Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, 25 settembre 2015, n. 620

Rigetto richiesta di trattenimento in servizio per un biennio oltre il periodo di età pensionabile

Data Documento: 2015-09-25
Area: Giurisprudenza
Massima

In caso di provvedimento di rigetto della richiesta di trattenimento in servizio per un biennio oltre il periodo di età pensionabile, non può ritenersi sufficiente una motivazione che faccia esclusivamente riferimento alle ragioni finanziarie del diniego. L’art. 3, legge 7 agosto 1990, n. 241, pone a carico dell’amministrazione un obbligo generale di motivazione dei suoi atti, il quale non può venire meno allorché la p.a. faccia uso dei propri poteri discrezionali. Anzi, tutte le volte in cui il potere discrezionale viene usato per restringere o negare l’ampliamento della sfera giuridica del privato, deve consentirsi a quest’ultimo di comprendere l’iter logico seguito dall’amministrazione.

Contenuto sentenza

N. 00620/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00936/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
in sede giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 936 del 2014, proposto da: 
Università degli Studi di Palermo, rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Palermo, Via De Gasperi n. 81; 
contro
Prof. [#OMISSIS#] Agrifoglio, rappresentato e difeso dal Prof. avv. Guido Corso, con domicilio eletto presso il Prof. avv. Guido Corso in Palermo, Via Rodi n. 1; 
per la riforma
della sentenza del T.A.R. SICILIA – PALERMO: SEZIONE II n. 02079/2014, resa tra le parti, concernente rigetto istanza mantenimento in servizio per ulteriore biennio oltre il limite d’età per il collocamento a riposo
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Prof. [#OMISSIS#] Agrifoglio;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 luglio 2015 il Cons. [#OMISSIS#] Barone e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Caserta e il Prof. avv. Guido Corso;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il Prof. [#OMISSIS#] Agrifoglio, ordinario di diritto amministrativo dell’Università degli Studi di Palermo, Facoltà di Scienze Motorie, è stato collocato a riposo, a decorrere dal 1.11.2013, per raggiunti limiti di età.
A norma dell’art. 16, comma 1, del D.Lgs. 503/1992, come modificato dall’art. 72 del D.L. 112/2008 e dei principi stabiliti con la sentenza n. 83/13 della Corte Costituzionale, il ricorrente, in data 31.7.2013, aveva chiesto all’Università di essere trattenuto in servizio per un ulteriore biennio, peraltro dando seguito alla precedente deliberazione del 24.5.2013 con la quale il Consiglio di Facoltà di Scienze Motorie lo aveva sollecitato a presentare la domanda ed invitato gli organi accademici ad accoglierla nel superiore interesse “sia della Facoltà di Scienze Motorie sia di tutti i settori scientifici che si occupano dello sport e dell’attività motoria umana sotto il profilo giuridico che sono venuti a convergere nel Dipartimento di Scienze giuridiche, della Società e dello Sport.”
Non essendo intervenuto nessun riscontro da parte dell’Ateneo l’interessato aveva impugnato il silenzio rifiuto formatosi sulla sua istanza.
Successivamente, con nota 30.9.2013 prot. 66302, l’Ateneo aveva comunicato al prof. Agrifoglio il rigetto della sua istanza; unitamente gli era stato altresì comunicato il decreto rettorale n. 268 del 4.2.2013 che aveva disposto il suo collocamento a riposo a decorrere dal 1.11.2013, nonché la deliberazione del Consiglio di Amministrazione dell’Università del 17.9.29013 e la precedente deliberazione del 23.7.2013 con la quale erano stati stabiliti i criteri per il trattenimento in servizio del personale universitario.
Tutti gli atti sono stati impugnati dall’interessato con ricorso per motivi aggiunti, che ne ha chiesto l’annullamento previa sospensione cautelare dei medesimi, istanza accolta dal TAR con l’ordinanza 741 del 22.11.2013.
In pendenza del ricorso – e precisamente in data 26.3.2014 – l’Università ha depositato la deliberazione del C.d.A. n. 40 del 25.2.2014, con la quale, pur avendo rivalutato l’istanza del prof. Agrifoglio, anche alla luce, a giudizio dell’appellante, dell’ordinanza del TAR n. 741/13, ha tuttavia deliberato che “non sussistono esigenze organizzative e funzionali che impongano il trattenimento in servizio del docente”.
La deliberazione n. 40/14 è stata impugnata dall’interessato con un ulteriore ricorso per motivi aggiunti, unitamente alla nota 3.3.2014 prot. 15084 di trasmissione della predetta deliberazione.
La domanda cautelare connessa al secondo ricorso per motivi aggiunti è stata accolta dal TAR con l’ordinanza n. 375 del 9.5.2014.
Con la sentenza oggi al vaglio di questo Consiglio, il TAR, dopo avere dichiarato l’improcedibilità del ricorso introduttivo e del primo ricorso per motivi aggiunti per sopravvenuta carenza d’interesse, ha accolto il secondo ricorso per motivi aggiunti ritenendo che il C.d.A. dell’Università, nell’adottare la deliberazione n. 40, sarebbe incorso nel denunziato difetto di motivazione, nella violazione dell’art. 16, comma 1, del D. Lgs. 503/92, come modificato dall’art. 72 del D.L. 112/2008, convertito con modificazioni nella L. 6.8.2008 n. 133, e, nell’elusione stessa delle statuizioni della Consulta di cui alla sentenza del 9.5.2013 n. 83, come anche interpretate nell’ordinanza del TAR n. 741/13.
L’Amministrazione universitaria nel provvedimento impugnato non avrebbe tenuto nessun conto delle raccomandazioni contenute nella deliberazione del 24.5.2013 del C.d.F. di Scienze Motorie, dove si faceva riferimento al “preminente interesse sia della Facoltà di Scienze Motorie sia di tutti i settori scientifici che si occupano dello sport e dell’attività motoria umana sotto il profilo giuridico che sono venuti a convergere nel Dipartimento di Scienze giuridiche, della società e dello sport.”
Il C.d.A., invece, al fine di rigettare la domanda dell’attuale resistente, avrebbe insistito sulle esigenze di natura finanziaria e di risparmio, quantunque ritenute inadeguate dalla Consulta al fine del rigetto delle richieste di mantenimento in servizio.
Avverso la sentenza, che così aveva deciso, ha proposto appello l’Università che, dopo avere ripercorso le tappe della vicenda, l’ha criticata ricordando che spetta all’Amministrazione universitaria il potere discrezionale di valutare l’accoglimento delle domande di prolungamento del servizio, accoglimento che costituisce un’eccezione alla regola generale. Da tale carattere sarebbe derivato, a giudizio dell’Amministrazione, che “il rigetto della domanda di controparte non abbisognava nella sostanza di alcun presupposto giustificatore”. Al contrario un’adeguata motivazione si sarebbe resa necessaria solo nel caso in cui la domanda di mantenimento in servizio fosse stata accolta.
Ha concluso, quindi, per l’accoglimento dell’appello, vinte le spese.
Ha resistito l’appellante.
All’udienza del 9.7.2015 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
DIRITTO
L’appello è infondato.
Il Collegio ritiene che possa prescindersi dalla eccezione di inammissibilità dell’appello avanzata dal resistente in quanto l’appello è infondato nel merito.
Ai fini del decidere il Consiglio ritiene che occorra ripercorrere le tappe significative della vicenda.
Va, in primo luogo, ricordato che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 83 del 9.5.2013 ha dichiarato illegittimo l’art. 25 della L. 30.12.2010 n. 240 (norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento…) osservando che la norma censurata esclude l’applicazione a professori e ricercatori universitari dell’art. 16, comma 1, D.Lgs. 503/92 secondo i criteri fissati dall’art. 72, comma 7 del D.L. 25.6.2008 n. 112 convertito nella L. 6.8.2008 n. 133, così precludendo ai docenti universitari la facoltà, riconosciuta agli altri dipendenti civili dello Stato e degli enti pubblici non economici di permanere in servizio per un periodo massimo di un biennio oltre i limiti di età per il collocamento a riposo, per essi previsto previa valutazione favorevole dell’amministrazione di appartenenza secondo i criteri indicati nel medesimo art. 16. Tale esclusione si rivela del tutto irragionevole e si risolve, quindi, nella violazione degli artt. 3, 33 e 97 Cost.
Non può dubitarsi, pertanto, che era stata riconosciuta all’appellato la possibilità di avanzare la domanda di mantenimento in servizio.
In data 24.5.2013 il C.d.F. di Scienze Motorie chiedeva al Rettore e agli organi accademici competenti, con un’articolata e motivata deliberazione, di trattenere in servizio il prof. Agrifoglio facendo riferimento al “preminente interesse sia della Facoltà di Scienze Motorie sia di tutti i settori scientifici che si occupano dello sport e dell’attività motoria umana sotto il profilo giuridico che sono venuti a convergere nel Dipartimento di Scienze giuridiche, della società e dello sport”. Tale preminente interesse veniva ampiamente illustrato nel corpo della deliberazione.
Ciò malgrado, con decreto rettoriale n. 268 del 4.2.2013, la domanda presentata dal prof. Agrifoglio veniva rigettata e il medesimo veniva collocato a riposo a decorrere dal 1.11.2013.
Nell’ambito del ricorso che ne seguiva il TAR sospendeva il provvedimento di collocamento a riposo con ordinanza n. 741/13che veniva confermata da questo Consiglio con l’ordinanza n. 221/14 con la motivazione che “non si manifestano profili di censura tali da giustificare la richiesta di misura cautelare”.
Seguiva la deliberazione del C.d.A. dell’Università di Palermo n. 40 del 25.2.2014 con la quale l’organo dell’Ateneo stabiliva che “rivalutata l’istanza del prof. Agrifoglio in aderenza con i presupposti stabiliti dalla legge e con le indicazioni fornite dal TAR non sussistono esigenze organizzative e funzionali che impongano il trattenimento in servizio del docente”. La deliberazione faceva altresì riferimento alle esigenze di contenimento della spesa, che il trattenimento in servizio del docente avrebbe frustrato.
Per criticare le conclusioni – cui è pervenuto il Tribunale – secondo le quali siffatta deliberazione sarebbe illegittima per carenza di motivazione, violazione di legge e dei principi stabiliti dalla Consulta, l’amministrazione sostiene che, considerato il suo potere di valutare discrezionalmente l’accoglimento delle domande di prolungamento del servizio, non sarebbe necessaria nessuna particolare motivazione considerato anche il carattere eccezione della proroga.
In questo contesto, che la difesa erariale vuole caratterizzato dal godimento da parte dell’Amministrazione di un potere valutativo ampiamente discrezionale, il riferimento alle ragioni esclusivamente finanziarie sarebbe più che sufficiente per giustificare i provvedimenti negativi adottati.
Il Collegio non può condividere questa tesi difensiva. Giova ricordare che l’art. 3 della L. 241/90 pone a carico dell’Amministrazione un obbligo generale di motivazione dei suoi atti, obbligo che non può venire meno allorché l’Amministrazione faccia uso di poteri discrezionali.
Anzi tutte le volte in cui il potere discrezionale viene usato per restringere o negare l’ampliamento della sfera giuridica del privato, deve consentirsi a quest’ultimo di comprendere l’iter logico seguito dall’Amministrazione per pervenire a un provvedimento limitativo e potere così giudicare se il percorso argomentativo seguito sia conforme a legge. Tale obiettivo si può conseguire imponendo all’Amministrazione il dovere di esternare compiutamente le ragioni della sua decisione.
Nel caso di specie occorre tener presente che si è in presenza di un rapporto dinamico tra il Consiglio di Facoltà di Scienze Motorie e il C.d.A. dell’Università nell’ambito del quale il primo ha illustrato in maniera puntuale e con ampiezza di argomenti, non contestati dal C.d.A., le ragioni per cui sarebbe stato opportuno che il prof. Agrifoglio rimanesse in servizio nel superiore interesse degli studi.
Considerato che la facoltà di restare in servizio, di cui il prof. Agrifoglio intendeva usufruire, è astrattamente prevista dalla legge e la Consulta ha ribadito la necessità che ne possano godere i professori al pari degli altri dipendenti civili dello Stato, spettava al C.d.A. valutare le ragioni addotte dall’istante (e della Facoltà di riferimento) e giudicare sulla base di queste se la domanda fosse o meno meritevole di accoglimento.
Il C.d.A. invece ha del tutto ignorato le ragioni della richiesta, omettendo così di valutare la loro conformità all’interesse degli studi, limitandosi ad addurre ragioni di risparmio finanziario che la Corte Costituzionale aveva espressamente ritenuto inadeguate per giustificare da sole il rigetto delle richieste dei docenti di rimanere in servizio.
Ad avviso del Collegio si confermano quindi i vizi dei provvedimenti impugnati rilevati dal primo giudice, così che l’appello va rigettato.
La natura della controversia consente di compensare tra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale,
definitivamente pronunciando, rigetta l’appello.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 9 luglio 2015 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] Carlotti, Consigliere
[#OMISSIS#] Neri, Consigliere
[#OMISSIS#] Mineo, Consigliere
[#OMISSIS#] Barone, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/09/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)