Il d.lgs. 28 gennaio 2016, n. 15, costituisce una e sopravvenuta novità normativa in quanto ha modificato significativamente o sostituito interamente i quattro commi di cui compone l’art. 21 dell’originario decreto 9 novembre 2007, n. 206, cioè proprio l’articolo, intitolato “condizioni per il riconoscimento”: è, pertanto, di tutta evidenza che – al di là della portata più “favorevole” o meno di tali modifiche – l’Amministrazione non possa più “adagiarsi” sulle determinazioni assunte in vigore della normativa precedente, ma assumere orientamenti aggiornati alle nuove disposizioni, per cui ben si giustifica la convocazione di una nuova Conferenza di servizi che riaffronti la questione alla luce del mutato contesto legislativo.
Consiglio di Stato, Sez. III, 19 marzo 2018, n. 1700
Studenti-Riconoscimeno titolo straniero-Normativa
N. 01700/2018REG.PROV.COLL.
N. 04043/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4043 del 2017, proposto da:
Salvatore [#OMISSIS#], rappresentato e difeso dall’avvocato Bruno [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso lo studio Giovanni [#OMISSIS#] in Roma, via [#OMISSIS#] 44;
contro
Ministero della Salute, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Direzione Generale delle Professioni Sanitarie e delle Risorse Umane del SSN – Ministero della Salute, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. Lazio, Sez. III Quater n. 4018/2017, resa tra le parti, concernente richiesta di riconoscimento del percorso di laurea in fisioterapia dell’Università di Ostrava (Repubblica Ceca);
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero della Salute;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 dicembre 2017 il Cons. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti gli avvocati Bruno [#OMISSIS#] e l’Avvocato dello Stato [#OMISSIS#] De Giovanni;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I. Il riconoscimento subordinato del titolo di fisioterapista.
Con il decreto 22 dicembre 2016, impugnato in primo grado, il Direttore Generale “Professioni Sanitarie e Risorse Umane del Servizio Sanitario Nazionale” del Ministero della Salute si è espresso sull’istanza di riconoscimento del titolo “Fisioterapista” (rilasciato all’appellante il giorno 22 ottobre 2015 dalla “Università di Ostrava” con sede ad Ostrava – Repubblica Ceca), subordinando detto riconoscimento – al fine dell’esercizio in Italia della professione di Fisioterapista – al compimento di un tirocinio di adattamento della durata di 25 CFU (625 ore) nei seguenti ambiti disciplinari: riabilitazione in neurologia (8 CFU), riabilitazione cardiorespiratoria (5 CFU), riabilitazione ortopedica (8 CFU) e riabilitazione geriatrica (4 CFU) ovvero, a scelta del richiedente stesso, al superamento di una prova attitudinale negli stessi ambiti disciplinari.
II. La sentenza del Tar Lazio
Avverso tale determinazione, l’attuale appellante ha presentato ricorso al T.A.R. Lazio che – con la sentenza semplificata in epigrafe – lo ha respinto in quanto “manifestamente infondato”, e ciò per le considerazioni di seguito sunteggiate:
* la questione centrale della controversia è affrontata dalla motivazione del provvedimento impugnato e si fonda sostanzialmente sulla diversità, in termini di ore di tirocinio, rispetto alla formazione prevista dall’ordinamento didattico attualmente vigente in Italia per il conseguimento della qualifica di fisioterapista, al punto da portare la Conferenza di servizi – tenutasi ex art. 16, comma 3, del d.lgs. n. 206/2007 in data 12 maggio 2016 – a ritenere necessario, nel caso di scelta del tirocinio al posto della sola prova attitudinale, un cospicuo numero di ore;
* dal verbale di tale seduta risulta, infatti, che il quantitativo delle ore effettuate in Italia non può trovare considerazione da parte dell’Ufficio, per il mancato rispetto delle disposizioni normative italiane riguardanti la “filiazione”, poiché il percorso formativo si è svolto anche in parte in Italia e poiché l’Università straniera che voglia tenere corsi o tirocini in Italia deve porre in atto una procedura di “filiazione” presso il MIUR, che autorizza l’esecuzione dei detti corsi (o di porzioni di essi) da parte dell’Università estera richiedente;
* sotto questo profilo, il decreto controverso appare rispondere all’art. 21, comma 1, del d.lgs. n. 206/2007, il quale stabilisce le condizioni per il riconoscimento dei titoli per l’accesso o l’esercizio delle professioni regolamentate;
* la richiamata disposizione di cui al d.lgs. n. 15 del 2016, entrata in vigore il 10 febbraio 2016, si applica alla fattispecie de qua in base alle regole generali sullo jus superveniens, poiché a quella data la procedura di riconoscimento dell’esponente era ancora in corso e il rapporto giuridico non si era ancora esaurito;
* non appare neppure condivisibile la censura secondo cui la scelta ministeriale di far ricorso alle misure compensative sarebbe in contrasto con la Direttiva europea del 20 novembre 2013, n. 55, resasi necessaria per una maggiore promozione della libera circolazione delle professioni, in quanto – in assenza di una equiparazione in via legislativa dei titoli – la valutazione sulla completezza del corso di studio e sulla conseguente adeguatezza della preparazione clinica connessa al conseguimento del diploma nello Stato straniero, non può che scaturire da una valutazione (ampiamente discrezionale) dell’Amministrazione volta a garantire la professionalità e la qualità delle prestazioni di chi esercita in Italia la libera professione, avvalendosi di titoli di studio stranieri: valutazione che, come tale, esula dal sindacato di legittimità del Giudice Amministrativo.
III. I motivi di appello
Avverso la sentenza di primo grado, si deducono nell’atto di appello i seguenti motivi:
1) eccesso di potere per travisamento e sviamento, in quanto il Ministero della Salute prima e il Tar poi avrebbero dato rilievo alla comunicazione dell’Ambasciata d’Italia a Praga del 18.7.2016, in cui si afferma che la stessa Università di Ostrava avrebbe dichiarato che sarebbero autorizzati i tirocini svolti soltanto in Svizzera: e ciò in un nota di cui non vi sarebbe traccia, mentre con successiva nota 10.1.2017 la medesima Università avrebbe chiarito di aver valutato i tirocini svolti in Italia, rilasciando conseguentemente il titolo di studio;
2) violazione della Legge n. 4/1999 e del D.M. 24.4.2004, n. 214 in materia di “filiazioni”, nell’assunto che filiazione e tirocinio qualificante sarebbero due fattispecie diverse e che nella Direttiva 55/2013 il problema dei tirocini sarebbe affrontato in modo specifico (e ampiamente più favorevole) all’art. 3 comma 1 lett. “J”.
Nel caso in esame, né Università di Ostrava, né Ludes avrebbero “preteso di istituire una loro sede in Italia, solo sono state legittimamente e formalmente utilizzate le strutture sanitarie abilitate presso cui gli studenti hanno svolto la pratica”, con le seguenti modalità:
– i tirocini svolti in Italia sono stati effettuati, previa convenzione (di cui sono state prodotte copie), in strutture sanitarie tutte debitamente autorizzate dall’Autorità italiana e sotto la supervisione di un idoneo fisioterapista laureato e abilitato;
– il contratto con queste strutture per la realizzazione dei tirocini viene concluso dall’Università Ludes che, nel rispetto dell’accreditamento ricevuto, “organizza i programmi di studio per l’Università di Ostrava”.
Inoltre, nel corso degli ultimi 13 anni tutte le precedenti Conferenze di servizio si sarebbero espresse positivamente ai fini del rilascio del decreto di riconoscimento né sarebbero sopraggiunti mutamenti tale da indurre a ripensamenti, cosicché, ai sensi dell’art. 16 D. lgs. 206/2007 non si sarebbe potuta convocare una nuova Conferenze di servizi;
3) violazione dell’art. 55 bis della Direttiva 55/2013, ancora nell’assunto che non si potrebbe giustificare il disconoscimento del tirocinio svolto con “la pretesa di una complessa filiazione che ha tutt’altra finalità”;
4) violazione degli artt. 21, 22 e 23 D. Lgs. n.206/2007 e s.m., in quanto sarebbe contrario alla normativa comunitaria che l’appellante “dovesse svolgere una nuova prova attitudinale per dimostrare che ha le conoscenze e le competenze per lo svolgimento della professione di fisioterapista”, dopo aver conseguito un titolo di studio riconosciuto in un altro stato che rispetta la normativa U.E. e che è adeguato alla normativa italiana.
Nella censura si sottolinea anche la distinzione tra “tirocinio di adattamento” di cui all’art. 3 comma 1 lett. g) Direttiva 55/2013 e “tirocinio professionale” (lett. j del medesimo articolo);
5) eccesso di potere per contraddittorietà e sviamento, in quanto i precedenti citati dal Tar Lazio (sentenza n. 1454 del 27 gennaio 2015) e dalla difesa dell’Amministrazione in primo grado (due pareri 2003 del Consiglio di Stato), riguardano casi di cittadini extracomunitari, mentre nella specie si fa questione della libertà di svolgimento dell’attività all’interno dei paesi dell’Unione da parte dei cittadini comunitari, in conformità alle direttive comunitarie.
IV. Le difese del Ministero
Il Ministero si è costituito in giudizio e l’8 agosto 2017 ha prodotto documentazione.
Successivamente (25 ottobre 2017), il Ministero ha prodotto ulteriore relazione 7 luglio 2017 della stessa Direzione generale e i relativi documenti allegati.
In particolare, in tale relazione si sottolinea che:
– il titolo di fisioterapista non rientrerebbe tra quelli indicati nella Direttiva 2005/36/CE e ss.mm. (artt. 21 e ss.), che debbono essere valutati secondo il c.d. principio di automaticità;
– ne consegue che per la valutazione dei titoli di fisioterapista si deve procedere con il sistema generale, previsto dall’ art. 10 e ss. della Direttiva vigente, che consiste nel mettere a confronto i programmi di studio seguiti dal ricorrente con i programmi di studio seguiti nelle Università italiane per il conseguimento del citato titolo;
– detta valutazione sulla completezza del corso di studi e sulla preparazione clinica connessa al conseguimento del diploma in uno Stato straniero compete all’ Amministrazione titolare della c.d. “discrezionalità tecnica”:
– anche il richiamo di parte appellante all’art. 17 bis del D. Lgs 9/11/2007, n. 206 (inserito dall’ art. 17, comma 1 D. Lgs 28 gennaio 2016, n.15) sarebbe inconferente, in quanto la norma si riferisce a quelle professioni (ad es. Avvocato), per le quali, ai fini dell’esercizio professionale in Italia, non è sufficiente il solo titolo di studio, ma vi è la necessità di un tirocinio successivo al conseguimento del titolo.
V. Le ulteriori difese dell’appellante
A sua volta l’appellante ha prodotto:
– in data 28 agosto 2017 memoria difensiva e documentazione (parere reso a Ludes il 26 luglio 2017 da due docenti universitari di Diritto dell’UE, in ordine alla “legittimità della pretesa di riconoscimento del titolo” e alla “legittimità dei tirocini svolti in Italia”: così la suddetta memoria);
– in data 22 novembre 2017, memoria di replica alla menzionata relazione del Ministero.
VI. Gli elementi centrali della controversia
Sulla causa, passata in decisione all’odierna udienza pubblica, il Collegio osserva preliminarmente che ragioni di ordine logico impongono di anteporre alla disamina delle questioni squisitamente giuridiche sottese alla presente controversia la previa “messa a fuoco” degli elementi metagiuridici e fattuali che la contraddistinguono, e cioè, rispettivamente:
1. il peculiare ruolo svolto dal tirocinio nella formazione professionale del fisioterapista;
2. la circostanza di fatto, anch’essa invero peculiare, che nella fattispecie di cui è causa tale tirocinio professionale (così più volte qualificato, in base alla normativa UE, dalla stessa parte appellante nelle proprie censure) sia stato svolto in Italia, da studenti italiani iscritti ad una Università (Ostrava) di altro paese UE (Rep. Ceca), epperò sulla scorta di convenzioni, con strutture socio-sanitarie italiane, sottoscritte da quello che nell’atto di appello si definisce “il campus universitario di Ostrava a Lugano”: e cioè la “Libera Università degli studi di scienze umane e tecnologiche” di Lugano-Pazzallo (LUDES).
VII. Natura e funzione del tirocinio nella formazione professionale del fisioterapista.
VII.1.La funzione del tirocinio professionale nelle professioni sanitarie in genere, secondo la Conferenza Permanente dei relativi corsi di laurea e il Decreto Interministeriale 19 febbraio 2009.
VII.1.1. La Conferenza, che riunisce tutti i Presidenti e i Direttori dei Corsi di Laurea delle 22 professioni sanitarie esistenti nel nostro paese, ha elaborato, nel settembre 2010, un documento intitolato “Principi e standard del tirocinio professionale nei corsi di laurea delle professioni sanitarie”, all’esito di una ampia indagine, realizzata attraverso questionari/pareri e a cui hanno partecipato 198 studenti, 139 Tutor, 133 Coordinatori, 83 referenti delle sedi di tirocinio, 68 Docenti, 32 rappresentanti delle Direzioni dei Servizi Sanitari.
VII.1.2. L’incipit dell’introduzione al documento è il seguente “il tirocinio professionale rappresenta il cuore della preparazione professionale degli studenti dei Corsi di Laurea delle Professioni Sanitarie e la modalità formativa fondamentale per sviluppare competenze professionali, ragionamento diagnostico e pensiero critico”.
VII.1.3. Il primo capitolo (definizione, finalità e principi del tirocinio) prosegue, poi, affermando che:
– il tirocinio è soprattutto una strategia formativa (punti 1 e 2) e le strategie per l’insegnamento e l’apprendimento in tirocinio devono considerare una serie di principi e valori pedagogici indicati al punto 4;
– il tirocinio è inserito nell’iter formativo in modo integrato e su un piano dialettico tra teoria e pratica; si ritiene superato un modello di tirocinio subalterno alla teoria (prima la teoria e poi la pratica) perché i saperi formali teorici integrandosi con i saperi pratici degli esperti si trasformano in competenza (punto 7);
– il processo di apprendimento in tirocinio (cfr. punto 8) si articola di norma secondo le seguenti fasi: prerequisiti teorici; sessioni tutoriali che preparano lo studente all’esperienza; esperienza diretta sul campo con supervisione e accompagnata con sessioni di riflessione e rielaborazione dell’esperienza e feedback costanti (possono essere assegnati allo studente anche compiti didattici, quali elaborati e approfondimenti scritti specifici);
– il progetto formativo previsto per il tirocinio del corso di laurea deve essere documentato e presentato all’inizio di ogni anno accademico ai soggetti coinvolti e contenere informazioni riguardo all’alternanza della teoria con il tirocinio (punto 9).
VII.1.4. Al secondo capitolo (programmazione dei tirocini) si legge (punti 1 e 2):
– che lo studente deve dedicare al tirocinio un impegno di minimo 60 CFU (1 CFU di tirocinio corrisponde a 25 ore) di esperienza sul campo a contatto con i professionisti presso servizi, strutture, aziende, comunità;
– che la frequenza è obbligatoria per tutto il monte ore minimo e le eventuali assenze devono essere recuperate;
– che i crediti riservati al tirocinio sono da intendersi come impegno complessivo necessario allo studente per raggiungere le competenze professionali core previste dal rispettivo profilo professionale.
VII.1.5. Al capitolo “criteri di scelta delle sedi di tirocinio”, si dice (punti 1 e 2) che le sedi devono essere selezionate accuratamente per la qualità dell’ambiente di apprendimento e delle prestazioni e cure erogate; e che l’individuazione delle sedi con cui convenzionarsi è responsabilità del Direttore della Didattica Professionale, in collaborazione con i Tutor, dopo un confronto con i Responsabili dei Servizi.
VII.1.6. Quanto a tali convenzioni, il successivo capitolo, ad esse dedicato, è molto chiaro nell’enunciare che le sedi per il tirocinio professionale possono essere individuate nell’ambito delle strutture sanitarie e sociali delle Aziende convenzionate con l’Università attraverso i protocolli di intesa regionali o locali oppure strutture esterne nazionali o estere per le quali si deve procedere all’accreditamento e a specifiche convenzioni.
Sotto questo profilo, viene richiamato l’art. 2, comma 1 del Decreto Interministeriale Università salute del 19 febbraio 2009 (determinazione delle classi dei corsi di laurea per le professioni sanitarie), a mente del quale “la formazione prevista dai predetti corsi avviene nelle Università, nelle Aziende ospedaliere, nelle Aziende ospedaliero-universitarie, negli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico ovvero presso altre strutture del Servizio sanitario nazionale e istituzioni private accreditate a norma del decreto ministeriale 24 settembre 1997 e successive modificazioni. A tal fine sono stipulati appositi protocolli di intesa tra le regioni e le università, a norma dell’articolo 6, comma 3, del decreto legislativo n. 502/1992 e successive modificazioni”.
VII.1.7. A proposito del coordinamento delle attività di tirocinio, si richiama altra disposizione (art. 4 comma 5) del medesimo D.I. 19 febbraio 2009, secondo cui “l’attività formativa e di tirocinio clinico deve essere svolta con la supervisione e la guida di tutori professionali appositamente formati e assegnati ed è coordinata, con incarico triennale, da un docente appartenente allo specifico profilo professionale, in possesso della Laurea Specialistica o Magistrale della rispettiva classe. E’ compito del coordinatore garantire che gli insegnamenti tecnico-pratici siano conformi allo specifico profilo professionale, in adeguamento alle normative europee previste per gli specifici profili professionali, di concerto con il Consiglio di corso di laurea”.
E si richiamano, altresì, gli allegati al D.I., nei quali si precisa ulteriormente che “particolare rilievo, come parte integrante e qualificante della formazione professionale, riveste l’attività formativa pratica e di tirocinio clinico, svolta con almeno 60 CFU con la supervisione e la guida di tutori professionali appositamente assegnati, coordinata da un docente appartenente al più elevato livello formativo previsto per ciascun specifico profilo professionale e corrispondente alle norme definite a livello europeo ove esistenti”.
VII.1.8. Nei capitoli finali, si forniscono le seguenti indicazioni a proposito della documentazione, valutazione formativa e certificativa del tirocinio professionale:
* si ritengono fondamentali i seguenti documenti:
– documento contenente il progetto di tirocinio, modello pedagogico proposto, obiettivi formativi, indicatori e strumenti di valutazione delle performance, funzioni dei Tutor;
– contratti formativi, dossier, portfolio;
– indirizzi per l’attività di laboratorio professionale e report scritti;
– libretto triennale dove lo studente documenta la frequenza e le sedi di tirocinio
* al termine di ciascun anno di corso:
– deve essere effettuata una valutazione certificativa per accertare i livelli raggiunti dallo studente nello sviluppo delle competenze professionali;
– la valutazione certificativa del tirocinio è espressa in trentesimi, all’esito dell’esame annuale di tirocinio, per il quale si propongono 2 appelli;
– qualora lo studente non raggiunga gli obiettivi previsti per il tirocinio dell’anno di corso e quindi la valutazione certificativa accerti un profitto insufficiente, lo studente è considerato ripetente.
VII.2. La concreta regolamentazione dei Corsi di laurea in fisioterapia presso alcuni Atenei italiani.
Alle suesposte linee guida risultano ispirate l’effettiva disciplina e organizzazione dei corsi di laurea in fisioterapia, esistenti presso gli Atenei italiani, come risulta dalla seguente rassegna esemplificativa.
VII.2.1. Il Corso di laurea in fisioterapia dell’Università degli studi di Perugia ha predisposto un’apposita “regolamentazione” del tirocinio, in cui si prevede espressamente, oltre alle lezioni frontali, un’articolazione della “metodologia didattica” in varie “attività di formazione”, tra cui il tirocinio.
In tale regolamentazione, il tirocinio è definito come “modalità privilegiata ed insostituibile di apprendimento del ruolo professionale attraverso la sperimentazione pratica e l’integrazione dei saperi teorico-disciplinari con la prassi operativa professionale ed organizzativa”; e ancora:
– il monte ore indicato per il tirocinio, in conformità alla normativa comunitaria e nazionale (1.500 nel corso dei tre anni di studio) “è da intendersi come impegno complessivo, necessario allo Studente per raggiungere lo standard pratico e di tirocinio previsto dall’Ordinamento tabellare”;
– l’insegnamento durante il tirocinio nelle strutture sanitarie avviene sotto la responsabilità dei Tutori aventi profilo professionale identico a quello per il quale lo studente è formato e con anzianità di servizio di almeno tre anni;
– il tirocinio non autorizzato non verrà considerato nel computo del monte ore dovuto;
– lo studente, per poter sostenere l’esame annuale di tirocinio, deve aver completato tutto il monte ore dovuto, aver compilato almeno nel numero minimo le relazioni previste ed aver riportato giudizio di idoneità nelle schede valutative;
– al termine di ciascun Anno Accademico è effettuata una valutazione certificativa del tirocinio; prerequisito per essere ammessi alla valutazione certificativa è l’aver frequentato regolarmente il monte ore di tirocinio previsto, aver redatto gli elaborati prescritti ed aver riportato giudizio positivo di idoneità con almeno il 51% dei tutor.
VII.2.2. Secondo le Università degli studi di Ferrara e di Torino, “il tirocinio costituisce uno dei momenti fondamentali ed irrinunciabili per la formazione delle professioni sanitarie ed in particolare del fisioterapista”; e l’Ateneo torinese sottolinea che il tirocinio “costituisce l’attività formativa che più di tutte consente il raggiungimento delle competenze core, cioè le fondamentali e distintive, che lo studente fisioterapista dovrebbe acquisire nel suo percorso formativo”.
VII.2.3. Il Corso di Laurea in Fisioterapia presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia “A. Gemelli” dell’Università Cattolica del Sacro Cuore in Roma avverte, per l’anno accademico 2017/2018, che:
– l’esame di Tirocinio dovrà essere sostenuto entro la sessione autunnale di Settembre/Ottobre;
– il mancato superamento dell’esame di Tirocinio non consente il passaggio all’anno di corso successivo e in tal caso lo studente sarà iscritto ripetente del Tirocinio; lo studente, per essere iscritto regolare nell’anno accademico successivo, dovrà frequentare di nuovo il Tirocinio e superare il relativo esame.
VII.2.4. L’Università degli studi di Siena precisa che, per ogni tipologia di attività, il numero di ore della didattica per un C.F.U. è di:
a. 8/10 ore per le lezioni frontali;
b. sino a un massimo di 15 ore per le esercitazioni ed i laboratori;
c. 25 ore per il tirocinio.
VII.2.5. L’Università degli studi di Bologna suddivide come segue i 60 CFU nei tre anni di corso:
– primo anno: CFU 11;
– secondo anno: CFU 23;
– terzo anno: CFU 26.
VII.3.Prime osservazioni
Dall’excursus che precede conseguono de plano le seguenti osservazioni:
a) il tirocinio – lungi dall’essere un momento meramente pratico, distinto e separato dall’insegnamento teorico – rappresenta viceversa il fulcro della preparazione professionale degli studenti del Corso di laurea in Fisioterapia: il che è piuttosto intuitivo, se solo si pone mente alle evidenti caratteristiche non solo “speculative” di tale professione;
b) non solo, dunque, il tirocinio è inserito a pieno titolo nell’iter formativo ed è strettamente integrato con la didattica (concorrendo alla formazione del CFU di ogni materia), ma integra – a sua volta e al suo interno – momenti “didattici” (stesura di relazioni, elaborati, ecc.) e richiede il superamento di un vero e proprio esame finale;
c) la centralità e la [#OMISSIS#] didattica del tirocinio sono sottolineate ed enfatizzate dalla funzione di “sbarramento” per l’accesso al successivo anno di corso che il mancato superamento di detto esame di tirocinio comporta;
d) di qui l’importanza della funzione di tutoraggio e supervisione del tirocinio;
e) così come, in un simile contesto, assume decisivo rilievo la cornice istituzionale e di certezza dei rapporti tra i diversi soggetti preposti all’attività di tirocinio, che si articola, a seconda della natura pubblica o privata dell’ente presso cui il tirocinio di svolge, in protocolli d’intesa generali, tra Regione (quale soggetto cui fa capo localmente il complesso del S.S.N. pubblico/privato accreditato) e Università (quale soggetto responsabile della formazione superiore); e ulteriori convenzioni specifiche, nel caso di strutture private accreditate (nazionali o estere).
VIII. La fattispecie di cui è causa
Come in parte si è anticipato, il modulo del corso di laurea in fisioterapia vigente presso l’Università di Ostrava presenta le seguenti peculiarità:
aa) parte (consistente) del tirocinio professionale viene svolto in Italia, presso strutture convenzionate non con la medesima Università, ma con la Libera Università svizzera Ludes, “campus locale” di Ostrava: quest’ultima, infatti, “non conclude convenzioni per tirocinio in via diretta” si legge nella nota 10.1.2017, su cui tanto fa leva la difesa dell’appellante;
bb) la convenzione (cfr. ad es. quella con la Cooperativa Sociale Sentiero di Cremona – prodotta dall’attuale difensore dell’appellante sul ricorso n. 4033/2017, pure passato in decisione all’odierna udienza pubblica – in cui i tirocini risultano, altresì, svolti in favore di studenti iscritti all’Università ungherese Semmelweis) non rispetta i canoni previsti dalla normativa italiana, in quanto:
– il tutor è un fisioterapista “diplomato” della Cooperativa (art. 3), e dunque, per un verso non è un docente del corso e per l’altro, data la generica dizione utilizzata, non è dato sapere se sia o meno in possesso della Laurea Specialistica o Magistrale, il tutto come richiesto dal citato art. 4 D.I. 19.2.2009; mentre lo stesso articolo si limita a prevedere che il “Diplomato” in Fisioterapia-docente del Corso “si interfaccerà periodicamente” (senza ulteriori precisazioni temporali) con lo studente e con lo stesso tutor della Cooperativa;
cc) inoltre, le concrete modalità di svolgimento del tirocinio non sono indicate in convenzione, la quale si limita a prevedere che Ludes fornirà alla Cooperativa “la scheda contenente gli obiettivi di stage che dovranno essere curati congiuntamente” con un Docente del Corso, lo studente e il tutor della Coop. (art. 4, n. 5) e a rinviare (art. 7) alle modalità delle attività didattiche, sia teoriche che pratiche, il calendario e le sedi delle stesse, che “verranno stabiliti dagli Organi direttivi del Corso, all’inizio dell’Anno Accademico, in apposita seduta”: nulla si dice – contenuto invece necessario in un atto convenzionale che impegna le parti a reciproci obblighi – del monte ore complessivo e della frequenza obbligatoria, mentre quanto ai contenuti didattici si formula, dunque, un mero rinvio “in bianco” a future determinazioni degli organi didattici che non figurano, tuttavia, agli atti di causa, cosicché di nuovo nulla è dato sapere circa gli effettivi compiti didattici (relazioni, elaborati) assegnati allo studente e il “peso” del tirocinio ai fini della determinazione del CFU delle singole materie;
dd) l’ultima è più rilevante peculiarità è che i tirocinanti (come l’attuale appellante) sono cittadini italiani, col risultato piuttosto paradossale che non sono cittadini di stati europei a chiedere il riconoscimento del titolo conseguito in altro paese UE per studi colà svolti, ma cittadini italiani, iscritti a una Università di paese UE, che chiedono – in virtù di una vera e propria “triangolazione” Repubblica Ceca/Svizzera (italiana)/Italia – il riconoscimento di un titolo rilasciato da detta Università all’esito di un corso di studi, di cui un essenziale segmento (tirocinio professionale) si è svolto per la parte preponderante proprio in Italia, in strutture tuttavia non convenzionate con l’Amministrazione italiana, bensì con altra (e più vicina all’Italia) Università, quale campus locale della (più lontana) Università ceca;
ee) a maggior ragione, dunque, il segmento di corso di studi seguito in territorio italiano da questi cittadini italiani deve rispettare le regole stabilite in materia dal loro Stato di appartenenza: il che è quanto espressamente stabilisce il principio – cui si richiama anche la relazione 7 luglio 2017 del Ministero – previsto all’art. 13 della Direttiva n. 36 del 2005 e secondo il quale l’autorità competente di uno Stato membro permette l’accesso a una professione regolamentata (come quella del fisioterapista) e ne consente l’esercizio “alle stesse condizioni previste per i suoi cittadini”, ai richiedenti in possesso del titolo di formazione, prescritto da un altro Stato membro per accedere alla stessa professione ed esercitarla sul suo territorio.
IX. Considerazioni conclusive
Si possono agevolmente trarre le seguenti conclusioni, sul piano propriamente giuridico, della disamina metagiuridica e fattuale sinora svolta. E cioè:
IX.1. Poiché il tirocinio professionale di cui è causa integra, indubitabilmente e a tutti gli effetti, un’attività didattica, ove esso sia svolto – ai fini del conseguimento del titolo di fisioterapista rilasciato da una Università di paese UE – in Italia e presso strutture italiane, la stessa Università può legittimamente svolgere questa attività, in tanto in quanto abbia positivamente concluso la procedura di filiazione ai sensi della legge n. 4/1999 e del relativo D.M. Istruzione 26 aprile 2004, n. 214, il cui art. 2 comma 1 lett. a) stabilisce che le disposizioni del medesimo articolo si applichino alle Università, aventi sedi nel territorio di Stati esteri ed ivi riconosciuti giuridicamente quali enti senza scopo di lucro, che per l’appunto “abbiano per scopo ed attività lo studio decentrato in Italia di materie che fanno parte di programmi didattici o di ricerca delle rispettive università”.
Il tirocinio in Italia dovrà, altresì, svolgersi secondo le modalità, i canoni e gli strumenti convenzionali previsti dalla normativa nazionale in materia (Decreto Interministeriale Università-Salute del 19 febbraio 2009).
In assenza della preliminare filiazione riconosciuta all’Università straniera, il tirocinio svolto in Italia non potrà essere considerato utile al fine del riconoscimento del titolo di studio rilasciato dalla medesima Università estera.
IX.2. Esattamente, pertanto:
– dapprima, la Conferenza di Servizi (29 novembre 2016) ha testualmente rilevato che <il quantitativo delle ore effettuate in Italia non può trovare considerazione da parte dell’Ufficio per il mancato rispetto delle disposizioni normative italiane riguardanti la “filiazione”>;
– e poi il controverso decreto 22 dicembre 2016 del Ministero della Salute ha richiamato il parere della Conferenza di Servizi, prendendo atto che “la formazione professionale in possesso del richiedente è stata effettuata in parte sul territorio italiano e che tali periodi formativi, in base al predetto parere della Conferenza di servizi, non possono essere valutati”: e ha conseguentemente subordinato il riconoscimento del titolo di fisioterapista rilasciato dall’Università di Ostrava (Repubblica Ceca) al compimento di un tirocinio di adattamento della durata dei residui CFU per i rispettivi ambiti disciplinari ovvero, a scelta del richiedente, al superamento di una prova attitudinale negli stessi ambiti.
IX.3. Ne consegue, pertanto, l’infondatezza del secondo e quarto motivo di appello, in quanto, rispettivamente:
i) la fattispecie di cui è causa rientra – per l’appunto e contrariamente a quanto si sostiene con il secondo motivo – nell’ambito di applicazione della Legge n. 4/1999 e del D.M. 24.4.2004, n. 214 in materia di filiazioni;
ii) il profilo di censura di questo stesso secondo motivo – con cui si lamenta che la Conferenza di servizi s