Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, 18 giugno 2014, n. 325

Procedura di valutazione comparativa copertura posto di ricercatore-Modalita’ accertamento conoscenza lingua inglese

Data Documento: 2014-06-18
Area: Giurisprudenza
Massima

Nell’ipotesi in cui il bando di concorso non preveda alcuna specifica modalità di richiesto accertamento della conoscenza linguistica-salvo la collocazione nel contesto della prova orale, che vale da un lato ad escludere l’esigenza e la possibilità di una prova scritta in lingua inglese e dall’altro a escludere la sufficienza della allegazione tra le pubblicazioni di testi in inglese-la modalità praticata in concreto dalla commissione (accertamento di tipo sperimentale, con diretto uso della lingua in questione/accertamento per deduzione), non si pone in contrasto con il bando stesso né evidenzia profili di illogicità della scelta operata, non essendo la discussione orale delle pubblicazioni in lingua inglese o delle esperienze internazionali di per sé inidonea allo scopo cui l’accertamento è preordinato. 

Contenuto sentenza

N. 00325/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00126/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
in sede giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 126 del 2013, proposto da: 
Carmeci [#OMISSIS#], rappresentata e difesa dagli avvocati Giovanni [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso il loro studio in Palermo, via Libertà 171; 
contro
Libera Università degli Studi di Enna “Kore”, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati [#OMISSIS#] Cangemi, [#OMISSIS#] Gargano e [#OMISSIS#] Pedullà, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato [#OMISSIS#] Cangemi in Palermo, via Tevere 4; 
nei confronti di
Guarnera [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentata e difesa dall’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Benedetta Zerbo in Palermo, via De Spuches 10; 
per la riforma
della sentenza parziale del TAR SICILIA – CATANIA Sezione III n. 01207/2012 e della successiva sentenza del TAR SICILIA – CATANIA Sezione III n. 02969/2012, rese tra le parti, concernenti atti della procedura di valutazione comparativa per un posto di ricercatore e nomina vincitore.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Università degli studi di Enna “Kore” e di Guarnera [#OMISSIS#] [#OMISSIS#];
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 gennaio 2014 il Cons. [#OMISSIS#] La Guardia e uditi per le parti gli avvocati G.nni [#OMISSIS#], F. Cangemi e S. [#OMISSIS#];
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I. – Viene in decisione l’appello della dott.ssa [#OMISSIS#] Carmeci avverso le sentenze parziale e definitiva indicate in epigrafe, con le quali sono stati respinti il ricorso ed i motivi aggiunti dalla medesima proposti per l’annullamento del decreto n. 44 del 17 febbraio 2011 del Presidente dell’Università degli studi di Enna “Kore” di approvazione degli atti della procedura di valutazione comparativa per un posto di ricercatore, settore scientifico disciplinare M-PSI/01 – Psicologia Generale ed è stata dichiarata vincitrice e nominata la dott.ssa Guarnera.
La procedura selettiva era stata indetta nel marzo 2008; avevano presentato domanda, titoli e pubblicazioni vari aspiranti ma alle prove concorsuali avevano partecipato solo le dott.sse Carmeci e Guarnera. Conclusi i lavori della Commissione giudicatrice e dichiarata vincitrice l’odierna appellata gli atti erano stati trasmessi ai competenti organi universitari per l’approvazione, ma con decreto n. 186 dell’11.12.2010 il Presidente dell’Università aveva riscontrato delle irregolarità, puntualmente rappresentate, tali da non consentire l’approvazione degli atti, che aveva quindi rinviato alla Commissione. Questa in data 19.1.2011 si era nuovamente riunita per dar seguito ai rilievi trasmessi riguardo agli atti della procedura ed aveva redatto apposito verbale, evidenziando di aver proceduto “alla integrazione di quanto richiesto nei relativi verbali”, come specificato in dettaglio anche con richiamo alla relazione riassuntiva pure integrata e allegata, e puntualizzando in conclusione che “Per tutte le integrazioni e modifiche apportate, la commissione unanime rileva che esse non alterano in alcun modo le valutazioni sostanziali effettuate nei rispettivi verbali delle singole sedute”. Con il decreto n. 44 del 17 febbraio 2011, impugnato con il ricorso principale di primo grado, il Presidente dell’Università aveva proceduto all’approvazione definitiva degli atti della valutazione comparativa e dichiarato vincitrice la dott.ssa Guarnera; aveva fatto seguito l’atto di nomina, impugnato con i motivi aggiunti (11.7.2012).
Con una prima sentenza parziale (n. 1207/2012), riguardo alla quale la soccombente ha notificato riserva di appello, il Tar adito ha respinto la maggior parte delle censure introdotte ed ha disposto, con riferimento al quarto motivo ed agli specialistici rilievi sul giudizio della Commissione relativo alla valutazione degli elaborati scritti delle due concorrenti – riconducibili, per un verso, alla prospettazione di gravi errori ed insufficienze di sviluppo metodologico nell’elaborato della controinteressata e, per altro verso, all’affermata insussistenza delle criticità rilevate dalla commissione nell’elaborato della ricorrente – incombenti istruttori, chiedendo chiarimenti da parte della Commissione.
Con la successiva sentenza n. 2969/2012, il Tar ha respinto anche detto quarto motivo del ricorso principale, nonché il secondo ricorso per motivi aggiunti proposto avverso la relazione della Commissione depositata in riscontro all’ordinanza istruttoria.
Con il presente ricorso in appello, articolato in 17 motivi, la dott.ssa Carmeci denuncia l’erroneità delle argomentazioni esposte dal primo giudice e, per taluni aspetti, omissione di pronuncia, riproponendo le contestazioni rimaste disattese.
Resistono l’Università intimata e la dott.ssa Guarneri.
Le parti hanno dimesso memorie e l’appellante atto di replica, indi la causa è stata posta in decisione all’udienza del 16 gennaio 2014.
II. – Il Collegio ritiene che l’appello sia infondato e le sentenze gravate meritino conferma, per le ragioni di seguito indicate.
Con il primo motivo, l’appellante denuncia “Erroneità della sentenza impugnata in relazione alla dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 9 del bando della procedura di valutazione approvato con decreto de Presidente n. 16 del 28.2.2008. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 l. n. 241/90 e dell’art. 97 Cost. eccesso di potere per contraddittorietà, illogicità erroneità dei presupposti. Difetto di motivazione e di istruttoria.”.
L’appellante ripropone le censure esposte con il secondo motivo del ricorso di primo grado, che muovono dalle seguenti premesse fattuali:
a) il bando prevedeva che, dopo le prove scritte, fosse espletata la prova orale, con l’espresso chiarimento che “La prova orale accerterà anche la conoscenza della lingua inglese”;
b) uno dei rilievi evidenziati dal Presidente dell’Università nel provvedimento con cui rinviava gli atti alla Commissione riguardava la circostanza che nei verbali nulla era detto dell’avvenuto svolgimento della prova di lingua inglese;
c) nel verbale del 19 gennaio 2011 la Commissione aveva indicato che “Uno specifico rilievo riguarda l’omissione di citazione dell’accertamento della conoscenza della lingua inglese (in questi termini richiesto dall’art. 9 del bando). Tale accertamento è risultato adempiuto per entrambe le candidate presenti, in quanto la dott. Carmeci presenta una pubblicazione in lingua inglese e riferisce di esperienze internazionali dalla quali si desume la conoscenza della lingua; una adeguata padronanza della lingua inglese è anche desumibile dalle pubblicazioni in lingua inglese presentate e discusse dalla candidata dott. Guarnera. Tali precisazioni, omesse per puro errore materiale nella verbalizzazione, vengono integrate nell’allegato e nella relazione riassuntiva pure allegata”.
L’odierna appellante sostiene, in sintesi, che:
– le stesse indicazioni della Commissione confermano che non è stata svolta alcuna prova orale di lingua inglese;
– la previsione del bando escludeva che la conoscenza della lingua potesse essere verificata in modi diversi dalla prova orale, la quale è finalizzata a riscontrare la conoscenza linguistica sia passiva (comprensione) che attiva (capacità di usare le proprie conoscenze);
– la conoscenza della lingua inglese non poteva essere desunta ma doveva essere “accertata” e, comunque, il ragionamento dei commissari è intrinsecamente illogico in quanto né soggiorni all’estero né pubblicazioni in inglese valgono ad attestare la conoscenza della lingua, dal momento che in entrambi i casi ci si può avvalere di traduttori, e non può rilevare una discussione in italiano di pubblicazioni in inglese;
– la pretestuosità dell’assunto dei commissari emerge considerando che: a) nei verbali di valutazione dei titoli e delle pubblicazioni degli altri candidati nulla è detto sulle loro pubblicazioni in inglese, b) per entrambe le candidate le pubblicazioni in lingua inglese sono state realizzate in collaborazione con altri coautori; inoltre, in altra procedura di valutazione, con riferimento al mancato svolgimento della prova di lingua inglese, la stessa Università Kore aveva annullato gli atti della commissione, con decreto presidenziale n. 2/2010.
Quanto alle obiezioni da ultimo indicate, il Collegio reputa non conducenti i rilievi circa i mancati riferimenti alle pubblicazioni in inglese dei candidati diversi dalla due parti in causa, atteso che i predetti non hanno preso parte alla prova orale nel contesto della quale il bando collocava l’accertamento della conoscenza della lingua inglese, e circa la collaborazione con altri coautori nella realizzazione delle pubblicazioni in inglese, comunque, in parte, riferibili alle candidate.
Anche il richiamo a “precedente” della medesima amministrazione, ossia al decreto presidenziale n. 2/2010 che ha annullato gli atti di una valutazione comparativa e rimesso la procedura di cui allora si trattava ad altra commissione, non è di ausilio alle tesi dell’appellante, considerato che – in disparte la considerazione che si trattava di procedura regolata da altro bando e di annullamento motivato con una pluralità di elementi, tra cui prioritario quello relativo all’aspetto della valutazione dei titoli preferenziali – in quel caso, come indicato nello stesso decreto n. 2/2010, si imputava alla commissione di aver qualificato “esplicitamente la prova di lingua straniera “non oggetto di valutazione comparativa””, laddove, invece, nel caso a mani, la commissione, nel verbale del 19.1.2011 non predica l’estraneità dell’accertamento della conoscenza dell’inglese alla valutazione comparativa, ma riferisce di aver dato corso al prescritto accertamento nei confronti di entrambe le candidate e ne espone, in termini lievemente differenziati tra le due candidate, l’esito, confluito nei giudizi collegiali sulla prova orale di cui all’allegato H.
La questione centrale, se l’operato della commissione sia o meno rispondete alle prescrizioni dell’art. 9 del bando secondo cui “La prova orale verte sulla discussione di aspetti generali e specifici del settore scientifico-disciplinare, sulla discussione delle prove scritte e degli eventuali titoli. La prova orale accerterà anche la conoscenza della lingua inglese”, configura un interrogativo cui l’odierna appellante risponde con una tesi che si compendia nell’assunto che avrebbe necessariamente dovuto essere effettuato un colloquio in inglese.
Il bando, tuttavia, è formulato in termini che lasciano alla commissione un assai ampio margine discrezionale, non essendo prevista alcuna specifica modalità del richiesto “accertamento” della conoscenza linguistica – salvo la collocazione nel contesto della prova orale, che vale da un lato a escludere l’esigenza e la possibilità di una prova scritta in lingua inglese e dall’altro a escludere la sufficienza della allegazione tra le pubblicazioni di testi in inglese.
Il Tar, sul punto, ha ritenuto che “quella in esame non risulta essere concepita come una vera prova (con punteggio diversificato)” e che il citato art. 9 prevede un accertamento “che potrebbe avvenire anche in riferimento alle pubblicazioni se le stesse in qualche modo vengano discusse”.
Tale motivazione trova il Collegio concorde, in quanto, pur nell’estrema sinteticità, coglie la reale peculiarità di un accertamento non legato a formalità precise, che quindi lascia possibilità di scelta tra accertamento di tipo sperimentale, con diretto uso della lingua in questione, e per deduzione, e il cui risultato non viene configurato come a sé stante ma considerato nella valutazione complessiva del candidato.
La modalità praticata in concreto dalla commissione, per quanto certamente minimale, quindi, non si pone in contrasto con la richiamata previsione del bando e, d’altra parte, neppure evidenzia profili di patente illogicità della scelta operata, non essendo la discussione orale delle pubblicazioni in lingua inglese o delle esperienze internazionali di per sé inidonea allo scopo cui l’accertamento è preordinato.
Il primo motivo va, pertanto, respinto.
Infondato è anche il secondo motivo, con cui l’appellante denuncia “Erroneità della sentenza impugnata in relazione alla dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 13 e 14 d.P.R. n. 487/1994, dell’art. 9 del bando e dell’art. 97 Cost.. Difetto di motivazione e di istruttoria. Erroneità dei presupposti”, riproponendo la tesi, esposta con il primo motivo del ricorso di primo grado, della doverosa esclusione dell’altra concorrente per evidente copiatura da testo non ammesso alla prova, disattesa dal Tar col rilievo che “in disparte la generale capacità mnemonica dei singoli candidati, alcuni principi fondamentali, in quanto tali, si prestano ad essere pedissequamente fissati quale imprescindibile bagaglio culturale”.
L’appellante insiste nel sostenere che, per la sua collocazione nella parte introduttiva e per la dimensione, la riproduzione di un testo non ammesso configura una ipotesi di plagio “oppure costituisce un chiaro segno di riconoscimento”, ma la pretesa sussistenza di una causa esclusiva, nella sua duplice prospettazione, rimane indimostrata.
Le righe contestate attengono ad una definizione, quella del concetto di linguaggio, con la quale esordisce l’elaborato della controinteressata dedicato a tale argomento, scelto tra quelli consentiti dal tema assegnato.
La circostanza che la candidata, nell’esposizione di tale nozione fondamentale della materia a concorso, abbia riformulato in termini molto simili e a tratti identici la definizione data in un testo di psicologia generale a detto concetto cardine, non costituisce univoco indice di una vietata copiatura, potendo ragionevolmente essere ricondotta a precedente studio ed approfondimento, considerato che, come condivisibilmente ritenuto dal Tar è “evidente che, tra più definizioni possibili, spesso ciascuno si limita a ritenere quella che risulta più condivisa o confacente al proprio modo di concepire il concetto stesso”.
Meramente assertiva rimane la tesi che si tratti di segno di riconoscimento.
Con il terzo motivo di appello si denuncia “Erroneità della sentenza impugnata in relazione alla dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e 9 del bando della procedura di valutazione approvato con decreto del Presidente n. 16 del 28.2.2008. Violazione e falsa applicazione dell’art. 4 DPR n. 117/2000 e dell’art. 15 D.P.R. n. 487/1994. Violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost. e del canone di buon andamento. Eccesso di potere per erroneità dei presupposti e difetto di motivazione. Illogicità. Contraddittorietà. Sviamento dalla causa tipica. Violazione dell’art. 112 c.p.c. e del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato”.
L’appellante lamenta che dai giudizi individuali e collegiali, anche dopo la riformulazione, non emerga il rispetto dei criteri prestabiliti dalla commissione e dell’art. 4, comma 2, d.P.R. n. 117/2000. Sostiene che i giudizi consistano in formule del tutto stereotipate e incomprensibili e che la valutazione dei titoli della odierna appellata sia illogica e contraddittoria con i criteri predeterminati e lamenta che tale censura non sia stata presa in considerazione dal Tar.
Più in dettaglio, l’appellante contesta che: a) tre dei cinque titoli valutati della controinteressata non avrebbero potuto radicalmente essere presi in considerazione perché in corso di pubblicazione ovvero pubblicati all’estero senza che risultasse la data e il luogo di pubblicazione, b) la maggior parte dei titoli della dott.ssa Guarnera sarebbe estranea al settore disciplinare e non attinente a tematiche interdisciplinari. Lamenta, inoltre, che la commissione abbia favorevolmente valutato, per la controinteressata, l’attività di “progettazione e realizzazione di ricerche in ambito universitario ed extrauniversitario”, consistente peraltro nella collaborazione ad un solo progetto, di contro non dando conto della partecipazione dell’odierna appellante a una pluralità di progetti di ricerca, di cui uno considerato dal MIUR di rilevante interesse nazionale, né della collaborazione scientifica con il Centro interdipartimentale tecnologie della conoscenza, Palermo anno 2005.
Tali critiche non risultano persuasive.
Innanzitutto il Collegio reputa che il giudice di primo grado non sia incorso in alcuna omissione di pronuncia, tenuto conto che le enunciazioni di apertura (uso di formule stereotipe e incomprensibili; valutazioni illogiche e contraddittorie rispetto ai criteri predeterminati) costituiscono asserzioni del tutto generiche, che, se isolatamente considerate, non potrebbero che ritenersi inammissibili, e che prendono consistenza grazie alle successive specificazioni, riguardo alle quali il primo giudice ha puntualmente espresso il proprio avviso.
In particolare, quanto alla pretesa non considerabilità di tre delle pubblicazioni della dott.ssa Guarnera, il Tar ha evidenziato che “La controinteressata ha eccepito, fondatamente (e la ricorrente non ha conseguentemente replicato) che, per il primo articolo, ai sensi del comma 1 del d.m. 28.7.2009, così come è avvenuto (cfr. all. 17 controricorso), è sufficiente che i testi siano stati accettati per la pubblicazione, mentre per le altre due, così come evincibile in testa alle medesime, la data di pubblicazione è regolarmente apposta”.
L’appellante, al riguardo, obietta che a nulla valgono eventuali integrazioni documentali depositate in corso di causa, dovendo gli elementi rilevanti emergere dalla documentazione presentata in sede concorsuale. Si tratta di contestazione, esposta per la prima volta in appello a fronte del riscontro da parte del Tar della sussistenza dei requisiti sostanziali per la presentazione delle pubblicazioni in questione, che oppone un argomento prettamente formale che non trova, peraltro, conforto nel bando, il cui art. 4 (“Pubblicazioni”) riferisce l’espressa clausola che “non potranno essere prese in considerazione dalle commissioni giudicatrici” esclusivamente alle “pubblicazioni che non risultino inviate in plico raccomandato o consegnato a manonei termini previsti”.
Le ulteriori censure riproposte attengono allo schietto merito delle valutazioni operate dalla commissione, per tale profilo insindacabili in sede giurisdizionale, salvo se ne dimostri la palese illogicità o l’erroneità per travisamento dei fatti, ciò che non può dirsi avvenuto nella specie.
L’odierna appellante sostiene che gran parte dei titoli, delle pubblicazioni e delle esperienze didattiche e scientifiche della dott.ssa Guarnera siano estranei al settore disciplinare (M-PSI/01 Psicologia Generale) cui afferisce la procedura comparativa e neppure attengano a tematiche interdisciplinari, essendo, viceversa, attinenti al diverso settore M-PSI/04 “Psicologia dello sviluppo e dell’educazione”; afferma, pertanto, che non avrebbero dovuto essere considerati. Lamenta, altresì, che la commissione non abbia giustificato la valutazione di detti titoli, mentre si era preoccupata, riguardo ad altri candidati, di indicare espressamente la non congruenza di parte del relativo curriculum con il settore disciplinare.
Orbene, il giudizio di congruenza al settore scientifico disciplinare oggetto della procedura concorsuale dei contenuti dell’attività dei candidati è, così come quello sul relativo valore, riservato alla commissione. Tale valutazione di congruenza può anche risultare per implicito dalla positiva considerazione di titoli o pubblicazioni, mentre una specifica motivazione si richiede in caso di valutazione negativa; ed, infatti, la commissione ha puntualizzato, per alcuni candidati (e senza che se ne possa arguire, in mancanza di dimostrazione di una reale identità di situazioni, una qualche forma di disparità di trattamento), che la relativa produzione scientifica era ritenuta solo parzialmente congruente con il settore bandito. Peraltro, una espressa valutazione di congruenza si ritrova nei giudizi individuali relativi alla candidata Guarnera, ove si parla di produzione scientifica “interamente attinente al settore” (commissario prof. Lombardo) o “su temi classici della psicologia generale” (commissario prof. Moderato).
Il giudizio collegiale relativo ai titoli ed alle pubblicazioni della controinteressata ha evidenziato, tra l’altro, che “L’attività di ricerca della dott. Guarnera riguarda temi di psicologia cognitiva, attinenti principalmente la memoria, l’attenzione e l’apprendimento”; la pretesa estraneità di tali tematiche alla psicologia generale non può certo dirsi di immediata evidenza, tale da poterne desumere la sussistenza di un vizio di legittimità rilevabile in questa sede.
Nel sostenere, specificamente, che non avrebbero dovuto essere considerati il dottorato di ricerca in “Fondamenti e metodi dei processi formativi” e l’assegno di collaborazione di ricerca, per il programma di ricerca “ il ruolo delle funzioni attentive nello sviluppo dei prerequisiti dell’apprendimento e delle capacità di elaborazione di immagini mentali”, l’odierna appellante, in definitiva, si sostituisce alla commissione in una valutazione che a questa sola compete.
L’appellante, infine, si duole della menzione dell’attività della controinteressata di “progettazione e realizzazione di ricerche in ambito universitario ed extrauniversitario” sotto duplice profilo: da un lato obietta che si tratti di un solo progetto di ricerca, dall’altro lamenta che viceversa non sia stata menzionata la propria partecipazione a più numerosi progetti di ricerca, di cui uno considerato dal MIUR di rilevante interesse nazionale. Anche tali critiche non sono persuasive. Da un lato, la commissione ha usato il plurale “ricerche” riferendosi, oltre che al progetto in ambito universitario, cui la controinteressata, secondo le indicazioni del curriculum, ha collaborato per un periodo quadriennale, anche, espressamente, a ricerche in ambito extrauniversitario, la cui valutazione, contestata col motivo di primo grado qui riproposto sull’assunto che, nella sostanza, non avrebbero dignità di “ricerca”, attiene al merito della scelte della commissione; a tale ambito discrezionale attiene parimenti la valutazione (cui si correla la scelta di darvi o meno risalto nella valutazione complessiva) delle collaborazioni della odierna appellante, senza che emergano gli adombrati profili di disparità di trattamento, stante la particolarità di ciascuna situazione.
I motivi di appello quarto, quattordicesimo, quindicesimo, sedicesimo sono tra loro connessi ed è opportuno trattarne congiuntamente.
L’appellante lamenta che il Tar abbia erroneamente respinto il quarto motivo del ricorso di primo grado, con il quale (sotto la rubrica della violazione degli artt. 3 e 97 Cost. e 3 l. n. 241/90 e dell’eccesso di potere per illogicità, erroneità dei presupposti, difetto di motivazione e di istruttoria, disparità di trattamento) ella aveva criticato la valutazione espressa dalla commissione riguardo alle prove scritte sostenendo, in estrema sintesi, che il [#OMISSIS#] giudizio espresso su ambedue le prove della controinteressata era frutto, per un verso, del mancato rilievo: a) quanto alla prima prova della controinteressata, della omessa menzione di autori di cui si riferivano studi e del riferimento ad una teoria “costruzionista” anzichè “costruttivista”, oltre che del carattere frettoloso della conclusione dell’elaborato; b) quanto al progetto di ricerca elaborato dalla predetta come seconda prova scritta, di “clamorosi errori ed insufficienze di sviluppo metodologico” (argomentati citando da un lato passaggi dell’elaborato e dall’altro pagine di alcuni testi richiamati a confronto, con l’intento di far emergere come il progetto di ricerca fosse “inattendibile, superficiale e di dubbio valore scientifico” nonchè l’ignoranza da parte della candidata delle “corrette modalità di svolgimento della ricerca unanimemente condivise dalla comunità scientifica”) e, per altro verso, di illogici ed errati rilievi critici mossi dalla commissione agli elaborati della odierna appellante. A quest’ultimo riguardo, l’odierna appellante lamenta: a) quanto alla prima prova, che nell’esprimere “un giudizio complessivamente abbastanza positivo” la commissione si sia limitata ad evidenziare che “la trattazione appare centrata sulla tematica della percezione, anche se nell’affrontarla storicamente non vengono adeguatamente evidenziati i problemi paradigmatici del processo”, con formula criptica che non sarebbe meglio chiarita dai giudizi individuali dei commissari (“non evidenzia in modo approfondito i problemi paradigmatici del processo”“non vengono evidenziati alcuni snodi teorici rilevanti”“alcune questioni teoriche … non sono sufficientemente articolate”) con la conseguenza che il giudizio risulterebbe incomprensibile, apodittico, arbitrario e intrinsecamente illogico;b) quanto al giudizio sulla seconda prova (“il progetto di ricerca formulato dalla candidata presenta una apprezzabile ricchezza nell’illustrazione del quadro teorico della problematica e dimostra padronanza della letteratura pertinente al processo di assunzione decisionale. La parte metodologica è corretta e accuratamente descritta. Non vengono tuttavia evidenziate adeguatamente le indicazioni in campo applicativo richieste dalla traccia”), che l’ultima notazione è erronea, in quanto la traccia non richiedeva “indicazioni in campo applicativo” ma di formulare “un progetto di ricerca in un campo applicativo della psicologia generale” e contraddetta dalla lettura dell’elaborato, di cui viene citato una parte, sostenendo che “Tali affermazioni altro non sono che i possibili risvolti applicativi dello studio ipotizzato”.
Con la sentenza n. 1270/2012, il Tar, riferendosi alla critica di importanti errori sul piano scientifico supportata da riferimenti testuali dai quali trarre il necessario conforto scientifico, ed in mancanza di una consulenza tecnica di parte, ha ritenuto di disporre (anche per meglio valutare l’opportunità di una eventuale CTU “teoricamente prospettabile ove si faccia questione di erronee valutazioni rispetto all’oggettivo e unanime “stato della conoscenza””) incombenti istruttori, chiedendo chiarimenti alla stessa commissione che aveva redatto i giudizi, la quale, riunitasi l’11 giugno 2012, li ha forniti con relazione depositata il 15 giugno 2012, impugnata con motivi aggiunti dell’11.7.2012.
L’erroneità della reiezione del quarto motivo del ricorso di primo grado viene contestata, con il quarto motivo di appello, affermando, in sintesi, da un lato, l’irritualità di una richiesta di chiarimenti alla stessa commissione, che in tal modo verrebbe posta in grado di ulteriormente integrare il contenuto dei verbali e delle motivazioni già esternate, e dall’altro che il Tar, dopo aver dato atto che “quanto affermato in ricorso in ordine al primo dei due elaborati della controinteressata, in effetti, pur non commentato analiticamente dalla Commissione in sede istruttoria, trova conferma” non avrebbe potuto far altro che annullare gli atti impugnati, non potendo prendere in considerazione sospette giustificazioni postume della Commissione per ritenere comunque la prevalenza della candidata vincitrice.
Con il quattordicesimo motivo (“Erroneità della sentenza impugnata in relazione alla dedotta invalidità derivata. Violazione dell’art. 112 c.p.c e del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunziato. Erroneità della sentenza impugnata in relazione alla dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 8 del D.P.R. 3 maggio 1957 n. 686 e dell’art. 15 del D.P.R. 9 maggio 1994 n. 487. Violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost. e del principio di buon andamento”) si imputa al Tarl’erronea ed incompleta valutazione della prima doglianza dedotta con i motivi aggiunti dell’11.7.2012, che viene riproposta sostenendo che non avrebbero potuto richiedersi chiarimenti alla stessa commissione e che i chiarimenti ai sensi dell’art. 63 c.p.a. non consentono di superare il divieto di integrazione postuma della motivazione e tantomeno attribuiscono all’ormai inesistente organo straordinario e temporaneo la facoltà di integrare le precedenti valutazioni, travalicando lo scopo della norma. Si sostiene che la relazione esplicativa abbia integrato e sostituito i precedenti verbali e proceduto ad una nuova valutazione delle prove e sia nulla per difetto assoluto di attribuzione dei soggetti che l’hanno redatta.
Il quindicesimo motivo (“Erroneità della sentenza impugnata in relazione alla dedotta violazione dell’art. 9 del bando della procedura di valutazione approvato con decreto del Presidente n. 16 del 28.2.2008. Violazione e falsa applicazione dell’art. 4 DPR n. 117/2000 e dell’art. 15 D.P.R. n. 487/1994. Invalidità derivata. Violazione dell’art. 112 c.p.c. e del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunziato) denuncia erroneo e incompleto esame della seconda doglianza dedotta coi predetti motivi aggiunti, ribadendo che la relazione esplicativa, senza data e numero, non poteva integrare i precedenti verbali né essere abbondantemente utilizzata dal Tar alla stregua di un supplemento motivazionale.
Con il sedicesimo motivo di appello (Erroneità della sentenza impugnata in relazione alla dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 9 e 10 del bando della procedura di valutazione approvato con decreto del Presidente n. 16 del 28.2.2008 e degli artt. 4 e 5 DPR n. 117/2000. Violazione del principio del contrarius actus. Violazione dell’art. 112 c.p.c. e del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato”) si sostiene che il Tar abbia errato nel respingere la terza doglianza dedotta coi motivi aggiunti, asseritamente non esaminata, e abbia contraddittoriamente, da un lato ritenuto la relazione integrativa alla stregua di un mero adempimento di una o.c.i., dall’altro se ne sia servito per giustificare l’operato della commissione, consentendole di integrare i giudizi espressi sui candidati. Viene riproposto l’assunto secondo cui l’atto integrativo doveva essere approvato dall’Università, come previsto dal bando (artt. 9 e 10) e dal d.P.R. n. 117/2000. Si sostiene, inoltre, che il riesame della valutazione già effettuata implica l’annullamento in autotutela del precedente segmento procedimentale e sia illegittimo perché avvenuto in violazione dell’art. 21 nonies l. n. 241 del 1990.
Tutte le riferite censure vanno respinte.
Va innanzitutto chiarito che la relazione acquisita in corso di causa non costituisce, contrariamente all’assunto dell’odierna appellante, un atto integrativo degli atti della procedura concorsuale ma ha esclusivo rilievo nell’ambito del giudizio, come atto istruttorio di carattere tecnico-scientifico, che contribuisce alla formazione del convincimento del giudicante riguardo agli atti della procedura quale già chiusa con il provvedimento di approvazione n. 44 del 2011 del Presidente dell’Università.
Devono, pertanto essere disattese, in quanto muovono da un presupposto erroneo, le riproposte critiche sollevate coi motivi aggiunti dedicati alla relazione predetta; in particolare, quale atto di rilievo istruttorio esso non implica esercizio di poteri di autotutela, non richiede approvazione dell’Università, non è inserito nella procedura concorsuale e quindi non si pone il problema della durata dell’investitura quale organo straordinario dell’amministrazione.
D’altra parte va puntualizzato che il contenuto della assai estesa relazione rileva nei limiti in cui effettivamente costituisce puntuale riscontro all’incombente istruttorio disposto dal Tar, essenzialmente [#OMISSIS#] (al di là delle ampie formule, riferite a dovizia di particolari e a ogn