichi professionali, in collaborazione con il presidente della commissione giudicatrice, ovvero con il suo studio professionale, “di notevole rilevanza professionale ed economica tra cui, ad esempio, la redazione del progetto esecutivo per un appalto” dell’importo di circa quattro milioni e mezzo di euro.
La decisione CdS n. 3755/11 riguardava dunque una situazione di fatto contraddistinta da significativi rapporti economico –professionali tra esaminatore ed esaminata, tali da compromettere, oggettivamente, l’imparzialità dell’attività della commissione.
Anche il richiamo del Tar di Catania a Cons. St. , VI, n. 4114/11, non sembra pienamente calzante. Nella sentenza n. 4114/11 cit. si legge: “…né rilevava la collaborazione scientifica tra i due predetti, atteso che per [#OMISSIS#] giurisprudenza di questo Consesso la collaborazione scientifica tra un commissario e un candidato non è di per sé causa di incompatibilità, salvo il caso di coinvolgimenti personali particolarmente intensi (Cons. St., sez. VI, 24 maggio 2006 n. 3087), ovvero il caso di una comunanza di interessi economici o di vita tra i due soggetti di intensità tale da far ingenerare il sospetto che il candidato sia giudicato non in base alle risultanze oggettive della procedura, ma in virtù della conoscenza personale con il commissario (Cons. St., sez. IV, 8 maggio 2001 n. 2589), elementi di fatto, questi, che non risultano né comprovati né dedotti nel caso di specie.
Infine, la sent. Tar Campania –Napoli, II, n. 4294/12, citata dal Tar Catania a pag. 16 sent. , è stata riformata dalla suindicata decisione CdS, VI, n. 4015/13.
Ciò posto in termini generali, e guardando adesso più da vicino la fattispecie per la quale è causa, è vero che la dottoressa [#OMISSIS#], vincitrice della procedura di valutazione comparativa della quale si discute, ha intrattenuto, con il prof. De Pinto, un lungo rapporto di collaborazione, iniziato “ante lauream” e sviluppatosi lungo i passaggi segnalati dal Tar e ricavabili dal “curriculum“ prodotto dalla stessa [#OMISSIS#], fino al dottorato di ricerca e alle attività di collaborazione per tutorato studenti e sostegno alle attività di laboratorio e didattica svoltesi dal 2007 in poi.
Ora, non ci si nasconde come la situazione che viene in rilievo nel ricorso –di per sé non contestata, nei suoi elementi di fatto- appaia, effettivamente, ben più “densa e pesante” rispetto agli elementi di fatto che caratterizzavano il “decisum” pronunciato da CdS, VI, n. 4015/13, tenuto anche conto della attestazione del prof. De Pinto sul “contributo dei candidati alle pubblicazioni” allegata al verbale n. 2 del 12 ottobre 2010.
Peraltro, nel caso odierno, non viene comunque in rilievo quella comunanza di interessi economici o di vita, tra esaminatore ed esaminata, di intensità tale da far ingenerare il sospetto che la candidata sia (stata) giudicata non sulla base delle risultanze oggettive dalla procedura, ma in ragione della conoscenza diretta con il commissario.
In questa fattispecie non poteva cioè bastare, per far considerare esistente una incompatibilità sostanziale tale da obbligare il commissario prof. De Pinto ad astenersi dai lavori della commissione, la collaborazione scientifica estesa a un numero significativo di pubblicazioni presentate, di cui risultavano coautori, appunto, la candidata e il componente della commissione, anche perché l’avere pubblicato più opere in modo congiunto è ipotesi ricorrente nella comunità scientifica, tanto più se si ricade in una materia di alta specializzazione. Né potevano bastare, a questo scopo, le pubblicazioni in questione insieme con gli altri elementi, ricavabili dal “curriculum” e segnalati nella sentenza del Tar, tutti inquadrabili però nell’attività didattica e scientifica.
Per le ragioni viste sopra, corroborate dalle pronunce giurisprudenziali succitate, in mancanza della dimostrata sussistenza di reciproci interessi, particolarmente intensi, di natura professionale ed economica, nell’accezione indicata sopra, o di rapporti di comunanza di vita (conf. , per una fattispecie per certi versi analoga, CGA Reg. Sic. , n. 85/11, sulla necessità che vi siano rapporti di natura specificamente professionale, contrassegnati da reciproci interessi da natura economica), era da ritenere che venisse in questione una situazione -assai vicina a una linea di confine che segna il limite tra i casi di incompatibilità e quelli in presenza dei quali, invece, non vi è obbligo di astensione, ma- non ricadente nella “perimetrazione tassativa” delle ipotesi di cui all’art. 51 c.p.c. e non idonea quindi di per sé a obbligare il prof. De Pinto ad astenersi.
Detto altrimenti, i rapporti esistenti tra il De Pinto e la [#OMISSIS#], all’epoca della procedura impugnata (2010), non sembravano essere di natura tale da determinare un obbligo di astensione da parte del De Pinto, diversamente da quanto accaduto nelle sopra menzionate fattispecie particolari, non assimilabili a questa e giudicate illegittime dal Consiglio di Stato.
3.3. L’accoglimento del motivo di appello proposto dall’Università implica l’esame (di gran parte) del primo e del terzo motivo del ricorso al Tar, riproposti dalla dottoressa Spinella nella memoria di costituzione.
3.3.1. Quanto alla riproposizione del motivo di ricorso sub I, a eccezione del profilo, esplicitamente respinto dal Tar (v. pag. 8 sent.), con cui la dottoressa Spinella affermava –in modo erroneo- che i candidati sarebbero stati valutati in via esclusiva sulla base dei titoli presentati e di un colloquio (quando invece la valutazione comparativa risulta essere stata effettuata, come normativamente prescritto, sulla base dei titoli e delle pubblicazioni dei candidati, discussi pubblicamente con la commissione), l’appellata Spinella ripropone anzitutto la censura basata sulla omessa individuazione di criteri di valutazione specifici, attraverso i quali procedere alla valutazione comparativa, ribadendo che la commissione avrebbe compiuto i propri apprezzamenti fondandoli esclusivamente sul criterio della congruenza delle pubblicazioni con il settore oggetto del bando di concorso.
Non sarebbero stati tenuti presenti, nè utilizzati, da parte della commissione, i criteri di valutazione delle pubblicazioni scientifiche elencati all’art. 7 del d. r. 23 dicembre 2009 di indizione della procedura di valutazione comparativa (originalità e innovatività della produzione scientifica e rigore metodologico, apporto individuale del candidato analiticamente determinato nei lavori in collaborazione, rilevanza scientifica della collocazione editoriale delle pubblicazioni e loro diffusione all’interno della comunità scientifica, continuità temporale della produzione scientifica ecc. –v. art. 7 d. r. cit.) .
In particolare, la valutazione dei titoli e delle pubblicazioni dei candidati non sarebbe stata né analitica né comparativa, con precipuo riguardo al carattere originale e innovativo della produzione scientifica, al rigore metodologico, all’apporto individuale del candidato.
La dottoressa [#OMISSIS#] ha presentato 16 articoli, dei quali soltanto nove valutabili secondo quanto disposto dal citato art. 7 del d. r. di indizione della procedura.
Ove la commissione avesse proceduto a una valutazione mediante sistemi riconosciuti dalla comunità scientifica a livello internazionale, non avrebbe potuto fare a meno di evidenziare la superiorità dell’attività della dottoressa Spinella –autrice di 35 pubblicazioni valutabili- rispetto a tutti gli altri candidati.
La Spinella contesta inoltre l’apprezzamento della commissione di non pertinenza di molte pubblicazioni della ricorrente rispetto al settore della Biologia Molecolare.
Vi sarebbe invece attinenza e congruenza dell’attività di ricerca della dott. ssa Spinella con l’oggetto del concorso impugnato e con tematiche interdisciplinari che lo comprendono.
I risultati delle valutazioni delle pubblicazioni scientifiche estratte dai portali di due sistemi riconosciuti a livello internazionale evidenziano un maggior numero di pubblicazioni per la dr. ssa Spinella, oltre a una incontestabile prevalenza anche qualitativa dei contributi della stessa.
Anche a voler ammettere che soltanto il 50 % delle pubblicazioni della Spinella sia coerente con il settore BIO/11, almeno 19 dei 38 lavori presentati dalla ricorrente / appellata debbono considerarsi congruenti rispetto al settore disciplinare in argomento.
Non risultano valutati comparativamente gli apporti individuali dati dalle singole candidate nei casi di partecipazione delle medesime a lavori in collaborazione.
Viene sottolineato che la dr. ssa Spinella risulta primo autore in ben nove delle pubblicazioni scientifiche presentate, la dr. ssa [#OMISSIS#], invece, in solo due articoli dei nove valutabili.
Non è stato considerato, tra i parametri di valutazione, il previsto “impact factor”, o fattore di impatto (IF).
L’IF della Spinella sarebbe assai migliore di quello della [#OMISSIS#].
Ove la commissione non avesse violato le norme e i principi suindicati, la dr. ssa Spinella, a fronte dell’eccellente “curriculum” presentato, dei titoli posseduti e delle pubblicazioni scientifiche prodotte, avrebbe senz’altro conseguito la migliore valutazione comparativa rispetto agli altri partecipanti alla procedura, sarebbe stata dichiarata vincitrice della valutazione comparativa e si sarebbe vista assegnare il posto messo a concorso.
Il motivo sopra riassunto non può trovare accoglimento.
In via preliminare e generale è bene anzitutto rilevare che la procedura di valutazione comparativa “de qua” è disciplinata, per esplicito richiamo contenuto nel d. r. di indizione, dal d. l. n. 180 del 2008, conv. con mod. nella l. n. 1 del 2009, e dal d. m. 28 luglio 2009, emanato in esecuzione del citato d. l. n. 180/08, e recante parametri per la valutazione dei titoli e delle pubblicazione dei candidati nelle procedure di valutazione comparativa per posti di ricercatore universitario (si vedano in particolare gli articoli 2 e 3 del citato d. m. , relativi agli elementi di valutazione comparativa dei titoli e ai criteri di valutazione comparativa delle pubblicazioni, il cui contenuto è stato recepito nel bando di concorso).
Più in dettaglio, la nuova disciplina dei concorsi per ricercatori, introdotta dall’art. 1, comma 7, del d. l. 10 novembre 2008, n. 180 (Disposizioni urgenti per il diritto allo studio, la valorizzazione del merito e la qualità del sistema universitario e della ricerca), convertito dalla legge 9 gennaio 2009, n. 1, recita testualmente “7. Nelle procedure di valutazione comparativa per il reclutamento dei ricercatori bandite successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, la valutazione comparativa è effettuata sulla base dei titoli e delle pubblicazioni dei candidati, ivi compresa la tesi di dottorato, discussi pubblicamente con la commissione, utilizzando parametri, riconosciuti anche in ambito internazionale, individuati con apposito decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, avente natura non regolamentare, da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sentito il Consiglio universitario nazionale”. Abolite le prove scritte, la procedura in esame è stata configurata, in sostanza, come concorso di accesso al primo livello della docenza, da valutarsi sulla base dei titoli e delle pubblicazioni da discutere dinanzi alla commissione.
Il d. m. 28 luglio 2009, n. 89 -valutazione dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche, attuativo del citato art. 1, comma 7, del d.l. n. 180 del 2008 -parametri per la valutazione dei titoli e delle pubblicazioni dei candidati nelle procedure di valutazione comparativa per posti di ricercatore universitario, agli articoli 2 e 3 dispone in modo testuale:
“Art. 2. Valutazione dei titoli.
1. Le commissioni giudicatrici delle procedure di cui al comma 1 effettuano analiticamente la valutazione comparativa dei titoli dei candidati sulla base dei seguenti elementi debitamente documentati:
a) possesso del titolo di dottore di ricerca o equivalente, conseguito in Italia o all’estero;
b) svolgimento di attività didattica a livello universitario in Italia o all’estero;
c) prestazione di servizi di formazione e ricerca, anche con rapporto di lavoro a tempo determinato, presso istituti pubblici italiani o all’estero;
d) svolgimento di attività di ricerca, formalizzata da rapporti istituzionali, presso soggetti pubblici e privati italiani e stranieri;
e) svolgimento di attività in campo clinico relativamente a quei settori scientificodisciplinari in cui sono richieste tali specifiche competenze;
f) realizzazione di attività progettuale relativamente a quei settori scientificodisciplinari nei quali è prevista;
g) organizzazione, direzione e coordinamento di gruppi di ricerca nazionali e internazionali;
h) titolarità di brevetti relativamente a quei settori scientifico -disciplinari nei quali è prevista;
i) partecipazione in qualità di relatore a congressi e convegni nazionali e internazionali;
l) conseguimento di premi e riconoscimenti nazionali e internazionali per attività di ricerca.
2. Ai sensi dell’art. 1, comma 7, della legge 4 novembre 2005, n. 230, costituiscono titoli preferenziali il dottorato di ricerca, le attività svolte in qualità di assegnasti contrattisti ai sensi dell’art. 51, comma 6, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, di borsisti postdottorato ai sensi della legge 30 novembre 1989, n. 398, nonché di contrattisti ai sensi dello stesso art. 1, comma 14 della legge 4 novembre 2005, n. 230.
3. La valutazione di ciascun elemento indicato dal comma 1 è effettuata considerando specificamente la significatività che esso assume in ordine alla qualità e quantità dell’attività di ricerca svolta dal singolo candidato”.
“Art. 3. Valutazione delle pubblicazioni scientifiche.
1. Le commissioni giudicatrici delle procedure di cui all’art. 1, nell’effettuare la valutazione comparativa dei candidati, prendono in considerazione esclusivamente pubblicazioni o testi accettati per la pubblicaz